Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-04-15, n. 201902426

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-04-15, n. 201902426
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201902426
Data del deposito : 15 aprile 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/04/2019

N. 02426/2019REG.PROV.COLL.

N. 07575/2010 REG.RIC.

N. 02268/2018 REG.RIC.

N. 02846/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7575 del 2010, proposto dal signor F P, rappresentato e difeso dagli avvocati M S, M V e M M, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, viale Parioli 180,

contro

il Comune di Olbia, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato L A, con domicilio eletto presso la signora A D A in Roma, via Portuense 104,

nei confronti

del signor A F, rappresentato e difeso dall’avvocato S P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giorgio Carta in Roma, viale Parioli 55,



sul ricorso numero di registro generale 2268 del 2018, proposto dal signor A F, rappresentato e difeso dall’avvocato S P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giorgio Carta in Roma, viale Parioli 55,

contro

il Comune di Olbia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato L M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del predetto in Roma, via Eustachio Manfredi 5,

nei confronti

del signor F P, rappresentato e difeso dagli avvocati M S, M V e M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, viale Parioli 180,



sul ricorso numero di registro generale 2846 del 2018, proposto dal signor F P, rappresentato e difeso dagli avvocati M S, M V e M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, viale Parioli 180,

contro

il Comune di Olbia, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

nei confronti

del signor A F, rappresentato e difeso dall'avvocato S P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giorgio Carta in Roma, viale Parioli 55,

per la riforma

quanto al ricorso n. 7575 del 2010:

della sentenza del T.a.r. per la Sardegna, Sezione II, n. 1863 del 13 luglio 2010, resa inter partes , concernente concessione edilizia per risanamento igienico sanitario di un fabbricato rurale;

quanto al ricorso n. 2268 del 2018:

della sentenza del T.a.r. per la Sardegna, Sezione II, n. 88 dell’8 febbraio 2018, resa inter partes , concernente annullamento in autotutela della concessione edilizia n. 453 del 6 ottobre 2008 e dell’autorizzazione edilizia n. 140 del 5.8.2010, rilasciate per lavori di risanamento di un vecchio fabbricato rurale.

quanto al ricorso n. 2846 del 2018:

della sentenza del T.a.r. per la Sardegna, Sezione II, n. 87 del 17 gennaio 2018, resa inter partes , concernente autorizzazione edilizia n° 140/2010 del 5 agosto 2010, rilasciata dal dirigente del settore Urbanistica del Comune di Olbia al sig. F A “ relativa alla variante C.E. 453/08 per la ricostruzione fedele di uno stazzo ”.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Olbia e dei signori A F e F P;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2019 il consigliere G S e uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, gli avvocati M S, M V, L M, su delega dell’avvocato L A, e S P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Quanto all’appello n. 7575/2010 proposto dal signor F P.

1. Con ricorso n. 291 del 2009, proposto davanti al T.a.r. per la Sardegna, il signor F P ha impugnato, reputandoli illegittimi, i seguenti atti:

a) concessione edilizia n. 453 del 6 ottobre 2008, rilasciata dal Dirigente del settore Urbanistica del comune di Olbia al sig. A F per il risanamento igienico sanitario di un fabbricato rurale;

b) autorizzazione prot. n. 78783 del 2 ottobre 2008, rilasciata al medesimo signor F dal dirigente del settore Urbanistica del comune di Olbia.

2. In particolare, il ricorrente, nella prospettata qualità di proprietario di lotto confinante con quello interessato dai lavori, ha dedotto, a sostegno del ricorso, quanto segue:

i) il modesto manufatto agricolo interessato dall’intervento di risanamento igienico-sanitario sarebbe stato fatto oggetto, in epoca immediatamente precedente, di opere abusive di ampliamento, come evincibile dal semplice accostamento fra le fotografie del fabbricato in data 22 maggio 2007 e in data 17 luglio 2007;

ii) l’Amministrazione comunale avrebbe omesso di prendere in considerazione i plurimi esposti presentati dal ricorrente per denunciare la realizzazione di tali opere abusive;

iii) la violazione dell’art. 3 della legge regionale n. 28 del 1998;

iv) illegittima sarebbe anche l’impugnata autorizzazione, stante il pregiudizio paesaggistico arrecato;

v) la mancata sanzione del muretto a secco e dei muri perimetrali di chiusura delle tettoie;

vi) la mancata considerazione del pregiudizio derivante dall’utilizzo di materiali non coerenti con la peculiarità dell’ambiente circostante.

