Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-02-05, n. 202101111

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-02-05, n. 202101111
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202101111
Data del deposito : 5 febbraio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/02/2021

N. 01111/2021REG.PROV.COLL.

N. 02017/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2017 del 2013, proposto dalla sig.ra
T B, rappresentata e difesa dall’avv. P D e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M M, in Roma, c.so Vittorio Emanuele II, n. 18

contro

Comune di Siena, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. F P e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G M G, in Roma, c.so Vittorio Emanuele II, n. 18

nei confronti

sig.ra A V, non costituita in giudizio
sig.ra E L, non costituita in giudizio

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Prima, n. 1341/2012 del 16 luglio 2012, resa tra le parti, con la quale è stato dichiarato irricevibile per tardività e comunque infondato il ricorso R.G. n. 1048/2011, proposto per l’annullamento degli atti del concorso pubblico indetto dal Comune di Siena per l’assunzione di n. 10 dipendenti nel profilo di istruttore di Polizia Municipale (C/1) e, in particolare, della determinazione dirigenziale di indizione del concorso, del bando di concorso e dell’atto dirigenziale di approvazione degli atti della Commissione esaminatrice e conseguente assunzione dei vincitori, nonché per la condanna del Comune di Siena all’assunzione della ricorrente ed al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali da questa sofferti, previa declaratoria della nullità e/o inefficacia e/o caducazione dei contratti di lavoro subordinato stipulati con il Comune dalle sigg.re E L ed A V per effetto della loro collocazione al nono ed al decimo posto della graduatoria di merito del concorso stesso.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto il controricorso e ricorso incidentale del Comune di Siena;

Viste le memorie difensive delle parti e la replica del Comune di Siena;

Viste le note di udienza delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con l. 18 dicembre 2020, n. 176;

Visto l’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70;

Dato atto della presenza ai sensi di legge degli avvocati delle parti;

Relatore nell’udienza del giorno 26 gennaio 2021 il Cons. Pietro De Berardinis, in collegamento da remoto in videoconferenza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO

Con l’appello in epigrafe la sig.ra T B impugna la sentenza del T.A.R. Toscana, Sez. I, n. 1341/2012 del 16 luglio 2012, chiedendone la riforma.

La sentenza appellata ha dichiarato irricevibile per tardività e comunque infondato il ricorso proposto dall’odierna appellante per l’annullamento degli atti del concorso pubblico indetto dal Comune di Siena per l’assunzione di n. 10 dipendenti nel profilo di istruttore di Polizia Municipale (categoria C – posizione economica C/1) e, in particolare, della determinazione dirigenziale di indizione del concorso, del bando di concorso e dell’atto dirigenziale di approvazione degli atti della Commissione esaminatrice e conseguente assunzione dei vincitori, nonché per la condanna del Comune di Siena all’assunzione della ricorrente ed al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali da questa sofferti, previa declaratoria della nullità e/o inefficacia e/o caducazione dei contratti di lavoro subordinato stipulati dalle sigg.re E L ed A V per effetto della loro collocazione al nono ed al decimo posto della graduatoria di merito del concorso stesso.

In fatto, la sig.ra B espone di aver partecipato ad un concorso a n. 2 posti di operatore di Polizia Municipale (VI^ q.f.), bandito dal Comune di Siena nell’ottobre del 1996, collocandosi al ventesimo posto nella graduatoria finale, approvata nel marzo del 1998 ed avente efficacia triennale.

Con determinazione dirigenziale del 2 dicembre 1999 il Comune di Siena, in luogo di attingere dalla graduatoria ancora efficace, decideva di indire un nuovo concorso per l’assunzione di n. 10 unità di personale nel profilo di istruttore di Polizia Municipale (categoria C – posizione economica C/1, che sarebbe perfettamente corrispondente all’ex VI^ q.f.).

Dolendosi del mancato scorrimento della graduatoria, l’esponente presentava ricorso innanzi al G.O., lamentando che in precedenza il Comune di Siena aveva attinto a tale graduatoria, di tal ché l’ulteriore scorrimento di questa avrebbe comportato la sua assunzione da parte della P.A. e chiedendo, perciò, la condanna del predetto Comune ad assumerla.

