Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-10-19, n. 202107010

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-10-19, n. 202107010
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202107010
Data del deposito : 19 ottobre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/10/2021

N. 07010/2021REG.PROV.COLL.

N. 02558/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2558 del 2017, proposto dalla società Alpina Costruzioni S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati M L D T e S B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L M in Roma, via Alberico II, n. 33;

contro

la Regione Lombardia, in persona del legale Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato P P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A M in Roma, via delle Montagne Rocciose n. 69;

nei confronti

del Parco delle Groane e del Comune di Senago, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituitisi in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, n. 2010 del 2016, resa tra le parti.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Lombardia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 settembre 2021 il consigliere S M;

Viste le istanze di passaggio in decisione depositate dagli avvocati M L D T e P P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto innanzi al TAR per la Lombardia la società odierna appellante impugnava, in parte qua , la deliberazione della Giunta Regionale della Regione Lombardia n. IX/3814 del 25 luglio 2012, recante l’approvazione della Variante generale al Piano territoriale di coordinamento del Parco delle Groane, pubblicata sul B.U.R.L. – Serie Ordinaria – n. 32 del 7 agosto 2012, unitamente agli atti alla stessa presupposti e connessi, tra cui, in particolare, il decreto del Direttore Generale Sistemi Verdi e Paesaggio della Regione Lombardia n. 6892 del 12 luglio 2010, con il quale era stato istituito il Gruppo di Lavoro interdirezionale per l’istruttoria relativa alla variante al P.T.C. del Parco delle Groane nella sua versione controdedotta.

1.1. La società rappresentava di essere proprietaria nel Comune di Senago di un’area di circa 5.000 mq, ricompresa altresì nel perimetro del Parco delle Groane.

Tale compendio – foglio 32, mappali n. 112 e n. 115 – era interessato da un programma integrato di intervento finalizzato alla realizzazione di edifici, come da convenzione sottoscritta con il Comune di Senago in data 10 dicembre 2008, modificata il 29 dicembre successivo;
in data 8 ottobre 2008, il Parco delle Groane aveva accordato parere favorevole al rilascio dell’autorizzazione per l’esecuzione delle opere e dei manufatti (dormitori e baracche) a servizio del cantiere per realizzare gli edifici. Con l’atto di proroga del 21 marzo 2011, il Parco aveva evidenziato altresì che l’area di proprietà della ricorrente, in origine ricadente in zona di riqualificazione ambientale con indirizzo agricolo, era stata classificata quale zona di pianificazione comunale orientata dalla Variante generale al P.T.C. del Parco adottata con la deliberazione dell’Assemblea consortile n. 16 del 29 maggio 2009.

1.2. La Regione Lombardia, con la deliberazione della Giunta regionale n. IX/3814 del 25 luglio 2012, oggetto di impugnativa, aveva approvato la Variante generale al P.T.C. del Parco, non recependo tuttavia la qualificazione dell’area di proprietà della ricorrente da zona di riqualificazione ambientale con indirizzo agricolo a zona di pianificazione comunale orientata e riconfermando quindi l’originaria destinazione della stessa, in contrasto con le proposte dell’Ente Parco e del Comune di Senago.

1.3. Avverso siffatto provvedimento, nonché avverso gli atti presupposti, la società articolava in primo grado due complessi mezzi di gravame.

2. Il TAR – nella resistenza della Regione Lombardia - ha respinto il ricorso e compensato le spese.

3. La società ricorrente, rimasta soccombente, ha impugnato la pronuncia articolando il seguente complesso mezzo di gravame:

Erroneità della impugnata sentenza per omesso accoglimento del primo motivo del ricorso afferente alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19, comma 2, l.r. Lombardia 30 novembre 1983, n. 86 e dell’art. 10, comma 1, l.r. Lombardia 16 luglio 2007, n. 16 – Violazione del principio della domanda ex art. 112 c.p.c. e illogicità manifesta della sentenza del TAR .