3. Il Tribunale, nella resistenza del Comune e del controinteressato - con l’epigrafata sentenza n. 1863 del 13 luglio 2010 - così ha deciso il ricorso al suo esame:

- ha ritenuto di prescindere, per ragioni di economia processuale, dalla disamina delle eccezioni in rito, stante l’infondatezza del gravame;

- ha respinto il ricorso reputando infondate tutte le censure articolate;

- ha compensato le spese di lite.

4. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che:

- “ non corrisponde al vero che il Comune di Olbia abbia lasciato cadere nel vuoto gli esposti presentati dal sig. P con riguardo all’intervento proposto dal controinteressato, omettendo di svolgere i necessari accertamenti istruttori ”;

- “ il materiale fotografico posto dal sig. P a fondamento delle sue istanze, infatti, non solo è stato già vagliato e valutato negativamente dal Comune di Olbia e dal Corpo Forestale, ma anche ad avviso del Collegio non presenta rilievo decisivo in quanto rivela una situazione di fatto sostanzialmente identica a quella preesistente al rilascio della concessione e, comunque, inidonea a sostenere la tesi dell’ampliamento sostenuta dal ricorrente e smentita dagli uffici di vigilanza ”.

5. Avverso tale pronuncia, il signor P ha interposto appello, (pagine 15 – 29 del gravame), evidenziando in termini asseritamente dirimenti, nel quadro di un unico complesso motivo, che il Tribunale non si sarebbe avveduto che la documentazione agli atti del giudizio è tale da comprovare l’esecuzione di opere modificative dello stato dei luoghi in epoca immediatamente precedente (tra il 22 maggio e il 17 luglio 2007) alla presentazione della domanda edificatoria, al fine di artatamente rappresentare una ben più ampia consistenza plano-volumetrica del manufatto.

6. In data 28 settembre 2010 si è costituito il controinteressato signor F, al fine di evidenziare, resistendo, che la documentazione fotografica in atti sarebbe adeguatamente esplicativa dell’insussistenza dei rappresentati abusi.

7. In data 5 ottobre 2010 si è costituito il Comune di Olbia, al fine di resistere in ordine a tutti i motivi ex adverso dedotti ed evidenziando, inter alia , che l’istruttoria procedimentale - segnatamente una relazione del Corpo forestale - avrebbe consentito di escludere l’esecuzione di opere abusive presso l’immobile prima della presentazione della domanda edificatoria.

8. Nel corso del giudizio le parti signori P e F hanno presentato memorie insistendo per le rispettive conclusioni.

Quanto all’appello n. 2268 del 2018:

9. Con ricorso n. 917 del 2011, proposto innanzi al T.a.r. per la Sardegna, il signor A F ha chiesto l’annullamento del provvedimento, a firma del Dirigente del Settore Urbanistica del Comune di Olbia prot. n. 53644 del 21 giugno 2011, con cui si era disposto l’annullamento in autotutela della concessione edilizia n. 453 del 6 ottobre 2008 e dell’autorizzazione edilizia in variante n. 140 del 5 agosto 2010 per il risanamento igienico-sanitario del fabbricato rurale di sua proprietà.

