Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2024-04-18, n. 202403507

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2024-04-18, n. 202403507
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202403507
Data del deposito : 18 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/04/2024

N. 03507/2024REG.PROV.COLL.

N. 07981/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7981 del 2022, proposto da
E S, rappresentata e difesa dall'avvocato A V, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Giugliano in Campania, via Staffetta 209, Parco Aprovitola;

contro

Comune di Giugliano in Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati F L F e F A, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Seconda) n. 03871/2022, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Giugliano in Campania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 marzo 2024 il Cons. Stefano Filippini;

Udito l’avvocato A V;

Vista la richiesta di passaggio in decisione della causa depositata dalla difesa dell’Amministrazione comunale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe indicata il TAR campano ha rigettato il ricorso proposto da E S avverso il provvedimento (prot. n. 48599 del 30.04.2019 del Dirigente del Settore Assetto del Territorio ed Attività Produttive del Comune di Giugliano in Campania, notificato il 13.05.2019) con il quale è stato disposto il diniego dell'istanza di condono prot. n. 23930 del 31.03.1995 inoltrata dalla sig.ra Sticchi Emilia (nella qualità di richiedente-possessore) ai sensi della L. 724/1994, diretta ad ottenere la concessione edilizia in sanatoria per un appartamento ubicato al primo piano di un fabbricato sito alla Via S.M. a Cubito n. 30 e distinto in Catasto Fabbricati al Foglio 29, p.lla 1, sub 5.

2. A fondamento di tale decisione il primo giudice ha posto i seguenti rilievi:

- il diniego del condono è stato motivato dall’Amministrazione in riferimento a due distinti presupposti di fatto e cioè, da un lato, in relazione all’insistenza delle opere abusive nell’alveo del corso d’acqua Casacognato, dall’altro in ragione della violazione della fascia di rispetto stradale relativa alla S.P. 18 –S. Maria a Cubito;

- a fronte di provvedimento plurimotivato, l’accertata fondatezza di una ragione di diniego rende l’atto legittimo e risulta processualmente assorbente rispetto ad ogni ulteriore questione sollevata dalla parte impugnante;

- nella specie, certamente fondato è il rilievo dell’Amministrazione comunale secondo cui la ricorrenza del vincolo delle fasce di rispetto stradale comporta un divieto assoluto di costruire, in base al quale, indipendentemente dalle caratteristiche dell'opera realizzata e dalla necessità di accertamento in concreto dei rischi per la circolazione stradale, sono inedificabili le aree site in fascia di rispetto stradale o autostradale;
tale vincolo opera direttamente e automaticamente, per cui una volta attestata in concreto la violazione del vincolo di inedificabilità, l'amministrazione può emettere solo un parere negativo sull'istanza di condono (cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 19/10/2018, n.5985);

- non rileva la circostanza che il vincolo sia sopravvenuto alla realizzazione, giacché comunque si tratta di vincolo assoluto e non superabile;
ne consegue anche l’irrilevanza della mancata acquisizione del parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.

- non sono fondati i rilievi di parte circa la mancata analitica disamina, nel provvedimento impugnato, delle deduzioni formulate dall’odierno appellante in fase istruttoria, atteso che il provvedimento di diniego ha, nel caso di specie, contenuto del tutto vincolato in ragione dei presupposti di fatto in precedenza enucleati, sicché le osservazioni di parte risultano concretamente inidonee a condurre a determinazioni di diverso segno.

3. Avverso detta decisione è stato proposto il presente gravame, affidato ai motivi che possono riassumersi nei termini seguenti:

3.1. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL D.LGS. 104/2010 – DIFETTO DI MOTIVAZIONE – ERRONEITÀ DEL PRESUPPOSTO – ERROR IN JUDICANDO - VIOLAZIONE DI LEGGE – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 39 DELLA L. 23.12.1994 N. 724. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 26 DEL D.LGS. 30.04.1992 N. 285 - VIOLAZIONE DELL’ART. 3 DELLA L. 07.08.1990 N. 241 - CARENZA ASSOLUTA DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO – ARBITRARIETA’- ALTRI PROFILI. In sostanza si deduce che l’immobile risale agli anni ’80 del secolo scorso (cfr. perizia di parte) ed è stato realizzato ad una distanza dalla sede stradale di circa 16 mt, quindi nel rispetto dei limiti previgenti che prevedevano una distanza minima di 10 mt. dalla strada;
ed invero le più restrittive disposizioni del Codice della Strada introdotte nel 1992 vanno applicate solo per gli edifici realizzati successivamente all’approvazione del Regolamento di esecuzione ed attuazione del D. Lgs. 285/1992, avvenuta con D.P.R. 16.12.1992 n. 495, laddove è stato previsto all’art. 26 che la fascia di rispetto sia di 30 mt per le strade di tipo C (strade extraurbane secondarie). L’art. 32, comma 2 della L. 47/85 ammette la astratta sanabilità delle opere eseguite, prima della imposizione del vincolo, in violazione del d.m. 1404/68 e degli artt. 16, 17 e 18 del D.Lgs. 285/1992, qualora le opere abusive non costituiscano minaccia per il traffico;
tuttavia, nella specie, il Comune non ha accertato questo requisito, è mancata pure la richiesta di parere all’autorità preposta alla tutela del vincolo;
sussiste dunque un vizio di istruttoria e di motivazione sui profili evidenziati, in particolare sul fatto che nella specie la minaccia alla sicurezza stradale è esclusa dalla rilevante circostanza che tra la strada provinciale (SP 18) S.M. a Cubito ed il fabbricato di cui è causa vi è un’ulteriore strada vicinale, denominata via Vicinale Cavone.

3.2. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL D.LGS. 104/2010 – DIFETTO DI MOTIVAZIONE – ERRONEITÀ DEL PRESUPPOSTO – ERROR IN JUDICANDO - VIOLAZIONE DI LEGGE – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 93, 94 E 96 DEL R.D. 25.07.1904 N. 523 – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 33 DELLA L. 28.02.1985 N. 47 – VIOLAZIONE DEL GIUDICATO – ECCESSO DI POTERE PER ERRONEITA’ DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO. Del tutto illegittima ed erronea si appalesa la motivazione posta a fondamento del diniego, nella parte in cui richiama il cit. art. 94 del R.D. n. 523/1904, assolutamente inconferente;
manca l’esplicita determinazione del Prefetto, finalizzata ad individuare la linea della proibizione;
comunque l’immobile di proprietà del ricorrente è stato edificato su suolo posto a confine con il lato opposto della suddetta Strada Vicinale Cavone, quindi in area ben distante dal canale in cui vige il vincolo di inedificabilità assoluta, come accertato in maniera definitiva anche in separato giudizio civile.

3.3. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL D.LGS. 104/2010 – DIFETTO DI MOTIVAZIONE – ERRONEITÀ DEL PRESUPPOSTO – ERROR IN JUDICANDO - VIOLAZIONE DI LEGGE – VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3, 10-BIS E 21 OCTIES DELLA L. 07.08.1990 N. 241 - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO – ECCESSO DI POTERE – PERPLESSITÀ - MANIFESTA INGIUSTIZIA. Si censura la carente formulazione del preavviso di rigetto e del successivo provvedimento;
il Dirigente comunale ha omesso di esaminare le osservazioni e le controdeduzioni formulate dai privati, limitandosi solo a richiamarle, senza offrire congrua motivazione al proposito;
né, in senso contrario, può soccorrere l'art. 21 octies, comma 2 della L. 241/90 e s.m.i., attesa la natura non vincolata dell’atto impugnato. In via istruttoria, si chiede che l'Amministrazione depositi gli atti ed i documenti in base ai quali è stato emanato il provvedimento impugnato e che, in mancanza, se ne disponga l'acquisizione.

4. Si è costituito anche nel presente giudizio il Comune appellato, contrastando analiticamente il gravame.

4.1. Sono state successivamente depositate memorie difensive e di replica, con le quali le parti hanno insistito sulle rispettive difese.

5. Sulle difese e conclusioni in atti, la controversia è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza del 5.3.2024.

DIRITTO

6. L’appello è infondato.

7. Giova premettere, in fatto, che nella causa può considerarsi accertato:

- che l’immobile in questione è ubicato a circa 16 metri di distanza dalla Strada Provinciale (SP) 18, località S. Maria a Cubito;

- che l’edificazione del manufatto abusivo si colloca intorno al 1980;

- che all’altezza dell’immobile in questione, e a fianco della strada provinciale, corre anche una strada vicinale, denominata via Vicinale Cavone;

- che l'istanza di condono ai sensi della L. 724/1994 è stata presentata in data 31. 3.1995.

- che le disposizioni del Codice della Strada (D. Lgs. 285/1992) e del relativo Regolamento di esecuzione ed attuazione (D.P.R. 16.12.1992 n. 495) fissano la fascia di rispetto di 30 mt. per le strade di tipo C (strade extraurbane secondarie), quale quella di specie.

