Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-06-13, n. 202204784

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-06-13, n. 202204784
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202204784
Data del deposito : 13 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/06/2022

N. 04784/2022REG.PROV.COLL.

N. 01512/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1512 del 2022, proposto da
Mdep Iaso Tower 1 S.r.l., in persona del Legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli Avvocati F C, F L e Jacopo D'Auria, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il Primo, in Roma, via G.P. da Palestrina n. 47;

contro

Ministero della Transizione Ecologica e Ministero della Cultura, in persona dei Ministri pro tempore e Ente Parco Nazionale del Circeo, persona del Legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comune di San Felice Circeo, non costituito in giudizio;

nei confronti

Wind Tre S.p.A., in persona del Legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocato Giuseppe Sartorio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Iliad Italia S.p.A., rappresentata e difesa dall’Avvocato Filippo Pacciani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via di San Nicola da Tolentino n. 67;
D C, D C e V G, rappresentati e difesi dagli Avvocati Benedetto Giovanni Carbone, Mario Sanino e Alberta Milone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Lazio, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione staccata di Latina, n. 00463/2021, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Difesa erariale, di Wind Tre S.p.A., di Iliad Italia S.p.A. e di D C, D C e V G;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 maggio 2022 il Cons. M P e uditi per le parti gli Avvocati presenti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La presente controversia riguarda la costruzione di un impianto di telecomunicazioni multi-gestore per stazioni radio base (SRB) da realizzarsi in area ricadente in zona classificata a protezione speciale posta all’interno del Parco nazionale del Circeo.

L’impianto consiste in un traliccio multi antenne destinato ad ospitare in co-siting le SRB di WIND TRE S.p.A. e ILIAD S.p.A..

A tali fini, l’appellante ed i gestori interessati al progetto presentavano presso il SUAP del Comune di San Felice Circeo:

- in data 5 agosto 2020, l’istanza di autorizzazione ex art. 87, D. Lgs. n. 259/2003 (Codice delle comunicazioni, di seguito Codice);

- in pari data, la richiesta del nulla osta di competenza dell’Ente Parco ex art. 13 della L. n. 394/1991;

- in data 6 agosto 2020, la richiesta di avvio del procedimento di Valutazione di Incidenza Ambientale (VINCA) di competenza regionale;

- in data 9 agosto 2020, la richiesta di autorizzazione paesaggistica ex art. 5 del d.P.R. n. 357/1997, anche questa di competenza regionale.

La Regione Lazio:

- con determinazione del 19 agosto 2020, rilasciava l’autorizzazione paesaggistica;

- con nota del 17 agosto 2020, «sentiva» l’Ente Parco ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d.P.R. n. 357/1997;

- con nota del 28 gennaio 2021, in assenza di riscontri da parte dell’Ente Parco, concludeva la procedura di VINCA in senso favorevole;

- con nota del 21 dicembre 2020, rilasciava l’autorizzazione sismica;

In assenza di riscontri, tanto da parte del Comune quanto da parte dell’Ente Parco, l’appellante, sul presupposto che si fosse in tal modo perfezionato il silenzio assenso tanto in ordine all’istanza di autorizzazione ex art. 87 quanto in con riferimento all’istanza di nulla osta ex art. 13 per superamento dei relativi (e, in ogni caso, ai sensi dell’art. 17 bis della L. n. 241/1990 disciplinante gli « effetti del silenzio e dell’inerzia tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici »), comunicava l’avvio dei lavori alla data del 10 dicembre 2021.

L’Ente Parco ritenendo, invece, che non si fosse formato alcun provvedimento tacito, si esprimeva, in prossimità dell’ultimazione dei lavori, con nota del 1° febbraio 2021, negando il nulla osta di competenza.

A fondamento della posizione espressa, richiamava la sentenza della Corte costituzionale 17 novembre 2020 n. 240 che annullava la delibera del Consiglio regionale del Lazio n. 5 del 2 agosto 2019 con la quale, senza il previo coinvolgimento del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, era stato approvato il PTPR, allegando che, in difetto di detto atto pianificatorio, avrebbero trovato applicazione le misure di salvaguardia previste dall’art. 21, della L.R. n. 24/1998 che, nelle aree sottoposte a vincolo paesistico, consentono solo interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione, risanamento, recupero statico ed igienico e restauro conservativo e non anche interventi di nuova costruzione (riconducendo implicitamente l’intervento in questione a tale ultima tipologia).

