Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-03-17, n. 202201934

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-03-17, n. 202201934
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202201934
Data del deposito : 17 marzo 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/03/2022

N. 01934/2022REG.PROV.COLL.

N. 09164/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOE DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9164 del 2021, proposto dall’Impresa Individuale -OISSIS- in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato M S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, piazza Oreste Tommasini, n. 20;

contro

l’Ufficio Territoriale del Governo di Reggio Calabria ed il Ministero dell'Interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
il Comune di -OISSIS-(Rc), in persona del Sindaco pro tempore , non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, n. -OISSIS-, pubblicata il 2 aprile 2021, non notificata, concernente la domanda di annullamento del provvedimento della Prefettura di Reggio Calabria prot. n. -OISSIS- con il quale è stata emessa nei confronti dell'impresa individuale qui ricorrente un'informazione antimafia interdittiva.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ufficio Territoriale del Governo Reggio Calabria e del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 marzo 2022 il Cons. Giovanni Pescatore e viste le istanze di passaggio in decisione depositate dall'Avvocato M S e dall'Avvocato dello Stato Wally Ferrante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. In data 3 maggio 2019 l’impresa individuale qui appellante, titolare di autorizzazione al commercio ambulante, è stata notiziata dell'informazione antimafia interdittiva emessa nei suoi confronti dalla Prefettura di Reggio Calabria in data 22 marzo 2019.

All’informativa ha fatto seguito la revoca, in danno della stessa parte, della SCIA presentata presso lo Sportello Unico per le Attività produttive (S.U.A.P.) del Comune di -OISSIS-) ed avente ad oggetto l’utilizzo di un posteggio per la vendita di articoli religiosi, giocattoli ed oggettistica varia.

2. Entrambi gli atti sono stati impugnati innanzi al TAR della Calabria, Sezione di Reggio Calabria, sulla base di una censura di diritto intesa ad evidenziare l’eccesso di potere per illogicità, travisamento dei fatti e abnormità valutativa.

3. L’informativa antimafia:

-- dà rilievo al compromesso intreccio di rapporti parentali che legano la signora -OISSIS-a pericolosi esponenti della cosca mafiosa dei “-OISSIS-”, alias “-OISSIS-”, contrapposta nello stesso contesto territoriale del Comune di -OISSIS-all’altrettanto pericolosa cosca dei “-OISSIS-”;

-- evidenzia la “ gravità dei reati per i quali i fratelli di --OISSIS-- (in particolare, --OISSIS-”) sono stati condannati ed attualmente sono reclusi in carcere (alcuni di questi sono assurti alla ribalta della cronaca nazionale ed internazionale per l’efferatezza di alcuni delitti di cui si sono resi protagonisti, come quello commesso in occasione della strage di -OISSIS-) ”;

-- sottolinea la “ pervasività della forza intimidatoria notoriamente esercitata dalla “famiglia” sul tessuto economico e sociale del territorio ”;

-- osserva “ che i molteplici legami di parentela descritti nel provvedimento interdittivo, oggetto del presente giudizio, non riguardano lontani parenti della sig.ra --OISSIS--, ma in primo luogo, come si è visto, i fratelli -OISSIS-tratti in arresto, sia pure in tempi risalenti, per associazione mafiosa, traffico di stupefacenti e di armi. Una situazione indiziante similare è poi riferibile al nipote del titolare dell’impresa ricorrente --OISSIS-, coinvolto per favoreggiamento nella strage di cui si è fatto cenno ”;

-- evidenzia i precedenti penali della signora -OISSIS- per abusivismo edilizio, e del marito signor --OISSIS-, condannato per ricettazione;

-- segnala che l’attività svolta dalla ditta del ricorrente – commercio ambulante su aree demaniali in concessione – afferisce ad un ambito imprenditoriale ritenuto particolarmente esposto all’influenza della criminalità organizzata;
ed evidenzia, a questo stesso proposito, che “ tra le motivazioni che hanno portato il Presidente della Repubblica a sciogliere il consiglio comunale di -OISSIS-con DPR 17/5/2O13, rientrano le concessioni - box area mercatale - rilasciate dall’Ente Locale, collocate in una zona particolarmente esposta in quanto si connota per essere l'epicentro della ‘ndrangheta a livello provinciale ”.

