Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-11-29, n. 202210501

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-11-29, n. 202210501
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202210501
Data del deposito : 29 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/11/2022

N. 10501/2022REG.PROV.COLL.

N. 00689/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 689 del 2022, proposto da
-OMISSIS-. (già -OMISSIS-), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati W M, V S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Bellizzi, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato M A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

-OMISSIS-, non costituita in giudizio;

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bellizzi;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 novembre 2022 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati De Bonis, in delega dell'Avv. Scarano, e Annunziata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale della Campania – sezione staccata di Salerno ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti proposti dalla società-OMISSIS-. contro il Comune di Bellizzi per l’annullamento, in particolare, dei seguenti provvedimenti:

- deliberazione del Consiglio comunale n. -OMISSIS-, notificata il 14.4.2016, con la quale era stata deliberata la risoluzione per inadempimento del contratto n.-OMISSIS-, e dei relativi atti presupposti, specificati in ricorso, nonché per l’accertamento del diritto della ricorrente alla prosecuzione della concessione in essere e alla determinazione del canone dovuto al netto delle opere eseguite ovvero in subordine del diritto della ricorrente ad ottenere il rimborso dell’importo dei lavori realizzati non scomputabili dal canone (ricorso principale);

- determina n. -OMISSIS-, con la quale il Responsabile dell'Area Pubblica Istruzione, Cultura e Servizi Demografici del Comune di Bellizzi aveva proceduto alla risoluzione per inadempimento del contratto n.-OMISSIS- e diffidato la-OMISSIS-. a lasciare l'impianto libero da persone e cose entro e non oltre trenta giorni dalla notifica della determinazione (motivi aggiunti).

1.1. Il tribunale ha premesso in fatto che:

- nel 2011 il Comune di Bellizzi aveva indetto una procedura aperta, ai sensi del d.lgs. n. 163 del 2006, per l’affidamento in concessione della gestione del centro sportivo comunale, aggiudicata alla -OMISSIS-. con determinazione n. -OMISSIS-del 12 aprile 2012;
nello stesso anno il Comune aveva provveduto alla consegna degli impianti e delle attrezzature, all’approvazione della proposta gestionale e del piano di tariffario, all’approvazione del progetto preliminare relativo a lavori urgenti e indifferibili da realizzare nell’immediato, prescrivendo la presentazione di un progetto definitivo relativo agli ulteriori lavori (delibera n. 88 del 14 giugno 2012) e provvedendo successivamente all’approvazione di una variante al citato progetto preliminare (con delibera n. 128 dell’11 ottobre 2012);

- i lavori autorizzati avevano avuto inizio il 9 luglio 2012 ed erano stati ultimati nell’ottobre del 2012 (cfr. nota n. 174259 del 4.10.2012);

- con nota n. -OMISSIS- del 21 febbraio 2014 la società aveva comunicato la cessione del ramo d’azienda alla-OMISSIS-., società con cui l’amministrazione, senza acconsentire espressamente alla modifica soggettiva del rapporto, aveva poi stipulato il contratto di concessione in data 3 luglio 2014;

- con successiva nota n. -OMISSIS- del 4 giugno 2015 l’amministrazione aveva contestato vari inadempimenti e prospettato la risoluzione del contratto;

- con nota n. -OMISSIS-, ausiliaria della -OMISSIS-., aveva comunicato il fallimento di quest’ultima (sentenza del Tribunale di Salerno del 22 luglio 2015) e di non aver assunto alcun impegno nei confronti della nuova-OMISSIS-., comunicando la “revoca” dell’avvalimento;

- con nota n. -OMISSIS- del 30 dicembre 2015 era stato quindi trasmesso il progetto definitivo dei lavori da effettuare e con nota n. -OMISSIS-del 26 gennaio 2016 il quadro economico riepilogativo dei lavori eseguiti al 31 dicembre 2015, che evidenziava i costi di realizzazione delle opere preventivate, di quelle autorizzate nonché i costi derivanti dall’uso del centro da parte della -OMISSIS- per un totale di 777.760,60 euro, al netto delle competenze tecniche;

- la ricorrente con nota n.-OMISSIS- del 20 marzo 2015 aveva già trasmesso il quadro economico riepilogativo dei lavori eseguiti al 20 febbraio 2015 e con nota n. -OMISSIS- del 22 gennaio 2015 aveva chiesto all’amministrazione documentazione idonea a determinare l’importo relativo agli utilizzi del palazzetto da parte dell’-OMISSIS- dal 4 ottobre 2010 al 16 maggio 2012, senza ottenere riscontro.