L’odierna appellante, con ricorso iscritto al n. 143/2021 R.R., impugnava il diniego innanzi al Tar Lazio, Sezione staccata di Latina, deducendo, in estrema sintesi, la tardività del diniego di nulla osta da parte dell’Ente Parco che nell’occasione si sarebbe espresso eccedendo le proprie attribuzioni da ritenersi limitate ai soli profili di conservazione degli habitat naturali e seminaturali, con esclusione di ambiti di valutazione in materia paesaggistica, riservata alla Regione che, peraltro, come già rilevato, si esprimeva favorevolmente.

Il Tar respingeva il ricorso con sentenza n. 463 del 15 luglio 2021 affermando:

- la tempestività della posizione espressa dall’Ente Parco, senza alcun travalicamento delle proprie attribuzioni, sul presupposto che in assenza del Piano non potrebbe operare l’istituto del silenzio assenso poiché mancherebbe « il parametro rispetto al quale l’amministrazione può fondatamente esprimere una posizione in ordine alla compatibilità dell’intervento … »;

- il mancato perfezionamento del silenzio assenso in ordine all’istanza ex art. 87 del Codice in ragione della mancata acquisizione degli atti di assenso necessari (nel specie il nulla osta dell’Ente Parco);

- l’inapplicabilità della fattispecie di silenzio assenso ex art. 17 della L. n. 241/1990, non potendosi configurare nel caso di specie un « rapporto orizzontale » tra soggetti pubblici ma un procedimento ad istanza di parte attivato dal privato;

- il mancato perfezionamento della procedura di VINCA in difetto della pronunzia espressa dell’Ente Parco nell’ambito del relativo procedimento.

L’ appellante, con ricorso depositato il 21 febbraio 2022, impugnava la sentenza di primo grado riproponendo sostanzialmente le censure già formulate in primo grado;
deducendo il vizio di ultrapetizione in relazione alle statuizioni relative alla formazione del silenzio assenso ex art. 87 del Codice in merito al quale il Tar si pronunciava pur trattandosi di questione estranea a quel giudizio;
e, infine, censurando la ritenuta ammissibilità dell’intervento ad opponendum dei Signori D C, D C e V G.

Con atto depositato il 24 febbraio 2022, si costituivano formalmente in giudizio gli intervenienti in primo grado, Signori, Corapi e Giannini, rinviando a successiva memoria del 14 marzo successivo ogni approfondimento a sostegno della correttezza della sentenza impugnata.

Con atto depositato il 2 marzo 2022, si costituiva formalmente in giudizio Iliad S.p.A. che sviluppava le proprie difese con successiva memoria del 14 marzo 2022 aderendo alle posizioni dell’appellante.

L’Ente Parco si costituiva in giudizio con memoria depositata il l’11 marzo 2012, sostenendo la legittimità del proprio operato.

Nella camera di consiglio del 17 marzo 2022, con ordinanza n. 1265/2022, veniva accolta l’istanza di sospensione e fissata l’udienza discussione di merito.

Wind S.p.A. si costituiva in giudizio con memoria del 31 marzo 2022 aderendo anch’essa alle posizioni dell’appellante.

Con memoria del 4 aprile 2022, gli intervenienti eccepivano la tardività dell’appello in quanto proposto « ben oltre il termine dimezzato previsto per la notifica dell’appello nelle ipotesi di provvedimenti “relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate all’esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità ” (art. 119, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 104/2010)».

In detta sede sollevavano, altresì, questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, della L. n. 394/1991 in relazione agli artt. 9, 32, 10 e 11 della Costituzione « laddove debba essere interpretato, come prospettato dall’appellante, nel senso che il silenzio assenso previsto dalla menzionata disposizione si formi anche nelle ipotesi in cui non siano stati approvati il Piano e il Regolamento dell’Ente Parco ».

Tutte le parti costituite replicavano alle avverse difese con memorie depositate il 14 aprile 2022.

Con atto depositato il 19 aprile 2022 l’Ente Parco chiedeva il passaggio in decisione sugli scritti.

