Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-09-10, n. 201404605

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-09-10, n. 201404605
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201404605
Data del deposito : 10 settembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00144/2014 REG.RIC.

N. 04605/2014REG.PROV.COLL.

N. 00144/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 144/2014 RG, proposto dalla PHILIPS s.p.a., corrente in Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore , in proprio e n.q. di capogruppo mandataria della costituenda ATI con la Ruggeri Costruzioni civili e ospedaliere s.r.l. e con la Philips Medical Capital s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati G B, M. A B ed A M, con domicilio eletto in Roma, via F. Confalonieri n. 5,

contro

l’Azienda ospedaliera San Paolo di Milano – Polo universitario, in persona del Direttore generale pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Donato Vigezzi e Marco Saverio Montanari, con domicilio eletto in Roma, via G. Castellini n. 33 e

nei confronti di

GE Medical Systems Italia s.p.a., corrente in Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore , in proprio e n.q. di capogruppo mandataria della costituenda ATI con la Editel s.p.a., appellante incidentale, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Lirosi, Marco Martinelli e Chiara Bassolino, con domicilio eletto presso lo Studio legale Gianni, Origoni, Grippo &
Partners
in Roma, via delle Quattro Fontane n. 20,

per la riforma

della sentenza del TAR Lombardia – Milano, sez. IV, n. 2540/2013, resa tra le parti e concernente l’aggiudicazione della fornitura a noleggio di un apparecchio di risonanza magnetica;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;

Visti gli atti tutti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, c. 10, c.p.a.;

Relatore all'udienza pubblica del 10 aprile 2014 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, gli avvocati Manzi, Montanari e Lirosi;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO

Con bando pubblicato nella GUCE dell’11 agosto 2011, l’Azienda ospedaliera San Paolo di Milano indisse una procedura aperta comunitaria, da aggiudicarsi col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per la fornitura a noleggio settennale d’un apparecchio di risonanza magnetica – RM, comprensivo delle opere infrastrutturali ed altre, per un importo complessivo a base d’asta pari a € 3.600.000,00, oltre IVA.

Il disciplinare di gara previde max. punti 60 per le caratteristiche tecnico – qualitative e max. punti 40 per il prezzo. L’art. 2 del CSA stabilì a sua volta che l’apparecchiatura da fornire avrebbe dovuto avere le caratteristiche indicate nell’All. 1) e corrispondere alle domande di cui all’All. 2), mentre i lavori d’adeguamento dei locali sarebbero dovuti esser eseguiti in conformità all’All. 3).

A tal procedura, tra le altre imprese, intese partecipare pure la Philips s.p.a., quale capogruppo della costituenda ATI con le mandanti Ruggeri Costruzioni civili e ospedaliere s.r.l. e Philips Medical Capital s.p.a., proponendo rituale offerta. In esito alla gara, nonostante l’ATI Philips avesse avuto il punteggio più alto per la sua offerta tecnica, risultò aggiudicataria definitiva la GE Medical Systems Italia s.p.a (GEMS), in costituenda ATI con la mandante Editel s.p.a., ottenendo punti 88,40.

Sicché l’ATI Philips, seconda classificata con punti 88,12 (Δ = punti 0,28), avendo acceduto agli atti della procedura e reputandoli illegittimi sotto vari profili, adì allora il TAR Milano (ricorso n. 1846/2012). Con il gravame introduttivo, detta ATI dedusse varie censure verso l’offerta tecnica dell’ATI controinteressata e, in subordine, altri profili contro l’operato del seggio di gara, al fine di determinare la caducazione e d’ottenere il rifacimento della procedura. Detta ATI propose poi un atto per motivi aggiunti, rivolti contro il diniego di autotutela di cui alla informativa ex art. 243 - bis del Dlg 12 aprile 2006 n. 163, inviatale dalla stazione appaltante. Dal canto suo, l’ATI GEMS si gravò in via incidentale.

L’adito TAR, con ordinanza n. 216/2013, ha disposto dapprima una CTU e, a seguito della rinuncia del consulente tecnico, ha emanato l’ordinanza n. 733/2013 per la verificazione sulle caratteristiche dell’impianto MRI dell’ATI controinteressata. Depositata la relazione del verificatore, sulla scorta della quale l’adito TAR, con la sentenza n. 2540 del 15 novembre 2013, ha rigettato sia il ricorso principale in una con i motivi aggiunti, sia il ricorso incidentale dell’ATI GEMS.

Appella quindi l’ATI Philips, con il ricorso in epigrafe, deducendo in punto di diritto nove articolati gruppi di censure, oltre a contestare le spese della verificazione addossatele. Resiste in giudizio la stazione appaltante, concludendo per il rigetto del ricorso in epigrafe. S’è costituita nel presente giudizio anche l’ATI GEMS che, anzitutto, eccepisce l’infondatezza della pretesa azionata e poi propone appello incidentale, ribadendo quanto già esposto in primo grado e disatteso dal TAR. Il 17 febbraio 2014, l’ATI appellante principale notifica una memoria, a valere pure da motivo aggiunto, replicando contro l’impugnazione incidentale dell’ATI GEMS.

Alla pubblica udienza del 10 aprile 2014, su conforme richiesta delle parti, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.

DIRITTO

1. – L’ATI Philips, seconda graduata (ma con minimo scarto di punteggio: 0,28) in esito alla gara per la fornitura a noleggio ed opere connesse d’un apparecchio di risonanza magnetica, impugna in questa sede la sentenza con cui il TAR Milano, sulla scorta di un’articolata verificazione tecnica su tal impianto e le sue caratteristiche, ne ha respinto la pretesa che essa formulò contro sia l’offerta tecnica dell’ATI controinteressata, sia lo svolgimento della procedura.