Il giudizio innanzi al G.O. – dopo una sentenza di accoglimento in primo grado riformata in appello – si è concluso con sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 2675/2011 del 4 febbraio 2011, che ha dichiarato il difetto di giurisdizione del G.O., per essere la controversia devoluta alla cognizione del G.A.: per l’effetto, la ricorrente ha provveduto a riassumere il giudizio innanzi al T.A.R. Toscana, che però – come già accennato – con la sentenza oggetto di impugnativa ha dichiarato il suo ricorso tardivo e comunque infondato.

Nell’appello la sig.ra B contesta l’iter argomentativo e le conclusioni dei giudici di prime cure, formulando i seguenti motivi:

1) erroneità e illogicità della sentenza del T.A.R., erronea valutazione su una questione decisiva della controversia, travisamento dei fatti, illogicità ed irragionevolezza della motivazione, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 37 del d.lgs. n. 104/2010 (c.p.a.), in quanto il T.A.R. avrebbe errato nel respingere la domanda di rimessione in termini per errore scusabile avanzata dalla ricorrente, sebbene sussistessero contrasti giurisprudenziali circa la devoluzione della controversia alla giurisdizione del G.O., piuttosto che a quella del G.A., che avrebbero giustificato la scelta dell’interessata di adire in un primo tempo il Giudice del lavoro;

2) erroneità e illogicità della sentenza del T.A.R., erronea valutazione su una questione decisiva della controversia, travisamento dei fatti, illogicità ed irragionevolezza della motivazione, poiché il primo giudice sarebbe altresì incorso in errore nel giudicare comunque infondate nel merito le censure della ricorrente;

3) erroneità e illogicità della sentenza del T.A.R., erronea valutazione su una questione decisiva della controversia, travisamento dei fatti, giacché la sentenza appellata non avrebbe considerato l’assenza di legittime motivazioni a supporto della scelta del Comune di indire un nuovo concorso, in luogo di procedere allo scorrimento della graduatoria del precedente, sebbene i due concorsi avessero lo stesso oggetto;

4) erroneità della sentenza del T.A.R., illogicità della motivazione e travisamento dei fatti, in quanto la sentenza appellata sarebbe da censurare anche nella parte in cui ha ritenuto assolto, da parte della P.A., l’obbligo di indicare la motivazione a sostegno della scelta di indire la procedura concorsuale, anziché scorrere la vigente graduatoria, poiché una simile motivazione sarebbe del tutto mancante nei provvedimenti impugnati.

L’esponente ha ripresentato, inoltre, le domande di caducazione dei contratti di lavoro stipulati dalle sigg.re L e V e di risarcimenti dei danni patrimoniali e non, già proposte innanzi al T.A.R. e respinte dal primo giudice.

Si è costituito in giudizio il Comune di Siena, proponendo a sua volta appello incidentale, con il quale ha censurato la sentenza di prime cure per non avere la stessa esaminato ed accolto talune eccezioni pregiudiziali sollevate dalla difesa comunale.

Il Comune ha poi eccepito l’inammissibilità della domanda di condanna dell’Amministrazione stessa all’assunzione della sig.ra B e, nel merito, l’infondatezza dei motivi dell’appello.

Le sigg.re E L ed A V, pur evocate, non si sono costituite in giudizio.

Le parti hanno depositato memorie, una replica (il Comune) e note d’udienza.

All’udienza del 26 gennaio 2021, tenutasi in collegamento da remoto in videoconferenza ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. con l. 18 dicembre 2020, n. 176, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Viene in decisione la sentenza del T.A.R. per la Toscana, Sez. I, n. 1341/2012 del 16 luglio 2012, che ha dichiarato tardivo e comunque infondato il ricorso presentato dalla sig.ra T B avverso gli atti della procedura concorsuale indetta dal Comune di Siena per l’assunzione di n. 10 istruttori di Polizia Municipale (categoria C – posiz. econ. C/1).

Il T.A.R. ha motivato la pronuncia di tardività con il fatto che il giudizio è stato in origine promosso dinanzi al G.O. il 17 maggio 2001 e poi, dopo la dichiarazione del difetto di giurisdizione pronunciata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza n. 2675/2011, è stato riassunto nel 2011 dinanzi al G.A.: ma la translatio judicii è consentita, ai sensi dell’art. 11, comma 2, c.p.a., ferme le preclusioni e le decadenze già intervenute e nel caso ora in esame la proposizione del giudizio innanzi al G.O. – avvenuta, si ripete, nel maggio del 2001 – ha avuto luogo ben oltre la scadenza del termine di decadenza di sessanta giorni previsto dalla legge per l’impugnazione del bando dinanzi al G.A.: il predetto bando, infatti, è stato pubblicato nel dicembre del 1999.

