Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-05-06, n. 202103564

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-05-06, n. 202103564
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202103564
Data del deposito : 6 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/05/2021

N. 03564/2021REG.PROV.COLL.

N. 01672/2020 REG.RIC.

N. 01675/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1672 del 2020, proposto da
Soc.Fratelli Venetucci Soc. Coop Agricola A.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato V P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dello Sviluppo Economico Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, Direzione generale per l’incentivazione delle attività imprenditoriali, Ufficio intervento per le Aree Depresse, Soggetto Responsabile Patto Territoriale Basilicata Nord-Occidentale, non costituiti in giudizio;

nei confronti

Comunità Montana Marmo Platano, Soggetto Responsabile Pro-Tempore Patto Territoriale “Basilicata Nord-Occidentale” non costituito in giudizio;



sul ricorso numero di registro generale 1675 del 2020, proposto da
Soc.Fratelli Venetucci Soc. Coop Agricola A.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato V P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero dello Sviluppo Economico Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, Direzione generale per l’incentivazione delle attività imprenditoriali, Ufficio intervento per le Aree Depresse, Soggetto Responsabile Patto Territoriale Basilicata Nord-Occidentale, non costituiti in giudizio;

nei confronti

Comunità Montana Marmo Platano, Soggetto Responsabile Pro-Tempore Patto Territoriale “Basilicata Nord-Occidentale” non costituito in giudizio;

per la riforma

quanto al ricorso n. 1672 del 2020:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale Per La Basilicata (sezione Prima) n. 00657/2019, resa tra le parti;

quanto al ricorso n. 1675 del 2020:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale Per La Basilicata (sezione Prima) n. 00657/2019, resa tra le parti;


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il Cons. Francesco De Luca nell'udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2021 svoltasi ai sensi dell'art.25 Decreto Legge 28 ottobre 2020 n. 137 conv. in L. 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso l'utilizzo di piattaforma "Microsoft Teams”;


FATTO

1. Ricorrendo dinnanzi a questo Consiglio, la società Fratelli Venetucci Soc. Coop. Agricola arl (già ditta Allevamenti Venetucci di Venetucci Severino C. Snc) ha appellato la sentenza n. 657 del 2019, con cui il Tar Basilicata, Potenza, ha rigettato il ricorso di prime cure proposto per l’annullamento:

- del provvedimento del 09 giugno 2010 n° 0015670 di Prot., del Ministero dello Sviluppo Economico - Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, Direzione generale per l’incentivazione delle attività imprenditoriali, Ufficio interventi per le aree depresse –Ufficio di Bari-, avente ad oggetto: Patto Territoriale “Basilicata Nord- Occidentale. Ditta: ALLEVAMENTI VENETUCCI di VENETUCCI SEVERINO &
C. Snc. Presa d’atto dell’approvazione definitiva del progetto, con il quale era stata disposta la restituzione della somma di € 25.111,89 oltre interessi legali da calcolarsi sull’importo di € 26.233,74 con decorrenza 19/11/2004, oltre oneri di accertamento pari ad € 2.948,65,

- del provvedimento definitivo di concessione delle agevolazioni ex L. 662/96, PT-BNO/11 del 10/05/2010 di Sviluppo Basilicata Nord-Occidentale Srl, Soggetto Responsabile del Patto Territoriale “Basilicata Nord-Occidentale”, Impresa Allevamento Venetucci di Venetucci Severino C. SNC Progetto N.II/007/BS.