2. – Giova premettere che, avanti al TAR, l’ATI controinteressata (ATI GEMS) propose a sua volta un gravame incidentale, per far constare tanto la non rispondenza, sotto vari profili, dell’offerta tecnica dell’ATI Philips alla legge di gara, quanto la presenza di alquante criticità nei dati indicati nell’offerta stessa.

A tal riguardo, il Giudice di prime cure ha affermato che «… il principio illustrato nella… sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (4/2011) sembra oramai recessivo a fronte di orientamenti giurisprudenziali anche di matrice comunitaria che predicano di evitare di dare indebita prevalenza al ricorso incidentale paralizzante rispetto al ricorso principale …». Sicché il TAR ha dapprima esaminato il ricorso ed i motivi aggiunti proposti dall’ATI Philips e li ha rigettati. In un secondo momento, ha delibato pure l’impugnazione incidentale, di cui non si nega l’effetto in parte qua paralizzante il ricorso principale, e l’ha respinta. Si duole in questa sede l’ATI GEMS che il TAR sarebbe caduto, anche alla luce della giurisprudenza comunitaria da esso citata, in errore in quanto, al più, l’incompatibilità del principio posto dall’AP n. 4/2011 con il diritto europeo riguarda solo le gare a due concorrenti.

Ebbene, non dura fatica il Collegio a dar atto all’ATI GEMS che tali aspetti in sostanza siano stati ripresi dalla più recente giurisprudenza (cfr. Cons. St., ad. plen., 25 febbraio 2014 n. 9), laddove si afferma la legittimazione del ricorrente in via principale ad impugnare l'aggiudicazione disposta a favore del solo concorrente rimasto in gara, solo quando le due offerte siano affette da vizi afferenti alla medesima fase procedimentale. Del pari, correlativamente, nel giudizio di primo grado su gare ad evidenza pubblica, il ricorso incidentale non và esaminato prima di quello principale se non ha carattere escludente (e viceversa). Poiché tal evenienza si dà se il ricorso incidentale censuri giudizi e/o operazioni di gara svolte dalla stazione appaltante sul presupposto della regolare partecipazione del ricorrente principale, rettamente l’ATI GEMS reputa erronea l’omessa prioritaria valutazione delle sue doglianze contro la legittimazione di controparte e sull’efficacia escludente di esse.

Sennonché tutto ciò s’appalesa, se non irrilevante, certo superfluo nel caso in esame, ché l’appello non ha pregio e va disatteso, per le ragioni qui di seguito indicate.

3. – Si duole anzitutto l’ATI appellante principale che l’ATI controinteressata offrì un apparecchio ( Optima 450W GEM 1,5Tesla) il cui FOV fu dichiarato pari a cm 55x55x55, sebbene s’è accertato, pure in sede di verificazione, che questo era solo di cm 50x50x50, così esprimendo o un’offerta mendace e tale da implicarne l’esclusione o, comunque, di qualità inferiore, sì da determinare un punteggio inferiore.

Al riguardo, il FOV indica il campo di vista (o di scansione) triassiale dell’apparecchio di RMI, nel senso, cioè, che la posizione d’un oggetto nel FOV è la risultante di codifica del segnale posto dalle bobine di gradiente dell’apparecchio. Tali bobine generano i campi magnetici che variano in modo lineare nello spazio e sono indispensabili per la generazione delle immagini e sono impostate lungo gli assi x (laterale – L/R – assiale ), y (antero-posteriore – A/P – coronale ) e z (superiore-inferiore – S/I – sagittale ). La qualità del FOV, in ordine alla maggior o minor presenza di distorsioni, dipende anzitutto dalla linearità del campo magnetico di gradiente (sì che un FOV più piccolo consente una più elevata risoluzione spaziale), nonché da un complesso di altri fattori (dimensione del pixel a parità di matrice;
tempo di rilassamento dei protoni, rapporto segnale/rumore, spessore di ciascuna fetta esaminata, dimensione della matrice dell'immagine, ecc.).

Ora, la previsione della legge di gara fu chiara nell’indicare, tra le c.d. caratteristiche gradienti , che le imprese partecipanti avrebbero dovuto fornire un FOV di cm 45x45x45, senza fissazione di un confine predefinito, tant’è che la stazione appaltante si guardò bene dall’imporlo. È evidente, come si evince dalle brevi considerazioni ut supra , la relazione esistente tra risoluzione, FOV e numero di pixel di un'immagine, nonché tra ampiezza del FOV e possibilità di distorsioni. Sicché la qualità del FOV dipende, più che dall’ampiezza del campo fisico o dalla distorsione in sé che questo in vario modo comporta, dal limite di tolleranza di essa e dalla relativa capacità di gestione che nell’uso clinico ordinario si fa delle immagini così ottenute. Siffatta gestione delle immagini periferiche è, ad avviso del Collegio, la corretta chiave di lettura sia di come fu stabilita la lex specialis , sia del contenuto dell’offerta dell’ATI GEMS, sia della risposta che il verificatore fornì sulle caratteristiche dell’apparecchio così offerto.