4. All’esito del giudizio svoltosi nel contraddittorio con la locale Prefettura ed il Ministero dell’Interno, il giudice di primo grado ha respinto il ricorso con la sentenza n. -OISSIS-.

5. La sentenza viene qui impugnata come erronea sotto tre distinti profili, ovvero:

a) per aver dato rilievo, da un lato, all’unico e risalente precedente penale del coniuge del titolare dell’impresa appellante, alle di lui frequentazioni con soggetti che all’epoca erano incensurati ed all’interdittiva che lo ha colpito, basata sui medesimi presupposti di quella impugnata dall’odierna appellante;
dall’altro, ai legami parentali della ricorrente con soggetti “pregiudicati”, ma la cui elencazione, al di là del nome ridondante e del dato anagrafico, non sarebbe accompagnata da alcun elemento (rapporti di convivenza, frequentazioni, cointeressenze di natura economica e/o patrimoniale) attestante il concreto rischio di effettive ingerenze nella conduzione dell’impresa;

b) per avere posto in risalto la circostanza che tra le cause che avevano determinato lo scioglimento del Comune di -OISSIS-per infiltrazioni della criminalità organizzata vi era anche la tematica delle concessioni demaniali, senza tuttavia considerare la tipologia dell’autorizzazione qui in questione (utilizzazione posteggio area mercatale comunale), la sua occasionalità (legata ad una ricorrenza religiosa), la sua breve durata (due mesi) ed il modesto ammontare degli incassi da essa derivanti;

c) per aver ritenuto che il giudizio prognostico compiuto dalla Prefettura può trarre pregnanza dal legame parentale con congiunti controindicati e dalla peculiare connotazione del contesto territoriale di riferimento, senza tuttavia fornire, ancora una volta, alcun elemento concreto da cui sia possibile desumere l’effetto rischio di ingerenza del contesto malavitoso (familiare o territoriale) nell’attività dell’impresa.

Più specificamente, il Collegio calabrese non avrebbe per nulla considerato:

i) lo stato di incensuratezza dei soggetti coinvolti. Del coniuge della titolare dell’impresa odierna appellante vengono riportate una isolata e risalente condanna per ricettazione (emessa dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria il 13 gennaio 1993), estranea al novero dei reati previsti dall’art. 84, comma 4, del d. lgs. n. 159/2011;
ed alcune risalenti frequentazioni con soggetti pregiudicati che, tuttavia, all’epoca erano incensurati. A carico della titolare dell’impresa appellante, diversamente da quanto asserito dalla Prefettura, non consta alcuna condanna in materia edilizia, avendo la predetta presentato domanda di concessione edilizia -OISSIS-

ii) l’inesistenza di rapporti di frequentazione con i parenti pregiudicati (fratelli e nipote) sia da parte della ricorrente che del marito e, dunque, l’insussistenza di relazioni, desumibili dalla riportata parentela, suscettibili di incidere sulla gestione degli affari della società;

iii) l’ininfluenza sull’impresa ricorrente della peculiare realtà locale. Lo spazio concesso per l’esercizio dell’attività, la sua occasionalità, la durata della concessione e l’inconsistenza degli incassi da essa derivanti consentono di escludere l’impresa appellante dal contesto che circonda l’attività di sfruttamento delle concessioni demaniali;

iv) la regolarità della tenuta delle scritture contabili, dalle quali risulta con nettezza che tutte le operazioni di conto corrente bancario sono tracciabili e che gli incassi derivanti dall’esercizio dell’attività commerciale connessa al box dell’area mercatale stagionale ammontano a poche migliaia di euro.

6. La Prefettura e il Ministero dell’Interno si sono ritualmente costituiti in giudizio, depositando la prima memoria ex art. 73 c.p.a. in replica alle deduzioni di cui all’atto di appello.

Il Comune di -OISSIS-non si è costituito.