Né – soggiunge il T.A.R. – sussisterebbero gli estremi dell’errore scusabile, perché la giurisprudenza non avrebbe mai dubitato che, in presenza della decisione dell’Amministrazione di indire un nuovo concorso, anziché procedere allo scorrimento di graduatorie ancora efficaci, la situazione soggettiva del soggetto utilmente collocato in graduatoria avesse la consistenza di mero interesse legittimo, come tale tutelabile dinanzi al G.A.: e in questo senso, del resto, avrebbe deposto già la piana lettura dell’art. 68, comma 4, del d.lgs. n. 29/1993, e poi ancora dell’art. 63 del d.lgs. n. 165/2001 (in cui il primo è stato trasfuso). A livello di giurisdizioni superiori, pertanto, non vi sarebbero mai stati quei contrasti giurisprudenziali a cui la ricorrente ascrive la scelta da lei presa a suo tempo di adire il G.O., essendo pacifica la riconduzione delle procedure concorsuali alla cognizione del G.A.;
in ogni caso, una regola di ragionevolezza e di diligenza – sottolinea la sentenza – avrebbe suggerito, in caso di incertezza e in presenza di atti aventi valenza provvedimentale, di preferire l’azione impugnatoria innanzi al G.A. nel rispetto del termine decadenziale all’uopo previsto.

Il T.A.R. si è preoccupato comunque di valutare nel merito le censure della ricorrente, concludendo per la loro infondatezza.

Il primo giudice ha richiamato al riguardo la pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 14 del 4 luglio 2011, che nel sancire la regola generale dello scorrimento delle graduatorie efficaci, rispetto alla quale l’indizione del concorso si configura quale eccezione, ha nondimeno enucleato una serie di casi in cui è invece giustificabile la preferenza per il reclutamento mediante nuova procedura concorsuale: tra i suddetti casi, vi è quello dell’esistenza di significative novità – rispetto al concorso precedente – nel contenuto delle prove di esame e nei requisiti di partecipazione.

Con riferimento al caso di specie, la sentenza sottolinea che vi è una novità significativa nel contenuto delle prove del nuovo concorso, rispetto a quello a suo tempo sostenuto dalla ricorrente: detta novità consiste nella modifica di talune materie della prova orale, avendo previsto il concorso del 1999 la materia di “nozioni elementari di criminologia, con riferimento ai problemi dell’immigrazione, della tossicodipendenza, del disagio sociale in genere”, non contemplata dal precedente, ed avendo invece eliminato “nozioni sulla legislazione in materia di decentramento politico-amministrativo” e “nozioni in materia di urbanistica e lavori pubblici”, contemplate dal concorso del 1996.

La modifica delle materie concorsuali – aggiunge il primo giudice – è coerente con il processo interno al Comune di Siena, volto alla riqualificazione professionale della Polizia Municipale mediante un corso di formazione di tutto il personale già in servizio nel campo della sicurezza sociale, di tal ché il concorso è volto alla ricerca di candidati già preparati nel settore in esame. La scelta di privilegiare le ora viste competenze, connesse all’attività della Polizia Municipale, in luogo di altre, è il riflesso di un indirizzo politico insindacabile: né può obiettarsi – nota ancora il T.A.R. – che la P.A. dovrebbe attingere alla graduatorie e quindi garantire ai nuovi assunti la partecipazione a corsi di formazione analoghi a quelli svolti per il personale in servizio, trattandosi di scelte organizzative discrezionali e viste le implicazioni di ordine finanziario.

Così riferite le motivazioni della decisione appellata, ritiene il Collegio, per le ragioni che di seguito si espongono, di non condividere la suddetta decisione nella parte in cui ha dichiarato irricevibile per tardività il ricorso di primo grado, poiché per questo verso le ora viste motivazioni non convincono e il relativo capo della pronuncia deve essere riformato.