Ora, l’ATI GEMS propose, come dice la relazione di valutazione sulle offerte tecniche (all. n. 1 al verbale del 2 maggio 2012), un FOV massimo raggiungibile di cm 55x55x55. Si può discettare sul reale significato del vocabolo « raggiungibile », cioè se esso voglia dire che «… l’indicazione di GEMS sia stata data confidando nelle potenzialità di un nuovo brevetto “Extreme Gradient” …» poi non attuato (cfr. Relaz. finale del verificatore, pagg. 4/99, Conclusioni ;
33/99, Acquisizione clinica colonna vertebrale ;
37/99), oppure se l’apparecchio, con un apposito SW, sia in grado di supportare il FOV offerto.

A tal riguardo, su tal acquisizione, per vero il verificatore dà atto che le acquisizioni da lui eseguite «… sono risultate essere sul FOV sopra riportato di 55x55 cm² su vari piani e fra questi un piano sagittale prossimo all’asse centrale della colonna vertebrale per la vista di quest’organo …». Egli poi risponde all’osservazione del CTP di detta ATI che, per un verso, tal acquisizione avvenne con un SW di test (inaccessibile al personale clinico) e non d’uso clinico corrente e, per altro verso, non è possibile escludere ogni limite di tolleranza del degrado e della distorsione del FOV allargato (cfr. ibid ., 35/99).

Nell’un caso e nell’altro, la serena lettura della relazione porta a concludere che l’apparecchio di tal ATI, al di là della tempestiva disponibilità (ai fini dell’offerta), o meno del nuovo sistema Extreme Gradient , era in grado di raggiungere, con gli effetti distorcenti naturaliter del caso, pure un FOV di cm 55x55x55.

Va sul punto rammentata la premessa di metodo del verificatore, che egli avrebbe fatto meglio a farla presente fin dall’inizio della di lui relazione, secondo cui «… nelle MRI la dimensione del FOV non è una proprietà valutabile semplicemente osservando la geometria esterna dell’apparecchio … e con un confine netto fra interno ed esterno del FOV …». Infatti, «… la dimensione utile del FOV va rapportata ad una distorsione dimensionale delle immagini limitata entro un intervallo di tolleranza accettabile …». Anzi, il verificatore (cfr. ibid ., pagg. 21 e 22/99) precisa che, in disparte l’impossibilità allo stato di accettare la distorsione del 5% (indicata nella letteratura da lui riferita: T) se non in campo progettuale, «… come emerso anche nelle prove su MRI GEMS… non esistono criteri riconosciuti di determinazione di una tolleranza per la parte periferica del FOV, né questo era richiesto dal capitolato …». Dal che «… il valore puramente qualitativo… della parte periferica del FOV avrebbe legittimamente consentito alla commissione di dare poco o nessun peso alla dichiarazione di un FOV in eccesso rispetto alle richieste di capitolato e ulteriormente allargato rispetto ad altre offerte …». Inoltre, il verificatore concorda con il concetto che, allo stato, un FOV di grandi dimensioni, che è ottenibile solo a determinate condizioni di scansione, è certo un elemento da preferire per i migliori risultati che può raggiungere, ma nella consapevolezza che tutti i FOV superiori a cm 45 non possono fornire elementi diagnostici efficaci.

Da ciò discende che, seppur con queste precisazioni, una cosa è verificare, dal punto di vista fisico, la possibilità che l’apparecchio GEMS possa giungere al FOV indicato in offerta, altra cosa ancora è accertare se ciò accade nelle normali condizioni d’uso clinico ordinario, ben altra è vedere se poi ciò ha, e qual ne sia la misura, una qualche reale utilità pratica allo stato dell’arte, ai fini diagnostici.

Ora, al verificatore il TAR ha chiesto (I quesito) di verificare «… se il campo visivo dello strumento “Optima 450 W GEM 1,5 T”…sia pari a 55x55x55 cm., come dichiarato dalla controinteressata nell’offerta …»). Il verificatore, sul punto, ha concluso sì che «… la dichiarazione di GEMS di un campo di vista migliorato in dimensioni non ha avuto riscontro nel contraddittorio con le Parti, nella documentazione presentata e nelle prove eseguite …». Ma ciò non è proprio in questi termini, come s’è visto, perché il FOV dell’ATI GEMS era raggiungibile sì, ma in condizioni d’uso diverso da quello clinico e con un’utilità pratica diagnostica allo stato irrilevante nelle dimensioni espresse.

Allora si ha, al più, un’inadeguatezza della dimostrazione, non certo l’inesistenza del dato materiale e, dunque, l’inconsistenza della doglianza sulla mancata esclusione per fallace dichiarazione. Ecco perché il verificatore rettamente afferma «… che il FOV dimostrato da GEMS è di 50x50x50 cm e che una estensione ai 55x55x55 cm dichiarati in offerta non è stata di fatto realizzata… (ma) … tale difformità riguardava… un incremento oltre le richieste di capitolato di nessun rilievo diagnostico, che la Commissione avrebbe potuto legittimamente trascurare per tutte le offerte …». Ed ecco pure perché il TAR, ai sensi degli art. 74 e 120, c. 10, c.p.a., in modo apparentemente sintetico, ma in realtà desunto dall’intera relazione del verificatore, ha statuito, con una argomento più efficace e più corretto sul piano logico che «… la dichiarazione della società controinteressata di un campo di vista migliorato non ha trovato un adeguato riscontro… (ma) … tale discrasia…non ha avuto nessun rilievo diagnostico …». E, quindi, ha affermato che «… le doglianze proposte non sono fondate, in quanto è emerso che il raggiungimento di un Fov pari a 55x55x55 non aveva alcun rilievo diagnostico e, pertanto, era ininfluente non solo ai fini dell’ammissibilità alla gara, ma a ben vedere, anche dell’attribuzione del punteggio …».