All’esito della pubblica udienza del 5 maggio 2022, l’appello veniva deciso.

Può prescindersi dallo scrutinio della questione relativa all’ammissibilità dell’intervento poiché l’appello è infondato nel merito.

Deve, in ogni caso, disattendersi l’eccezione di tardività in detta sede sollevata (profilo comunque rilevabile d’ufficio) sul presupposto che troverebbe applicazione al caso di specie il dimezzamento dei termini di cui all’art. 119 c.p.a. rientrando la materia nelle previsioni di cui al comma 1, lett. f) della citata disposizione (“ provvedimenti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate all'esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità e i provvedimenti di espropriazione delle invenzioni adottati ai sensi del codice della proprietà industriale ”).

L’impianto oggetto del giudizio è, infatti, realizzato su area privata nella piena disponibilità dell’appellante, estranea a qualsivoglia procedura espropriativa. Né le previsioni di cui all’art. 119 possono essere interpretate estensivamente, stante la loro specialità e quindi necessaria tassatività. Valgono pertanto i termini ordinari per la presentazione dell’appello che, nel caso di specie, sono stati rispettati.

Quanto al merito della controversia, la complessità della vicenda richiede un preliminare e sintetico inquadramento della controversia.

L’odierna appellante interessata, come in parte anticipato, alla realizzazione di una struttura destinata ad ospitare in co-siting più impianti di comunicazione, presentava, unitamente ai gestori interessati al progetto (costituiti nel presente giudizio), le richieste tese all’acquisizione, espressa o tacita, dei necessari atti di assenso.

A seguito di dette richieste intervenivano, come anticipato, con provvedimento espresso l’autorizzazione paesaggistica e la VINCA.

Nel silenzio delle amministrazioni interessate, spiravano i termini per la formazione del silenzio di cui agli artt. 87 del Codice e 13 della L. n. 394/1991.

La norma da ultimo richiamata, disciplina l’espressione della posizione da parte dell’Ente Parco prevedendo che, in assenza di un riscontro formale, si consideri comunque acquisito il nulla osta allo scadere del termine di 60 giorni dalla presentazione della relativa richiesta.

Tale posizione, sia che maturi in virtù di un provvedimento espresso, sia che si formi secondo la scansione procedimentale del silenzio assenso, attesta la compatibilità dell’intervento con la disciplina di settore, nella specie il PTPR del quale, ai sensi della L.R. n. 24/1998, era prevista l’adozione, a cura della Regione, entro il termine del 14 febbraio 2020.

La medesima fonte normativa contempla l’eventualità che detto termine non venga rispettato, prevedendo, all’art. 21, che in caso di mancata tempestiva approvazione del Piano, « operano esclusivamente le norme di tutela di cui al Capo II» che «nelle aree sottoposte a vincolo paesistico con provvedimento dell'amministrazione competente » consentono « esclusivamente interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione, risanamento, recupero statico ed igienico e restauro conservativo ».

Illustrato nei suesposti termini il contesto normativo di riferimento, deve procedersi all’illustrazione delle specificità che caratterizzano la presente fattispecie.

Al momento della presentazione delle sopra menzionate istanze, esisteva una disciplina di parco e, quindi, utilizzando i termini di cui alla sentenza impugnata, sussisteva « il parametro rispetto al quale l’amministrazione [l’Ente Parco, ndr] può fondatamente esprimere una posizione in ordine alla compatibilità dell’intervento … ».

Il Piano, deve precisarsi, adottato con delibera del Consiglio regionale n. 5 del 2 agosto 2019, era vigente sia al momento della presentazione dell’istanza ex art. 87 del Codice, sia al momento del rilascio da parte della Regione dell’autorizzazione paesaggistica.

Era, altresì, vigente allo spirare dei termini di cui ai più volte richiamati artt. 87 del Codice e 13 della L. n. 394/1991: circostanza che, a parere dell’appellante e dei gestori costituiti, determinava il definitivo assenso all’intervento.

Si precisa ulteriormente, in quanto questione dedotta in appello, che il Piano era, per evidenti ragioni, vigente anche una volta trascorso il termine di 30 giorni cui l’art. 17 bis della L. n. 241/1990 ricollega il perfezionamento del silenzio significativo nelle ipotesi in cui si renda necessaria « l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche ».