Invero, con il primo motivo dell’appello principale la sig.ra B ha contestato la declaratoria di tardività del ricorso, lamentando che – ad onta di quanto afferma il T.A.R. – all’epoca dei fatti non vi sarebbe stato un indirizzo giurisprudenziale consolidato relativo alla devoluzione delle controversie del tipo di quella in esame alla giurisdizione del G.A., anziché a quella del G.O.: a dimostrazione di ciò, l’appellante ha evidenziato, tra l’altro, come nella stessa causa da lei promossa dinanzi al Giudice del lavoro vi siano state ben due pronunce dei giudici ordinari (in primo grado e in appello) che hanno riconosciuto l’appartenenza della controversia alla giurisdizione ordinaria, decidendola, pertanto, nel merito. L’appellante osserva, ancora, come lo stesso T.A.R. abbia ammesso che è (solo) nel 2005 che le Sezioni Unite della Cassazione sono arrivate alla conclusione per cui, essendo la configurabilità del diritto all’assunzione consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento di indizione del nuovo concorso, la relativa tutela va esperita innanzi al G.A.: ma l’epoca di tale arresto (2005) è ben posteriore a quella dei fatti (2001), sicché sul punto la sentenza appellata sarebbe contraddittoria e, ad ogni modo, anche dopo l’intervento delle Sezioni Unite vi sarebbero state ulteriori pronunce di segno contrario.

Ciò significa che nel caso di specie il primo giudice avrebbe errato nel non riconoscere gli estremi dell’errore scusabile ex art. 37 c.p.a., estremi che invece vi sarebbero senz’altro stati: di qui l’erroneità della declaratoria di tardività del ricorso.

La doglianza è fondata.

Ad avviso del Collegio, nella vicenda in esame non può disconoscersi la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 37 c.p.a. per la concessione della rimessione in termini per errore scusabile, considerata la sussistenza di oggettive ragioni di incertezza sulla questione di giurisdizione.

La giurisprudenza ha infatti elencato, tra le ipotesi di rimessione in termini per errore scusabile ex art. 37 c.p.a., la sussistenza di contrasti giurisprudenziali su una determinata questione giuridica (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. V, 3 dicembre 2020, n. 7653;
Sez. III, 22 luglio 2019, n. 5134;
Sez. IV, 3 aprile 2017, n. 1510).

Orbene, con riguardo alla vicenda per cui è causa, non si può condividere l’assunto del primo giudice, secondo cui al tempo dell’instaurazione della controversia la giurisprudenza si era cristallizzata sulla devoluzione al G.A. delle controversie del tipo di quella ora in esame, in cui viene fatta questione del mancato scorrimento di una graduatoria concorsuale ancora efficace. Un simile orientamento non era per nulla pacifico: al contrario, secondo altro indirizzo la pretesa allo scorrimento della graduatoria si collocava di per sé al di fuori dell’ambito della procedura concorsuale ed era conosciuta dal G.O. quale controversia inerente al diritto all’assunzione (cfr. Cass. civ., Sez. Un., 29 settembre 2003, n. 14529), nella quale, pertanto, l’attore faceva valere una posizione di diritto soggettivo (il diritto allo scorrimento della graduatoria, il diritto all’assunzione).

Soprattutto, l’esistenza di oscillazioni giurisprudenziali sulla questione di giurisdizione è dimostrata proprio dalle vicende processuali dell’odierna appellante: costei, infatti, ha promosso la causa innanzi al G.O. e quest’ultimo per ben due gradi di giudizio (in primo grado ed in appello) ha esplicitamente affermato l’appartenenza della controversia alla propria giurisdizione. La Corte di appello, in specie, ha sostenuto in proposito che la formulazione della domanda dell’attrice, diretta all’attuazione della graduatoria del primo concorso, previo scorrimento, non investisse direttamente l’espletamento della seconda selezione, con il corollario che la controversia non avrebbe riguardato la fase contrattuale, né le generali determinazioni organizzative dell’Ente locale. È stata solo la Cassazione, con decisione della Sezioni Unite n. 2675/2011 cit., a risolvere definitivamente il problema, dichiarando la spettanza della causa alla giurisdizione del G.A..

Senonché, la lettura della pronuncia delle Sezioni Unite è dirimente nel confermare la sussistenza dei riferiti contrasti giurisprudenziali, poiché essa mette a confronto due contrapposti indirizzi: il primo, secondo il quale la pretesa allo scorrimento della graduatoria dà luogo ad una controversia conosciuta dal G.O. in quanto attinente ad un diritto soggettivo (il diritto all’assunzione), e ciò anche qualora la determinazione dell’Amministrazione datrice di lavoro di coprire gli altri posti resisi nel frattempo disponibili si evinca dall’indizione di una procedura concorsuale finalizzata a tale copertura (Cass. civ., Sez. Un., nn. 5397/2007 e 26113/2007);
l’altro indirizzo – cui la pronuncia in commento aderisce – in base al quale, di fronte a un provvedimento di indizione di un nuovo concorso, la pretesa di chi aspira all’assunzione si risolve nella contestazione della legittimità di siffatto provvedimento ed ha, dunque, natura di interesse legittimo (Cass. civ., Sez. Un., nn. 20107/2005, 16906/2006, 16527/2008 e 3055/2009).