10. A sostegno della proposta impugnativa, il signor F ha sollevato i seguenti motivi di doglianza:

a) le ragioni poste a base del disposto autoannullamento, connesse alla parziale abusività del manufatto siccome risalente ad epoca successiva al 1967, come da documentazione aerofotografica acquisita dall’Amministrazione, non sarebbero state prospettate in sede di preavviso di diniego e comunque non sarebbe tale circostanza rispondente al vero;

b) insussistenti sarebbero anche le ragioni poste a base dell’annullamento dell’autorizzazione in variante n. 140 del 2010, trattandosi di atto che autorizzava l’esecuzione di lavori di demolizione del fabbricato resisi necessari a causa del suo stato di fatiscenza ed essendo mai intervenuta alcuna modifica del piano di campagna bensì solo “ una temporanea modifica dello stesso resasi necessaria a seguito degli scavi effettuati per la realizzazione delle fondazioni ” (cfr. pagina XIII del ricorso originario);

c) insussistenti sarebbero poi le ragioni di interesse pubblico richiesti ai fini dell’esercizio del potere di autotutela ex art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990 rispetto all’affidamento incolpevole riposto sulla legittimità dei titoli rilasciati;

d) l’atto impugnato non presenterebbe alcuna motivazione in ordine a tale profilo;

e) insussistente sarebbe l’ulteriore presupposto richiesto dall’art. 21 novies in relazione al termine ragionevole entro il quale il potere di autotutela può essere esercitato.

11. Costituitasi l’Amministrazione comunale, con l’intervento ad opponendum del signor F P, proprietario del fondo confinante, il Tribunale - con la sentenza in epigrafe n. 88 dell’8 febbraio 2018 - ha così deciso il gravame al suo esame:

- ha dichiarato inammissibile l’intervento del signor P per mancata prova della sua posizione legittimante;

- ha respinto il ricorso per infondatezza di tutte le censure sollevate;

- ha condannato il ricorrente al rimborso delle spese di lite (€ 2.500,00).

12. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che:

- gli avvisi procedimentali comunicati al ricorrente erano tali da renderlo edotto delle ragioni di poi ulteriormente sviluppate dall’Amministrazione a fondamento della determinazione in autotutela, tanto più che il ricorrente, che alcun contributo poteva offrire in ordine all’epoca di realizzazione del fabbricato, ha partecipato al procedimento o comunque è stato informato dei numerosi atti di accertamento e sopralluoghi svoltisi nel corso dell’ iter procedimentale;

- deve ritenersi comprovato in atti che “ l’immobile oggetto dell’intervento edilizio per cui è causa esisteva solo parzialmente al 1967 e che buona parte di esso risulta costruito in assenza di concessione edilizia e di N.O. paesaggistico ”;

- “ quel che non poteva assolutamente realizzarsi da parte del ricorrente era la modifica del piano di campagna (vedi verbale di sopralluogo n. 113992 del 22.11.2010) ove si contesta la realizzazione di una sbancamento con conseguente alterazione delle quote originarie, ben documentata anche dalla produzioni fotografiche in atti ”;

- “ le concessioni edilizie oggetto di annullamento erano state rilasciate dal Comune di Olbia sul presupposto, poi rivelatosi errato, che il fabbricato di proprietà del sig. F fosse stato effettivamente edificato antecedentemente al 1967 ”;

- non può dirsi violata la disposizione che impone il rispetto del “ termine ragionevole ” entro il quale esercitare il potere di autotutela, atteso che “ l’atto di annullamento è intervenuto il 21 giugno 2011 all’esito di un complesso procedimento e di numerosi accertamenti effettuati dai tecnici comunali e che lo stesso ha riguardato la C.E. n. 453/2008 in uno con l’autorizzazione in variante n. 140 del 5 agosto 2010 ”;

- non può configurarsi alcuna lesione della posizione di affidamento ingenerato nel destinatario dal rilascio dei titoli essendo questi fondati su una infedele rappresentazione dello stato dei luoghi.