Nessun argomento dell’ATI appellante riesce a superare tal statuizione.

Non quello della confusione in cui il TAR sarebbe incorso tra accettabilità e qualità della macchina GEMS, giacché il FOV di questa, lo s’è detto dianzi, è un dato non meramente (o non solo) fisico, ma funzionale e deve convivere con le possibili distorsioni ed i limiti di tollerabilità di esse, onde corretta e completa è stata la relazione là dove ha chiarito siffatti elementi assai complessi e tutt’altro che intuitivi. Non quello della qualità dell’apparecchio stesso ché, ferma l’ammissibilità dell’offerta GEMS, il TAR rettamente ha inteso il senso della relazione —quello, cioè, dell’assenza di rilievo realmente discretivo tra un FOV più ampio ed uno minore ai fini diagnostici—, proprio in virtù della quale è stata rigettata la pretesa dell’odierna appellante, incentrata invece sulla rilevanza dirimente della difformità ai fini sia dell’ammissione a gara, sia del punteggio assegnato. Né quello per cui il TAR avrebbe travalicato le parole del verificatore, in quanto non già quest’ultimo, bensì la sentenza era l’unica che poté legittimamente statuire, sia pur alla luce di tutti i passaggi della citata relazione, sull’irrilevanza di tale difformità nell’attribuzione dei punteggi. Non quello che, per forza (affermata dalla sola appellante), l’apparecchio di essa sarebbe stato migliore ed avrebbe dovuto avere legittimo titolo ad un punteggio più elevato, giacché tal pretesa, comunque —e al di là di ciò che disse la stazione appaltante al verificatore—, non ha pregio sia per la pluralità di caratteristiche gradienti valutate, sia per il minimo stacco di punteggio (Δ = 0,6 punti) tra i due apparecchi. E non quello, infine, contro l’ampia discrezionalità tecnica che invece spetta al seggio di gara, negli ovvi limiti della ragionevolezza e della proporzionalità, nella valutazione dell’offerta e dei singoli elementi di essa e che ne implica un delicato apprezzamento di vari aspetti, pure di convenienza per la stazione appaltante, sovente affidati ad elementi o estremamente specifici o sfumati.

Non a caso, in esito alla disamina che ne fece il seggio di gara, l’offerta tecnica dell’ATI GEMS ha ottenuto un punteggio tecnico inferiore (punti 48,4), a fronte di quella, ben migliore (punti 49,5: cfr. pag. 11 del ricorso in epigrafe), dell’ATI PHILIPS. Quest’ultima ha prevalso nel complesso, al di là del solo aspetto inerente alle caratteristiche gradienti, sull’offerta tecnica dell’ATI GEMS, appunto in base al giudizio tecnico del seggio di gara.

4. – Non a diversa conclusione deve il Collegio pervenire circa il secondo mezzo di gravame.

Il capitolato speciale chiese, all’All. n. 1), cap. Accessori e Dotazioni di sicurezza , «… eventuali software e fantocci proprietari per controlli qualità;… – fantocci per i controlli di qualità del tipo EUROSPIN II …».

Ebbene, non ha gran senso l’assunto dell’appellante, che vuol leggere tal norma di gara nel solo senso che si sarebbero dovuti fornire non solo « fantocci proprietari », ma anche « fantocci di tipo Eurospin II », come se si trattasse di due categorie materiali tra loro non intercambiabili. In realtà, la norma di gara impose soltanto che i fantocci proprietari, da usare per i controlli di qualità, fossero NON già solo quelli Eurospin II , MA quelli di tipo Eurospin II . Sul punto il verificatore conclude che «… GEMS avrebbe in ogni caso dotato la macchina di fantocci equivalenti a Eurospin II per quanto concerne i normali controlli di qualità secondo standard internazionali quali NEMA …». Inoltre, la stazione appaltante chiese «… Eurospin II per poter effettuare i controlli di qualità di sua competenza mantenendo invariate le proprie procedure che richiedono tali fantocci …». Come dice rettamente il TAR —e, si badi: in assenza d’ogni più stringente o specifica regola di gara—, si sarebbero perciò dovuti fornire, fantocci con caratteristiche equivalenti o similari a quelli Eurospin II . E ben si comprende che la parola « tipo » volle indicare appunto un concetto di similarità, peraltro ineludibile, sia per ragioni testuali, sia perché, in realtà, i fantocci Eurospin II erano quelli adoperati dall’Azienda ad uso non diagnostico, ma di mera verifica.

Non si ravvisa allora un aliud pro alio nell’offerta dell’ATI GEMS, laddove fornì «… FANTOCCI ACR NEMA TIPO EUROSPIN. Fantocci EUROSPIN II per il controllo qualità secondo le procedure GEMS tipo NEMA ...».

Parte appellante contesta la natura di tali oggetti, che a suo avviso «… non sono di tipo Eurospin II ma al limite di tipo NEMA …». Ma poi non chiarisce né in che cosa si sostanzi la differenza, né perché essa sia irriducibile allo standard Eurospin II , mantenendosi nel vago (cfr. nota 7 di pag. 20 del ricorso in epigrafe). Inoltre ed a ben vedere, su tali aspetti la norma di gara NON è “chiara” (e certo NON nel senso asserito dell’appellante), né incontrovertibile, ma conclude in un senso del tutto differente, come ha inteso il TAR e come ha testé descritto il Collegio.

