Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-03-29, n. 202102629

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-03-29, n. 202102629
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202102629
Data del deposito : 29 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/03/2021

N. 02629/2021REG.PROV.COLL.

N. 02836/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2836 del 2020, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato A G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, p.le Don G. Minzoni, n. 9,

contro

il Ministero della giustizia, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 marzo 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, il Cons. A V;

Nessuno presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso dinanzi al T.a.r. per il Lazio (R.G. n. -OMISSIS-), l’odierno appellante, ispettore capo del Corpo di Polizia penitenziaria, impugnava il decreto n. 31498-2019132411/dsO4 del 22 luglio 2019, con cui gli veniva irrogata la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio a decorrere dal 4 ottobre 2018.

Il provvedimento disciplinare veniva adottato perché il ricorrente, quando era in servizio presso la -OMISSIS-, era risultato presidente e responsabile legale dell’associazione sportiva dilettantistica, di natura ed origine privata, denominata “-OMISSIS-” (ASD), dotata di un proprio conto corrente bancario autonomo e distinto rispetto a quello di pertinenza del gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre (GS), a cui risultava collegato un POS per la gestione di fondi privati, allacciato agli impianti di pertinenza del GS.

In particolare l’appellante subiva la destituzione in seguito alla irrogazione in data 4 ottobre 2018 della sospensione dal servizio ed il successivo reintegro in servizio (decreti del 12 novembre 2018) e al distacco provvisorio presso la casa circondariale di -OMISSIS-(decreto del 13 novembre 2018).

2. Il T.a.r. Lazio, sede di Roma, Sezione I- quater , con la sentenza n.-OMISSIS-, ha respinto il ricorso e ha compensato le spese di giudizio tra le parti. Il Tribunale rilevava, in particolare, che:

a ) già il Consiglio di disciplina aveva sottolineato come, ai fini disciplinari, non assumesse rilievo l’assenza di una eventuale locupletazione personale dell’interessato (e quindi tutte le circostanze afferenti alla gestione contabile dell’associazione) e che, al contrario, rileva di per sé l’aver costituito un’associazione privata, senza autorizzazione dei propri superiori gerarchici, che appariva al pubblico come un’articolazione del gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre riservata ai giovani;

b ) non vi è violazione del principio di proporzionalità, perché l’assenza di precedenti disciplinari e l’eccellenza del servizio svolto non riducono la gravità delle condotte poste in essere;

c ) non vi è violazione del ne bis in idem , perché la sospensione cautelare e il trasferimento per incompatibilità ambientale operano su piani completamente diversi dalla destituzione;

d ) non vi è disparità di trattamento, perché l’interessato rivestiva una posizione di maggiore rilevanza: era il promotore dell’iniziativa di costituire l’associazione sportiva dilettantistica, denominata “-OMISSIS-”, di cui era stato il presidente e quindi il legale rappresentante, e aveva poi coinvolto dei colleghi e dei sottoposti.

3. L’originario ricorrente ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente accoglimento integrale del ricorso originario. In particolare, l’appellante ha sostenuto le seguenti censure in tal modo rubricate:

i ) “ Error in iudicando e in procedendo nella parte in cui il TAR non ha accolto il vizio – motivo attinente alla violazione e la falsa applicazione art. 6, co. 2, lett. b), c) e d), d. lgs. 449/1992. Eccesso di potere per sviamento e cinismo amministrativo. Violazione dei principi di buon andamento e imparzialità ex art. 97 Cost. Eccesso di potere per motivazione insufficiente e contraddittoria. Eccesso di potere per contraddittorietà con la relazione finale del funzionario istruttore e con la stessa motivazione del provvedimento impugnato. Eccesso di potere per difetto di attività istruttoria. Violazione dell’art. 24 Cost. ”;