7. La causa è stata posta in decisione all’udienza pubblica del 3 marzo 2022.

8. I principi elaborati dalla Sezione e più volte ribaditi dalla Corte costituzionale inducono alla reiezione dell’appello.

8.1. Va chiarito in premessa che gli elementi sintomatici messi in evidenza nell’atto interdittivo si concentrano sui seguenti plurimi e convergenti aspetti:

-- la pluralità dei legami parentali con soggetti controindicati e la particolare gravità delle vicende penali che li hanno visti coinvolti;

-- l’organicità di molti di loro a vere e proprie cosche criminali, dominanti nel territorio di pertinenza;

-- l’inquadramento dell’attività svolta dalla ditta del ricorrente nel novero di quelle ritenute particolarmente esposte all’influenza della criminalità organizzata;

-- l’insistenza dell’attività di impresa in una zona particolarmente esposta e nota quale vero e proprio epicentro della ‘ndrangheta a livello provinciale;

-- la connessione tra il provvedimento di scioglimento del consiglio comunale di -OISSIS-e le concessioni rilasciate in detto settore economico.

8.2. In termini generali, la giurisprudenza di questa sezione (v., ex multis , Cons. Stato, sez. III, n. -OISSIS-e n. 803 del 2019) si è già fatta carico di precisare che tanto il contesto ambientale e parentale nel quale opera l’impresa attinta da informativa, quanto la sua struttura organizzativa o societaria, possono rilevare quali elementi sintomatici accessori, in grado di denotare, in concorso con altri, il possibile rischio di infiltrazione o di condizionamento mafioso (il caso esaminato nella pronuncia n. -OISSIS-riguardava, appunto, una impresa a ristretta base familiare, operante in un Comune sciolto per mafia).

8.3. Nell’ambito di questa giurisprudenza, per quanto qui rileva, si è ulteriormente precisato che:

- l'amministrazione può dare rilievo anche ai rapporti di parentela tra titolari e familiari che siano soggetti affiliati, organici o contigui a contesti malavitosi laddove tali rapporti, per loro natura, intensità, o per altre caratteristiche concrete, lascino ritenere, secondo criteri di verosimiglianza, che l'impresa ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla criminalità organizzata;

- tale influenza può essere desunta dalla doverosa constatazione che l'organizzazione mafiosa tende a strutturarsi secondo un modello "clanico", che si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della famiglia, sicché in una famiglia mafiosa anche il soggetto che non sia attinto da pregiudizio mafioso può subire, nolente, l'influenza, diretta o indiretta, del capofamiglia e dell'associazione;

- a comprovare la verosimiglianza di tale pericolo assumono rilevanza sia circostanze obiettive, come la convivenza, la cointeressenza di interessi economici, il coinvolgimento nei medesimi fatti che pur non abbiano dato luogo a condanne;
sia le peculiari realtà locali, ben potendo l'amministrazione evidenziare come sia stata accertata l'esistenza su un'area più o meno estesa del controllo di una "famiglia" e del sostanziale coinvolgimento dei suoi componenti;

- il puntuale riferimento ai vincoli familiari con soggetti controindicati, doverosamente considerati nei provvedimenti prefettizi, non esprime, dunque, alcuna presunzione tesa ad affermare che il legame parentale implica necessariamente la sussistenza del pericolo di infiltrazione mafiosa, ma vale a descrivere la situazione, concreta ed attuale, nella quale l'impresa si trova ad operare;

- la rilevanza sintomatica di tali legami può risultare ulteriormente corroborata, oltre che dai caratteri ad essa intrinseci o estrinseci sin qui riepilogati, anche dal fatto che la parte ricorrente, una volta messa a parte della misura interdittiva, non abbia dato prova di alcuna sua scelta di allontanarsi o di emanciparsi dal contesto familiare di riferimento.