13. Avverso tale pronuncia il signor F ha interposto appello, notificato il 7 marzo 2018 e depositato il 20 marzo 2018, lamentando, attraverso quattro motivi di gravame (pagine 4- 18), quanto di seguito sintetizzato:

I) non avrebbe considerato il Tribunale che l’appellante non è stato posto in condizione di interloquire con l’Amministrazione in ordine all’attendibilità degli accertamenti tecnici (verifiche prot. n. 113992 del 7 dicembre 2010), di cui vi è riferimento soltanto nel provvedimento finale;

I.1.) non si sarebbe avveduto il Tribunale che in realtà la conformazione del fabbricato, come descritta nella domanda di concessione edilizia, è antecedente al 1967 ed alla imposizione del vincolo paesaggistico con il D.M. 30 novembre 1965;

II) l’intervento di demolizione, anche se realizzato prima del rilascio della variante, sarebbe da intendersi autorizzato per effetto del rilascio del titolo, avente il valore di variante in sanatoria, ed il Tribunale non si sarebbe avveduto del fatto che il piano di campagna non era quello corrispondente al livello in cui si trovava l’immobile prima dell’intervento;

III) non si sarebbe avveduto il Tribunale dell’affidamento qualificato riposto sulla legittimità dei tioli edilizi anche in considerazione della precedente sentenza n. 1863 del 13 luglio 2010, con la quale lo stesso T.a.r. aveva, rigettando il ricorso del sig. P, rilevato la piena legittimità della concessione edilizia n. 453 del 2008;

IV) non si sarebbe avveduto il Tribunale che il provvedimento di annullamento in autotutela è intervenuto dopo oltre 33 mesi dall’adozione della concessione edilizia n. 453 del 2010 cosicché sarebbe stata violata la norma di cui all’art. 21 novies , nell’attuale formulazione, ove impone il termine di 18 mesi ai fini dell’esercizio del potere di autotutela.

14. Il Comune di Olbia, in data 27 marzo 2018, si è costituito con memoria di stile.

15. Il signor F P, il giorno successivo, si è costituito con memoria di stile.

16. In data 9 aprile 2018, il Comune ha depositato memoria al fine di chiedere la reiezione del gravame, con allegata documentazione dalla quale si evincerebbe, tra l’altro, che la domanda di variante era stata presentata dall’appellante – in data 28 luglio 2010 – soltanto dopo che il Comune accertava la mai autorizzata esecuzione dell’intervento di demolizione del manufatto;
la difesa comunale evidenzia che i rilievi aerofotogrammetrici erano ostensibili sin dall’attivazione del procedimento di autotutela e che talune critiche sarebbero inammissibili siccome meramente reiterate o articolate per la prima volta in questa sede (come quella relativa alla pretesa violazione del termine di 18 mesi).

17. Alla Camera di Consiglio del 12 aprile 2018, la domanda di sospensione degli effetti dell’impugnata sentenza è stata rinviata al merito.

18. In data 9 aprile 2018, il signor P ha depositato appello incidentale al fine di reiterare l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata notificazione dello stesso in suo favore nella veste di controinteressato e per impugnare il capo della epigrafata pronuncia che ha dichiarato inammissibile il suo atto di intervento ad opponendum , evidenziando che era incontestata la sua qualità di proprietario confinante che lo aveva legittimato alla proposizione di due gravami segnalati nello stesso atto d’intervento.

19. In vista della trattazione nel merito del ricorso sia l’appellante – che, tra l’altro, ha eccepito l’inammissibilità della deduzione del controinteressato inerente alla pretesa inammissibilità dell’appello perché opposta per la prima volta in questa sede – sia il Comune appellato hanno svolto difese scritte insistendo per le rispettive conclusioni.

Quanto all’appello n. 2846 del 2018.

20. Con ricorso n. 1008 del 2010, proposto innanzi al Tar per la Sardegna, il signor P ha chiesto l’annullamento dei seguenti atti:

a) dell’autorizzazione edilizia n° 140/2010 del 5 agosto 2010, rilasciata dal dirigente del settore Urbanistica del Comune di Olbia al sig. F A “ relativa alla variante C.E. 453/08 per la ricostruzione fedele di uno stazzo ”;

b) del parere favorevole, non conosciuto, reso dal responsabile del procedimento ai sensi dell’art. 1, comma 1, della legge regionale n. 5 del 2003.