Il Piano, tuttavia, in quanto a suo tempo approvato omettendo il coinvolgimento nel relativo procedimento del Ministero, veniva annullato con sentenza della Corte Costituzionale n. 240 del 17 novembre 2020.

Circa l’impatto di detta decisione sul procedimento oggetto di giudizio le posizioni delle parti sono discordanti.

Sul punto deve, quindi, evidenziarsi sin d’ora, che, sebbene le « sentenze di accoglimento, in base al disposto dell'art. 136 Cost. confermato dall'art. 30 l. 11 marzo 1953 n. 87 » operino « ex tunc perché producono i loro effetti anche sui rapporti sorti anteriormente alla pronuncia di illegittimità ”, la « naturale retroattività degli effetti della pronuncia di illegittimità costituzionale non è senza eccezioni » (C. Cost., 22 dicembre 2019, n. 246).

La giurisprudenza amministrativa ha, peraltro, da tempo affermato, con posizione ormai consolidata, che « la dichiarazione di incostituzionalità di una legge o di un atto avente forza di legge rende la norma inefficace ex tunc e quindi estende la sua invalidità a tutti i rapporti giuridici ancora pendenti al momento della decisione della Corte, restandone così esclusi soltanto i "rapporti esauriti" » (Cons. Stato, Sez. VI, 11 marzo 2015, n.1261).

Ciò chiarito, deve ribadirsi che è controverso se, al momento della pubblicazione della decisione, gli atti di assenso per silentium si fossero già perfezionati: questione determinante ai fini delle valutazioni circa la tempestività del diniego di nulla osta censurato in primo grado.

A tale questione, è logicamente connessa quella relativa alla disciplina cui riferirsi nell’espressione del giudizio di compatibilità di competenza dell’Ente Parco nel caso in cui debba ritenersi inesistente ab origine il Piano annullato e, in particolare, se la necessità di riferirsi ad un diverso « parametro » consenta all’Ente Parco di pronunciarsi prescindendo dal termine assegnato dalla legge, sterilizzandosi in tal modo la previsione relativa alla formazione del nulla osta per silenzio assenso.

Perimetrata nei suesposti sensi la questione centrale oggetto del presente giudizio (fatte salve le successive specificazioni), può procedersi allo scrutinio delle censure oggetto dell’appello.

Con il primo motivo, l’appellante deduce « Error in iudicando. Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha rigettato il primo motivo di ricorso con cui era stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della Legge n. 394/91, degli artt. 86, 87 e 90 del d.lgs. n. 259/03 e della correlata disciplina euro unitaria, violazione e falsa applicazione dell’art. 21 nonies della Legge n. 241/90, violazione dell’art. 2 comma 8 bis e dell’art. 17 bis della Legge n. 241/90, violazione dell’art. 11, disp. prel., del principio del tempus regit actum, del principio del legittimo affidamento e del principio di irretroattività delle leggi e degli atti e provvedimenti ammi-nistrativi, eccesso di potere per carenza dei presupposti;
contraddittorietà;
irrazionalità, illogicità, sproporzionalità, violazione e falsa applicazione del principio di tipicità degli atti amministrativi, arbitrarietà, violazione dei principi europei e costituzionali della tutela della concorrenza, parità di trattamento ed imparzialità, violazione dell’art. 97 Cost. e dei principi di trasparenza, imparzialità e buona andamento dell’amministrazione, sviamento. Error in procedendo: violazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato
».

Con un primo ordine di doglianze, la sentenza del Tar viene censurata nella parte in cui afferma che, in merito alla richiesta di nulla osta presentata all’Ente Parco, non si sarebbe formato il silenzio assenso disciplinato dall’art. 13 della Legge n. 394/91, ricollegando tale effetto alla mancanza di un vigente Piano regionale.

Ciò sul presupposto che, invece, il nulla osta dovesse ritenersi come rilasciato per silenzio assenso.

La censura è fondata.

Preliminarmente deve affermarsi che l’assenza di una disciplina di parco non esenta l’Ente dall’espressione della propria posizione in ordine all’istanza di nulla osta.