ii ) “ Error in iudicando e in procedendo per avere il tar rigettato il vizio – motivo di eccesso di potere per contraddittorietà con la relazione finale del funzionario istruttore e con la stessa motivazione del provvedimento impugnato. Eccesso di potere per difetto di attività istruttoria ”;

iii ) “ Error in iudicando e in procedendo nella parte in cui il TAR ha rigettato il vizio – motivo di violazione del principio di proporzionalità. Violazione del principio di adeguatezza tra il fatto e la sanzione irrogata. Violazione del principio del ne bis in idem. Eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza. Violazione del principio del minor sacrificio ”;

iv ) “ Error in iudicando e in procedendo in relazione al vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento. Eccesso di potere per ingiustizia manifesta. Violazione dei principi del giusto procedimento ex art. 97 Cost. ”;

v ) “ Error in iudicando e in procedendo nella parte in cui non è stata ritenuta accertata la violazione dell’art. 6 bis (conflitto di interessi), introdotto dalla l. 190/2012, relativamente alla deliberazione del Consiglio centrale di disciplina adottata in data 10.7.2019 e conosciuta dal sig. …. unitamente al provvedimento impugnato ”;

vi ) “ Violazione e falsa applicazione art. 10, co. 2 l.241/90. Eccesso di potere per travisamento del fatto ed erroneità del presupposto. Eccesso di potere per difetto d’istruttoria, sviamento ed ingiustizia manifesta ”.

3.1. Si è costituito in giudizio il Ministero della giustizia, il quale, depositando memoria difensiva, si è opposto all’appello e ne ha chiesto l’integrale rigetto, in particolare evidenziando, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, di aver contestato già in primo grado ogni motivo dell’originario ricorso e di aver ottemperato all’ordinanza istruttoria del T.a.r. n. -OMISSIS-.

3.2. Con tre ulteriori memorie difensive l’appellante ha replicato alle avverse deduzioni, insistendo nelle censure dedotte. L’appellante ha inoltre precisato che i fatti che hanno dato luogo al procedimento penale avviato a suo carico non presentano alcuna correlazione con le condotte contestate in sede disciplinare ed oggetto del provvedimento impugnato.

4. All’udienza dell’11 marzo 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

5. L’appello è infondato e deve pertanto essere respinto.

6. Ai fini di una migliore comprensione in fatto della vicenda oggetto del presente giudizio si precisa che le contestazioni contenute nel provvedimento impugnato riguardano le seguenti circostanze:

- “ aver ricoperto l’incarico di Presidente e Responsabile legale dell’Associazione Sportiva Dilettantistica, di natura ed origine privata, denominata “-OMISSIS- ,

- siffatta ASD è dotata di un proprio conto corrente bancario, acceso presso la Banca di Credito Cooperativo (BCC) di Roma, del tutto autonomo e distinto da quello, di pertinenza del Gruppo Sportivo delle Fiamme Azzurre, intestato all’Ente Assistenza per il personale dell’Amministrazione …,

- è risultato attivato anche un POS per la gestione di fondi privati,

- l’Ispettore Capo …. risulta aver utilizzato infrastrutture e beni dell’Amministratore ed impiegare, senza alcuna autorizzazione ed a fini diversi da quelli pubblici, personale di polizia penitenziaria e tecnico operante nel predetto gruppo sportivo, per lo svolgimento di corsi presso la struttura di Casal del Marmo, destinati anche agli iscritti al “Fiamme Azzurri Giovani”,

- presso la sede sportiva di Casal del Marmo in Roma venivano rinvenuti spazi riservati all’esposizione dei budget ed abbigliamento sportivo, messi in vendita al pubblico, senza alcuna autorizzazione dell’Amministrazione penitenziaria, allo scopo di introitare ulteriori indebiti profitti ”.