8.4. Quanto alle valutazioni indiziarie ritraibili dalla composizione della compagine imprenditoriale, giova richiamare quanto, da ultimo, evidenziato dalla Sezione (sentenza nn. 5547, 5480 e 5410 del 2018) circa il particolare rilievo nell’ambito della prevenzione antimafia che assume la caratterizzazione di un’impresa quale società a conduzione familiare, poiché proprio quando dietro la singola realtà d’impresa vi è un nucleo familiare particolarmente compatto e coeso (come appunto nel caso di specie) allora è statisticamente più facile che coloro i quali sono apparentemente al di fuori delle singole realtà aziendali possano curarne (o continuare a curarne) la gestione o, comunque interferire in quest’ultima facendo leva sui più stretti congiunti. E’ altrettanto noto che proprio il nucleo familiare “allargato”, ma unito nel curare gli “affari” di famiglia, è uno degli strumenti di cui più frequentemente si serve la criminalità organizzata di stampo mafioso per la penetrazione legale nell’economia (si veda la pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 3 del 2018 che richiama, a sua volta, i principi già espressi nella sentenza di questa Sezione n. 1743 del 2016, prima richiamata).

8.5. L’assunto logico generale che è alla base di queste considerazioni è che, nei contesti sociali in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all’interno della famiglia possono verificarsi fenomeni di “influenza reciproca” di comportamenti, cointeressenze, solidarietà, coperture, soggezioni o tolleranza, quindi variegate sfumature di contiguità e influenze, tutte desumibili non dalla considerazione (in sé errata e in contrasto con i principi costituzionali) che il parente di un mafioso sia anch’egli mafioso, ma dalla più oggettiva constatazione della struttura dell’organizzazione mafiosa, articolata in forma clanica ed imperniata, a livello particellare, sulla cellula nucleare e fondante della ‘famiglia’;
dal che consegue che in una ‘famiglia’ mafiosa anche il soggetto che non sia attinto da pregiudizio mafioso può subire, nolente, l’influenza del ‘capofamiglia’ e dell’associazione, anche quanto ai loro reciproci rapporti economici.

In questa logica inferenziale assumono rilevanza circostanze obiettive (a titolo meramente esemplificativo, ad es., la convivenza, la cointeressenza di interessi economici, il coinvolgimento nei medesimi fatti, che pur non abbiano dato luogo a condanne in sede penale) e rilevano le peculiari realtà locali, ben potendo l’Amministrazione evidenziare come sia stata accertata l’esistenza – su un’area più o meno estesa – del controllo di una ‘famiglia’ e del sostanziale coinvolgimento dei suoi componenti.

8.6. Questi tratti di specificità - che conferiscono speciale rilievo al legami parentali e al contesto sociale - risultano, nel caso in esame, del tutto ravvisabili e ritraibili, in sintesi, vuoi dalla peculiare gravità dei curricula criminali presi in esame e dalla intensità del legame di sangue che lega tali soggetti alla ricorrente;
vuoi da elementi di contesto collegati alla connotazione del territorio e del fenomeno mafioso ivi dominante, del quale i familiari innanzi menzionati costituiscono figure esponenziali di spicco.

Il provvedimento si incentra, infatti, sul riscontro che la ricorrente, unica titolare dell’impresa, è parte integrante della nota famiglia mafiosa -OISSIS-dei “-OISSIS-”, componente della cosca --OISSIS-, attiva nel territorio di -OISSIS-e nei territori limitrofi in cui rientra anche il Comune di -OISSIS-, sede dell’impresa.

A riprova della pericolosità della famiglia “-OISSIS-”, basti considerare, a margine dell’articolato riepilogo delle vicende penali che hanno coinvolti i diversi soggetti menzionati nell’interdittiva, i precedenti per traffico di stupefacenti dei fratelli -OISSIS-, nonché la caratura criminale del signor -OISSIS--, attualmente detenuto in regime dell’art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario approvato con la legge del 1975, gravato da condanne penali per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e considerato fra gli esecutori materiali della nota -OISSIS-

Questi, a sua volta, è coniugato con la signora -OISSIS-.

La titolare dell’impresa ricorrente è anche zia del signor --OISSIS-, pure ritenuto fra i responsabili della strage dei fatti delittuosi di -OISSIS-.