Che sussista l’obbligo di pronunciarsi pur in assenza del Piano e del Regolamento, è stato già riconosciuto dalla giurisprudenza affermando che « l'operatività della previsione dell'art. 13 della legge n. 394 del 1991 non è subordinata alla previa approvazione del piano e del regolamento del parco, atteso che, in mancanza, la valutazione spettante all'Ente Parco deve fare riferimento agli atti istitutivi del parco, alle deliberazioni ed agli altri provvedimenti emanati dagli organi di gestione dell'ente, alle misure di salvaguardia, ai piani paesistici territoriali o urbanistici, i quali hanno valenza fino al momento dell'approvazione del piano del parco (cfr. Cass. pen., sez. III, 13 dicembre 2006, n. 14183) » (Cons. Stato, Sez. IV, 10 settembre 2018, n.5296).

Il principio trova, inoltre, conferma nella stessa sentenza impugnata laddove, pur affermando che l’approvazione del Piano ex artt. 11 e 12 della L. n. 394/1991 « sia indispensabile » ai fini del rilascio del nulla osta « mancando altrimenti il parametro rispetto al quale l’amministrazione può fondatamente esprimere una posizione … », richiama il citato precedente e afferma che «in mancanza di previa approvazione del piano e del regolamento del parco, il nulla osta “ deve in ogni caso essere chiesto ed espresso da parte dell’Ente parco” » (affermazione in relazione alla quale viene dall’appellante dedotto il vizio di contraddittorietà).

Chiarito che l’Ente è tenuto ad esprimersi, deve essere affrontata la successiva questione relativa alle forme nelle quali la posizione debba essere espressa.

L’art. 13 della Legge n. 394/91 stabilisce che «il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all'interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell’Ente parco. Il nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l'intervento ed è reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato».

La norma si articola in tre proposizioni contenute in separati periodi.

Dapprima, sancisce la necessità del nulla osta per l’esecuzione di interventi all’interno del parco;
stabilisce successivamente quale sia il «parametro» cui l’Ente preposto dovrà riferirsi nell’esprimere il proprio giudizio, individuandolo nel Piano e nel Regolamento di parco e, infine, impone che la decisione venga formalizzata nel termine di 60 giorni «decorso il quale» il nulla osta deve ritenersi come rilasciato.

L’individuazione del profilo sostanziale, ovvero, la disciplina riguardo alla quale l’opera deve porsi in termini di compatibilità, e le modalità di espressione di tale giudizio di compatibilità, quindi il profilo procedurale di formazione della posizione dell’Ente, sono oggetto di disposizioni fra loro autonome e reciprocamente indipendenti.

La norma regionale che regola l’ipotesi in cui non si sia provveduto all’adozione di una disciplina di parco (Piano e Regolamento), alla quale le parti resistenti assimilano l’annullamento con effetto retroattivo della stessa, ovvero il già illustrato art. 21 della L.R. n. 24/1998, dispone unicamente in relazione al primo dei suesposti profili, individuando il solo « parametro » cui commisurare il giudizio di compatibilità, senza nulla disporre in ordine alla formazione dello stesso.

La norma prescrive, infatti, che la posizione di competenza dell’Ente Parco dovrà essere espressa in conformità delle misure di salvaguardia di cui all’art. 4 e ss. della citata fonte regionale, che, per quanto di interesse ai presenti fini, come già rilevato, consentono «esclusivamente interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione, risanamento, recupero statico ed igienico e restauro conservativo».

Nulla dispone, invece, circa il termine entro il quale la posizione dovrà comunque essere espressa, né detta una specifica disciplina per l’ipotesi in cui ne venga omessa la formalizzazione.

In assenza, pertanto, di puntuali indicazioni contrarie, il termine entro il quale dovrà intervenire la determinazione dell’ente Parco in merito all’istanza di nulla osta, non potrà che essere quello stabilito dall’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 13, anche con riferimento agli effetti, ivi disciplinati, della mancata pronunzia espressa ( ubi lex voluit dixit ).

A sostegno del mancato perfezionamento del silenzio assenso non può, inoltre, sostenersi che il termine in questione decorrerebbe dalla positiva conclusione della procedura di valutazione di incidenza ambientale (VINCA), intervenuta solamente alla data del 28 gennaio 2021 (rispetto alla quale il diniego di nulla osta sarebbe tempestivo).

