Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-06-07, n. 202104367

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-06-07, n. 202104367
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202104367
Data del deposito : 7 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/06/2021

N. 04367/2021REG.PROV.COLL.

N. 00287/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 287 del 2021, proposta dalla Asl Roma 2, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco dell’Orso, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il dottor M A B, rappresentato e difeso dall’avvocato A F con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, nonché

nei confronti

del Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
della Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Elena Prezioso e con questa elettivamente domiciliata presso i propri uffici legali in Roma, Via Marcantonio Colonna, n. 27;
dei dottori A B e Sabina Marinucci, rappresentati e difesi dall’avvocato Massimo D’Ambrosio con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
del dottor Francesco Di Cesare, rappresentato e difeso dagli avvocati Massimo Pistilli e Alessandro Antonelli presso il cui studio in Roma, via Nazario Sauro, n. 16, è elettivamente domiciliato;
del dottor R M, rappresentato e difeso dall’avvocato Maurizio Riommi presso il cui studio in Roma, Via Ennio Quirino Visconti n. 20, è elettivamente domiciliato;

per la riforma

della sentenza del Tar Lazio, sede di Roma, sezione III quater, n. 14105 del 30 dicembre 2020, che ha accolto il ricorso proposto dal dottor M A B per l’annullamento degli atti relativi al concorso pubblico per esami indetto dalla Asl Roma 2 con deliberazione n. 14449 del 27 luglio 2017 per l’assunzione di numero 4 tecnici dirigenti della prevenzione da assegnare alle Aziende sanitarie locali Roma 3, Roma 5, Latina e Viterbo, nella parte in cui non lo aveva ammesso alle prove orali.


Visti il ricorso in appello e i rispettivi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del dottor M A B;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Salute;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Lazio;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dei dottori A B e Sabina Marinucci;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del dottor Francesco Di Cesare;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del dottor R M;

Vista la memoria depositata dai dottori A B e Sabina Marinucci in data 22 gennaio 2021;

Vista la memoria depositata dalla Regione Lazio in data 4 febbraio 2021;

Vista la memoria depositata dal dottor Francesco Di Cesare in data 8 febbraio 2021;

Vista la memoria depositata dal dottor R M in data 16 febbraio 2021;

Vista la memoria depositata dal Ministero della salute in data 12 marzo 2021;

Vista la memoria depositata dal dottor M A B in data 14 marzo 2021 (e nuovamente depositata il successivo 15 marzo 2021);

Visti tutti gli atti della causa;


FATTO

1. Il dottor M A B ha partecipato al concorso pubblico per titoli ed esami per la copertura, a tempo indeterminato, di quattro posti di dirigente dell'area della dirigenza delle professioni sanitarie-tecnico della prevenzione, indetto dall'Azienda sanitaria locale Roma 2.

Dopo aver superato la fase di valutazione dei titoli e quella inerente all'esame scritto, l'odierno appellato è stato ammesso a sostenere la prova pratica prevista dal bando di concorso. Dato l’esito negativo di tale prova, non è stato ammesso alla prova orale.

2. Con ricorso proposto al Tar per il Lazio, sede di Roma, notificato il 7 febbraio 2020, il signor B ha impugnato la graduatoria di coloro che hanno superato la prova pratica, nella parte in cui non è stato ammesso alla prova orale.

Con atto di motivi aggiunti ha impugnato la deliberazione n. 166 del 23 gennaio 2020, con la quale la Asl Roma 2 ha approvato la graduatoria finale dei vincitori e degli idonei.

3. Il Tar, con sentenza n. 14105 del 30 dicembre 2020, dopo aver respinto le eccezioni di tardività del ricorso introduttivo, di omessa notifica a tutti i controinteressati e di tardività dei motivi aggiunti, ha accolto il ricorso e ha annullato le determinazioni di ammissione alla prova orale e di approvazione della graduatoria finale, ritenendo che l'amministrazione, non determinando preventivamente i criteri di valutazione della prova pratica, abbia violato l'art. 12, comma 1, d.P.R. n. 487 del 1994, con la conseguenza che le valutazioni svolte sono viziate per difetto di motivazione.