In particolare, secondo quanto dedotto in appello:

- con il provvedimento del 09 giugno 2010 n° 0015670 cit. e il provvedimento definitivo di concessione delle agevolazioni ex L. 662/96, PT-BNO/11 del 10/05/2010 cit. è stata disposta a carico dell’odierno appellante la restituzione della somma di €25.111,89, oltre interessi legali da calcolarsi sull’importo di €26.233,74, sul presupposto per cui “la Commissione Ministeriale, in fase di accertamento (avvenuto nell’anno 2006 esercizio successivo a quello di entrata in regime) aveva rilevato uno scostamento dell’obbiettivo occupazionale del 50% rispetto alle previsioni istruttorie ed il Ministero dello Sviluppo Economico con Nota N. 1 231 930 del 22/12/2009 ha evidenziato l’esistenza di presupposti per la revoca parziale del contributo” che veniva così ridotto di € 25.111,89;

- con il ricorso di prime cure, l’odierno appellante ha denunciato la violazione dell’art. 10 L. n. 241/90;
la violazione degli artt. 7 e ss. L. n. 241/90;
la violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 3, lett. g), D.L. n. 320 del 2010;
la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 527/95, come modificato dalla L. n. 488/92, oltre che la falsa applicazione della circolare n. 2343634 del 20.11.1997;
la violazione e falsa applicazione del Decreto n. 215 del 27 aprile 2006, delle circolari del Ministero dello Sviluppo Economico n. 8133/GC del 4 agosto 2006, n. 43850 del 30 novembre 2007, della legge sui patti agrari n. 203/82;
in subordine, la ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione del decreto n. 215 del 27.4.2006;

- con ordinanza n. 299/10 il Tar adito ha rigettato la domanda cautelare, ritenendo che spettasse al giudice ordinario la cognizione sulle controversie instaurate per contestare l’operato dell’amministrazione che, servendosi degli istituti della revoca, della decadenza o della risoluzione, avesse ritirato in tutto o in parte il finanziamento sulla base di fatti sopravvenuti, rilevando, quindi, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo;

- la ricorrente ha riassunto il processo dinnanzi al Tribunale ordinario di Potenza con atto di citazione in data 10/12 novembre 2010;

- il Tribunale adito con sentenza n. 999/15 ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario per essere devoluta la cognizione della controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo;

- il Tar Basilicata, a definizione del giudizio, ha rigettato il ricorso.

2. In particolare, alla stregua di quanto emerge dalla sentenza di prime cure, il Tar ha rilevato che:

- sussisteva la giurisdizione amministrativa sulle questioni oggetto di giudizio;

- non ricorreva la violazione delle disposizioni in materia di partecipazione procedimentale, avendo avuto la ricorrente l’occasione di prendere parte al procedimento;

- in particolare, la ricorrente risultava destinataria di comunicazione ai sensi degli artt. 7 e ss. L. n. 241/90 in data 8.10.2009, nonché aveva depositato memoria in data 10.11.2009, oggetto di comunicazione al Ministero e adeguatamente considerata dalla società Sviluppo Basilicata Nord – Occidentale srl, la quale aveva preso posizione sulle relative controdeduzioni con nota n. 3108 del 18.1.2010;
pure il Ministero aveva manifestato il proprio avviso sulle questioni oggetto di disamina in sede procedimentale con nota n. 18777 dell’11.2.2010;

- la società Sviluppo Basilicata Nord – Occidentale srl aveva applicato l’art. 12, comma 3, lett. g), Decreto 31.7.2000, n. 320, nel teso già modificato per effetto di quanto disposto dall’art. 2, comma 1, Decreto 27.4.2006, n. 215, che peraltro aveva modificato unicamente i parametri di scostamento per calibrare in senso più favorevole alle imprese le sanzioni, lasciando inalterati i principi riguardanti i metodi per la rilevazione del dato occupazionale, di cui la ricorrente mostrava di essere ben a conoscenza, articolando sull’asserita applicazione di essi gli ulteriori motivi di censura;

- il dato occupazionale di due unità, alla base della riduzione del contributo, era stato originato da una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, di valore probatorio privilegiato, resa dalla deducente;
circostanza non oggetto di specifica contestazione in sede di ricorso;
ragion per cui doveva ritenersi che l’obiettivo occupazionale costituito da n. 4 unità fosse stato mancato del 50%;