Sul punto deve rilevarsi che a sensi dell’art. 5, comma 7, del d.P.R. n. 357/1997, che disciplina il rilascio del titolo in questione, « la valutazione di incidenza di piani o di interventi che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione ricadenti, interamente o parzialmente, in un'area naturale protetta nazionale, come definita dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, è effettuata sentito l'ente di gestione dell'area stessa ».

La norma non configura, quindi, un obbligo dell’Ente di pronunciarsi mediante provvedimento espresso né è previsto che in mancanza di tale determinazione, alla Regione sia inibita la definizione del procedimento di VINCA.

Non può quindi che rilevarsi che la Regione «sentiva» l’Ente Parco richiedendo le valutazioni di competenza con nota del 17 agosto 2020 e, in assenza di riscontro nei successivi mesi, si esprimeva favorevolmente, come anticipato, il 28 gennaio 2021 (determinazione non oggetto di contestazioni di sorta).

È, inoltre, priva di base giuridica l’affermazione per la quale la VINCA costituisca presupposto indefettibile ai fini delle determinazioni dell’Ente Parco in ordine al rilascio del nulla osta: tesi aderendo alla quale si sterilizzerebbe il precetto di cui all’art. 13 della L. n. 394/1991 rimettendo la effettiva formazione del silenzio assenso all’arbitraria scelta di provvedere o meno della Regione.

In ogni caso, la posizione favorevole dell’Ente Parco nell’ambito della procedura di VINCA deve ritenersi acquista ai sensi dell’art. 17 bis della L. n. 241/1990, ai sensi del quale « nei casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, da parte dell'amministrazione procedente» (comma 1) prevedendo che «decorsi i termini di cui al comma 1 senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito » (comma 2).

Per completezza di esposizione deve evidenziarsi che, come già accennato, l’applicabilità dell’art. 17 bis alla procedura oggetto del giudizio, viene invocata dall’appellante anche ai fini del perfezionamento del silenzio assenso in ordine all’istanza di rilascio del nulla osta del Parco.

Il Tar negava l’operatività della norma in commento rilevando che troverebbe applicazione unicamente nelle ipotesi in cui « viene in questione un rapporto orizzontale tra soggetti pubblici, s ché la sua applicazione è esclusa ai procedimenti di iniziativa di parte che si svolgono presso un’Amministrazione competente a ricevere la domanda del privato ma rispetto ai quali la competenza sostanziale è di altro soggetto pubblico, ove si verte su un rapporto verticale con il privato ».

La posizione è coerente con il principio già affermato dal Consiglio di Stato (parere n. 1640/2016) per il quale la presentazione di una istanza da parte del privato tramite il SUAP (definito dal Tar «un semplice istituto di semplificazione»), che a propria volta provvede alle acquisizioni delle posizioni delle amministrazioni chiamate ad esprimersi, non muterebbe la configurazione «verticale» del rapporto con il privato.

La tesi è convincente.

Tuttavia, deve rilevarsi che le suesposte considerazioni non possono valere anche relativamente al procedimento di VINCA, nell’abito del quale, l’interposizione della Regione fra il privato e l’Ente Parco non può essere ricondotta a quella di un mero « istituto di semplificazione ».

Si è, infatti, in presenza di un procedimento dotato di una sua autonomia nell’ambito del quale l’amministrazione competente all’adozione del provvedimento conclusivo è tenuta a coinvolgere un ente terzo dando vita ad un rapporto orizzontale fra amministrazioni pubbliche.

Deve, quindi, ritenersi che la vicenda rientri nelle fattispecie disciplinate dalla norma «in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche».

Definendo, quindi, la questione oggetto della controversia, può in conclusione affermarsi che, allo scadere del termine di 60 giorni di cui all’art. 13 della L. n. 394/1991, il prescritto nulla osta deve intendersi rilasciato per silentium , con assorbimento, a tali fini, della questione riferita alla pretesa violazione dell’art. 17 bis della L. n. 241/1990.