Relativamente al primo motivo del ricorso articolato in primo grado il TAR non avrebbe compreso appieno la censura sollevata, in particolare nella parte in cui era stata dedotta la violazione dell’art. 19, comma 2, della l. n. 86 del 1983.

Il primo giudice si sarebbe infatti limitato a giudicare in merito all’ampiezza dei poteri posti in capo alla Giunta regionale nell’approvazione/modificazione della Variante di P.T.C., non rilevando evidenti violazioni di carattere procedimentale.

L’appellante aveva infatti fatto osservare che la legittimazione a condurre la valutazione sulla proposta di variante appartiene in via autonoma ed esclusiva alla Giunta regionale.

Nella fattispecie, invece, quest’ultima avrebbe affidato non solo l’istruttoria ma anche la valutazione ad un Gruppo di Lavoro la cui costituzione rappresenterebbe, di per sé, una violazione dell’art. 19 della l.r. n. 86 del 1983.

Inoltre, anche se si volesse ipoteticamente configurare detto Gruppo di Lavoro quale organo meramente istruttorio costituito a supporto della Giunta regionale, un ulteriore profilo di illegittimità sarebbe ravvisabile nella mancanza di trasparenza del procedimento.

I criteri di valutazione elaborati dal Gruppo di Lavoro non sarebbero infatti conformi a quanto previsto dall’art. 19, comma 2, della l. r. n. 86 del 1983 e sarebbero, comunque, del tutto nuovi.

Da ciò scaturirebbe il difetto di motivazione della delibera regionale impugnata, non rilevato dal TAR.

La sentenza, inoltre, non avrebbe nemmeno esaminato un ulteriore rilevante profilo sollevato dalla società, sempre con il primo motivo di ricorso, consistente nella lamentata mancanza di rispondenza tra il reale stato di fatto in cui l’area della ricorrente si trova e la qualificazione agricola assegnata alla stessa dalla Giunta regionale in sede di approvazione della Variante del PTC.

4. Si è costituita, per resistere, la Regione Lombardia che, in data 16 luglio 2021, ha depositato le proprie deduzioni difensive.

5. La società ha depositato una memoria di replica.

6. L’appello è stato assunto in decisione alla pubblica udienza del 23 settembre 2021.

7. Giova richiamare, in primo luogo, l’articolata ricostruzione operata dal primo giudice in merito al quadro dei rapporti tra i vari soggetti coinvolti nell’approvazione del P.T.C. sulla base della disciplina regionale lombarda ed in conformità ad uno specifico precedente di questa Sezione (29 febbraio 2016, n. 817).

La legge della Regione Lombardia 30 novembre 1983, n. 86 (recante “ Piano regionale delle aree regionali protette. Norme per l’istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale ”), prevede il regime di tutela delle aree protette, distinguendo (art. 1, comma 1):

a) parchi naturali, intesi quali zone aventi le caratteristiche di cui all'art. 2, comma 2, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (legge quadro sulle aree protette), caratterizzate da un elevato grado di naturalità e comunque destinate a funzioni prevalentemente di conservazione e ripristino dei caratteri naturali;
a tali aree si applica la disciplina di cui al titolo III della legge n. 394 del 1991 e al capo II della presente legge
;

b) parchi regionali, intesi quali zone che, costituendo generale riferimento per la comunità lombarda, sono organizzate in modo unitario, con preminente riguardo alle esigenze di protezione della natura e dell'ambiente e di uso culturale e ricreativo, nonché con riguardo allo sviluppo delle attività agricole, silvicole e pastorali e delle altre attività tradizionali atte a favorire la crescita economica, sociale e culturale delle comunità residenti;

c) riserve naturali, intese quali zone specificamente destinate alla conservazione della natura in tutte le manifestazioni che concorrono al mantenimento dei relativi ecosistemi ;

d) monumenti naturali, intesi quali singoli elementi o piccole superfici dell'ambiente naturale di particolare pregio naturalistico e scientifico, che devono essere conservati nella loro integrità ;

e) altre zone di particolare rilevanza naturale e ambientale da sottoporre comunque a regime di protezione ”.