21. A sostegno del ricorso ha sollevato le seguenti censure:

i) il manufatto sarebbe stato abusivamente demolito così da venir meno l’oggetto del titolo in variante rilasciato dal Comune per il suo risanamento igienico sanitario;

ii) la nuova costruzione, cui si riferisce il provvedimento impugnato, non sarebbe mai stato autorizzato dagli organi competenti al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche;

iii) sarebbe stato violato l’art. 83 delle Norme tecniche di Attuazione del Piano Paesaggistico regionale per non avere il manufatto in questione alcuna funzione agricola e comunque, ove se ne voglia valorizzare la preesistenza, l’intervento non potrebbe essere qualificato di manutenzione ordinaria e straordinaria, come consentito dalla predetta disciplina.

23. Con la sentenza in epigrafe - n. 87 del 17 gennaio 2018 - il Ta.r., nella resistenza del controinteressato signor F, ha così deciso il ricorso al suo esame:

- ha dichiarato la cessazione della materia del contendere “ non residuando allo stato – atteso l’esito negativo del giudizio proposto dal sig. A F avverso detto atto di autoannullamento deciso in data odierna con separata sentenza (n. 88 del 2018, nde) – alcun profilo di attuale interesse alla definizione del merito del giudizio ”;

- ha condannato il Comune di Olbia al pagamento delle spese di lite (€ 1.800,00).

24. Avverso tale sentenza il signor P ha proposto appello, notificato il 9 aprile 2018 e depositato in pari data, evidenziando, nel quadro di un unico motivo di gravame, che il Tribunale non avrebbe considerato la persistenza dell’interesse alla decisione del proprio ricorso essendo fondato su rilievi del tutto differenti dai motivi a base dell’atto di ritiro in autotutela anche nell’evenienza della proposizione di appello avverso la sentenza n. 88 del 2018, così come in effetti avvenuto.

25. Gli appelli, discussi alla pubblica udienza del 28 febbraio 2019, sono stati introitati in decisione.

26. Sussistono evidenti ragioni, per connessione soggettiva che oggettiva, che giustificano la trattazione congiunta degli appelli in esame, sebbene proposti avverso sentenze diverse.

27. Ai fini della tassonomia delle plurime questioni sollevate con gli appelli all’esame, occorre dare la precedenza, per ragioni di ordine logico, alla disamina dell’appello, il secondo in senso cronologico, n. 2268/2018 (§ 9), proposto dal signor A F avente ad oggetto il provvedimento di annullamento in autotutela della concessione edilizia, n. 453 del 6 ottobre 2008, rilasciata dal Comune per il risanamento igienico-sanitario di fabbricato preesistente, nonché dell’autorizzazione edilizia n. 140 del 5 agosto 2010 per la demolizione dell’originaria struttura.