Per le medesime considerazioni deve ritenersi formato anche il silenzio in merito alla richiesta di autorizzazione all’installazione dell’impianto a sensi della disciplina codicistica (profilo, come dedotto in appello, estraneo al giudizio di primo grado).

L’eventuale adozione di una diversa posizione, una volta decorso il termine in questione, non potrà che intervenire nel rispetto della normativa che disciplina il potere di autotutela dettata agli artt. 21 quinques e 21 noines della L. n. 241/1990.

Elementi a sostegno dell’opposta tesi non si rinvengono nei contenuti dell’Adunanza plenaria n. 17/2016, evocata, sia pur per opposte ragioni, da tutte le parti del giudizio.

Viene dai resistenti eccepito che il nulla osta in questione avrebbe ad oggetto la verifica di conformità dell’intervento alla disciplina di parco risolvendosi, pertanto, in una verifica a basso tasso di discrezionalità limitata alla verifica della corrispondenza dell’intervento alle prescrizioni contenute nel Piano e nel Regolamento che definiscono ex ante « i limiti di accettabilità delle trasformazioni che altrimenti caratterizzerebbero un congruo giudizio di compatibilità rispetto a quella salvaguardia ».

In altri termini, sarebbero le misure di tutela definite a monte nei citati atti pianificatori a limitare l’ambito di apprezzamento discrezionale dell’Ente in sede di rilascio del nulla osta.

Mancando tali strumenti, la posizione dell’Ente non potrebbe che formarsi in forma espressa trovando applicazione quanto previsto dall’art. 1, comma 5, del d.P.R. del 4 aprile 2005, istitutivo del Parco laddove prescrive che « nel territorio del Parco, fino all’approvazione del piano di cui all’art. 12 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 e successive modificazioni, redatto a seguito di specifici ed approfonditi studi scientifici e socio-economici, si applicano le norme di tutela previste dal Piani territoriali paesistici Ambito 10 “Latina”, Ambito 13 “Terracina, Ceprano, Fondi” e Ambito 14 “Cassino, Gaeta, Ponza”, approvati dalla legge regionale 6 luglio 1998, n. 24, ovvero, a decorrere dalla data della sua approvazione, dal Piano territoriale paesistico regionale di cui all’art. 21 della legge regionale n. 24 del 1998 ».

Tale profilo, tuttavia, non costituiva oggetto di specifico esame da parte dell’Adunanza plenaria atteso che la fattispecie sulla quale era chiamata a decidere non riguardava il tema, qui di interesse, dell’assenza di una disciplina di parco ma la legittimità di una posizione espressa successivamente allo spirare del termine di cui all’art. 13.

Nell’occasione, infatti, l’Adunanza plenaria era chiamata a stabilire se l’art. 20, comma 4, della L. n. 241/1990, laddove prescrive che « le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente… », avesse abrogato o meno la previsione di cui all’art. 13 della L. n. 394/1991 nella parte in cui prevede il rilascio del nulla osta per silenzio assenso.

Circa la specifica questione, la Plenaria, premesso che « il nulla osta in questione è atto diverso dall'autorizzazione paesaggistica relativa all'intervento, agli impianti ed alle opere da realizzare all'interno del parco. Esso è un atto endoprocedimentale, prodromico rispetto al rilascio dell'autorizzazione [paesaggistica]», riteneva che la norma di cui all’art. 20 « non abroga la previsione dell’art. 13 (Nulla osta), comma 1 (e 4) l. 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette) secondo cui “decorso inutilmente il termine di sessanta giorni dalla richiesta di nulla osta per concessioni o autorizzazioni relative a interventi «il nulla osta si intende rilasciato” » e che, quindi, era da ritenersi « illegittimo il diniego reso dall’Ente Parco e sopravvenuto tardivamente dopo che si era già formato il titolo abilitativo tacito» residuando, in capo all’ente Parco, unicamente, come peraltro già evidenziato, l’intervento «in via di autotutela ai sensi dei successivi articoli 21-quinquies e 21-nonies, dopo aver effettuato le valutazioni di legittimità omesse o non correttamente esercitate ».

Deve, quindi, ribadirsi che il nulla osta di competenza dell’Ente Parco debba considerarsi come acquisito per silenzio assenso allo spirare del termine di cui all’art. 13 della L. n.394/1991 e che tale forma di assenso non possa che essere rivisto solo ricorrendo all’esercizio dei poteri di autotutela.

Deduce ulteriormente l’appellante, con distinta censura, che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tar, il già illustrato rinvio «alle deliberazioni ed agli altri provvedimenti emanati dagli organi di gestione dell’ente» (quali fonti cui riferirsi in sede di rilascio del nulla osta) dovrebbe intendersi come riferito, non solo alle richiamate misure di salvaguardia, ma anche alla disciplina di Piano adottata con delibere del Consiglio Direttivo del Parco nn. 1/2009, 43/2011 e n. 1/2012, previa acquisizione del parere della Comunità del Parco, cui seguiva l’adozione del Piano con delibera del Giunta regionale n. 427/17.

Fra tali fonti dovrebbero annoverarsi ulteriormente le NTA del Piano adottato che, all’art. 54, consentono l’installazione dell’impianto, sia pur a condizione che:

« a) rispettino i valori di emissione previsti dalle norme vigenti e siano certificati dall’ARPA;

b) non sia possibile utilizzare strutture e tralicci esistenti, siano localizzate in posizioni che non compromettano i valori ambientali del Parco, anche in termini di visibilità e inserimento nel paesaggio;

c) le soluzioni tecniche siano idonee a minimizzare il numero di strutture presenti me-diante co-siting da parte di più gestori e siano munite dei pareri favorevoli e autorizza-zioni relativamente ai vincoli paesaggistici;

d) il progetto preveda schermature vegetali con piante autoctone, ove possibile anche in ambito urbano, e l’inserimento architettonico nel contesto nel quale viene posizionato ».

La doglianza è fondata stante l’ampiezza del rinvio, nelle more dell’adozione del Piano, alla disciplina esistente (« deliberazioni » e « altri provvedimenti »).

Ciò premesso, il rispetto della prescrizione di cui alla lett. a) è attestato dall’ARPA e non è oggetto di contestazione.

È, altresì, documentato che il traliccio insiste su area antropizzata fortemente edificata e che la visibilità dello stesso risulta schermata, ancorché non integralmente, dalla presenza di alberi di alto fusto.

Sono, inoltre, descritte le caratteristiche costruttive, i materiali impiegati e la colorazione della struttura, tali da ridurre sensibilmente l’impatto dell’opera sull’ambiente circostante, come illustrato nello Studio di inserimento paesistico redatto ai sensi dell’art. 30 della L.R. n. 24/1998 (produzione che smentisce l’eccepita mancata considerazione dello specifico profilo, in ogni caso non menzionato dall’Ente parco nell’atto impugnato).

L’inesistenza di evidenti profili di incompatibilità sotto il profilo paesaggistico, trova conferma nelle valutazioni della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Frosinone, Latina e Rieti che, esprimendosi in ordine all’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 del D. Lgs. n. 42/2004, affermava che “ trattasi di installazione di palo apparati per telecomunicazioni in una proprietà privata realizzata con carattere di completa reversibilità ed attuando misure di mitigazione che meglio minimizzano l’intervento nel contest paesaggistico interessato ”.

Veniva, altresì, motivata la ragione per la quale, si fini dell’ottimizzazione della copertura della località, si rendeva necessario realizzare il nuovo traliccio, individuata nell’impossibilità di garantire identici e altrettanto efficaci livelli di segnale,

Ad ulteriore conferma della perplessità della posizione tardivamente espressa dall’Ente Parco deve evidenziarsi che è affermato, e non contestato, che l’opera non fosse in contrasto non solo con le norme del previgente PTPR annullato dalla Corte Costituzionale, ma anche con il Piano successivamente adottato (nelle more anche approvato).

La circostanza è significativa poiché, come anticipato, il Piano in questione veniva annullato solo per un vizio formale.

Di tale circostanza è dato atto in sentenza osservando che « dagli atti di causa è emerso che durante la celebrazione del presente giudizio il PTPR del Lazio è stato nuovamente approvato con delibera del Consiglio regionale n. 5 del 21 aprile 2021, pubblicata nel BUR n. 56 del 10 giugno 2021, sì che le misure di salvaguardia azionate dall’atto gravato sono allo stato venute meno, con ogni conseguenza sulla possibilità per

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