Né ciò è superato dalla citazione del report della Associazione italiana di fisica medica, la quale, com’è proposta in ricorso, si limita ad affermare in modo del tutto anodino (ossia, senza esprimere giudizi di valore) e descrittivo (ossia, non definitorio) che «… come riferimento, sono da considerare i protocolli Eurospin, quelli della… (NEMA) e quelli della American Association of Physicists in Medicine (AAPM) …».

5. – Lamenta ancora parte appellante che l’impianto di climatizzazione, offerto dall’ATI GEMS a servizio dei locali per la RMI, consiste in ventilconvettori a cassetta, da installare ad incasso nel controsoffitto e collegati ad un impianto a due tubi dell’acqua refrigerata. Dal canto suo, l’impianto aeraulico per il rinnovo dell’aria è privo di batterie di post – riscaldamento, donde l’impossibilità di gestire la temperatura dei vari locali e, perciò, un minor punteggio a penalizzazione dell’offerta di detta ATI.

Il motivo s’appalesa pretestuoso.

Al riguardo, fu chiesto al verificatore di riscontrare se l’impianto di climatizzazione de quo , offerto dall’ATI GEMS, fosse idoneo a gestire le temperature dei vari locali in inverno, primavera ed autunno. Il verificatore ha precisato che tal impianto è a due tubi «… ricircolo di acqua calda opp. Fredda commutato stagionalmente) anziché… a 4 tubi (caldo e freddo sempre presenti), indubbiamente superiore, ma indispensabile solo in caso di forte esposizione termica e variazioni di affollamento …». Inoltre, gli ambienti de quibus si trovano al piano interrato e non sono aperti e verso l’esterno, né subiscono significative differenze di destinazione d’uso e di affollamento, onde essi non sono soggetti a sbalzi termici rilevanti. Anzi, la dispersione di calore delle apparecchiature avrebbe creato l’opposta esigenza di raffreddamento. Sicché, ad avviso del verificatore, «… l’impianto offerto da GEMS è adeguato… (e) …il quid pluris costituito da un impianto a 4 tubi offerto dalla concorrenza poteva giustificare una minore valutazione, ma non era fattore dirimente nel giudizio di gara …».

Il TAR ha concluso in senso simile, anzi, ad avviso del Collegio, in modo logicamente più accorto. Infatti, pur ribadendo l’adeguatezza dell’impianto offerto dall’ATI GEMS, ha altresì chiarito che «… il sistema a 4 tubi è indispensabile solo in caso di forte esposizione termica e variazioni di affollamento, condizioni che non sussistono “nei locali MRI da condizionare …» e ciò senza bisogno di coinvolgere questioni sulla “discrezionalità tecnica” del seggio di gara. Con ciò il TAR, ben lungi dal trascurarlo, ha fatto scolorare il carattere sì “ indubbiamente superiore ” del sistema a quattro tubi offerto dall’appellante. Insomma, quest’ultimo è astrattamente migliore, ma dal punto di vista soltanto materiale, appalesandosi in concreto, nell’economia della fornitura, inutilmente pletorico rispetto alle reali esigenze di climatizzazione.

Non più pregnante s’appalesa la doglianza sull’assenza di batterie di post-riscaldamento sui canali di distribuzione dell’impianto aeraulico, peraltro situazione di fatto già esistente e non modificata dal progetto dell’ATI GEMS.

In ogni caso, tali batterie non sono rilevanti affinché l’impianto possa raggiungere le condizioni di buona funzionalità climatica interna. Al più servono alla regolazione microclimatica fine dei vari ambienti, specie in caso di forti difformità di dispersione termica, fermo restando che i locali de quibus sono al piano interrato e senza aperture verso l’esterno e, quindi, non vi sono evidenti e non diversamente gestibili esigenze di continuità termica, a causa di dispersioni o affollamenti. La soluzione proposta dalla GEMS, nel prevedere l’uso dell’impianto di aerazione primaria esistente, implica solo una modifica dei percorsi, l’adeguamento dei diffusori e l’integrazione con fancoil a due tubi, dotati di batteria acqua calda o refrigerata. Sicché è possibile alimentare la batteria sia con il circuito dell’acqua refrigerata sia con quello del’acqua calda, così facendo efficacemente fronte alle esigenze climatiche stagionali.

Non evidenziandosi vizi di manifesta illogicità o irragionevolezza, non v’è ragione legittima di discostarsi dal giudizio reso sul punto dal seggio di gara.

6. – Parte appellante ripropone in questa sede il quarto motivo del ricorso di primo grado, su cui il TAR non s’è pronunciato e che riguardò la pretesa omissione, nell’offerta dell’ATI GEMS, di taluni elaborati progettuali e di computazioni metrico estimative indicati dalla legge di gara.

Al riguardo, lamentò in primo grado l’odierna appellante che la lex specialis , nella relazione tecnica (pagg. 4/5), indicò gli specifici lavori d’adeguamento dell’impianto elettrico, tra cui il rifacimento del quadro elettrico di radiologia, compresa linea di alimentazione a partire dal quadro elettrico esistente BT1, ecc. Nell’offerta della GEMS mancherebbero, per l’appellante, i computi estimativi e gli elaborati progettuali per la fornitura e posa della linea, del nuovo quadro elettrico di radiologia, dei riallacci e della linea provvisoria per il mezzo mobile, pari, a suo dire a ca. il 35/40% delle opere elettriche e delle lavorazioni espressamente stabilite in CSA. Nondimeno, il seggio di gara affermò che l’offerta dell’ATI GEMS «… presenta in generale un buon approfondimento degli elaborati… sostanzialmente corrispondenti a quanto previsto dal D.P.R. 207/10, con l’eccezione degli impianti elettrici di cui non sono stati forniti gli schemi dei quadri …». Si duole quindi l’appellante della mancata produzione d’un progetto esecutivo al riguardo, donde, a suo dire, l’illegittimità sia della ritenuta completezza degli elaborati, sia della mancata sanzione espulsiva, a causa di tal insanabile difetto. Inoltre, nel computo metrico estimativo dell’ATI GEMS, non fu inserita la voce Umanizzazione , invece presente in quello dell’odierna appellante e che occupò più del 10% del computo stesso.