8.7. La parte appellante afferma di non avere più contatti con i soggetti sin qui menzionati, ma non allega alcun elemento atto a depotenziare la pregnanza dei suddetti legami parentali, sotto il profilo della loro attualità, concretezza e consistenza, il che apre il campo ad ovvie e del tutto ragionevoli inferenze presuntive che dagli stessi è lecito trarre in considerazione sia del carattere primario dei vincoli familiari considerati (che uniscono la signora -OISSIS-ai fratelli);
sia della loro pluralità e convergenza su un unico nucleo ristretto, a suo volta inserito in un’area territoriale notoriamente pervasa dalla dominanza criminale.

8.8. Non risulta idoneo ad intaccare tale valutazione neppure il rilievo che a carico della ricorrente non sono evidenziati pregiudizi, dal momento che, per un verso, è noto che le organizzazioni mafiose tendono a preporre alle imprese soggetti incensurati in modo da “schermare” l’infiltrazione;
per altro verso, è lo stesso art. 91, comma 5, del d.lgs. n. 159/2011 a prevedere che “ il Prefetto competente estende gli accertamenti pure ai soggetti che risultano poter determinare in qualsiasi modo le scelte e gli indirizzi dell’impresa ”, mentre, sensi dell’art. 85, comma 3, “ gli accertamenti antimafia si estendono anche ai familiari conviventi di maggiore età ”.

È, del resto, pacificamente riconosciuto che il Prefetto non indaga l’appartenenza, organica o esterna, dell’imprenditore all’associazione mafiosa, ma valuta la sussistenza del pericolo che l’impresa possa subire un condizionamento mafioso, diventando strumento, anche indiretto, dell’organizzazione criminale per il perseguimento dei suoi scopi illeciti.

Ed a questo proposito deve tenersi conto del fatto che gli scopi della associazione mafiosa comprendono anche attività collaterali quali la “ripulitura”, il riciclaggio dei proventi illegali ed il controllo del territorio di riferimento della cosca, attuato anche attraverso il condizionamento, diretto o indiretto, delle svariate intraprese economiche che in esso si insediano o intendono insediarsi. Rispetto a questi scopi, spesso attuati attraverso una pluralità di soggetti satellitari alla cosca, non è di decisiva rilevanza la mole delle singole e strumentali attività di impresa, potendo tutte cumulativamente concorrere agli scopi di fiancheggiamento innanzi menzionati.

8.9. Nel complesso degli elementi acquisiti, è dunque pertinente l’accento che il provvedimento impugnato pone sul “fattore” familiare, non mancando di far notare - sulla base dell’autorevole precedente del Consiglio di Stato costituito dalla sentenza n. 1743 del 2016 - come nell’ambito della ‘ndrangheta calabrese il legame di sangue sia particolarmente pregnante, perché vincolante e fondante la stessa struttura dell’articolazione criminale, come già esposto impostata su famiglie, capifamiglia e più vaste aggregazioni parentali, le quali anche attraverso matrimoni e “comparati” costituiscono o consolidano alleanze, intensificando in tal modo la propria egemonia sul territorio di riferimento.

Tenuto conto, poi, del contesto socio-territoriale della -OISSIS-– territorio purtroppo ad alta concentrazione mafiosa nell’attuale momento storico - e dell’ humus culturale peculiare alla ‘ndrangheta, un contesto familiare significativamente caratterizzato in senso criminale per i plurimi, ramificati e rilevanti rapporti parentali con esponenti di famiglia di ‘ndrangheta o con elementi ritenuti contigui a cosche di ‘ndrangheta, qual è quello che può riscontrarsi nel caso della ricorrente, può ragionevolmente essere considerato come elemento che rende “più probabile che non” il rischio di condizionamento mafioso della persona alla quale i rapporti familiari fanno capo.

8.10. In tale scenario acquisiscono rilevanza anche la pervasività e la diffusione della capacità infiltrante dei suddetti gruppi mafiosi nelle locali attività economiche;
le numerose misure interdittive già adottate nei confronti di imprese ivi operanti (nel medesimo settore in cui opera la ditta ricorrente) e risultate asservite a logiche criminali (Cons. Stato, sez. III, n. 8489/2021);
la situazione di illegalità e disordine amministrativo relativa alla gestione delle attività comunali;
la forza intimidatrice e condizionante espressa dai clan malavitosi finanche nei confronti dei vertici dell’amministrazione comunale, al punto da determinarne lo scioglimento degli organi di governo (per una fattispecie simile v. Cons. Stato, sez. III, n. 4431 del 2019).