La fondatezza della doglianza sopra analizzata comporta che, in riforma della sentenza appellata, il ricorso di primo grado deve essere dichiarato tempestivo e, dunque, ricevibile. Non comporta, però, che il ricorso di primo grado sia fondato e che, quindi, la domanda di annullamento degli atti con esso gravati debba essere accolta, poiché le censure dedotte sul punto dalla ricorrente, e riproposte con i motivi di appello successivi al primo, sono prive di fondamento.

Il Collegio ritiene, infatti, di condividere le motivazioni e le conclusioni della sentenza appellata lì dove essa ha giudicato il ricorso infondato nel merito e che da questo punto di vista tale sentenza sia meritevole di conferma. Ed anzi, l’infondatezza nel merito delle censure formulate dalla sig.ra B innanzi al T.A.R. e riproposte in sede di appello consente, in ossequio al principio della “ragione più liquida” (C.d.S., A.P., 27 aprile 2015, n. 5), che permette di derogare all’ordine logico di esame delle questioni (cfr. C.d.S., Sez. VI, 14 giugno 2019, n. 4022), di prescindere dalla previa disamina delle eccezioni di rito sollevate dal Comune di Siena con l’appello incidentale, salvo quanto si dirà infra ai fini della decisione sulle spese del presente giudizio.

Invero, con gli ulteriori motivi di appello la sig.ra B insiste sulla fondatezza delle censure dedotte in primo grado, dolendosi del fatto che la sentenza impugnata le abbia disattese.

Preliminarmente, rammenta di essersi collocata al ventesimo posto della graduatoria del concorso per la VI^ q.f. indetto dal Comune di Siena e che il predetto Comune ha attinto dalla stessa graduatoria fino all’undicesimo posto, quindi ha indetto il nuovo concorso per n. 10 posti in categoria C – posizione economica C/1, ampliando poi il numero di posti a sedici. Ne seguirebbe che, se anziché indire il concorso, l’Amministrazione comunale avesse continuato nello scorrimento della graduatoria, ella sarebbe stata assunta.

In diritto, la P.A. non avrebbe espresso una motivazione sufficiente della ragioni per cui ha preferito indire un nuovo concorso, anziché attingere alla graduatoria esistente, né detta scelta si spiegherebbe con la diversità dei profili professionali (operatore di P.M. – istruttore di P.M.), riguardando ambedue i concorsi l’assunzione di personale della Polizia Municipale di categoria C (già VI^ q.f.).

La conferma che i due concorsi avrebbero lo stesso oggetto si desumerebbe dalle prove di esame: né in contrario potrebbe invocarsi l’inserimento, nel nuovo concorso, della materia “nozioni elementari di criminologia, con riferimento ai problemi dell’immigrazione, della tossicodipendenza, del disagio sociale in genere”, sia perché non vi sarebbe la prova che tale materia sia stata effettivamente chiesta all’esame ad alcun candidato (i relativi verbali non ne farebbero menzione), sia perché si tratterebbe di materia del tutto estranea alle funzioni e al profilo professionale dell’agente di Polizia Municipale, di tal ché il suo inserimento sarebbe illogico e irragionevole.

La determinazione di indizione del nuovo concorso – lamenta ancora l’appellante – non indicherebbe le ragioni della preferenza per la scelta concorsuale, invece dello scorrimento della graduatoria. E la motivazione tanto più sarebbe stata necessaria, visto che a tale graduatoria, relativa ad un concorso previsto per due posti, la P.A. aveva largamente attinto (arrivando fino all’undicesima posizione), e che tra l’approvazione della predetta graduatoria (1998) e l’indizione del nuovo concorso (1999) era trascorso solo un anno.

A confutazione delle ora viste censure è, però, sufficiente richiamare l’insegnamento della già citata pronuncia dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato n. 14/2011. La Plenaria ha elencato, infatti, al parag. 54, tra le circostanze che risultano idonee a giustificare l’opzione di bandire nuove procedure selettive, in luogo di attingere alle graduatorie ancora efficaci tramite lo scorrimento delle stesse, quella delle modifiche delle materie concorsuali.