Ora, pure questo aspetto fu sottoposto all’accertamento del verificatore, cui fu chiesto (quesito n. 3) di riscontrare se il progetto dell’ATI GEMS fosse idoneo a consentire la realizzazione dei lavori sul predetto impianto. Il verificatore accertò che tal offerta fosse «… completa in tutti gli aspetti ad esclusione del progetto esecutivo del quadro elettrico, limitato allo schema funzionale,… (il cui) … dettaglio…, pur consigliato, non è un obbligo in fase di gara ed era motivabile dalla necessità di ulteriori verifiche circa l’integrazione dell’impianto con quello pre-esistente …». Poiché, però, «… la validità del quadro fornito era comunque garantita dalla richiesta del progetto esecutivo prima della realizzazione e del collaudo finale …», siffatta lieve carenza progettuale «… al più poteva comportare una penalizzazione da parte della commissione …».

Nel medesimo senso ha concluso il TAR, affermando che l’ATI GEMS «… aveva presentato il progetto di impianto elettrico completo in tutti i suoi aspetti, ad esclusione del progetto esecutivo del quadro elettrico, limitato allo schema funzionale, in quanto era necessario procedere ad ulteriori verifiche circa l’integrazione dell’impianto con quello pre-esistente. Il progetto esecutivo sarebbe stato, comunque, redatto prima della realizzazione dell’impianto medesimo e del collaudo finale …».

In tutta franchezza, sfugge al Collegio in che cosa mai si sia sostanziata la pretesa omessa pronuncia del TAR su tal punto, stante il chiaro ed inequivoco pronunciamento testé citato.

La riproposizione di esso in questa sede s’appalesa anzi speciosa, perché il TAR ha dato atto della congruenza logica dell’accertamento condotto dal verificatore e delle conseguenze che egli trasse da tutto ciò. Adesso, l’appellante si limita ad asserire che il verificatore non avrebbe tenuto conto del vero obiettivo della stazione appaltante, ossia della sostituzione dell’intero impianto elettrico nel reparto di radiologia. Parte appellante non s’avvede che, con ragionevolezza, l’offerta dell’ATI GEMS, da un lato ed il verificatore, dall’altro, non poterono prescindere dall’integrazione con l’assetto dell’impianto elettrico esistente. Tutto ciò, per forza di cose, avrebbe implicato verifiche più precise per consentirne l’integrazione tra il vecchio ed il nuovo impianto.

È appena da soggiungere che dalla serena lettura dell’offerta dell’ATI GEMS s’evince, anzitutto, il rifacimento delle linee di alimentazione del quadro elettrico – QE di radiologia dalla cabina BT2, come s’evince dall’elaborato grafico IE01 Schema Distribuzione Energia Elettrica che mostra le nuove linee di collegamento dal QE BT 2 al QE RADIOLOGIA, normali e privilegiate, con la specifica delle caratteristiche dei materiali da impiegare. Le stesse opere son poi calcolate nel CME, incluse nella voce di fornitura e posa del nuovo QE RADIOLOGIA. Inoltre, la fornitura e la posa in opera di quest’ultimo sono indicate sia nel citato elaborato IE01, sia nella Relazione tecnica descrittiva Impianti Elettrici , nel cui ambito rientrano le attività di riallaccio delle linee delle diagnostiche esistenti a tal nuovo QE, incluse appunto tra le lavorazioni di sostituzione di quello già presente in situ . Pure incluse nella fornitura del sistema sono la linea provvisoria ad asservimento della risonanza mobile ed i relativi impianti, in quanto opere complementari e necessarie per il funzionamento del sistema della medesima risonanza mobile. Sulla scorta di tali dati, ben può dirsi che il progetto dell’ATI GEMS al riguardo possieda il livello di dettaglio proprio del progetto definitivo ai sensi dell’art. 28 del DPR 5 ottobre 2010 n. 207, oltre a recare i calcoli degli impianti ai sensi del successivo art. 29, c. 2 e, quindi, è conforme alla lex specialis .

Nemmeno convince la tesi dell’appellante sulla presunta mancanza della voce Umanizzazione dal CME dell’ATI GEMS, invece presente a pag. 23 del computo stesso, mercé la fornitura di stampe, finestre virtuali retroilluminate, soluzioni di illuminazione a parete, ecc., per la sala esami RMI.

Per concludere sul punto, si può tralasciare ogni considerazione sull’assunto dell’appellante, quando richiama le conclusioni del verificatore sulle conseguenze della lieve carenza progettuale dell’ATI GEMS (in realtà, insussistenti) in termini di minor punteggio spettantele, in quanto l’appellante stessa, in primo grado, si dolse della sola mancata esclusione della controinteressata e non anche dell’erroneità del punteggio, ancorché tal vicenda fosse fin da subito lesiva, indipendentemente da ogni e/o diverso apporto o avviso del verificatore.

7. – Il TAR ha respinto la doglianza dell’odierna appellante, ove essa censurò l’omessa previsione, nell’offerta dell’ATI GEMS, delle Bobine per studio Articolare T.M. (temporo-mandibolare), che la legge di gara previde a pena di esclusione.