28. L’appello è infondato.

28.1. Col primo motivo, l’appellante, nel reiterare il primo motivo del ricorso di primo grado (pagina V), lamenta che il provvedimento in autotutela impugnato sarebbe stato preceduto da un avviso di avvio procedimentale inadeguato sul piano contenutistico, assumente quindi la veste di un mero simulacro formale, perché non esplicativo delle effettive ragioni poste a base dell’autoannullamento del titolo edilizio connesse alla data di realizzazione del manufatto. In senso contrario occorre rilevare, in primo luogo, che l’atto in autotutela (prot. n. 53644 del 21 giugno 2011) è stato preceduto da due distinti avvisi di avvio procedimentale, segnatamente le note prot. n. 85470 del 28 settembre 2010 (allegato n. 11 al ricorso di primo grado) e prot. n. 7389 del 26 gennaio 2011 (allegato n. 14 al medesimo ricorso) che contengono un sia pur sintetico riferimento alle plurime ragioni poste a base dell’atto repressivo. Dal quadro motivazionale che tale atto presenta risulta invero che il ritiro dei due atti di assenso edilizio è determinato, per quanto riguarda l’autorizzazione edilizie che assentiva la ricostruzione del manufatto, dalla constatazione che “ il fabbricato realizzato non corrisponde a una fedele ricostruzione ” essendo precedentemente rilevato che “ proprio all’atto dell’intera demolizione si sono eseguiti gli scavi di sbancamento necessari al livellamento del piano di fondazione che hanno compromesso il naturale piano di campagna e quindi l’originario stato dei luoghi;
ancora il fabbricato così come oggi realizzato presenta caratteristiche volumetriche differenti rispetto a quanto riportato nei grafici dello stato di progetto in quanto il corpo posto a nord risulta sopraelevato rispetto al naturale piano di campagna di mt. 1,10 di media con conseguente incremento volumetrico
”. L’annullamento in autotutela della concessione edilizie trae giustificazione dal fatto che “ l’immobile che si intendeva da prima risanare e successivamente ricostruire non risulta costruito antecedentemente il 01-09-1967, ma solo parzialmente, e pertanto buona parte di esso risulta realizzato in assenza della Concessione Edilizia e del Nulla Osta dell’Ufficio tutela del paesaggio […] ”. Ne consegue che il riferimento alla posteriorità del manufatto rispetto all’epoca di sua realizzazione indicata nella domanda edificatoria (1942), pur contenuto in sede motivazionale, ha assunto un ruolo centrale ai fini del determinismo provvedimentale, tuttavia, come correttamente rilevato dal Tribunale, la nota del 26 gennaio 2011 contiene l’espresso invito a prendere visione degli atti del procedimento, tra i quali era compreso il rapporto del Settore Vigilanza Edilizia prot. n. 113992 del 7 dicembre 2010 inerente agli accertamenti inerenti alla realizzazione del fabbricato collocata nella fascia temporale compresa tra il 1° luglio 1968 ed il 16 aprile 1977. Di questo il ricorrente aveva mostrato di averne avuto contezza, tanto da allegarlo (documento n. 13) al ricorso di primo grado e comunque non è contestata la sua presenza tra gli atti del procedimento e pertanto la sua pronta conoscibilità non appena ricevuto l’avviso procedimentale. Non va infine trascurato che la deduzione sottende la pretesa violazione del principio di partecipazione procedimentale che risente, in termini di ridimensionamento della relativa carica patologica, della regola sancita dall’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990, di guisa che occorre verificare, sul piano sostanziale, se presentano margini di verosimiglianza le critiche ulteriormente sollevate dall’appellante in ordine alla reale risalenza del fabbricato come dichiarato in sede di domanda di rilascio del titolo edilizio. Assume, sul punto l’appellante, reiterando la corrispondente censura del ricorso originario (pagina VIII), che la documentazione fotografica ritraente lo stato dei luoghi sarebbe inattendibile per l’altitudine del punto di osservazione. I reperti documentali acquisiti dall’Amministrazione non sarebbero, a parere dell’appellante, tali da sovvertire quanto dichiarato in sede di presentazione della domanda edificatoria nel senso che il fabbricato sarebbe risalente ad epoca antecedente al 1967 ed alla imposizione del vincolo paesaggistico con il D.M. 30 novembre 1965.