Presunzione logica vuole che, a fortiori , analoga e più pervasiva capacità di condizionamento i suddetti gruppi egemoni siano in grado di esercitarla su compagini ed entità di ben più modesto potenziale reattivo;
e tale inferenza pare particolarmente pertinente al caso qui in esame, in quanto avvalorata, oltre che dai richiamati elementi indiziari, dalla specifica configurazione della ditta ricorrente, quale impresa a base ristretta e prettamente familiare.

8.11. In tale contesto, la configurazione strettamente individuale dell’impresa della ricorrente non indebolisce, quindi, ma semmai rafforza l’ordine di considerazioni sin qui tracciato, in quanto evidenzia una sua maggiore esposizione al rischio di condizionamento (v. Cons. Stato, sez. III, n. 4740 del 2012 e sez. VI, n. 5879 del 2010), proprio per il fatto che la sua organizzazione è minimamente strutturata;
risponde ad una singola figura apicale dominante (strettamente contigua a soggetti controindicati), in alcun modo bilanciata nel suo potere di indirizzo;
ed opera in una piccola dimensione territoriale, a sua volta caratterizzata dalla forte pervasività della forza intimidatrice mafiosa. Si tratta di considerazioni anche queste munite di un sostrato “fattuale” (la dimensione dell’impresa, il quadro socio-territoriale nel quale essa opera, gli elementi sintomatici della sua vicinanza ad epicentri malavitosi) - oltre che rappresentative delle peculiarità sociologiche presenti nell’area di riferimento - che si prestano ad essere integrate ed orientate da valutazioni presuntive che concorrono a delineare in termini sufficientemente puntuali e aderenti al “reale” la peculiare situazione ambientale nella quale l'impresa è attiva ed a giustificare una ragionevole ipotesi prognostica sulla dinamica relazionale nella quale la stessa si trova ad operare.

8.12. Quanto al precedente penale riscontrato a carico del signor --OISSIS-, esso, sebbene non strettamente pertinente a vicende di mafia, fornisce indiretta conferma di uno spaccato sociale fragile, già aduso allo sconfinamento nel mondo dell’illecito, quindi verosimilmente esposto e vulnerabile alle contaminazioni – di analogo tenore criminale – provenienti dall’esterno, soprattutto se portate da entità in grado di esercitare una considerevole forza di intimidazione, che si somma sinergicamente all’influenza naturalmente conseguente al vincolo familiare. Può dunque dirsi che la “pressione” criminale suscettibile di provenire dai suindicati soggetti pregiudicati, nei confronti dei titolari della ditta interdetta e tale da compromettere il sereno – immune da condizionamenti criminali – svolgimento dell’attività imprenditoriale che alla stessa fa capo, superi la “soglia di tolleranza” al di là della quale sussistono i presupposti per il legittimo esercizio della funzione preventiva di cui costituisce espressione il provvedimento impugnato.

8.13. In conclusione, contrariamente a quanto asserito dalla parte appellante, nel caso in esame non vi è stata un’automatica ed apodittica valutazione del solo dato del rapporto parentale, bensì l’apprezzamento di un insieme di indici considerati nel loro insieme, che hanno condotto ad un giudizio di verosimile e probabile condizionamento delle scelte e degli indirizzi dell’impresa.

Del resto, come è noto, la valutazione di verosimiglianza e il giudizio probabilistico sono strumenti tipici della logica indiziaria propria delle misure di prevenzione antimafia, avulsa, come ripetutamente sottolineato dagli interpreti, dall’aspirazione ad attingere le certezze tipiche dell’accertamento della responsabilità penale.

9. Per quanto esposto, l’appello va conclusivamente respinto.

10. Le spese del secondo grado di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo nei rapporti con le amministrazioni appellanti.

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