1.2. In sentenza è dato quindi atto dei motivi di risoluzione contrattuale per grave inadempimento, in quanto, con gli atti impugnati, l’amministrazione aveva contestato: il mancato pagamento del 10% del canone di concessione (come previsto dall’art. 4 del capitolato), l’inosservanza dell’obbligo di assunzione di cinque unità lavorative alle dipendenze del precedente concessionario nella gestione del centro sportivo (come stabilito dall’art. 9 del medesimo capitolato), l’esecuzione di lavori in difformità e senza alcuna preventiva autorizzazione nonché l’incongruenza tra l’importo determinato dalla stazione appaltante in euro 139.170,98 e quello rendicontato dall’impresa di euro 777.766, 60, oltre IVA per le opere realizzate e i costi derivanti dall’uso del centro da parte della -OMISSIS-, la mancata realizzazione dei lavori previsti in contratto e il venir meno dei requisiti previsti.

Il Comune di Bellizzi, date le numerose difformità nell’esecuzione del contratto, aveva determinato “ di procedere per grave inadempimento contrattuale alla risoluzione del contratto di appalto … ai sensi e per gli effetti dell’art. 34 del capitolato speciale di appalto e dell’art. 1453 del codice civile ”, intimando la restituzione dell’impianto.

1.3. Il tribunale, illustrati i motivi del ricorso introduttivo e i motivi aggiunti e dato atto dell’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal Comune resistente, ha qualificato la concessione oggetto di controversia come concessione di servizi ed ha ritenuto la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., fatto salvo quanto appresso sulla domanda subordinata.

1.4. Procedendo all’esame del merito del ricorso, il tribunale ha ritenuto infondate le censure principali attinenti alla mancanza dei presupposti per la risoluzione del contratto, confermando l’inadempimento costituito dal mancato pagamento di tre rate semestrali consecutive del canone, determinato ai sensi dell’articolo 4 del capitolato speciale.

Ha quindi ritenuto validamente attivata per tale ragione da parte dell’amministrazione comunale la clausola risolutiva espressa di cui all’art. 1456 cod. civ., contenuta nel capitolato speciale, con automatico effetto risolutivo.

1.4.1. Dichiarate assorbite le restanti censure, ha respinto le domande proposte in via principale di annullamento dei provvedimenti impugnati e di accertamento del diritto alla prosecuzione del rapporto e alla determinazione dei canoni.

1.5. Con riferimento alla domanda proposta in via subordinata di “ accertamento del diritto della ricorrente al pagamento delle differenze economiche che dovessero ritenersi non rientrare nello scomputo del canone ”, dopo averla qualificata come domanda di ingiustificato arricchimento, ha ritenuto il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto avulsa dall’esercizio di poteri amministrativi e relativa a questioni di carattere meramente patrimoniale.

1.6. Le spese processuali sono state regolate secondo il criterio della soccombenza e perciò poste a carico della-OMISSIS-. ed a favore del Comune di Bellizzi.

2. Avverso la sentenza ha proposto appello la società -OMISSIS-.) con due motivi e riproposizione dei motivi dichiarati assorbiti in primo grado.

Il Comune di Bellizzi si è costituito per resistere all’appello, eccependone preliminarmente l’inammissibilità perché tardivamente proposto.

2.1. All’udienza del 3 novembre 2022 la causa è stata discussa e assegnata a sentenza, previo deposito di memorie e repliche delle parti.

3. Il Comune di Bellizzi ha dedotto, in via preliminare, che la presente controversia, riguardando una concessione di servizi di tipo misto, sarebbe soggetta al rito speciale degli artt. 119 e 120 c.p.a.

Poiché la sentenza è stata pubblicata il 14 giugno 2021, mentre l’appello è stato notificato il 14 gennaio 2021, ne ha eccepito la tardività, per violazione della dimidiazione dei termini.

3.1. L’eccezione è infondata.

Il rito speciale previsto dagli artt. 119 e 120 c.p.a. per le controversie relative a provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture si applica soltanto al contenzioso che riguarda appunto la procedura di affidamento del contratto, attinente alla fase di scelta del contraente, mentre non è applicabile al contenzioso riguardante la fase esecutiva.