Il rilievo non può essere condiviso alla luce delle risultanze documentali, ed in particolare di quanto emerge dal citato rapporto prot. n. 113992 del 7 dicembre 2010, ove si rileva quanto segue: dalla foto aerea del 1954 “ non si evince la presenza di alcun fabbricato ”;
dalla foto aerea del 1° luglio 1968, “ si evince la sola presenza del corpo di fabbrica posto a confine con altra proprietà (lato sud) oltre ad un'ulteriore corpo sito in direzione nord-ovest. Da detta ripresa aerea rispetto a quanto rappresentato nei grafici come stato attuale (prima degli interventi di demolizione) mancano l'intero corpo posto sul lato nord oltre al corpo che unisce quello sito nel lato sud (confine con altra proprietà) con quello presente nel lato nord-ovest ”;
dalla foto aerea del 16 aprile 1977 “ si evince quasi per intero la presenza del fabbricato come rappresentato nei grafici allegati ai titoli edilizi rilasciati fatta eccezione per una porzione del corpo sito sul lato nord ”. Il Servizio Vigilanza Edilizia del Comune di Olbia ha quindi concluso, per quanto attiene alla collocazione temporale del fabbricato, nel senso che “ l'immobile che si intendeva da prima risanare e successivamente ricostruire non risulta costruito antecedentemente il 01/09/1967, ma solo parzialmente ”. A fronte di tali precise risultanze documentali, suffragate da documentazione fotografica certificata da COMPUCART di Cagliari, nel ricorso originario si afferma che di tali rilievo aerofotogrammetrici non si è potuto prendere visione di tal che si fa riserva di proporre motivi aggiunti limitandosi ad evidenziare “ l'altitudine da cui le stesse sono state realizzate e, dunque, la scala quanto mai elevata dei rilievi medesimi, non possono affatto attestare con un sufficiente grado di certezza l'inesistenza, alle date di effettuazione dei rilievi medesimi, del fabbricato del F nella sua attuale conformazione ” (cfr. pagina VIII del ricorso di primo grado). Ebbene, nonostante tale documentazione sia stata depositata agli atti del giudizio di primo grado in data 5 dicembre 2017, parte ricorrente non ha depositato alcun gravame integrativo. Sono quindi da reputare inammissibili le deduzioni nuove sollevate in appello nell’ambito del motivo in esame (pagine 8 e 9), con le quali si intende inficiare la portata probatoria di detta documentazione fotografica, e ciò perché in contrasto con il divieto di motivi nuovi in appello sancito dall’art. 104, comma 1, c.p.a.. Il motivo in esame è conclusivamente infondato, in quanto l’apporto collaborativo che il signor F avrebbe potuto rendere in caso di piena partecipazione, in thesi obliterata in punto di collocazione temporale del fabbricato, non avrebbe potuto indurre l’Amministrazione a valutazioni di segno contrario rispetto a quelle assunte in sede di adozione dell’atto terminale.

28.2. Nel riproporre il secondo motivo del ricorso di primo grado (pagina IX), avverso specificatamente l’annullamento dell’autorizzazione edilizia n. 140 del 2010, parte appellante, con il secondo mezzo, contesta il capo della sentenza (pagina 12) con il quale il Tribunale ha disatteso ogni deduzione al riguardo rilevando che, a seguito dei lavori realizzati, come da verbale di sopralluogo n. 113992 del 22 novembre 2010, è emersa una “ modifica del piano di campagna ” mediante uno sbancamento che ha comportato l’ “ alterazione delle quote originarie, ben documentata anche dalle produzioni fotografiche in atti ”. A fronte delle ampie e diffuse argomentazioni – peraltro condivisibili – rese dal Tribunale a sostegno della reiezione di tali censure, l’appellante si è limitato a reiterarle senza formulare alcun rilievo critico atto al superamento dei passaggi argomentativi articolati dal giudice di prime cure a sostegno della sua decisione. Secondo costante orientamento della Sezione (Cons. Stato, sez. IV, 27 dicembre 2018, n. 7234;
sez. V, 16 novembre 2018, n. 6464;
sez. V, 13 settembre 2018, n. 5369) nel processo amministrativo di appello, innanzi al Consiglio di Stato, è difatti inammissibile la mera riproposizione dei motivi di primo grado senza che sia sviluppata alcuna confutazione della statuizione del primo giudice, atteso che l’effetto devolutivo dell’appello non esclude l’obbligo dell’appellante di indicare nell’atto di appello le specifiche critiche rivolte alla sentenza impugnata e le ragioni per le quali le conclusioni, cui il primo giudice è pervenuto, non sono condivisibili, non potendo il ricorso in appello limitarsi ad una generica riproposizione degli argomenti dedotti in primo grado. Il motivo in esame, come eccepito dal Comune appellato, è pertanto da reputare inammissibile. Deve peraltro osservarsi che le deduzioni sollevate con riferimento alla finalità soltanto temporanea dell’intervento di sbancamento non sono suffragate dal deposito di perizia tecnica, sebbene preannunciata nel ricorso di primo grado (pagina XII). Trattasi quindi di rilievi non suffragati nemmeno da un principio di prova e pertanto del tutto inidonei a superare le precise risultanze istruttorie poste a base del contestato provvedimento in autotutela.

