Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2020-08-26, n. 202005225

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2020-08-26, n. 202005225
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202005225
Data del deposito : 26 agosto 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/08/2020

N. 05225/2020REG.PROV.COLL.

N. 05301/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5301 del 2019, proposto da
Haiel Games S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A L, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato R R, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, alla via del Tempio di Giove, n. 21;

nei confronti

Riviva S.r.l., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sez. II, n. 12318/2018, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 giugno 2020 il Cons. Giovanni Grasso, nessuno essendo comparso per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio Haiel Games S.r., titolare di una sala bingo di cui al D.M. 29/2000, impugnava l’ordinanza del Sindaco di Roma Capitale 26 giugno 2018, n. 111 contenente “ disciplina degli orari di funzionamento degli apparecchi di intrattenimento e svago con vincita in denaro di cui all’art. 110, comma 6, del TULPS, installati nelle sale gioco e nelle altre tipologie di esercizi autorizzati ex artt. 86 e 88 del TULPS ”.

Nell’ordinanza era fissato l’orario di funzionamento dei predetti apparecchi di intrattenimento “ dalle ore 9,00 alle ore 12,00 e dalle ore 18,00 alle ore 23,00 di tutti i giorni, festivi compresi ”, con ulteriore previsione di obbligo di spegnimento degli stessi “ tramite l’apposito interruttore elettrico ” nelle ore di sospensione del funzionamento, durante le quali, inoltre, dovevano essere mantenuti “ non accessibili ”.

Per il caso di violazione delle prescrizioni contenute nell’ordinanza, era prevista l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’art. 7 bis , comma 1 bis , d.lgs. n. 267 del 2000 ed il pagamento di una somma da € 150,00 ad € 450,00, nonché, in caso di recidiva, l’applicabilità, ai sensi degli artt. 9 e 10 del TULPS, della sanzione accessoria della “ sospensione del funzionamento di tutti gli apparecchi di intrattenimento e svago ” per un periodo un superiore a cinque giorni, con la precisazione che la recidiva si configurasse “ qualora la violazione delle disposizioni [fosse] commessa per due volte in un anno solare, e per ogni ulteriore violazione successiva alla seconda, anche se il responsabile [avesse] proceduto al pagamento della sanzione mediante oblazione ai sensi dell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689 ”.

2.- La ricorrente lamentava l’insufficienza motivazionale dell’ordinanza, anzi la sua contraddittorietà ed illogicità: pur affermando di voler contrastare la ludopatia come fenomeno socio-sanitario in pericoloso aumento, il Comune, ritenendo di poter adottare limiti al gioco prescindendo da una soluzione concertata ad altri livelli sovracomunali, avrebbe adottato una soluzione dagli esiti opposti rispetto a quelli (pure enunciati) della tutela salute pubblica, stante il mancato coordinamento con una regolamentazione di più ampio respiro (sia a livello territoriale nei comuni limitrofi, sia online ).

In sostanza, l’Amministrazione avrebbe omesso di considerare i reali destinatari della misura adottata: non i giocatori occasionali, il cui desiderio di giocare d’azzardo non solo non sarebbe stato intaccato dal provvedimento impugnato, ma sarebbe stato di fatto spinto su forme di gioco altrettanto facilmente (se non più facilmente) accessibili, più comode, più addictive (coinvolgenti e tali da creare dipendenza), e in definitiva più pericolose, vale a dire le piattaforme di gioco on line

3.- Il giudizio di primo grado, nella resistenza di Roma Capitale, era concluso dalla sentenza sez. II, 18 dicembre 2018, n. 12318, di reiezione del ricorso e compensazione tra le parti in causa delle spese di lite.

4.- Con atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di rito, Haiel Games S.r.l. impugna la ridetta statuizione, di cui assume la complessiva erroneità ed ingiustizia, invocandone l’integrale riforma.

Si è costituita in giudizio, per resistere al gravame, Roma Capitale.

All’udienza del 4 giugno 2020 la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

1.- L’appello non è fondato e va respinto.

La società appellante si duole di eccesso di potere per difetto di istruttoria, per erroneità dei presupposti di fatto e di diritto, per travisamento dei fatti e per evidente contraddittorietà ed illogicità. A suo dire il Comune di Roma, nel “contingentare” gli orari di accensione degli apparecchi di gioco, ha affermato, nella parte motiva dell’ordinanza censurata, di voler conseguire un calo dei fenomeni di ludopatia, con conseguente beneficio per la salute pubblica.

Tale ragionamento, tuttavia, non terrebbe conto dello strumento “ internet ”. Infatti il gioco sarebbe oggi presente anche – e in taluni casi solamente o in maniera preponderante – online : scommesse, casinò, poker, lotto, bingo, lotterie più o meno istantanee, e VLT e slot machine .

Inoltre, il gioco online sarebbe di facilissima accessibilità, potendosi anche svolgere su uno

smartphone o su un tablet .

Una piattaforma di gioco online potrebbe anche avere “tagli” di gioco inferiori rispetto a quelli delle postazioni fisiche. Inoltre in tal modo il giocatore verrebbe privato della presenza altrui, che invece potrebbe fungere da deterrente, da freno inibitorio.