Nel presente giudizio sono impugnati provvedimenti di risoluzione per inadempimento del contratto, che il giudice di prime cure ha qualificato come concessione di servizi –perciò ha ritenuto rientrare, anche per la fase esecutiva, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., con statuizione rimasta non appellata.

Afferendo la controversia alla fase dell’esecuzione e non a quella della scelta del contraente, il rito applicabile è quello ordinario.

Pertanto i termini di impugnazione sono quelli di cui all’art. 92, comma 3, c.p.a. in mancanza di notificazione della sentenza, come nel caso di specie.

Il ricorso in appello, notificato nel termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, è tempestivo.

4. La società appellante ha proposto due motivi di appello, ma non ha impugnato, in sé, la dichiarazione di inammissibilità per difetto di giurisdizione della domanda proposta in via subordinata ed anzi ha riassunto il giudizio dinanzi al giudice civile.

4.1. In primo luogo la sentenza è stata appellata perché si è ritenuta applicabile la clausola risolutiva espressa.

Il giudice ha reputato che questa contenesse la previsione puntuale dell’inadempimento (“ in essa compiutamente descritto ”) relativo al mancato pagamento di tre rate del canone (da commisurare al periodo semestrale, e non mensile, dei pagamenti, così concordemente interpretato il capitolato speciale da entrambe le parti), e che la risoluzione di diritto fosse stata validamente dichiarata dall’amministrazione comunale “ senza alcuna necessità di graduare, come prospettato dalla ricorrente, la sanzione contrattuale ”.

Col primo motivo di appello ( error in iudicando in relazione all’applicazione della clausola risolutiva espressa ) vengono censurate le seguenti affermazioni della sentenza:

- l’articolo 4 del capitolato speciale prevedeva puntuali modalità di determinazione del canone, “ individuando criteri di calcolo del quantum dovuto, caratterizzati da chiarezza, specificità e automatica applicabilità ”, secondo quanto dettagliatamente esplicitato in motivazione;

- la ricorrente avrebbe dovuto provvedere almeno al pagamento del 10% delle rate di canone, “ pagamento non avvenuto considerata la stipula del contratto il 3 luglio 2014 e la scadenza della terza rata di canone al 3 gennaio 2016 ” e, anzi, considerata la rendicontazione fornita soltanto il 20 marzo 2015, avrebbe dovuto pagare per intero la prima rata e il 10% delle altre due;

- gli articoli 136 e 138 del d.lgs. n. 163 del 2006 non erano applicabili, in quanto l’amministrazione aveva inteso attivare, come era nella sua facoltà, la clausola risolutiva espressa.

4.1.1. La società appellante obietta che sarebbe mancata, sia nel metodo applicato dall’amministrazione che nel calcolo eseguito in sentenza (che lo riprende pedissequamente), la considerazione che il capitolato speciale prevedeva che la rata di canone avrebbe dovuto essere decurtata del 90% del valore, fino allo scomputo totale, di una serie di importi afferenti l’esecuzione dei lavori previsti ed autorizzati.

A fronte di tale previsione, secondo l’appellante, il Comune sarebbe rimasto inadempiente all’obbligo incombente sull’amministrazione di provvedere alla quantificazione delle opere ed al calcolo del relativo importo da scomputarsi nella misura predetta, nonché alla determinazione del costo per l’uso della struttura da parte dell’-OMISSIS-t di Bellizzi per il periodo indicato in atti;
ed ancora, al computo del mancato utilizzo a seguito della realizzazione di lavori da parte della -OMISSIS- e degli ulteriori lavori fatti eseguire dal Comune per le modifiche interne agli spogliatoi.

In sintesi, l’inadempimento della società concessionaria sarebbe conseguenza dell’inadempimento del Comune di Bellizzi, che avrebbe omesso di compiere le doverose attività al fine di addivenire alla determinazione del canone dovuto.