Oltre al generale “ Piano regionale per le aree protette ” (di cui all’art. 3- bis) , l’art. 17 della legge n. 86 prevede la formazione, per ciascun parco regionale, di un “ piano territoriale di coordinamento ” (P.T.C.), il quale ha “ effetti di piano paesistico coordinato ” ai sensi dell’art. 57 del d.lgs. n. 112/1998, con finalità di tutela “ nei settori della protezione della natura, della tutela dell’ambiente, delle acque e della difesa del suolo e della tutela delle bellezze naturali ”.

L’art. 18 definisce i rapporti con gli altri strumenti di pianificazione territoriale.

L’art. 19 detta il procedimento per l’adozione del P.T.C., prevedendo in particolare che:

- comma 2: “ entro centoventi giorni dal ricevimento, la Giunta regionale verifica il piano controdedotto e determina le modifiche necessarie rispetto ai propri indirizzi, agli atti di programmazione e pianificazione regionale e alle disposizioni di legge in materia;
quindi, procede all’approvazione del piano territoriale di coordinamento o della relativa variante con propria deliberazione soggetta a pubblicazione
”;

- comma 2- ter : “ La Giunta regionale delibera i criteri per la predisposizione dei piani territoriali di coordinamento e relative varianti e definisce, altresì, la documentazione minima da presentare a corredo della proposta ”.

Nelle more del presente contenzioso, il termine di centoventi giorni è stato ridotto a cento dall’art. 28, comma 1, lett. d), della l.r. 25 maggio 2021, n. 8.

I piani territoriali di coordinamento, da adottarsi in relazione a ciascun Ente Parco e relativo territorio, hanno finalità di tutela dell’ambiente (latamente inteso, nei sensi di cui all’art. 55 d. lgs. n. 112/1998);
si impongono ad altri strumenti di pianificazione territoriale, ivi compresi i piani regolatori comunali (art. 18, comma 4, l.r. n. 86/1983) ma, al tempo stesso, devono essere coerenti con la medesima legge n. 86/1983 e con gli atti generali da questa previsti, nonché adeguarsi “ agli atti di programmazione e pianificazione regionale e alle disposizioni di legge in materia ”.

Ciò si evince sia dall’espresso riferimento contenuto nell’art. 19, comma 2, sia dal potere, riconosciuto alla Regione (art. 19, comma 2- ter ), di deliberare i “ criteri per la predisposizione dei piani di coordinamento ”.

In sostanza, se è proprio dell’Ente Parco il potere di adozione del P.T.C. (e della definizione del contenuto del medesimo), restano al contempo fermi sia il generale potere di indirizzo della Regione, così come attribuitole dalla l. n. 86/1983, sia il potere di controllo della medesima Regione in tema di coerenza del P.T.C. con la disciplina normativa e con le previsioni amministrative generali nelle medesime materie di disciplina del detto P.T.C.

Quanto ai rapporti con altri strumenti di pianificazione, il P.T.C. risulta essere sovraordinato agli altri atti di pianificazione indicati nell’art. 18.

Il potere di modifica attribuito alla Regione in relazione al P.T.C. risulta finalizzato a garantire la conformità del predetto Piano alle disposizioni sovraordinate, non solo di carattere normativo, ma più in generale anche alle previsioni e prescrizioni contenute in atti generali, così come indicato dalla legge regionale.

8. Nella fattispecie, come si ricava dalla lettura delle premesse della delibera regionale impugnata, il Gruppo di Lavoro ha verificato la variante al P.T.C. rispetto agli atti di programmazione e pianificazione regionale e alle disposizioni di legge in materia ed ha stabilito, per l’esame omogeneo delle varianti cartografiche e normative proposte dal Parco, tra gli altri, i seguenti criteri istruttori “[...] B. difesa del suolo, come risorsa in riferimento alle numerose funzioni ambientali ed ecosistemiche ad esso legate;
C. controllo della pressione legata all’espansione delle superfici urbanizzate, favorendo interventi di deframmentazione, mantenimento di varchi attivi di connessione e miglioramento di quelli in condizioni critiche. Il tema del consumo di suolo appare particolarmente rilevante in un ambito già intensamente soggetto all’espansione di infrastrutture ed
aree urbanizzate, con particolare attenzione ai rischi di pressione insediativa generati dall’evento Expo;
D. conservazione e ripristino degli elementi naturali tradizionali del paesaggio agrario;
mantenimento dell’attività agricola, anche in funzione di salvaguardia e auto-conservazione del territorio, attribuendo quindi a tale attività una funzione principalmente di presidio territoriale;
E. riqualificazione naturalistica delle zone perimetrali quale elemento di identità del parco;
F. salvaguardia delle aree agricole
”.

Di conseguenza, l’istruttoria regionale ha assicurato “ l’accoglimento delle modifiche finalizzate ad una maggior tutela, alla salvaguardia della biodiversità ed alla difesa del suolo [...] garantito la difesa del suolo agricolo ed il controllo della pressione legata all’espansione urbanizzata, con particolare attenzione alle zone di pregio naturalistico e paesistico, ridimensionando le richieste di creare nuove aree a servizi comunali e non accogliendo la maggior parte delle nuove zone di iniziativa comunale [...] (pag. 5 della Relazione istruttoria depositata in primo grado, richiamata a pag. 5 della DGR in data 25 luglio 2012).

In conformità a tali criteri, la richiesta di modifica dell’area di cui trattasi da “ Zona di riqualificazione ambientale ad indirizzo agricolo ” a “ Zona affidate alla pianificazione comunale orientata ” è stata respinta (unitamente alle numerose altre, pure indicate nella Relazione istruttoria).

Al riguardo, si legge nella predetta Relazione, predisposta ai fini dell’adozione della delibera di Giunta che “ Dal confronto emerso tra il Piano Territoriale di Coordinamento vigente e quello proposto in variante si registra una sensibile riduzione delle superfici di territorio agrario ed in particolare: - 35,6 ha per la Zona di riqualificazione ambientale a indirizzo agricolo e - 1,2 ha per la Zona per servizi all’agricoltura . Questi dati, congiuntamente all’aumento delle superfici destinate alle trasformazioni, come ad esempio quelle destinate a zona edificata e a zona di Iniziativa comunale (in totale +28 ettari), e le zone a parco attrezzato di previsione (+33,7ha), palesano un consumo di suolo che contrasta con la volontà di tutelare l’agricoltura. La Rete ecologica stessa segnala la necessità di fronteggiare la pressione legata all’espansione delle superfici urbanizzate, favorendo interventi di deframmentazione, mantenimento di varchi attivi di connessione e miglioramento di quelli in condizioni critiche, evitando l’ulteriore dispersione urbana nel contesto metropolitano ”.

9. Ciò posto, le censure articolate in appello si appuntano principalmente sulla violazione di legge che sarebbe stata perpetrata dalla Giunta nel delegare la valutazione della proposta di Piano ad un Gruppo di Lavoro, secondo una modalità non espressamente prevista dalla l.r. n. 86 del 1983.

A confutazione di tale assunto è tuttavia sufficiente richiamare sia il contenuto delle premesse della DGR 25 luglio 2012 che il contenuto della “Relazione istruttoria” predisposta dagli Uffici dai quali risulta che il Gruppo di Lavoro (“ interdirezionale ”) è stato costituito da professionalità interne alle Direzioni della Regione Lombardia per modo da garantire “ una pluralità di competenze connesse alla conoscenza dei diversi aspetti incidenti sul territorio ”.

Come peraltro bene intuito dalla stessa società appellante, in tal modo la Giunta non ha affatto abdicato alle proprie funzioni ma si è limitata a disciplinare le modalità di conduzione dell’istruttoria sulla proposta di Piano.

La costituzione del Gruppo di Lavoro è in sostanza un mero atto di natura organizzativa (o meglio, di micro – organizzazione), privo di rilevanza esterna.

9.1. Quanto al fatto che la Giunta avrebbe acriticamente recepito le risultanze dell’istruttoria svolta dal GdL, si tratta, invero, di un assunto non solo indimostrabile ma, soprattutto, irrilevante poiché ai fini della legittimità delle determinazioni adottate è sufficiente che tale Organo si sia formalmente e consapevolmente “appropriato” delle risultanze dell’istruttoria svolta dagli Uffici.

9.2. Relativamente alla natura e alla finalità dei “criteri istruttori” attraverso i quali il Gruppo di lavoro ha “verificato” la variante, deve convenirsi con la difesa della Regione che, in quanto condivisi e approvati dalla Giunta, essi sono espressione del potere di “indirizzo” conferito a quest’ultima dalla l.r. n. 86 del 1983 unitamente al potere di “controllo” in tema di coerenza del P.T.C. con la disciplina normativa e con le previsioni amministrative generali nelle medesime materie di disciplina del detto P.T.C.

Né vi è alcuna prova del fatto che tali criteri (in particolare quelli relativi agli obiettivi di riduzione del consumo di suolo) siano espressivi di una politica regionale innovativa o, comunque, collidente con altri atti di programmazione e pianificazione all’epoca vigenti.

9.3. Non è dirimente, infine, la circostanza che la zona di cui trattasi non sia, in atto, adibita a uso agricolo poiché – secondo un indirizzo ormai consolidato - la destinazione a zona agricola di una determinata area non presuppone necessariamente che essa sia utilizzata per colture tipiche o possegga le caratteristiche per una simile utilizzazione , trattandosi di una scelta, tipicamente e ampiamente discrezionale con la quale l’Amministrazione “ ben può avere interesse a tutelare e salvaguardare il paesaggio o a conservare valori naturalistici ovvero a decongestionare o contenere l'espansione dell’aggregato urbano ” (così, ancora da ultimo, Cons. Stato, sez. II, 7 settembre 2020, n.5380).

Ciò risulta particolarmente evidente nel caso di specie in cui, tra gli obiettivi perseguiti dalla Regione, vi erano specificamente quelli di “ conservazione e ripristino degli elementi naturali tradizionali del paesaggio agrario;
mantenimento dell'attività agricola, anche in funzione di salvaguardia e auto- conservazione del territorio
” con la conseguente attribuzione a tale attività di “ una funzione principalmente di presidio territoriale ”.

Anche l’elemento indicato dalla società quale sintomatico dell’avvenuta trasformazione dell’area e comunque, della perdita della vocazione agricola (il posizionamento delle baracche a servizio del cantiere), risulta del tutto neutro.

In disparte il fatto che trattasi di strutture precarie, è rimasto incontestato quanto fatto rilevare dal primo giudice in ordine all’insussistenza di un affidamento qualificato scaturente dal Programma integrato di intervento di cui alla Convenzione urbanistica sottoscritta dalla ricorrente con il Comune di Senago in data 10 e 29 dicembre 2008 atteso che la stessa risulta essere stata adottata subordinatamente all’approvazione della variante in esame e sul presupposto che in sede regionale venisse confermato il mutamento della destinazione dell’area di proprietà della ricorrente da zona di riqualificazione ambientale ad indirizzo agricolo a zona affidata alla pianificazione comunale orientata, poi non realizzatosi.

10. In definitiva, per quanto testé argomentato, l’appello deve essere respinto.

Le spese del grado seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

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