In particolare, l’All. n. 1) al CSA stabilì in via di massima che «… l’apparecchiatura… deve essere completa di ogni sua componente e di quanto necessario a garantire un livello di prestazioni compatibile con la più moderna tecnologia …». Con riguardo al sistema di radiofrequenza e bobine, l’All. 1) elencò le «… bobine di cui dotare il sistema di configurazione di base …», tra le quali vi fu indicata la «… bobina per studio articolazione T.M …». Ebbene, tal indicazione va intesa, come la statuizione del TAR ha precisato, nel senso non già che la lex specialis avesse stabilito, a pena di esclusione, la fornitura, tra le altre, d’una specifica bobina dedicata allo studio TM, ma che fossero proposte bobine in grado d’assicurare lo studio di tutte le parti del corpo indicate.

L’ATI GEMS offrì, per assicurare lo studio TM, un kit di bobine GEM Neurosuite , recante pure la bobina testa-collo in modo da rispondere appieno alla lex specialis sul punto. Ciò fu chiaramente esposto nella documentazione a corredo dell’offerta tecnica (§ G della busta B), laddove descrisse tal « kit pacchetto bobine gem neurosuite – high density », tra cui, appunto, la bobina testa-collo. In particolare, l’ATI GEMS precisò che questa si componeva di «… una bobina dedicata ENCEFALO a 21 canali (ad altissima densità di elementi localizzati nel distretto testa- ben 21 elementi) …», sì da consentire l’acquisizione temporo-mandibolare con tecnica “ parallel imaging ”.

Di ciò ha dato atto, con precisione, pure il TAR, fermo restando che la doglianza dell’appellante sui punteggi è manifestamente irrilevante, avendo essa sull’argomento già ottenuto punti 7,2, a fronte di punti 5,8 dell’ATI GEMS, secondo un giudizio del seggio di gara non affetto da evidenti elementi d’irragionevolezza o d’incongruenza.

8. – Ha poi respinto il TAR la censura dell’odierna appellante, per cui la relazione tecnica sulla offerta dell’ATI GEMS non avrebbe presentato il quadro di riduzione di secondo stadio sulla rete dei gas medicali.

In particolare, il TAR afferma che «… i difetti dell’impianto evidenziati dalla ricorrente principale non hanno avuto alcun riscontro in concreto e, inoltre, prospettano questioni meramente eventuali e di merito che rientrano nella valutazione discrezionale della p.a. …».

Lamenta ancor oggi l’ATI appellante che, per un verso, v’è difetto di motivazione circa il mancato riscontro nella pratica del difetto evidenziato e, per altro verso, si tratta d’una carenza oggettiva non rimediabile solo mercé il mero giudizio tecnico discrezionale del seggio di gara. Tale doglianza è da disattendere, anzitutto perché la fornitura dell’impianto di gas medicali a norma è stata indicata nella relazione descrittiva degli impianti meccanici forniti dall’ATI GEMS. Questa precisa, tra l’altro, il rispetto delle vigenti normative per l’effettuazione di tali forniture, nonché la dotazione dell’impianto del necessario gruppo di riduzione e di eventuali by-pass . Sicché la doglianza de qua non trova riscontro in fatto e neppure argomenta a confutazione elementi tali da superare il metodo di distribuzione illustrata nella tavola IM04 – Impianto gas medicali distribuzione tubazioni .

È appena da segnalare che i controlli dei funzionari dell’ASL, che secondo l’appellante potrebbero determinare la chiusura del sito di risonanza magnetica, sono evidentemente questioni meramente eventuali, come ben dice il TAR, oltre a non esser per forza ascrivibili in via immediata e diretta a “carenze” del progetto dell’ATI GEMS.

9. – Prescindendo da ogni considerazione sulla loro dedotta inammissibilità —peraltro da rigettare, perché l’appellante ha un interesse specifico, a causa della mancata aggiudicazione, alla riedizione della gara a causa dei vizi del procedimento concorsuale—, sono da respingere tali doglianze.

In particolare, l’appellante, che riporta la suddivisione delle operazioni istruttorie tra i componenti del seggio di gara, deduce che «… i dati di tempo riportati e la consistenza delle offerte –che hanno condotto i commissari incaricati della analisi preliminare a stilare corpose relazioni– abbiano impedito agli altri commissari di esaminare in maniera esaustiva le offerte e le relazioni al riguardo redatte dagli altri Commissari, per poi esprimere una valutazione cognita …».

In realtà, il seggio di gara, come s’evince dal verbale della seduta del 25 ottobre 2011, decise di «… distribuire i compiti per la fase istruttoria relativa ad una prima disamina della documentazione tecnica, del progetto presentato e delle visioni delle apparecchiature …» tra i vari componenti in ragione delle loro esperienze. Le operazioni collegiali proseguirono nelle sedute del 2 e del 14 maggio 2012, ove furono impiegate due ore e, rispettivamente, un’ora e trentacinque per la disamina collegiale delle offerte, previa lettura delle relazioni (peraltro, tutt’altro che corpose) presentate dai membri incaricati della fase dell’esame preliminare. Sfugge al Collegio da dove l’appellante arguisca che il giudizio collegiale del seggio di gara non si sia formato causa cognita , se dai verbale si ha contezza della disamina congiunta di tutti i commissari di tutte le offerte e dell’applicazione (differenziata) dei punteggi per ogni singola voce.