- nella specie, peraltro, non si faceva questione di ampliamento dell’attività esistente, ma di nuovo impianto , essendo stata chiesta per tale ultima categoria l’agevolazione in parola;
risultava erroneo anche il riferimento al periodo temporale 14.9.2005-14.9.2006, in quanto l’art. 12, comma 3, lett. g), d.m. n. 320/2000 precisava che per esercizio di regime doveva intendersi l’esercizio solare successivo alla data di entrata a regime dichiarata dall’impresa beneficiaria;
nella specie, la data di entrata a regime dichiarata era il 14.9.2005, sicché l’’esercizio di regime utile per il rilevamento del dato occupazionale era costituito dall’anno solare 2006;

- pertanto, il dato rilevato in tale periodo, pari a n. 2 unità lavorative, andava rapportato a quello desumibile nell’anno precedente a quello di avvio a realizzazione del programma (2001) pari a zero, trattandosi di nuovo impianto;

- risultava inconferente il richiamo alla L. n. 662/1996, essendo costituite le fonti normative di riferimento solo dalla L. n. 662/96, dalle relative disposizioni attuative e dai principi generali stabiliti dalla L. n. 488/92;

- l’area in cui sorgeva l’impianto non rientrava, infine, tra quelle individuate dal dPCM 15.4.1998, cui rinviava la circolare ministeriale n. 8133 del 4.8.2006, recante chiarimenti in merito all’applicazione del decreto 31.7.2000, n. 320, non facendosi questione, dunque, di area di crisi.

3. Il ricorrente in primo grado, con ricorsi iscritti ai n.r.g. 1672 e 1675 del 2020, ha appellato la sentenza pronunciata dal Tar, deducendone l’erroneità con l’articolazione di cinque motivi di appello.

4. Il Ministero intimato si è costituito in giudizio in resistenza all’appello nell’ambito del giudizio n.r.g. 1675 del 2020.

La medesima Amministrazione statale ha affidato le proprie controdeduzioni ad una memoria difensiva depositata in data 22.1.2021, con cui ha eccepito, altresì, in rito, la nullità della notificazione del ricorso in appello, la tardività del ricorso in appello, nonché la sua inammissibilità per difetto di specifiche censure impugnatorie.

5. L’appellante ha insistito nelle proprie conclusioni con note di udienza del 22 febbraio 2021, depositate in entrambi i giudizi.

6. Le cause sono state trattenute in decisione nell’udienza del 25 febbraio 2021.

DIRITTO

1. In via preliminare, i ricorsi iscritti ai n.r.g. 1672 e 1675 del 2020, in quanto aventi ad oggetto la medesima sentenza e, peraltro, incentrati sulle stesse censure, devono essere riuniti onde procedere alla loro decisione nell’ambito del simultaneus processus.

2. Sempre in via preliminare, devono essere vagliate le eccezioni di rito opposte dall’Amministrazione statale riferite alla nullità e alla tardività della notificazione del ricorso in appello.

2.1 Quanto all’eccezione di nullità della notificazione, la costituzione in giudizio dell’Amministrazione statale ne ha comportato la sanatoria.

In base al combinato disposto degli artt. 144, comma 1, del c.p.c. e 11, comma 1, del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 (nel testo introdotto dall'art. 1, L. 25 marzo 1958, n. 260, espressamente richiamato per i giudizi amministrativi dall'art. 10, comma 3, L. 3 aprile 1979, n. 103), tutti gli atti costitutivi di una fase processuale, proposta nei confronti di Amministrazioni statali e di enti pubblici patrocinati dall'Avvocatura dello Stato, vanno notificati, a pena di nullità, presso l'Avvocatura stessa;
in particolare la notifica va eseguita presso l'ufficio dell'Avvocatura nel cui distretto in cui ha sede l'Autorità giudiziaria adita e pertanto, per quanto riguarda il giudizio da instaurare innanzi al Consiglio di Stato, presso l'Avvocatura generale dello Stato, con sede a Roma.

Ne consegue che, se la notifica dell'appello proposto avverso la sentenza di un T.A.R. ha avuto luogo presso l'Avvocatura dello Stato del distretto in cui ha sede il Tribunale, la notifica deve considerarsi effettivamente nulla, come correttamente eccepito dal Ministero.