Tali rilievi sarebbero confortati e confermati da molteplici studi internazionali circa l’esplosione del c.d. “ Online Gambling ”, avvenuta negli ultimi anni. Secondo il sito specializzato in dipendenze da computer (http://www.techaddiction.ca/online-gambling-casino.html), il gioco d’azzardo online potenzialmente creerebbe più dipendenza del gioco d’azzardo in un casinò (e, per estensione, presso locali ove sono installati apparecchi VLT e slot ).

Il Comune di Roma avrebbe quindi omesso di considerare la variabile “ internet ”, non approfondendo lo studio sul rischio che un soggetto, privato di un accesso al gioco non in rete, possa in pochi istanti giocare online .

Secondo la tabella illustrativa delle risultanze di uno studio condotto in Germania, sarebbe meno probabile contrarre una dipendenza dal gioco, recandosi in locali fisici (sale scommesse o bingo), rispetto al connettersi ad internet per giocare online ;
ciò sarebbe ancora più evidente tra i giovani.

Ma anche altri studi, sia europei sia americani, indicherebbero la ludopatia contratta online come uno dei principali pericoli di dipendenza tra le nuove generazioni.

Alla luce di tali considerazioni, emergerebbe l’insufficienza motivazionale del provvedimento impugnato, anzi la sua contraddittorietà ed illogicità, che il primo giudice erroneamente non avrebbe colto, essendosi limitato ad osservare, fraintendendo le ragioni di doglianza, che il Sindaco era competente esclusivamente alla regolamentazione dell’orario di gioco all’interno del territorio comunale, mentre non avrebbe potuto disciplinare il gioco online .

2.- Il motivo non ha pregio.

Come già affermato in giurisprudenza in casi analoghi (Cons. Stato, sez. V, 5 giugno 2018, n. 3382), alla luce dei suoi contenuti “ è corretto affermare che principio generale della materia è la previsione di limitazioni orarie come strumento di lotta al fenomeno della ludopatia ”, va condivisa la sentenza di primo grado per aver escluso il vizio di istruttoria lamentato dalla ricorrente.

La documentazione acquisita da Roma Capitale dimostrava in maniera inequivocabile un aumento del numero di pazienti affetti da GAP trattati nel territorio comunale (e regionale) nel corso degli anni (dal 2012 al 2017), e se è vero che, in termini assoluti, non si trattava di numeri elevati, il dato allarmante consisteva proprio nell’aumento progressivo ed ininterrotto. Per convincersene è sufficiente richiamare i dati contenuti nella nota del 1°giugno 2018 (prot. n. QH/31769) elaborata dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio sanitario regionale della Regione Lazio ove al numero di 82 pazienti trattati nel 2012 (165 nella Regione Lazio) corrisponde il numero di 323 del 2017 (613 nell’intera Regione).

In detta situazione l’aumento del numero di esercizi presso i quali risultano collocati gli apparecchi di intrattenimento, come pure l’aumento della raccolta monetaria, non può essere considerato, come assunto dalle appellanti, un dato ininfluente;
esso, invece, dà conto dell’aumento dell’offerta, evidentemente indotta dall’aumento del numero dei giocatori e fa ragionevolmente presumere anche l’aumento tra questi di persone affette da GAP.

Né, infine, merita critica la sentenza per aver riportato una considerazione che sfugge, per se stessa, ad ogni rilevamento statistico, vale a dire l’esistenza di un numero di persone affette da GAP di gran lunga superiore a quello riportato nelle statistiche elaborate da fonti ufficiali per la naturale ritrosia di coloro che versano in tale situazione a manifestare il problema e a ricorrere ai servizi sanitari (o sociali) per aiuto.

In conclusione sul punto, il trend in crescita, non contestato, costituisce un dato correttamente acquisito in sede istruttoria, che vale a sorreggere la decisione di Roma Capitale di un intervento in via precauzionale per arrestare la diffusione del fenomeno della ludopatia;
il numero di ore di spegnimento degli apparecchi da intrattenimento rileva sul piano della proporzionalità della misura, essendo irrilevante, per quanto spiegato in precedenza, che esso sia superiore a quello previsto dall’intesa raggiunta in Conferenza Unificata.

Del resto, la giurisprudenza amministrativa si è occupata in numerose pronunce dell’eventuale contrasto della limitazione oraria del funzionamento degli apparecchi di intrattenimento e di svago con il principio di proporzionalità, esaminando misure che, proprio come quella di Roma Capitale, prevedevano lo spegnimento degli apparecchi per otto ore giornaliere (Cons. Stato, sez. V, 8 agosto 2018, n. 4867;
Id., sez. V,, 13 giugno 2016, n. 2519;
Id., sez. V, 22 ottobre 2015, n. 4861;
Id., sez. V, 20 ottobre 2015, n. 4794;
Id., sez. V, 30 giugno 2014, n. 3271).