Neppure convince l’affermata violazione (già giustamente disattesa dal TAR) del principio di concentrazione delle operazioni di gara, a causa del gran lasso di tempo occorso tra la seduta del 5 dicembre 2011 e quella del 2 maggio 2012 e per il fatto che il TAR avrebbe «… considerato detta censura singolarmente, trascurando che si accompagna a svariati altri profili di illegittimità delle operazioni di gara che privano di astrattezza la censura …».

Già la Sezione ha al riguardo afferma (Cons. St., III, 25 febbraio 2013 n. 1169) che il principio di concentrazione e continuità delle operazioni di gara è un principio solo tendenziale, derogabile in presenza di ragioni oggettive quali la complessità delle operazioni di valutazione delle offerte, il numero delle offerte in gara, l’eventuale indisponibilità dei membri della commissione, la correlata necessità di nominare sostituti ecc. che giustifichino il ritardo anche in relazione al preminente interesse alla effettuazione di scelte ponderate. Ribadisce poi la Sezione (cfr. Cons. St., III, 12 aprile 2013 n. 1985) che «… il prolungamento delle operazioni di gara, per un notevole lasso di tempo, o anche il cospicuo ritardo nella loro conclusione non è, in sé considerato, prova di un illegittimo svolgimento della gara e, quindi, non costituisce violazione in re ipsa delle regole che ne disciplinano il procedimento. La concentrazione delle sedute di gara è… corollario del più generale principio di imparzialità e di trasparenza. L’elemento temporale viene in rilievo, quindi, solo quale indice di un regolare e, se così può dirsi, “fluido” svolgersi delle operazioni di gara, ma non è un valore in sé, che debba essere tutelato sempre e comunque, indipendentemente dalla tipologia, dalle modalità e, soprattutto, dalle finalità che connotato in concreto la gara …». Ancora la Sezione (cfr. Cons. St., III, 3 ottobre 2013 n. 4884) reputa sì che il fattore tempo concorra a qualificare l’azione amministrativa nei profili del buon andamento e della pronta soddisfazione degli interessi di rilievo pubblico cui è preordinata, ma assume valenza viziante dei provvedimenti adottati solo se siano violate specifiche norme che, al decorso del tempo, colleghino la decadenza della funzione o se il ritardo sia espressione, sul piano sintomatico, di evidenti vizi di eccesso di potere e, in tema procedure concorsuali, induca al sospetto di manomissioni dei plichi contenti le offerte delle ditte ammesse al concorso.

Su quest’ultimo aspetto, d’altronde e da ultimo, la Sezione (cfr. Cons. St., III, 1° settembre 2014 n. 4449), ribadisce che, nel caso d’una procedura di gara svoltasi in varie sedute e per un notevole lasso di tempo, si ha un vizio invalidante solo se sia positivamente provato, o quanto meno vi siano seri indizi, che i documenti di gara siano state manipolati negli intervalli fra un’operazione di verbalizzazione e l’altra.

Sul punto, l’appellante deduce soltanto tal preteso ritardo, ma nulla aggiunge per dimostrare perché mai quest’ultimo si tradusse in un’alterazione della genuinità e dell’integrità dei plichi contenenti le offerte di tutte le imprese partecipanti.

10. – Il TAR ha infine respinto la censura dell’odierna appellante sul difetto di istruttoria e sulla incompetenza nell’adozione della nota aziendale di riscontro all’istanza di autotutela ex art. 243-bis del Dlg 163/2006, in quanto «… nessuna norma stabilisce che la competenza ad adottare la nota… sia della commissione e non della stazione appaltante, né che la commissione avrebbe dovuto espressamente valutare la richiesta della ricorrente. Né è conferente il richiamo alla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 26.7.2012, n. 30, che riconosce alla Commissione il diverso potere di valutare l’offerta dell’impresa ingiustamente esclusa …».

L’appellante ribadisce tal doglianza in questa sede, ma è manifestamente priva di pregio.

In primo luogo, non v’è una regola che definisce a priori chi debba pronunciarsi sull’istanza di autotutela di cui al citato art. 243-bis, ma giova notare che quest’ultima presuppone la definizione della procedura di gara e dell’aggiudicazione definitiva. In tal caso, la funzione decisoria si deve intendere posta in capo non più al seggio di gara, bensì alla stazione appaltante e per essa al responsabile del relativo procedimento. Ciò ben s’evince dall’art. 11, c. 5, dall’art. 12 e dall’art. 84, commi 1 e 12 del Dlg 163/2006, in virtù dei quali l’attività del seggio di gara è limitata al solo svolgimento delle operazioni di gara, tra cui quelle, eventuali, di riconvocazione a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione o dell’esclusione di un concorrente. Viceversa, spetta alla stazione appaltante il controllo finale degli atti di gara, la loro approvazione, l’aggiudicazione definitiva e le altre statuizioni successive alla conclusione della procedura, tra cui, appunto, la definizione dei procedimenti di secondo grado inerenti al riesame (spontaneo o su istanza) di quanto statuito con l’aggiudicazione stessa.

Non importa che, in tal procedimento di secondo grado, siano implicate questioni tecniche proprie della valutazione nel merito delle offerte, giacché ciò non sposta la competenza dal RUP all’ormai dissolto seggio di gara, ma al più ne comporta, come in tutti i casi in cui occorra acquisire un parere di natura tecnica, un mero apporto consultivo.

11. – In definitiva, l’appello principale va integralmente rigettato, con conseguente improcedibilità di quello incidentale e senza alcuna modifica della sentenza impugnata, neppure per quanto attiene all’imputazione delle competenze spettanti al verificatore. Le spese del presente giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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