Tale nullità processuale, tuttavia, ai sensi dell’art. 44, comma 3, c.p.a. – nel testo risultante a seguito dell’intervento della Corte costituzionale n. 132 del 26 giugno 2018 e alla stregua del principio di conservazione degli atti processuali, comportante la sanatoria della nullità in caso di raggiungimento dello scopo sotteso alla norma processuale in concreto violata (ai sensi dell'art. 156 c.p.c.) – deve ritenersi sanata ex tunc (e, dunque, in via retroattiva) dalla costituzione in giudizio della parte nullamente intimata.

Pertanto, la costituzione in giudizio del Ministero intimato sana la nullità della notificazione dell’appello eseguita presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Potenza (anziché presso l’Avvocatura Generale dello Stato), con conseguente infondatezza dell’eccezione di inammissibilità dell’appello argomentata sulla base della relativa nullità processuale.

2.2 Non risulta fondata neanche l’eccezione di irricevibilità del ricorso in appello, per tardività della sua notificazione.

Difatti, alla stregua di quanto emergente dal documento prodotto in data 20.1.2021 (nel giudizio n.r.g. 1675/2020) la sentenza di prime cure è stata notificata su richiesta dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Potenza nei confronti della parte appellante presso la segreteria del Tar Basilicata.

Tuttavia, diversamente da quanto sostenuto dal Ministero nella propria memoria conclusionale, la parte ricorrente in primo grado non aveva eletto domicilio presso la segreteria del Tar, bensì presso lo studio del difensore in Satraiano di Lucania, via Nazionale n. 74.

Sebbene tale elezione di domicilio fosse nulla, in quanto riferita ad un luogo diverso rispetto alla sede del Tar adito in prime cure, la conseguenza di tale nullità non risultava, ai fini della notificazione della sentenza di primo grado, l’elezione legale del domicilio presso la segreteria del Tar adito, dovendo a tali fini la parte processuale intendersi domiciliata presso il domicilio digitale risultante dall’indirizzo pec iscritto nel Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE), gestito dal Ministero della giustizia, contenente i dati identificativi e l’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) presso cui eseguire la notificazione degli atti processuali, ai sensi dell’art. 16, comma 12, d.-l. n. 179/2012 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221/2012.

Difatti:

- ai sensi dell’art. 25, comma 1, c.p.a., “1. Fermo quanto previsto, con riferimento alle comunicazioni di segreteria, dall'articolo 136, comma 1: a) nei giudizi davanti ai tribunali amministrativi regionali, la parte, se non elegge domicilio nel comune sede del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata dove pende il ricorso, si intende domiciliata, ad ogni effetto, presso la segreteria del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata”;

- ai sensi dell’art. 25, commi 1-bis e 1 ter c.p.a., “Al processo amministrativo telematico si applica, in quanto compatibile, l'articolo 16-sexies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221. A decorrere dal 1° gennaio 2018 il comma 1 non si applica per i ricorsi soggetti alla disciplina del processo amministrativo telematico”;

-ai sensi dell’art. 16-sexies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 “Salvo quanto previsto dall'articolo 366 del codice di procedura civile, quando la legge prevede che le notificazioni degli atti in materia civile al difensore siano eseguite, ad istanza di parte, presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario, alla notificazione con le predette modalità può procedersi esclusivamente quando non sia possibile, per causa imputabile al destinatario, la notificazione presso l'indirizzo di posta elettronica certificata, risultante dagli elenchi di cui all'articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, nonché dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia”;