4.1.2. Reputato sussistente l’inadempimento del concedente, l’appellante sostiene che, pur vertendosi nell’ipotesi di clausola risolutiva espressa, si dovrebbe fare applicazione dell’art. 1460 cod. civ., che contempla l’ exceptio inadimplendi non est ademplendum . Richiama quindi la giurisprudenza civile che ritiene compatibile l’eccezione di inadempimento con la fattispecie della clausola risolutiva espressa di cui all’art. 1456 cod. civ., per la sua pregiudizialità logica rispetto all’avverarsi di effetti risolutivi normalmente automatici che possono discendere soltanto dall’accertamento di un inadempimento colpevole (cfr., tra le più recenti citate in ricorso, Cass. civ, III, 12 ottobre 2021, n. 27692).

4.1.3. Dopo avere solo genericamente contestato che l’art. 4 del capitolato definisca compiutamente i criteri di calcolo del canone, l’appellante deduce che, poiché le attività del concessionario dal 2012 al 2015 non sarebbero mai state interamente dedicate all’esecuzione del contratto, si sarebbero venute a determinare delle situazioni aventi diretta incidenza sugli equilibri contrattuali.

Di qui la deduzione consequenziale dell’insussistenza di un proprio inadempimento colpevole o di una propria condotta contraria ai principi di buona fede e correttezza, così da doversi escludere la sussistenza dei presupposti per dichiarare la risoluzione del contratto (secondo quanto si desumerebbe anche da Cass. civ., I, 23 novembre 2015, n. 23868, citata in ricorso a proposito della valutazione secondo buona fede della condotta del contraente inadempiente).

4.2. Col secondo motivo ( error in iudicando et in procedendo in relazione al capo 9 ) l’appellante, pur non contestando la dichiarazione di difetto di giurisdizione, evidenzia quella che sarebbe una contraddizione della sentenza, nella parte in cui il giudice si è comunque espresso a proposito della domanda relativa all’accertamento dei lavori eseguiti da scomputare dal canone, qualificandola come domanda di “ingiustificato arricchimento”.

5. I motivi vanno trattati congiuntamente per ragioni di connessione.

5.1. Il primo motivo è manifestamente infondato.

L’art. 34 del capitolato speciale d’appalto prevede che “ l’amministrazione comunale ha facoltà di risolvere il contratto, ai sensi dell’art. 1456 c.c. fatto salvo l’eventuale risarcimento dei danni, nei seguenti casi […] mancato pagamento per tre mensilità consecutive del canone di gestione;
[…]
”.

Ancora, l’art. 4 del medesimo capitolato stabilisce che, dalla data di sottoscrizione del contratto di concessione, il concessionario è tenuto a corrispondere al Comune “ il canone annuo risultante in sede di offerta in aumento rispetto al canone posto a base di gara predeterminato in euro 62.400,00 annui, oltre IVA come per legge, per l’intera durata della concessione ”, con l’ulteriore precisazione che “ il canone dovrà essere versato in rate semestrali posticipate di pari importo con le modalità previste dal capitolato d’oneri ”.

Tale ultimo articolo, inoltre, detta ed illustra puntuali modalità di determinazione del canone, tali da escludere qualsivoglia intervento valutativo da parte di ciascuno dei contraenti, in specie da parte del concedente.

Come sottolineato nella sentenza di primo grado - senza che sul punto vi sia stata alcuna specifica contestazione, salva la generica asserzione dell’erroneità della decisione - l’art. 4 in commento individua specifici criteri di calcolo circa il quantum dovuto, laddove prevede che: “ ciascuna rata di canone sarà decurtata per il 90% del valore della stessa fino allo sconto totale dei seguenti importi ” ed indica alla lett. a) “ importo a consuntivo degli interventi di manutenzione da realizzarsi obbligatoriamente risultanti dalla contabilità dei lavori resa sotto forma di perizia giurata da parte di tecnico abilitato e documentati dalle fatture quietanzate di pagamento delle imprese e professionisti incaricati dei lavori di adeguamento, per un importo predeterminato in pari euro 139.170,98, oltre IVA, come si evince dal computo metrico allegato sub B) al capitolato d’oneri ”.

In sintesi, la somma di euro 139.170,98, oltre IVA, costituisce l’importo massimo scomputabile per gli interventi di manutenzione (fatti salvi gli ulteriori importi detraibili previsti alle lettere b e c dello stesso articolo 4) mediante detrazione del 90% di ciascuna delle rate semestrali di canone come determinato dallo stesso articolo 4. La perizia giurata e la documentazione contabile richieste dalla norma di cui alla riportata lettera a) attengono all’effettivo compimento dei lavori e relativo esborso delle somme da scomputare, ma sempre nel limite predeterminato.

La clausola convenzionale è redatta in modo da consentire di identificare con detto calcolo matematico la rata del canone dovuta dal concessionario in favore dell’amministrazione concedente: l’importo del canone annuo indicato in sede d’offerta, dimezzato in ragione della semestralità della rata, decurtato precisamente del 90% fino al totale scomputo degli importi indicati, tra i quali l’importo consuntivo degli interventi di manutenzione obbligatoria ovvero – atteso il richiamo all’allegato B) – degli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’art. 19 del medesimo capitolato speciale d’appalto dei quali è stata autorizzata l’esecuzione (nel caso di specie con delibera n. 88 del 14.06.12).

Dal momento che l’importo massimo dei lavori scomputabili dal canone è stato determinato dal concedente sulla scorta di un computo metrico allegato al capitolato e noto allo stesso concessionario, va confermata la sentenza nella parte in cui ha sottolineato come questi fosse consapevole “ della consistenza dei lavori da eseguire, delle modalità di stima e di determinazione dell’importo limite, della necessità di contenere il costo dei lavori nei limiti previsti: la stessa clausola consente lo scomputo dell’importo dei lavori realizzati solo a consuntivo, sulla base della contabilità dei lavori elaborata dallo stesso concessionario mediante perizia giurata e allegate fatture di pagamento delle imprese e dei professionisti incaricati dei lavori stessi …necessarie a consentire al concedente la verifica degli importi effettivamente corrisposti per l’esecuzione dei lavori, secondo il meccanismo contrattuale elaborato… ” (cfr. capo 8 della pronuncia appellata).

5.1.1. Tutto quanto sin qui chiarito in ordine alle previsioni contrattuali ed alle reciproche obbligazioni attinenti il pagamento del canone e l’esecuzione di lavori da parte del concessionario, ne consegue che:

- non vi è alcun inadempimento del Comune concedente riguardo ad eventuali attività da porre in essere per la determinazione del canone e degli importi scomputabili per i lavori effettuati dalla società concessionaria;

- avendo stipulato il contratto in data 3 luglio 2014 quest’ultima avrebbe dovuto corrispondere tre rate semestrali di canone entro il 3 gennaio 2016, mentre rimase totalmente inadempiente all’obbligazione di pagamento, esigibile da parte del concedente;

- anzi, fu la società concessionaria a non adempiere tempestivamente all’obbligo di rendiconto dei lavori scomputabili avendo fornito la prima rendicontazione il 20 marzo 2015;

- non avendo la società corrisposto nemmeno il 10% di ciascuna delle tre rate di canone in scadenza, comunque dovuto in disparte la detrazione del 90%, da commisurare all’importo dei lavori di manutenzione straordinaria di cui al capitolato ed alla delibera di autorizzazione, non rileva nemmeno accertare, ai fini della legittimità della risoluzione, se le perizie giurate prodotte fossero idonee a comprovare il completamento dei lavori autorizzati e l’effettivo esborso delle somme da scomputare.

5.1.2. Le risultanze processuali sono sufficienti ad affermare in diritto quanto segue:

- l’attivazione della clausola risolutiva espressa da parte del Comune di Bellizzi è stata corretta e conforme alle previsioni contrattuali;

- non vi era alcuna necessità di valutare la gravità dell’inadempimento né di graduare la sanzione, perché, quando le parti concordano una clausola risolutiva espressa, la valutazione circa l’entità e la gravità dell’inadempimento rilevante ai fini della risoluzione è effettuata ex ante al momento dell’inserimento della clausola contrattuale, tanto che la sua attivazione ne impedisce detta valutazione anche in sede giudiziale ex art. 1455 cod. civ. (cfr. già Cass., I, 17 marzo 2000, n.3102 e, da ultimo, Cass., VI-III, ord. 12 novembre 2019, n. 29301);

- l’effetto risolutivo è automatico, essendo rimessa al giudice esclusivamente una pronuncia dichiarativa della sussistenza delle condizioni di attivazione della clausola risolutiva espressa, non anche costitutiva della risoluzione contrattuale (cfr., di recente, Cass., II, 26 novembre 2021, n. 36918);

- non è in discussione che gli istituti degli artt. 1456 e 1460 cod. civ. siano compatibili, sì da consentire che l’eccezione di inadempimento rivolta al contraente che ha attivato la clausola di risoluzione di diritto ne paralizzi l’effetto risolutivo automatico (cfr. già Cass., 11 ottobre 1989, n. 4058, nel senso che “ l'accertamento della eventuale fondatezza dell'eccezione, diretta a dimostrare - sulla premessa di una stretta dipendenza della prestazione, il cui inadempimento sia previsto nella clausola come determinante la risoluzione, dalla prestazione a carico dell'altra parte - che il rifiuto ad adempiere era dipeso dall'inadempimento di quest'ultima, comporta l'inesistenza della colpa e, conseguentemente, la non operatività della clausola ”;
nonché, Cass., 16 settembre 2013 n.21115 e id., 12 ottobre 2021 n.27692, nel senso che “ in materia di clausola risolutiva espressa, anche quando la parte interessata abbia manifestato la volontà di avvalersene, il giudice deve valutare l'eccezione di inadempimento proposta dall'altra parte, attesa la pregiudizialità logica della stessa rispetto all'avverarsi degli effetti risolutivi che normalmente discendono in modo automatico, ai sensi dell'art. 1456 c.c., dall'accertamento di un inadempimento colpevole ”): tuttavia nel caso di specie è da escludere che il Comune di Bellizzi sia incorso nell’inadempimento di obbligazioni contrattuali;
in particolare, è da escludere che la determinazione del canone si sia resa impossibile per l’asserito comportamento omissivo del concedente;

- il credito dell’amministrazione comunale per le rate di canone in scadenza era liquido ed esigibile, in quanto per essere liquidato non necessitava della collaborazione dell’amministrazione comunale e la decorrenza era convenzionalmente fissata dalla data di sottoscrizione del contratto;

- per ragioni analoghe, pur essendo anche la risoluzione di diritto possibile solo nel caso in cui l’inadempimento del contraente sia dovuto a dolo o colpa (cfr. già Cass. 22 gennaio 1986, n.394, nel senso che “ Anche nel caso di contratto con clausola risolutiva espressa, l'inadempimento non è causa di risoluzione se non sia imputabile a dolo o colpa dell'obbligato: e la colpa del contraente inadempiente si presume ai sensi dell'art. 1218 cod. civ., se non sia provata la impossibilità di adempimento della prestazione per causa non imputabile al debitore ”), nel caso di specie l’inadempimento della società concessionaria è da reputarsi colpevole;

- a maggior ragione è da escludere che la condotta della società debitrice possa essere qualificata come conforme a buona fede (sia pure nella particolare accezione risultante dal precedente citato dall’appellante di cui a Cass. n. 23868/15, peraltro isolato, laddove è opinione diffusa in giurisprudenza che la buona fede sia canone di valutazione dell’esercizio della potestà risolutiva da parte del contraente non inadempiente);

- in definitiva, la società concessionaria non avrebbe potuto legittimamente pretendere di andare totalmente esente dall’obbligazione di pagare il canone, nell’attesa della quantificazione di somme dovute per l’esecuzione di lavori diversi da quelli previsti ai fini dello scomputo dai canoni contrattuali.

5.2. Quanto a questi ultimi ed alla domanda subordinata di accertamento del “ diritto della ricorrente al pagamento delle differenze economiche che dovessero ritenersi non rientrare nello scomputo del canone ” in effetti risulta poco coerente la motivazione della sentenza riguardante, per un verso, la statuizione di inammissibilità della domanda per difetto di giurisdizione e, per altro verso, la sua qualificazione come domanda di “ingiustificato arricchimento”.

Il difetto di giurisdizione consegue infatti – come peraltro riconosciuto anche in sentenza – alla previsione dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a. che sottrae alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie “ concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi ”.

Nella presente controversia la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo riguarda la sussistenza degli inadempimenti rilevanti per la risoluzione del contratto (rientrante appunto nella giurisdizione esclusiva: cfr., di recente, Cons. Stato, V, 8 aprile 2021, n. 2842, nonché id., 17 dicembre 2020, n. 8100, nella materia analoga della concessione di beni pubblici). Trattandosi di mancato pagamento dei canoni, è riservata alla giurisdizione amministrativa la verifica, secondo l’iter logico-giuridico sopra esposto, dell’ an dell’obbligazione di pagamento e del suo inadempimento da parte del concessionario (cfr., tra le tante, Cons. Stato, VI, 27 marzo 2017, n. 1391), mentre la questione di determinazione del canone vi sarebbe stata compresa soltanto se il relativo credito non fosse stato liquidabile sulla base di dati certi convenuti tra le parti, ma avesse implicato l’esercizio di poteri discrezionali da parte dell’amministrazione concedente (cfr., tra le altre, Cons. Stato, V, 13 febbraio 2019, n. 1034).

Sono per contro devolute alla giurisdizione ordinaria le controversie sulle reciproche pretese patrimoniali delle parti, comprese quelle attinenti al pagamento del canone ogniqualvolta questo risulti determinato per via convenzionale senza necessità di esercizio di prerogative pubblicistiche (cfr. Cass., SS.UU., 18 giugno 2020, n. 11867;
ord. 24 febbraio 2020, n. 4803;
4 ottobre 2019, n. 24857;
ord. 31 dicembre 2018, n. 33688;
Cons. Stato, II, 8 ottobre 2020, n. 5981;
V, 20 agosto 2019, n. 5744;
VI, 30 novembre 2020, n. 7540), anche se si tratta di giudicare dell’estinzione parziale o totale della relativa obbligazione per compensazione con controcrediti vantati nei confronti dell’amministrazione (cfr., da ultimo, CGARS, Ad. Sez. riun., parere 27 luglio 2022, n. 419, in tema di giurisdizione ordinaria sul canone di concessione di pubblici servizi, da compensare con esborsi sostenuti dal concessionario per spese straordinarie;
cfr. anche CGARS, 19 aprile 2021, n. 328, citata in sentenza).

Pertanto, nel caso di specie appartiene alla giurisdizione ordinaria la domanda della società concessionaria su entrambi i punti in contestazione: a) l’accertamento dei lavori, per l’importo di € 777.766,60 a titolo di scomputo (n.d.r.: totale o parziale) sui canoni dovuti secondo le previsioni contrattuali;
b) il riconoscimento del diritto al pagamento anche delle differenze economiche che dovessero ritenersi non rientrare nello scomputo.

Se la domanda inerente tali pretese proposta al giudice amministrativo è inammissibile, come correttamente affermato dalla sentenza, esula dalla sua giurisdizione (anche) la relativa qualificazione. La qualificazione della domanda che attiene alle pretese patrimoniali delle parti contraenti spetta infatti al giudice ordinario, quale presupposto della decisione sui reciproci rapporti di dare-avere (che permangono pur dopo la risoluzione contrattuale).

Ne consegue che la sentenza di primo grado nella parte in cui qualifica la domanda subordinata come “di ingiustificato arricchimento” non è idonea al giudicato esterno, poiché non decide, nemmeno implicitamente, alcuna questione di merito e quindi non pregiudica le ragioni della società relativamente alle pretese patrimoniali sostanziali.

Peraltro, la statuizione di inammissibilità per difetto di giurisdizione, non accompagnata dalla decisione di merito, comporta, a sua volta, un giudicato meramente formale, a valenza interna (cfr., tra le più recenti, Cass. S.U. 6 dicembre 2021, n. 38597) e, per di più, nel caso di specie, è stata seguita dalla riassunzione del processo dinanzi al giudice ordinario.

Di qui la carenza di interesse dell’appellante alla proposizione del secondo motivo di appello.

6. In conclusione l’appello va respinto, restando definitivamente assorbita l’eccezione preliminare di difetto di legittimazione ad agire della società appellante sollevata dal Comune appellato.

6.1. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

7. Va accolta la richiesta della società appellante di oscuramento dei dati, non avendo il Comune di Bellizzi interesse all’opposizione così come formulata con la memoria difensiva e sussistendo i presupposti per l’applicazione dell’art. 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti e della dignità della parte interessata. La particolare delicatezza del caso di specie consegue alla molteplicità degli inadempimenti contestati dal Comune di Bellizzi nei confronti della società concessionaria ed alla mancata integrale verifica giurisdizionale, a causa dell’assorbimento delle relative ragioni di impugnazione per la sufficienza dell’accertata persistente morosità ai fini della decisione sulla risoluzione.

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