6.1. L’appellante al riguardo, nel rilevare che la motivazione dell’impugnato provvedimento si baserebbe su un’erronea rappresentazione dei fatti, deduce che l’Amministrazione non avrebbe tenuto conto che:

a ) il GS Fiamme Azzurre avrebbe approvato tutte le attività svolte dall’associazione “-OMISSIS-”, come documentato nel verbale del Consiglio Direttivo del 1° febbraio 2017;

b ) il ricorrente, sebbene abbia svolto il ruolo di Presidente, non si sarebbe mai occupato della gestione contabile dell’ASD;

c ) il conto corrente bancario attivo sulla BCC e intestato all’ASD sarebbe stato utilizzato esclusivamente per le attività agonistiche, a beneficio del GS Fiamme Azzurre e dei figli dei dipendenti dell’Amministrazione;

d ) dalla disamina della documentazione contabile parrebbe evidente una gestione corretta, sana e trasparente dell’ASD;

e ) l’attivazione del POS sarebbe servita esclusivamente per consentire l’immediata iscrizione degli atleti all’ASD;

f ) in merito alla vendita dei gadget , il materiale sarebbe stato esposto non al pubblico, ma esclusivamente nella segreteria del centro sportivo accessibile solo ai tesserati Fiamme Azzurre;

g ) per quanto concerne il centro estivo sportivo per bambini, il centro sarebbe stato autorizzato dal comm.-OMISSIS-.

In sostanza, ad avviso dell’appellante, i vertici del GS avrebbero sempre approvato, autorizzato e condiviso l’attività svolta dall’associazione “-OMISSIS-”, che peraltro non avrebbe mai realizzato utili dalla gestione. La dimostrazione dell’avvenuta approvazione da parte del GS delle attività contestate deriverebbe dall’accertamento effettuato dal funzionario istruttore e da quanto documentato nel verbale del consiglio direttivo del 1° febbraio del 2017 (nel quale, peraltro, il commissario responsabile del GS aveva relazionato sull’andamento delle attività dei settori giovanili della ASD).

6.2. Da ciò, tramite le prime due censure, che in quanto strettamente connesse meritano trattazione unitaria, l’appellante lamenta l’illegittimità dell’impugnato provvedimento per eccesso di potere per motivazione falsa ed erronea, contraddittorietà con la relazione finale del funzionario istruttore e per insufficienza ed inadeguatezza dell’attività istruttoria.

6.3. Entrambe le censure non sono fondate.

6.4. Preliminarmente il Collegio ricorda che, per costante giurisprudenza (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, 16 giugno 2020, n. 3869;
sez. IV, 21 gennaio 2020, n. 484;
sez. IV, 15 gennaio 2020, n. 381), “ la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all’applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l’evidente sproporzionalità e il travisamento. In particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all’Amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità ” (Cons. Stato, sez. VI, 20 aprile 2017, n. 1858;
conf. id ., sez. III, 5 giugno 2015, n. 2791;
sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1968;
sez. III, 20 marzo 2015, n. 1537).

6.5. Al riguardo, risultano ragionevoli e condivisibili le considerazioni svolte dall’Amministrazione, ed in particolare dal Consiglio centrale di disciplina del Corpo di Polizia penitenziaria, in ordine ai fatti oggetto dell’addebito disciplinare e alle giustificazioni presentate dall’interessato finalizzate ad escludere la rilevanza disciplinare dei fatti contestati.

Invero, richiamando quanto correttamente affermato dallo stesso Consiglio centrale di disciplina:

a ) il perseguimento della pur meritoria finalità di integrare i giovani nella pratica sportiva dell’atletica leggera “ in un contesto ordinato quale quello proprio dei gruppi giovanili del GS Fiamme Azzurre ” non avrebbe potuto essere perseguito in via privata e personale, ma sarebbe dovuto avvenire “ nelle forme e con gli istituti che l’ordinamento prevede ”, come, del resto, avvenuto per altre discipline, per le quali “ il settore giovanile è stato reso vitale senza ricorrere all’interposizione di un soggetto privato ”:

b ) l’attività posta in essere dal dipendente è stata tale da ingenerare nel pubblico l’idea di un’immedesimazione tra la ASD e le Fiamme Azzurre, tramite il nome in parte uguale, la comunanza di sede legale, l’offerta di gadget in quella medesima sede;

c ) alla comunicazione - da parte dell’interessato - al responsabile del GS Fiamme Azzurre, il comandante -OMISSIS-, della propria intenzione di costituire un’associazione per favorire la pratica dell’atletica leggera tra i giovani non ha fatto seguito alcuna autorizzazione formale del comandante stesso o del Consiglio direttivo delle Fiamme Azzurre;

d) di particolare rilevanza è poi l’avvenuto uso di risorse logistiche pubbliche, essendo stati utilizzati, come sede legale dell’ASD, locali dell’Amministrazione, nonché alcune unità di personale delle Fiamme Azzurre per lo svolgimento delle attività dell’ASD.

6.6. Il Collegio pertanto, in relazione alla fattispecie in esame, rileva che l’Amministrazione nel corso del procedimento disciplinare che ha condotto all’irrogazione dell’impugnata sanzione provvedeva a valutare congruamente i fatti addebitabili all’ispettore capo del Corpo della Polizia Penitenziaria, i quali, invero, presentano elementi che, valutati nel loro complesso, giustificano la massima sanzione disciplinare. Del resto, ai fini della rilevanza disciplinare delle condotte, non assume valore determinante l’assenza di una locupletazione privata da parte dell’appellante nella gestione dei fondi necessari per lo svolgimento delle attività sportive, essendo di per sé sufficiente a giustificare la sanzione il compimento delle descritte condotte.

Esulano, pertanto, vizi di motivazione ed istruttoria nell’operato amministrativo: il provvedimento, infatti, è stato preceduto da approfondita istruttoria e corredato da congrua, logica e coerente motivazione, come è dimostrato dal fatto che:

a ) sono state accertate le condotte denotate da rilevante gravità;

b ) sono state esaminate le giustificazioni addotte dall’ispettore in sede di Consiglio centrale di disciplina, ritenendole tuttavia non in grado di sminuire le gravi responsabilità, così come sono stati presi in considerazione il decoroso stato di servizio e la sostanziale assenza di precedenti disciplinari, tuttavia non valutandoli tali da prevalere sulla gravità delle condotte contestate;

d) invero, è stata apprezzata la particolare gravità della condotta, perché contraria ai doveri di correttezza, fedeltà, lealtà e rettitudine assunti con il giuramento prestato, perché ha arrecato disdoro all’immagine e al prestigio del Corpo.

6.7. Del resto, in senso contrario non depongono le deduzioni di parte appellante afferenti alla comunicazione dell’11 novembre 2014 al commissario -OMISSIS-, responsabile del GS, e al verbale del Consiglio direttivo del GS dell’11 febbraio 2017, in cui il medesimo commissario avrebbe relazionato sull’andamento delle attività dei settori giovanili dell’ASD, esse di per sé non dimostrando l’esistenza di un’autorizzazione formale alla costituzione dell’associazione sportiva dilettantistica ed allo svolgimento delle relative attività.

7. Con il terzo mezzo l’appellante, inoltre, denuncia la violazione del principio di proporzionalità, tenuto conto, da un lato, del proprio ottimo stato di servizio e dell’assenza di provvedimenti sanzionatori a suo carico, dall’altro, delle conseguenze personali della grave sanzione adottata, senza considerare che lo stesso, a causa della vicenda, aveva già subito, con il decreto del 4 ottobre 2018, l’irrogazione della sanzione della sospensione cautelare dall’impiego e, con il provvedimento del 13 novembre 2018, il trasferimento per motivi di opportunità. Si censura, inoltre, il difetto di motivazione del provvedimento, non essendo stata effettuata una congrua valutazione di compatibilità e attualità della sanzione con le ragioni di pubblico interesse, né essendo state valutate altre alternative “punitive” di minore impatto e vessatorietà, soprattutto alla luce dei precedenti di carriera dell’interessato.

7.1. Al riguardo, in primo luogo si rileva che il Consiglio di disciplina, sulla scorta delle richiamate motivazioni, concludeva per ritenere sussistenti i comportamenti contestati, valutandone la rilevanza disciplinare, ai sensi dell’art. 6, comma 2, lett. b ), c ), d ) del d.lgs. n. 449 del 1992, che implica l’irrogazione della sanzione massima prevista dall’ordinamento, in particolare a causa di: atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento (lett. b ), grave abuso di autorità o di fiducia (lett. c ) e dolosa violazione dei doveri, che abbia arrecato grave pregiudizio allo Stato, all’Amministrazione penitenziaria, ad enti pubblici o a privati (lett. d ).

Il Consiglio di disciplina escludeva invece la sussistenza della violazione più grave, prevista dalla lettera a ) del medesimo art. 6, comma 2, riguardante il compimento di “ atti che rivelino mancanza dell’onore e del senso morale ”.

7.2. Ciò premesso, il Collegio esclude che nel caso in esame sia configurabile il lamentato difetto di proporzionalità della sanzione irrogata, in quanto le condotte addebitate all’appellante, per la natura e la gravità dei fatti a lui addebitabili, si pongono invero in totale spregio dei doveri assunti con il giuramento e sono tali da pregiudicare irrimediabilmente il rapporto fiduciario con l’Amministrazione, dovendo al riguardo essere tenuti in considerazione i superiori interessi pubblici, nonché le aspettative riposte dall’Amministrazione e dal consorzio civile in ogni operatore.

Del resto, come già anticipato, a fronte della gravità dei fatti addebitati non assumono particolare rilievo dirimente i precedenti di carriera dell’interessato, che non inducono a considerare manifestamente sproporzionata o irragionevole la sanzione irrogata.

Peraltro, occorre evidenziare che la giurisprudenza consolidata ( ex multis , Cons. Stato, sez. IV, n. 1086 del 2017) ha più volte affermato che in tema di sanzioni disciplinari nei confronti degli appartenenti alle forze armate e alle forze di polizia, la pubblica amministrazione dispone di un’ampia sfera di discrezionalità nell’apprezzamento della gravità dei fatti e nella graduazione della sanzione, fermo restando che l’applicazione della misura afflittiva deve conformarsi a parametri di ragionevolezza e proporzionalità rispetto alla rilevanza dell’illecito ascritto;
di conseguenza il giudice amministrativo non può sostituire la propria valutazione a quella della competente autorità amministrativa, salvi i limiti della manifesta irragionevolezza e/o arbitrarietà (cfr. da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 4 marzo 2020, n. 1580;
sez. IV, 15 gennaio 2020, n. 381).

Nel caso di specie, la valutazione effettuata dall’Amministrazione secondo cui i fatti commessi hanno irrimediabilmente incrinato il necessario rapporto di fiducia risulta certamente conforme al canone della proporzionalità, a tal fine rilevando peraltro la riportata esclusione dell’imputabilità della violazione più grave di cui alla lettera a ) dell’art. 6, comma 2, d.lgs. n. 449 del 1992.

7.3. Deve altresì essere negata la violazione del principio del ne bis in idem asseritamente derivante dalla precedente irrogazione della sanzione della sospensione cautelare dall’impiego e dal trasferimento per motivi di opportunità, considerato che entrambi i provvedimenti non presentano natura disciplinare, al contrario ravvisabile nella impugnata destituzione dal servizio.