- la giurisprudenza ordinaria – con indirizzo coerente con il dato positivo, recato dall’art. 16 sexies d.l. n. 1791/2012 cit., applicabile anche in sede amministrativa in virtù del rinvio operato dall’art. 25, comma 1 bis, c.p.a. e dall’art. 39, comma 2, c.p.a., ha precisato che “in materia di notificazioni al difensore, a seguito dell'introduzione ex art. 16 cit. del "domicilio digitale" (corrispondente all'indirizzo p.e.c. che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell'Ordine di appartenenza), non è più possibile procedere - ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82 - alle comunicazioni o alle notificazioni presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, anche se il destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui il medesimo ufficio ha sede, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra altresì la circostanza che l'indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario (cfr. Cass. 11.7.2017, n. 17048;
cfr. Cass. 8.6.2018, n. 14914)” (Cass. civ. Sez. VI - 2, Ord., 23 maggio 2019, n. 14140);

- la nullità della notificazione è inidonea a consentire la decorrenza del termine cd. “breve” di impugnazione, non rispondendo al paradigma normativo di riferimento (art. 92, comma 1, c.p.a.), che subordina l’applicabilità del termine di sessanta giorni -per la proposizione dell’appello- alla notificazione della sentenza presso uno dei luoghi declinati dall’art. 93 c.p.a. (residenza dichiarata o domicilio eletto dalla parte nell'atto di notificazione della sentenza o, in difetto, presso il difensore o residenza dichiarata o domicilio eletto per il giudizio e risultante dalla sentenza).

Alla stregua delle considerazioni svolte, emerge la nullità della notificazione della sentenza eseguita dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Potenza presso la segreteria del Tar adito in prime cure e, per l’effetto, la sua inidoneità a fare decorrere il termine di sessanta giorni per la proposizione del ricorso in appello.

Sebbene la parte in prime cure avesse eletto nullamente il proprio domicilio fisico in luogo diverso dalla sede del Tar adito, ai sensi del combinato disposto degli artt. 25, commi 1-bis e 1 ter c.p.a e 16-sexies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, la notificazione avrebbe comunque dovuto essere eseguita presso il domicilio digitale e, dunque, presso l’indirizzo pec risultante dal registro RreGIndE cit.

Né il Ministero ha provato che l'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore costituito in prime cure non fosse accessibile per cause imputabili al destinatario.

Stante, dunque, l’applicabilità del termine semestrale di impugnazione, decorrente dalla pubblicazione della sentenza ex art. 92, comma 3, c.p.a., considerato che la sentenza di primo grado è stata pubblicata in data 23.7.2019 e il ricorso è stato notificato in data 22.1.2020 - seppure nullamente ma con sanatoria ex tunc come supra osservato in ragione della costituzione in giudizio del Ministero intimato – l’appello risulta tempestivamente proposto.

4. Ciò premesso in ordine alla corretta costituzione del rapporto processuale e alla tempestività dell’impugnazione, è possibile decidere direttamente il merito degli appelli, la cui infondatezza consente di prescindere dall’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla difesa erariale, motivata sulla base dell’asserita genericità delle censure impugnatorie.

5. I primi due motivi di appello, in quanto oggettivamente connessi – afferendo ad asserite violazioni procedimentali inficianti gli atti censurati in prime cure – sono infondati.

5.1 In particolare, con il primo motivo di appello (recato nell’ambito di entrambi i ricorsi in decisione) viene denunciato l’omesso esame del primo motivo di ricorso in primo grado, nella parte riferita alla violazione dell’art. 10, lett. b), L. n. 241/90, per essere stato impedito al ricorrente di prendere parte al procedimento, con conseguente emersione di un difetto di istruttoria inficiante gli atti censurati.

Secondo la prospettazione del ricorrente, non sarebbe stato comunicato all’odierno appellante “alcun provvedimento di riscontro e/o replica …relativamente alle proprie controdeduzioni dell’8 ottobre 2009”, in specie non essendo state comunicate alla ricorrente le note nn. 3108 del 2010 e 1877 del 2010.

5.2 Con il secondo motivo di appello (recato nell’ambito di entrambi i ricorsi in decisione) viene censurata la sentenza di prime cure per non avere riscontrato una violazione dell’art. 7 L. n. 241 del 1990, sebbene il Ministero dello Sviluppo Economico già con la nota n.

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