4. La sentenza del Tar Lazio è stata impugnata con appello notificato e depositato il 13 gennaio 2021, con il quale l’amministrazione ha preliminarmente eccepito che la deliberazione n. 166 del 2020, pubblicata il 23 gennaio 2020, è stata impugnata ritualmente solo con l’atto di motivi aggiunti notificato il 12 maggio 2020 e, quindi, oltre il termine di 60 giorni, pur considerando la sospensione dei termini processuali prevista dal d.l. n. 18 del 2020. Nel merito, ha censurato la decisione del primo giudice relativa alla ritenuta omessa predeterminazione dei criteri di valutazione della prova a carattere pratico e, quindi, al difetto di motivazione della valutazione dell'elaborato del dottor B.

5. Si è costituito in giudizio il Ministero della salute, che ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva ed ha conseguentemente chiesto di essere estromesso dal giudizio.

6. Si è costituita in giudizio la Regione Lazio, che ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva ed ha conseguentemente chiesto di essere estromesso dal giudizio.

7. Si è costituito in giudizio il dottor M A B, che ha sostenuto l’infondatezza, nel merito, dell’appello.

8. Si sono costituiti in giudizio i dottori A B e Sabina Marinucci, che hanno sostenuto la fondatezza, nel merito, dell’appello.

9. Si è costituito in giudizio il dottor Francesco Di Cesare, che ha sostenuto la fondatezza, nel merito, dell’appello.

10. Si è costituito in giudizio il dottor R M, che ha sostenuto la fondatezza, nel merito, dell’appello.

11. All'udienza del 20 maggio 2021, tenutasi in videoconferenza con collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, d.l. 28 ottobre 2020 n.137, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Come esposto in narrativa, è impugnata la sentenza del Tar Lazio che ha accolto il ricorso proposto dal dottor M A B per l’annullamento degli atti relativi al concorso pubblico per esami indetto con deliberazione n. 14449 del 27 luglio 2017 per l’assunzione di 4 tecnici dirigenti della prevenzione, da assegnare alle Aziende sanitarie locali Roma 3, Roma 5, Latina e Viterbo, nella parte in cui non è stato ammesso alle prove orali.

Deve essere preliminarmente scrutinata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva, sollevata dal Ministero della salute e dalla Regione Lazio sul rilievo che alcun atto di tali Amministrazioni sono oggetto di gravame.

Giova ricordare che, secondo condivisibile ricostruzione giurisprudenziale (Cons. Stato, sez. V, 8 aprile 2021, n. 2836;
id. 29 marzo 2021, n. 2647;
id. 11 gennaio 2021, n. 330), nel processo amministrativo impugnatorio, la legittimatio ad causam spetta in via esclusiva alla “pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato” alla quale, pertanto, il ricorso introduttivo deve essere notificato a pena di inammissibilità ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio processuale, con la conseguenza che, trattandosi di una condizione dell’azione, il cui difetto è “ragione ostativa ad una pronuncia di merito”, essa è suscettibile di rilievo officioso in ogni stato e grado del processo ed eccepibile, con la sola preclusione del c.d. giudicato interno, e, dunque, anche per la prima volta in appello.

Si è aggiunto, poi, che l’amministrazione cui la lite sia stata denunciata può sempre chiedere la propria estromissione dal giudizio se ritiene non coinvolti propri interessi apprezzabili o meritevoli di tutela, ma se essa si sia costituita, senza formulare eccezioni sulla propria posizione legittimante, deve ritenersi preclusa l’eccezione che sia proposta per la prima volta in appello “che si colorerebbe (pur non confliggendo sul piano formale con il divieto di ius novorum) dell’abusività che connota l’esercizio di facoltà processuali contra factum proprium”.

Nella specie sia il Ministero della salute che la Regione Lazio hanno eccepito, in primo grado, il proprio difetto di legittimazione passiva sul rilievo che alcun ruolo hanno svolto nella procedura concorsuale, limitandosi la Regione ad autorizzare, in base alla normativa vigente, ciascuna Azienda sanitaria all’indizione delle procedure selettive.

Sul punto il Tar non si è pronunciato ma, come chiarito dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio (ex plurimis, 30 luglio 2018, n. 10), l’omesso esame non comporta la regressione del giudizio al primo grado, prevista in ipotesi tassative dall’art. 105, comma 1, c.p.a., ma impone al giudice dell’appello, per l’effetto devolutivo, di esaminarne il contenuto.