Secondo la costante giurisprudenza di questo Consiglio, invero, la sospensione dall’impiego del pubblico dipendente ha natura di mera misura cautelare, atteso che, per l’irrogazione di essa, si prescinde dall’accertamento dell’effettiva responsabilità dell’inquisito, fondandosi solo su valutazioni di opportunità relative alla necessità di rimuovere, interinalmente, il pregiudizio derivante dalla permanenza del militare, rinviato a giudizio, nelle funzioni proprie ( ex multis , Cons. Stato, sez. IV, 26 novembre 2015, n. 5364).

Parimenti, per i provvedimenti di trasferimento d’autorità di militari, ivi compresi quelli assunti per ragioni d’incompatibilità ambientale, si esclude il carattere sanzionatorio, in quanto sono strettamente connessi alle esigenze organizzative dell’Amministrazione e sono preordinati a ovviare alla situazione d’incompatibilità ambientale determinatasi, prescindendo da ogni giudizio di rimproverabilità della condotta dell'interessato ( ex multis , Cons. Stato, sez. IV, 17 gennaio 2018, n. 239).

7.4. Le sopra esposte considerazioni conducono pertanto a ritenere infondato il terzo motivo di gravame.

8. Con una quarta censura l’appellante lamenta l’erroneità dell’impugnata sentenza nel non aver rilevato il vizio di cui sarebbe affetto il provvedimento sanzionatorio, atteso che i procedimenti disciplinari avviati nei confronti di altri dipendenti per la medesima accusa rivolta all’appellante non sarebbero sfociati in provvedimenti afflittivi o, comunque, non si sarebbero conclusi con la più grave delle sanzioni disciplinari. In particolare, rileverebbe, da un lato, l’assenza di provvedimenti sanzionatori adottati nei confronti dei commissari del GS, dall’altro, il carattere lieve dei provvedimenti sanzionatori irrogati nei confronti dei colleghi e dei sottoposti dell’appellante.

8.1. La censura è priva di fondatezza, dovendo a tal riguardo evidenziare che l’appellante, a differenza degli altri dipendenti dallo stesso invocati, rivestiva nell’ambito dell’associazione sportiva dilettantistica una posizione di assoluto e (comunque) maggiore rilievo, quale promotore dell’iniziativa di costituire l’ASD, nonché presidente e responsabile legale dell’associazione, che peraltro, secondo quanto emerso dall’istruttoria tenuta nel procedimento disciplinare, svolgeva funzioni organizzative in vario modo coinvolgendo nelle attività i vari colleghi.

9. Con un quinto mezzo di censura l’appellante ripropone il motivo di cui al ricorso originario relativo alla violazione dell’art. 6 bis (“ Conflitto di interessi ”) l. n. 241/1990, in merito alla deliberazione del Consiglio centrale di disciplina adottata in data 10 luglio 2019, in quanto presieduto da un membro del Consiglio direttivo del GS (ossia, dal dott. -OMISSIS-).

9.1. Sul punto, il Collegio condivide le statuizioni del primo giudice, che, nel rilevare l’infondatezza del motivo, ha osservato come il dott. -OMISSIS-, al momento della adozione dell’impugnato provvedimento, non rivestiva più il ruolo di direttore generale del personale, da cui discendeva la carica di membro di diritto del Consiglio direttivo del GS, tale incarico essendosi concluso nel 2015. Difetta pertanto ab origine il presupposto per configurare il conflitto di interessi.

10. Parimenti infondata, in ragione di quanto sopra affermato con riferimento alla accuratezza dell’istruttoria e della motivazione del provvedimento sanzionatorio, nel quale l’Amministrazione esaminava le giustificazioni dell’appellante motivandone l’inaccoglibilità, è la sesta ed ultima censura, relativa alla violazione dell’art. 10, c. 2, della l. n. 241/90, asseritamente a causa della mancata ponderazione dei documenti e degli scritti difensivi dell’appellante da parte dell’Amministrazione in sede procedimentale.

11. In conclusione, in ragione di quanto esposto, l’appello deve essere respinto.

12. La natura e la particolarità della controversia giustificano l’integrale compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

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