28.2.1. L’appellante ulteriormente rileva che la ricostruzione del manufatto rurale, secondo quanto autorizzato dal Comune mediante l’autorizzazione in variante, non sarebbe interdetta dalle ragioni poste a base dell’annullamento della concessione edilizia del 2008 secondo quanto evidenziato con il primo motivo in appello in ordine alla collocazione temporale del fabbricato in epoca antecedente al 1942. L’infondatezza di tale profilo del motivo in esame si deve alle considerazioni rese nel capo che precede in ordine alle adeguate risultanze istruttorie (fondate, si ripete, su evidenze documentali chiare e non controvertibili) attestanti l’edificazione del fabbricato in epoca successiva al 1967, con conseguente soggezione alla necessità di previo conseguimento di concessione edilizia ed autorizzazione paesaggistica.

28.3. Col terzo mezzo, l’appellante, nel riproporre il terzo e quarto motivo di ricorso, assume che le considerazioni rese dal Tribunale a sostegno della loro reiezione sarebbero superate in caso di auspicato accoglimento dei motivi d’appello precedentemente articolati, risultando insussistente la rilevata infedeltà della domanda circa l’epoca di risalenza temporale dell’immobile. Dalla rilevata infondatezza di tali rilievi, come sopra argomentato, non può non derivare l’infondatezza anche del motivo in esame. E’ da reputare invece inammissibile, come eccepito dal Comune appellato, il profilo del rilievo col quale si assume che la posizione di affidamento del signor F si sarebbe consolidato anche in virtù della sentenza a lui favorevole n. 1863 del 13 luglio 2010, con la quale il T.a.r. aveva rigettato il ricorso proposto dal signor P ai fini dell’annullamento della concessione edilizia n. 453 del 2010. L’inammissibilità del rilievo, ai sensi del richiamato art. 104 c.p.a., si deve alla sua novità siccome non articolato in prime cure. Esso è comunque infondato, in quanto secondo l’insegnamento dell’Adunanza plenaria, “ La non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare in capo a lui una posizione di affidamento legittimo, con la conseguenza per cui l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte ” (cfr. Ad. Plen. n. 8 del 17 ottobre 2017).

28.4. Col quarto mezzo, l’appellante, nel riproporre il quinto motivo del ricorso originario (pagina XVI), evidenzia il notevole lasso di tempo intercorso dal rilascio della concessione edilizia n. 453 del 2008 “ quasi doppio rispetto ai 18 mesi indicati dal 1° comma della L.241/1990 come limite massimo di ragionevole esercizio del potere di annullamento in autotutela ”. Il rilievo, oltre che inammissibile perché non articolato in prime cure, è comunque infondato perché prospetta l’applicabilità della riforma introdotta con la legge n. 124 del 2015 che invece è da escludere per gli atti emessi prima della sua entrata in vigore, come quello impugnato con il ricorso di primo grado siccome risalente al 2011.

28.5. Per le ragioni suevidenziate, l’appello in esame è infondato e deve essere respinto e deve dichiararsi altresì l’assorbimento dell’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado sollevata dall’interventore P, mentre l’appello incidentale proposto sulla base della sua documentata condizione di proprietario confinante dal medesimo Signor P e depositato il 9 aprile 2018 va dichiarato improcedibile.

29. Da tale esito del riunito appello r.g.n. 2268 testé esaminato discende che i restanti appelli n. 7575/10 e n. 2846/18, preliminarmente ad ogni considerazione afferente al merito, vanno dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza d’interesse in quanto la statuizione di rigetto del riunito appello r.g.n. 2268 del 2010 soddisfa integralmente l’interesse del Signor P .

30. In conclusione, i ricorsi all’esame del Collegio, previamente riuniti, vanno decisi nei termini che seguono:

- va respinto l’appello n. 2268/2018;

- vanno dichiarati improcedibili gli appelli n. 7575/2010 e n. 2846/2018 per sopravvenuta carenza di interesse.

32. Le spese di giudizio, regolamentate secondo il criterio della soccombenza, sono liquidate, in favore del Comune di Olbia e del signor P, nella misura stabilita in dispositivo secondo i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014.

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