Orbene, come condivisibilmente osservato dal primo giudice, nel caso di specie il concorso indetto nel 1999, pur essendo intervenuto non a grande distanza di tempo dall’approvazione della graduatoria del precedente, registra una rilevante novità di contenuto rispetto a quest’ultimo, consistente appunto nella variazione delle materie previste per la prova orale e, segnatamente, nella sostituzione delle nozioni “sulla legislazione in materia di decentramento politico-amministrativo” ed “in materia di urbanistica e lavori pubblici” con “nozioni elementari di criminologia, con riferimento ai problemi dell’immigrazione, della tossicodipendenza, del disagio sociale in genere”. Tale modifica è coerente con il processo interno avviato dal Comune di Siena per la riqualificazione del personale del Corpo di Polizia Municipale nel campo della sicurezza sociale, con la conseguente necessità di adeguare gli strumenti di reclutamento del personale alle rinnovate scelte di formazione e di qualificazione dei dipendenti già in servizio: di qui – precisa il T.A.R. – l’esigenza di intervenire sulle materie d’esame del nuovo concorso pubblico, per indirizzarlo alla ricerca di candidati aventi preparazione e cultura corrispondenti a quelle volute dall’Ente locale e fatte oggetto del riferito processo di riqualificazione professionale del Corpo.

Il Collegio condivide le suesposte osservazioni del primo giudice ed aggiunge che, viste le diversità tra le materie oggetto dei due concorsi, è errata la tesi sostenuta dall’appellante, che questi avessero uguale oggetto.

Non va trascurato, infatti, che oltre all’inserimento di una nuova materia, il concorso bandito nel 1999 non ne ha più contemplate due (“legislazione in materia di decentramento politico-amministrativo” e “nozioni in materia di urbanistica e lavori pubblici”) che erano invece previste dal precedente. È del tutto irrilevante, inoltre, la circostanza – peraltro non supportata da adeguati riscontri probatori – per cui in sede di esame orale a nessun candidato sarebbero state fatte domande sulla materia “nozioni di criminologia” (non risultando tali domande dai verbali della Commissione esaminatrice), poiché ciò che conta è che si tratta di materia che i candidati del secondo concorso – ma non quelli del primo – hanno dovuto preparare.

La scelta del Comune di modificare nel senso ora visto le materie delle prove d’esame costituisce, indubbiamente, esercizio di un’amplissima discrezionalità amministrativa, sindacabile, per costante giurisprudenza, solo in casi estremi di abnormità e manifesta illogicità o irragionevolezza: ipotesi che qui certamente non sussistono, alla luce di quanto sopra detto.

Sul punto il T.A.R. ha evidenziato come la scelta di privilegiare il potenziamento delle competenze in materia di sicurezza sociale – ragionevole, trattandosi di competenze indiscutibilmente connesse all’attività della Polizia Municipale – sia il riflesso in un indirizzo politico insindacabile, e come da detta scelta emerga la non irragionevolezza dell’opzione di ricercare, attraverso le nuove assunzioni, personale munito di preparazione equivalente a quella dei dipendenti già in servizio, che sul tema specifico era stato coinvolto dal Comune di Siena in apposite iniziative finalizzate all’aggiornamento professionale. Né potrebbe obiettarsi che l’Amministrazione avrebbe ottenuto il medesimo risultato attingendo alla preesistente graduatoria e facendo poi partecipare i nuovi assunti ad iniziative/corsi di riqualificazione di contenuto analogo rispetto a quelle già riservate al personale in servizio, trattandosi – rileva giustamente la sentenza appellata – di scelte organizzative assolutamente discrezionali, che comportano, oltretutto, non secondarie valutazioni di ordine finanziario (visto l’aggravio di spesa che una soluzione di tal fatta avrebbe generato per l’Ente locale).

In definitiva, trattandosi del confronto tra due concorsi diversi quanto ad oggetto, finalità e obiettivi perseguiti con essi dall’Amministrazione comunale, la motivazione della preferenza per l’indizione del nuovo concorso si rinviene ictu oculi nelle suddette diversità. Pertanto, la pretesa dell’appellante di un’ulteriore esplicitazione di detta motivazione si risolve nell’imposizione di un inutile aggravio procedimentale (art. 1, comma 2, della n. 241/1990), di tenore solo formale e che il Collegio, per tutto quanto esposto, non condivide.