Precisato che il principio di proporzionalità impone all'amministrazione di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato ( ex multis , Cons. Stato, sez. V, 20 febbraio 2017, n. 746;
Id., sez. V, 23 dicembre 2016, n. 5443;
Id., sez. IV, 22 giugno 2016, n. 2753;
Id., sez. IV, 3 novembre 2015, n. 4999;
Id., sez. IV 26 febbraio 2015, n. 964), e che, definito lo scopo avuto di mira, esso è rispettato se la scelta concreta dell'amministrazione è in potenza capace di conseguire l'obiettivo ( idoneità del mezzo ) e rappresenta il minor sacrificio possibile per gli interessi privati attinti ( stretta necessità ), tale, comunque, da poter essere sostenuto dal destinatario ( adeguatezza ), si è ritenuto:

- che la limitazione oraria fosse proporzionata, in primo luogo, poiché in potenza capace di conseguire l'obiettivo: mediante la riduzione degli orari è ridotta l'offerta di gioco (Cons. Stato, sez. V, 5 giugno 2018, n. 3382);

- che l'argomento secondo cui l’amministrazione non abbia tenuto conto di altre forme di gioco verso le quali i soggetti affetti da ludopatia si indirizzerebbero prova troppo poiché dimostra che comunque è opportuno limitare già una delle possibili forme di gioco (le slot machines , appunto) se altre ve ne sono a disposizione;

- che la limitazione oraria di otto ore comporta il minor sacrificio possibile per l'interesse dei privati gestori delle sale da gioco in relazione all'interesse pubblico perseguito: resta consentita l'apertura al pubblico dell'esercizio, che potrà, dunque, continuare a svolgere la sua funzione ricreativa (con eventuale vendita di alimenti, snack, bevande), mentre sono limitati i tempi di funzionamento degli apparecchi per la comprensibile ragione di indurre i soggetti maggiormente a rischio ad indirizzare l'inizio della giornata verso altri interessi, lavorativi, culturali, di attività fisica, distogliendo l'attenzione dal gioco;

- che si tratti, infine, di misura adeguata perché, pur comportando certamente una riduzione dei ricavi, e, in questo senso, un costo per i privati, può essere efficacemente sostenuta mediante una diversa organizzazione dell'attività di impresa.

È solo da aggiungere che, riguardo al dedotto omesso bilanciamento fra gli interessi coinvolti: “ la Sezione ha osservato come le Amministrazioni con l’adozione di ordinanze analoghe a quella qui in esame, abbiano realizzato un ragionevole contemperamento degli interessi economici degli imprenditori del settore con l’interesse pubblico a prevenire e contrastare i fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo, non essendo revocabile in dubbio che un’illimitata o incontrollata possibilità di accesso al gioco accresca il rischio di diffusione di fenomeni di dipendenza, con conseguenze pregiudizievoli sia sulla vita personale e familiare dei cittadini, che a carico del servizio sanitario e dei servizi sociali, chiamati a contrastare patologie e situazioni di disagio connesse alle ludopatie ” (Cons. Stato, sez. V, 8 agosto 2018, n. 4867) e che, anche alla luce delle decisioni della Corte di giustizia dell’Unione Europea nel settore dell’esercizio dell’attività imprenditoriale del gioco lecito, le esigenze di tutela della salute vengono ritenute del tutto prevalenti rispetto a quelle economiche (cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 agosto 2018, n. 4867;
Id., sez. V, 6 settembre 2018, n. 5237;
Id., sez. VI, 11 marzo 2019, n. 1618), come già statuito dalla giurisprudenza precedente, che aveva posto in rilievo che il Trattato CE “ fa salve eventuali restrizioni imposte dai singoli Stati membri giustificate, tra l’altro, anche da motivi di tutela della salute pubblica e della vita delle persone;
nel territorio di uno stato membro sono ammissibili restrizioni che vadano sino al divieto delle lotterie e di altri giochi a pagamento con vincite in denaro, trattandosi di un divieto pienamente giustificato da superiori finalità di interesse generale
” (Cons. Stato, sez. V, 23 ottobre 2014, n. 5251;
Id., sez. VI, 20 maggio 2014, n. 2542).

Ciò ribadito, è di tutta evidenza che i (non disconosciuti) pericoli della diffusione del gioco online (che della ludopatia costituiscono notoria manifestazione) non costituiscono ragione sufficiente per precludere un intervento limitativo sul gioco localizzato fisicamente sul territorio di là dai profili di competenza (non essendo il Sindaco abilitato alla disciplina del primo), non è irrazionale né arbitrario programmare interventi limitativi in relazione alla diffusione localizzata del gioco, lasciando impregiudicata la più articolata e complessa valutazione delle problematiche del gioco che si diffonde attraverso l’uso di strumenti telematici. L’idea, sostanzialmente valorizzata dall’appellante, che non avrebbe senso regolamentare l’uno senza (tenere conto del)l’altro, non trova, perciò, fondamento ragionale, né incide sulla correttezza della valutazione operata dall’Amministrazione capitolina.

3,. L’appello va, perciò, respinto.

La peculiarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese tra le parti costituite.

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