8. Tanto premesso, osserva il Collegio che il primo motivo di appello appare con evidenza infondato.

8.1. Come già evidenziato dal primo giudice, secondo la condivisa giurisprudenza amministrativa (cfr. Consiglio di Stato, n. 5985/2018), che prende le mosse dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 20 del 1999, “il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso”, parere che va acquisito a prescindere dal requisito della anteriorità dell’opera rispetto al vincolo. Inoltre, in attuazione del principio tempus regit actum , l’obbligo di pronuncia da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione alla esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a prescindere dall’epoca d’introduzione del vincolo medesimo;
è infatti evidente che tale valutazione corrisponde alla esigenza di vagliare l’attuale compatibilità, con il vincolo, dei manufatti realizzati abusivamente (Cons. Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015, n. 2297).

E’ stato anche precisato che “quanto ai vincoli di inedificabilità assoluta, se è vero che alla stregua dell'art. 33, L. n. 47/1985 cit. il vincolo di inedificabilità assoluta non può operare in modo retroattivo, tuttavia non si può considerare inesistente per il solo fatto che sia sopravvenuto all'edificazione (ciò che paradossalmente porterebbe a ritenere senz'altro sanabili gli interventi, i quali pertanto fruirebbero di un regime più favorevole di quello riservato agli abusi interessati da vincoli sopravvenuti di inedificabilità relativa);
pertanto, se il vincolo di inedificabilità assoluta sopravvenuto non può considerarsi sic et simpliciter inesistente, ne discende che gli va applicato lo stesso regime della previsione generale dell'art.32, comma 1, l. n. 47/1985 cit., che subordina il rilascio della concessione in sanatoria per opere su aree sottoposte a vincolo al parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo medesimo” (Cons. Stato, Sez. VI, 7 agosto 2015, n. 3909).

Con specifico riguardo al vincolo delle fasce di rispetto di cui qui si tratta, secondo la condivisa giurisprudenza di questo Consiglio, trattasi di vincolo di inedificabilità assoluta, traducendosi in un “divieto assoluto di costruire” che “rende inedificabili le aree site in fascia di rispetto stradale o autostradale, indipendentemente dalle caratteristiche dell’opera realizzata e dalla necessità di accertamento in concreto dei connessi rischi per la circolazione stradale” e che esso “opera direttamente e automaticamente”, per cui “…una volta attestata in concreto la violazione del vincolo di inedificabilità, il parere dell’amministrazione sull’istanza di condono (ex art. 33 L. n. 47/1985) non potrebbe essere che negativo” (Sez. IV, 8 giugno 2011, n. 3498;
cfr. anche Sez. IV,27 gennaio 2015, n. 347).

Di conseguenza, alla luce dei precedenti giurisprudenziali citati, evidente appare che, in tale quadro, la circostanza che il vincolo sia sopravvenuto alla realizzazione dell’abuso non ha alcuna rilevanza, giacché comunque si tratta di vincolo assoluto e non superabile. A ciò consegue ulteriormente l’irrilevanza della mancata acquisizione del parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo;
invero, quest’ultima, come già affermato dal primo giudice, dovendo rendere il parere alla luce della normativa vigente al momento della domanda di condono, e dunque nella vigenza del Codice della Strada (D. Lgs 285/92), non avrebbe potuto che esprimersi in senso contrario, dovendosi nella specie oramai confrontare con un vincolo di inedificabilità assoluta. E quindi, il provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere differente, con conseguente impossibilità di annullamento ex art. 21 octies , comma 2, legge 241\1990.

8.2. Ma, ad avviso del Collegio, l’inapplicabilità alla fattispecie della previsione di cui all’art. 32, comma 2, lett. c) della legge 28 febbraio 1985, n. 47, per come invocata nell’appello, risulta esclusa anche sotto altro profilo.

Come noto, il condono è precluso dall'art. 33 della legge n. 47 del 1985 nel caso di esistenza di un vincolo assoluto di inedificabilità imposto prima della realizzazione delle opere, mentre si applica l'art. 32 della stessa legge, con necessità del parere dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo, nel caso che il vincolo assoluto sia stato introdotto successivamente alla realizzazione dell’opera, vincolo che in sostanza viene allora considerato come relativo (Cons. Stato, Sez. VI, 2 settembre 2019, n. 6035;
7 agosto 2015 n. 3909;
6 maggio 2013, n. 2409).

8.2.1. Ma, come parimenti evidenziato, il detto parere deve essere reso in base al regime vincolistico applicabile al momento dell’esame della domanda di condono da parte dell’Amministrazione, in attuazione del principio tempus regit actum , così che la compatibilità con il vincolo deve essere valutata al momento in cui deve essere esaminata la domanda di sanatoria, e ciò a prescindere dall'epoca d'introduzione del vincolo (Cons. Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015 n. 2297;
n. 6035 del 2019;
A. P. n. 20 del 1999).

8.2.2. Con specifico riferimento al vincolo della fascia di rispetto stradale si osserva che, secondo l’art. 32 della legge n. 47 del 1985, sono suscettibili di sanatoria, alle condizioni ivi indicate, le opere insistenti su aree sottoposte a vincolo “ dopo ” la loro esecuzione e che risultino tra le altre ipotesi “in contrasto con le norme del decreto ministeriale 1° aprile 1968, n. 1404, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 13 aprile 1968, e con agli articoli 16, 17 e 18 della legge 13 giugno 1991, n. 190, e successive modificazioni, sempre che le opere stesse non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico”;
mentre, in base al comma 3 di detto articolo 32, qualora non si verifichino tali condizioni, si applicano comunque le disposizioni dell'art. 33.

8.2.3. E, come già detto, secondo il richiamato indirizzo giurisprudenziale, il vincolo imposto sulle aree site nella fascia di rispetto stradale ha valenza di inedificabilità assoluta, traducendosi in un divieto assoluto di costruire, che rende inedificabili quelle aree, indipendentemente dalle caratteristiche dell'opera realizzata e dalla necessità di accertamento in concreto dei connessi rischi per la circolazione stradale.

8.2.4. Tutto ciò premesso, devesi considerare che l’opera in questione, per pacifica risultanza di causa, è stata realizzata intorno al 1980, dunque successivamente all’introduzione del vincolo di assoluta inedificabilità previsto dal D.M. n. 1404 del 1968 (Distanze minime a protezione del nastro stradale da osservarsi nella edificazione fuori del perimetro dei centri abitati, di cui all'art. 19 della legge n. 765 del 1967), con la conseguenza che nella specie si ricade comunque nell'ipotesi di cui all' art. 33, comma 1, L. n. 47 del 1985 e nella non sanabilità dell’opera abusiva perché contrastante con un vincolo per sua natura incompatibile con ogni manufatto.

Invero, solo per le opere abusive realizzate prima dell’imposizione del vincolo può trovare applicazione la richiamata previsione dell’art. 32, dovendosi ammettere solo in tal caso la possibilità di sanatoria, previa acquisizione del parere previsto dall'art. 32, comma 2, lettera c), con riferimento alla sicurezza del traffico (Cons. Stato, Sez. VII, 18 agosto 2023, n. 7822;
24 marzo 2023, n. 3035;
Sez. VI, 24 novembre 2020, n. 7382;
Sez. VI, 2 settembre 2019, n. 6035;
Sez. IV, 27 gennaio 2015 n. 347).

Invece, all’epoca di realizzazione delle opere di causa (1980), il D.M. 1 aprile 1968, n. 1404, già aveva previsto le “Distanze minime a protezione del nastro stradale da osservarsi nella edificazione fuori del perimetro dei centri abitati, di cui all'art. 19 della legge 6 agosto 1967, n. 765”, indicando per le strade di media importanza, quale è quella di specie (categoria C), la distanza di trenta metri dal ciglio stradale;
né risulta in causa che tale disciplina ammettesse deroghe consentendo una distanza inferiore a quella di 30 metri, secondo quanto dedotto dalla parte appellante (cfr. perizia in atti), la quale, peraltro, facendo riferimento alla possibilità di una deroga, che consentirebbe una distanza non inferiore a 10 metri, non ha richiamato alcuna specifica disposizione normativa.

9. In definitiva, l’evidente fondatezza del profilo di insanabilità in questione, sul quale si fonda il diniego di condono, risulta assorbente rispetto ad ogni ulteriore considerazione al riguardo, atteso che il provvedimento impugnato risulta legittimamente adottato, aspetto che comporta la perdita di interesse del ricorrente all'esame delle altre doglianze.

9.1. Neppure coglie nel segno la censura attinente il profilo della motivazione dell’atto amministrativo, a proposito della pretesa mancata confutazione specifica delle deduzioni formulate dall’interessata in fase procedimentale;
invero, come già osservato dal primo giudice, il provvedimento di diniego ha, nel caso di specie, contenuto del tutto vincolato in ragione dei presupposti di fatto, in precedenza enucleati, in presenza dei quali è stato adottato, sicché le osservazioni di parte (del cui deposito si offre conto nel provvedimento impugnato) risultano concretamente inidonee a condurre a determinazioni di diverso segno, attesa la fondatezza del dirimente profilo ostativo di cui si è detto.

10. L’appello va dunque rigettato;
le spese, da regolare secondo il principio della soccombenza, si liquidano al dispositivo.

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