Ciò chiarito, non è dubbio nella specie il difetto di legittimazione passiva delle due Amministrazioni atteso che la procedura concorsuale è stata bandita dalla Azienda Sanitaria Locale Roma 2 e che i vincitori della stessa sarebbero stati assegnati alle Aziende sanitarie Roma 3, Roma 5, Latina e Viterbo.

Essendo le suddette parti, dunque, estranee alla materia del contendere, concernente esclusivamente la legittimità o meno degli atti adottati dalla Azienda Sanitaria Locale Roma 2, si dispone la loro estromissione dal giudizio.

2. Con il primo motivo di appello, avallato dalle controparti costituite con le proprie memore difensive, la Asl ha riproposto l’eccezione di tardività del ricorso di primo grado per essere stata la graduatoria definitiva - pubblicata sul sito istituzionale dell’Azienda il 23 gennaio 2020 - impugnata solo con l’atto di motivi aggiunti notificato il 12 maggio 2020. Ne consegue la tardività dell’impugnazione, scadendo il termine per l’impugnazione – comprensivo della sospensione disposta dal d.l. n. 18 del 2020 – il 1° maggio 2020.

Il motivo non è suscettibile di positiva valutazione.

Ed invero, ha chiarito una granitica giurisprudenza del giudice di appello (Cons. St., sez. V, 21 agosto 2017, n. 4043;
id. 25 marzo 2016, 1242;
id., sez. IV, 12 maggio 2014, n. 2417;
id. 30 maggio 2013, n. 2960;
id., sez. V, 27 marzo 2013, n. 1826) che non valgono ad estendere l’oggetto del giudizio impugnatorio e, quindi, la materia del contendere le espressioni frequentemente contenute nei ricorsi e divenute ormai vere e proprie clausole di stile, con le quali si impugnano gli atti presupposti, conseguenti o comunque connessi a quelli specificamente fatti oggetto di gravame. La specifica menzione in ricorso degli atti connessi e conseguenziali a quello impugnato che si assumono viziati trova, infatti, la sua ragion d’essere nella necessità sia di individuare i vizi da cui si assumono affetti gli atti che si pongono in rapporto di derivazione rispetto a quello inizialmente gravato, sia di porre in condizione i soggetti, che versano in posizione di contro interesse, di poter adeguatamente contraddire, se non di essere chiamati in giudizio, ove la qualità di controinteressato emerga solo in presenza di provvedimenti successivamente adottati dall’Amministrazione (Cons. St., sez. VI, 24 gennaio 2012, n. 291).

In conclusione, la formula di stile è insufficiente a far ricomprendere nell’oggetto del ricorso anche atti non espressamente menzionati e censurati, stante i fondamentali principi del processo amministrativo tesi a garantire il diritto di difesa ed il pieno contraddittorio ai sensi dagli artt. 24 e 111 Cost., i quali impongono di assicurare a tutte le parti processuali l’effettiva possibilità di svolgere le proprie adeguate difese e, perciò, la necessità dell’esatta individuazione e dell’inequivoca indicazione dei provvedimenti impugnati, oltre che la conoscenza anche dei vizi di cui gli stessi sono affetti;
condizioni, queste, che non ricorrono nella formula «ogni altro atto comunque presupposto, conseguente o connesso a quello odiernamente impugnato», non potendo ragionevolmente addossarsi alle parti l’onere di stabilire se, oltre gli atti espressamente impugnati, ve ne sia anche altri, implicitamente impugnati e, quali che siano, di intuirne anche gli eventuali vizi (Cons. St., sez. III, 19 settembre 2011, n. 5259).

Nella specie, però, nell’epigrafe dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado è stata impugnata (punto d) anche “la conseguente, successiva graduatoria finale dei vincitori e degli idonei pubblicata sul sito web http://www.aslroma2.it/external/concorsi, nella parte in cui non comprende il nominativo del ricorrente”. L’atto introduttivo del giudizio, notificato il 7 febbraio 2020, comprende, dunque, anche l’impugnazione della graduatoria conclusiva della procedura, pubblicata il 23 gennaio 2020. Aggiungasi che avverso detta graduatoria sono estensibili i motivi dedotti contro l’esclusione dalla prova orale, non essendo inficiata da vizi propri ma solo da quelli derivati dall’esclusione;
in secondo luogo, l’atto introduttivo del giudizio era stato notificato ad almeno un controinteressato (il dottor A B) e ciò era sufficiente alla regolare instaurazione del contraddittorio rispetto all’impugnazione della graduatoria, non essendo invece configurabili controinteressati né rispetto all’impugnazione della graduatoria provvisoria né rispetto alla mancata ammissione alle prove orali.