L’appello principale, quindi, nonostante la fondatezza della censura avente ad oggetto la tempestività del ricorso di prime cure, è per il resto infondato e da respingere. In ogni caso – giova ribadirlo – la fondatezza di detta censura non conduce all’accoglimento della domanda di annullamento degli atti impugnati proposta dall’appellante: domanda che, anzi, deve essere respinta, così come devono del pari essere respinte – consequenzialmente – le ulteriori domande formulate dall’appellante e in specie quella di condanna dell’Amministrazione ad assumerla;
quella di risarcimento del danno;
e quella di caducazione dei contratti di lavoro stipulati con il Comune dalle controinteressate.

Per quanto concerne, infine, l’appello incidentale proposto dal Comune di Siena, esso va dichiarato improcedibile, poiché – una volta confermata la sentenza appellata nella parte in cui ha respinto nel merito il ricorso di primo grado – è evidente come il Comune non abbia più alcun interesse a coltivare le doglianze ivi dedotte.

Nondimeno, ai fini della pronuncia sulle spese del giudizio, il Collegio osserva come nessuna delle censure dedotte nell’appello incidentale sia suscettibile di condivisione.

Nello specifico:

A) il Comune sostiene, innanzitutto, che il primo giudice avrebbe errato nell’esaminare nel merito la domanda di risarcimento dei danni formulata dalla ricorrente, senza accogliere sul punto l’eccezione di giudicato sollevata dalla difesa comunale. Infatti, nel contenzioso promosso innanzi al G.O. dalla sig.ra B, il Giudice del lavoro ha respinto la domanda di risarcimento da costei presentata, senza che l’interessata si sia gravata avverso il suddetto capo della sentenza con appello incidentale, di tal ché sulla pronuncia stessa si sarebbe formato il giudicato e la domanda non avrebbe più potuto essere riproposta dinanzi al G.A..

In contrario, però, si osserva che le decisioni del G.O. sono state travolte nella loro interezza dalla declaratoria del difetto di giurisdizione emessa dalla Cassazione, che ha comportato il travolgimento integrale della sentenza di primo grado, anche nel capo che aveva respinto la domanda risarcitoria della ricorrente: ciò, nonostante tale pronuncia non sia stata in parte qua impugnata, poiché si tratta comunque di sentenza cassata in quanto emessa da un giudice privo di giurisdizione (cfr. Cass. civ., Sez. III, 13 maggio 2020, n. 8891).

In argomento il Comune richiama nella memoria di replica l’indirizzo giurisprudenziale formatosi in tema di giudicato implicito sulla giurisdizione: ma il richiamo non è conferente, considerato che la questione di giurisdizione ha formato oggetto di specifica pronuncia da parte sia del giudice d’appello, sia della Suprema Corte: non è, quindi, sostenibile che su di essa si sia formato (all’esito del giudizio di primo grado) un giudicato implicito, neppure in relazione al capo della pronuncia del primo giudice che ha respinto la domanda risarcitoria dell’interessata.

B) Il T.A.R. avrebbe errato – sostiene poi l’appellante incidentale – nel non accogliere l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, sollevata dal Comune in ragione del fatto che dei n. 10 posti previsti dal nuovo concorso, tre sarebbero di nuova istituzione e solo sette sarebbero per la copertura di vacanze dell’organico: ma lo scorrimento della graduatoria sarebbe consentito solo per i posti del secondo tipo e non per quelli di nuova istituzione, e ciò significherebbe che, anche a voler scorrere la graduatoria preesistente per i sette posti in discorso, la P.A. non sarebbe arrivata al posto (il ventesimo) ivi occupato dalla sig.ra B;
né sarebbero ipotizzabili rinunce da parte dei candidati che la precedevano in graduatoria, i quali avrebbero tenuto tutti in più occasioni condotte tali da confermare l’interesse a svolgere l’attività di vigile urbano e/o comunque ad essere dipendente del Comune di Siena. Neppure si potrebbe invocare, in contrario, l’utilizzo da parte del Comune della nuova graduatoria per altre sei posizioni (per un totale di n. 16 assunti), perché ciò sarebbe servito a coprire posti resisi vacanti solo dopo la scadenza dell’efficacia della graduatoria in cui era collocata l’appellante.