3. Con il secondo motivo l’appellante afferma l’erroneità della sentenza del Tar Lazio nella parte in cui ha ritenuto illegittima la mancata predeterminazione di criteri di valutazione con riferimento alla prova pratica (non superata dal dottor B).

Il motivo è suscettibile di positiva valutazione.

Il bando prevedeva l’espletamento di tre prove, di cui due scritte e una orale. La prima prova scritta verteva su una relazione relativa ad argomenti inerenti la funzione da conferire, l’impostazione di un piano di lavoro o soluzione di una serie di quesiti a risposta sintetica nelle materie inerenti al profilo messo a concorso;
la seconda prova scritta, indicata nella lex specialis come “pratica”, era costituita da un quesito orientato alla soluzione di un caso concreto.

L’errore in cui è incorso il giudice di primo grado è stato di ritenere che la prova pratica si esplicitasse in modo diverso rispetto alla prima prova, con la conseguenza che alla stessa non erano applicabili i criteri di valutazione previsti nella riunione del 17 giugno 2019 (e riportati nel verbale n. 1) per la “prova scritta”.

Così non è. Si tratta di due prove scritte, anche se volte a verificare un tipo di attitudine diversa del candidato, la prima a saggiarne la preparazione e la seconda a valutarne esperienza e capacità di approccio ai problemi più concreti.

Corollario obbligato di tale premessa è che i criteri indicati nella seduta del 17 giugno 2019 si applicano sicuramente ad entrambe le prove. Ed infatti, anche nella prova cd. pratica è importante la chiarezza del linguaggio, la logicità e il rigore metodologico dell’esposizione;
la capacità di individuare possibili conflitti e la conoscenza degli istituti che servono a risolvere il caso concreto.

La riprova della correttezza di tale conclusione è nel bando di concorso che, per individuare il contenuto della prova orale, fa riferimento alle materie delle “prove scritte”, e, dunque, utilizzando il plurale, per tali non poteva non intendere le prime due prove (scritta e pratica). Tale riferimento è contenuto anche nel verbale n. 1.

La correttezza dell’operato della Commissione di concorso risulta dunque dallo stesso verbale di individuazione dei criteri, senza che nulla aggiunga la nota della Asl del 26 febbraio 2020, n. 37053, che si è quindi limitata a rilevare quanto era stato fatto dalla stessa Commissione.

4. L’individuazione di criteri di valutazione anche della prova pratica comporta la sufficienza del giudizio delle prove espresso con punteggio numerico.

Il voto numerico, in mancanza di una contraria disposizione, esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione di concorso, contenendo in sé stesso la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni;
quale principio di economicità amministrativa di valutazione, assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute dalla commissione nell'ambito del punteggio disponibile e del potere amministrativo da essa esercitato e la significatività delle espressioni numeriche del voto, sotto il profilo della sufficienza motivazionale in relazione alla prefissazione, da parte della stessa commissione esaminatrice, di criteri di massima di valutazione che soprassiedono all'attribuzione del voto, da cui desumere con evidenza, la graduazione e l'omogeneità delle valutazioni effettuate mediante l'espressione della cifra del voto, con il solo limite della contraddizione manifesta tra specifici elementi di fatto obiettivi, i criteri di massima prestabiliti e la conseguente attribuzione del voto;
inoltre, ai fini della verifica di legittimità dei verbali di correzione e dei conseguenti giudizi non occorre l'apposizione di glosse, segni grafici o indicazioni di qualsivoglia tipo sugli elaborati in relazione a eventuali errori commessi (Cons. Stato, sez. III, 29 gennaio 2021, n. 864;
id. 29 aprile 2019, n. 2775).

5. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c.. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati, infatti, dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.

6. L’appello deve quindi essere accolto, con conseguente riforma della impugnata sentenza del Tar Lazio, sede di Roma, sezione III quater, n. 14105 del 30 dicembre 2020.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti in causa le spese di giudizio.

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