La doglianza non può essere condivisa, sussistendo un indubbio interesse dell’appellante a coltivare il giudizio: ciò, sia per l’eventualità che, a seguito delle altrui rinunce, la P.A. nello scorrimento della graduatoria potesse arrivare fino alla sua posizione, sia, comunque, per l’interesse della sig.ra B a migliorare la propria posizione in graduatoria. Di tal ché, si mostra irrilevante la limitazione dello scorrimento ai soli posti vacanti, con esclusione di quelli di nuova istituzione.

C) Ancora, la sentenza appellata avrebbe errato nel non dichiarare inammissibile il ricorso per la sua mancata notifica ad almeno un controinteressato, poiché la notifica è stata fatta ai candidati che si trovavano al nono e decimo posto della graduatoria del nuovo concorso (sigg.re L e V), ma visto che con esso sono stati poi assunti n. 16 candidati, il ricorso avrebbe dovuto essere notificato ai candidati collocati al quindicesimo e sedicesimo posto della stessa.

La censura è palesemente infondata, comportando l’omessa notifica del ricorso ai candidati collocati al quindicesimo e al sedicesimo posto della nuova graduatoria non l’inammissibilità del ricorso, ma semmai l’integrazione del contraddittorio nei loro confronti, sottoposta, però, alla disciplina dell’art. 49 c.p.a. (e in particolare al comma 2 dell’art. 49 cit.).

D) Inoltre il ricorso di primo grado sarebbe inammissibile – e il primo giudice avrebbe errato nel non dichiararlo tale – poiché, in conseguenza della translatio judicii, la ricorrente non si sarebbe limitata a ripresentare le medesime domande proposte al G.O., ma le avrebbe modificate: in specie, avrebbe formulato una domanda di annullamento degli atti del concorso e una di declaratoria di inefficacia dei contratti di lavoro stipulati dal Comune con le controinteressate, le quali, però, sarebbero ambedue inammissibili, in quanto mai formulate innanzi al G.O..

La doglianza non coglie nel segno, dovendosi condividere l’obiezione dell’appellante, secondo cui, nell’effettuare la riassunzione del giudizio a seguito della translatio judicii, ella ha dovuto adattare le domande alle peculiarità del rito, considerate le caratteristiche del giudizio impugnatorio innanzi al G.A.: si ricorda, sul punto, che in base alla L.A.C. (legge abolitrice del contenzioso amministrativo) il G.O. non può annullare gli atti amministrativi, disponendo del solo potere di disapplicarli, quindi non avrebbe avuto senso la proposizione da parte dell’odierna appellante, innanzi al G.O., dell’azione di annullamento degli atti amministrativi intentata in questa sede.

D) Infine, nell’appello incidentale si censura il mancato accoglimento, da parte dei giudici di prime cure, dell’eccezione di prescrizione del diritto sollevata dalla difesa comunale e ciò perché, in disparte la decadenza, sarebbe maturato per l’azione di annullamento il termine di prescrizione decennale, decorrente dall’indizione del secondo concorso (2 novembre 1999), essendo tale termine scaduto ben prima dell’instaurazione del giudizio dinanzi al G.A..

L’eccezione di prescrizione è, però, infondata, avendo la ricorrente interrotto il relativo decorso con la proposizione del giudizio innanzi al G.O.;
sul punto la difesa comunale eccepisce che nessun atto interruttivo o sospensivo della prescrizione sarebbe stato compiuto, non essendo stata mai proposta l’azione di annullamento degli atti amministrativi dinanzi al G.O., ma si è ora visto che la mancata proposizione di un’azione di tal tipo in sede civilistica è argomento privo di pregio.

In conclusione, perciò, l’appello principale va accolto limitatamente al primo motivo e per effetto di tale accoglimento la sentenza impugnata va riformata nel capo in cui ha dichiarato il ricorso di primo grado irricevibile per tardività, dovendo invece affermarsi la sua ricevibilità, attesa la sussistenza dei presupposti per la rimessione in termini per errore scusabile. L’appello principale va invece respinto con riguardo agli altri motivi ivi dedotti e per conseguenza la sentenza di primo grado va confermata nella parte in cui ha ritenuto il ricorso di primo grado infondato nel merito.

L’appello incidentale, da parte sua, va dichiarato improcedibile e, comunque, infondato.

Le spese del giudizio di appello debbono essere compensate, considerata l’infondatezza dell’appello incidentale.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi