Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-11-14, n. 201806429

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-11-14, n. 201806429
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201806429
Data del deposito : 14 novembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/11/2018

N. 06429/2018REG.PROV.COLL.

N. 09286/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9286 del 2017, proposto da:
Comune di Mondragone, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avv. P C, con domicilio eletto presso lo studio Alessandro Castellana in Roma, via Appiano, 8;

contro

Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocato E B, con domicilio eletto presso l’Ufficio di rappresentanza della Regione Campania, in Roma, via Poli, 29;

nei confronti

Ordine dei Farmacisti della Provincia di Caserta, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la CAMPANIA – sede di NAPOLI, Sezione V n. 03417/2017, resa tra le parti, concernente decreto dirigenziale Regione Campania n. 157 del 29 luglio 2014, nonché decreto dirigenziale 18 marzo 2015, n. 75, e nota Direzione generale Tutela Salute Regione Campania 16 aprile 2016, n. 257659.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Campania;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 aprile 2018 il Cons. Lydia Ada Orsola Spiezia e uditi per le parti gli Avvocati Lucio Perone su delega dichiarata di P C e Rosanna Panariello su delega dichiarata di E B;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO


1. La vicenda all'esame concerne, in sostanza, la contestata legittimità sia della determinazione dirigenziale 29 luglio 2014, n. 157 (trasmessa via PEC in data 31 luglio 2014), con cui il Dipartimento della Salute della Regione Campania aveva dichiarato la decadenza del Comune di Mondragone (CE) dal diritto di prelazione per la gestione diretta della neoistituita farmacia 7 in località le Vagnole, sia (primi e secondi motivi aggiunti) del successivo decreto dirigenziale 18 marzo 2015, n. 75, (trasmesso via PEC il 24 marzo 2015), con cui il dirigente del Dipartimento Salute, nella parte in cui, individuando le farmacie disponibili al privato esercizio, aveva inserito la farmacia n. 7 nell’elenco delle farmacie disponibili per i privati (indicate nel bando n. 13/2009), con espresso riferimento alle procedure di prelazione non perfezionate dai Comuni inadempienti e chiuse dalla Regione Campania con i provvedimenti del luglio 2014 e del parere dell’avvocatura regionale del 18 febbraio 2015 ed infine (terzi motivi aggiunti) della nota 14 aprile 2016 con cui la Direzione generale 04 ha confermato la decadenza del Comune di Mondragone dal diritto di prelazione della sede farmaceutica n. 7.

Con ricorso al TAR Campania (RG5624/2014) il Comune di Mondragone ha chiesto l’annullamento, previa sospensione, dei suddetti provvedimenti, deducendone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere, sotto plurimi profili.

Con una prima ordinanza cautelare 5 dicembre 2014, n. 2047, il TAR per la Campania sospendeva l’efficacia del decreto dirigenziale di decadenza n. 157/2014, ai fini del riesame da parte della Regione, e, con successiva ordinanza 3 luglio 2015, n. 1313, sospendeva altresì il decreto dirigenziale 18 marzo 2015 (nella parte in cui aveva incluso anche la farmacia n. 7 nell’elenco di quelle destinate ai privati), impugnato con il primo ed il secondo atto di motivi aggiunti (unitamente al connesso parere dell’Avvocatura regionale 18 febbraio 2015), ai fini della conclusione del procedimento con un provvedimento espresso in ordine agli effetti del diritto di prelazione esercitato dal Comune di Mondragone.

Nel giudizio di primo grado si costituiva in giudizio la Regione Campania, eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione e l’inammissibilità del ricorso (per omessa notifica ai controinteressati aspiranti alla sede) e chiedendone il rigetto nel merito.

Interveniva ad opponendum l’Ordine dei Farmacisti di Caserta, che, aderendo alle eccezioni di rito della Regione, nel merito chiedeva il rigetto del ricorso.

Con l’appellata sentenza 22 giugno 2017, n. 3417, il TAR Campania, preliminarmente respinte le eccezioni di difetto di giurisdizione e di inammissibilità per omessa notifica, nel merito ha respinto il ricorso introduttivo ed i primi e secondi motivi aggiunti, mentre ha dichiarato inammissibile il terzo atto di motivi aggiunti, in quanto proposto contro un atto interno (trattandosi di una relazione inviata dalla Direzione Regionale per la Tutela Salute all’Avvocatura regionale in vista della udienza di merito del 19 aprile 2016.

Con l’appello in epigrafe, notificato il 19 ed il 22 dicembre 2017, il Comune di Mondragone ha impugnato la sentenza di primo grado (non notificata), chiedendone la riforma (con 16 profili di censura), previa sospensione, per violazione della normativa del settore farmaceutico e per mancata corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, con riferimento ai vizi del decreto dirigenziale n. 157/2014, nonché per irragionevolezza e contradditorietà di alcuni capi della sentenza, specificamente indicati ed esaminati.

Si è costituita in giudizio la Regione Campania, che, dopo un riepilogo della lunga vicenda procedimentale, ha chiesto il rigetto dell’appello, rilevando che il provvedimento di decadenza del 2014 si fonderebbe sul ritardo complessivo accumulato dal Comune nel perfezionare gli adempimenti di competenza per l’apertura della farmacia, mentre il decreto n. 75/2015 si fonderebbe sull’avvenuto inutile decorso del termine legale perentorio del 31 dicembre 2014 fissato dalla legge della Regione Campania n. 16/2014, art. 1, comma 193, (secondo quanto indicato anche dalla seconda ordinanza cautelare), considerato, altresì, che nessun rilievo potrebbe essere riconosciuto alla legge regionale n. 16/2014, in quanto, da un lato, la decadenza, in realtà si sarebbe perfezionata già in data 29 luglio 2014, cioè in epoca antecedente alla entrata in vigore della nuova normativa, mentre, dall’altro, il Comune appellante, comunque, non avrebbe concluso il procedimento di apertura della farmacia neanche alla data del 31 dicembre 2014, termine legale perentorio, fissato dalla citata legge regionale per consentire ai Comuni che avessero esercitato il diritto di prelazione sulle rispettive sedi farmaceutiche di trasmettere al competente ufficio regionale tutti gli atti propedeutici al rilascio della prescritta autorizzazione regionale.

Con successive note difensive del marzo 2018 la Regione ha insistito per il rigetto dell’appello, sottolineando che anche questo giudice di appello si era pronunciato più volte (vedi CdS Sezione Terza n. 26/2017 e n. 2943/2016) sulla inapplicabilità (ratione temporis) del nuovo termine (31 dicembre 2014, fissato dalla citata legge regionale n. 16/2014) ai procedimenti nei quali il termine per la presentazione da parte dei Comuni della documentazione (necessaria per l’apertura delle farmacie in diritto di prelazione) fosse già scaduto.

Con memoria difensiva del marzo 2018 il Comune appellante, riepilogate le vicende del procedimento di esercizio della prelazione e di quello dell’apertura della farmacia n. 7 in località Le Vagnole, ha replicato puntualmente alle argomentazioni esposte dalla Regione Campania, insistendo per l’accoglimento dell’appello;
in particolare il Comune, premessa la non applicabilità al procedimento in controversia del termine del 31 dicembre 2014 (introdotto dalla legge regionale n16/2014), deduceva la mancata pronuncia del giudice di primo grado con riferimento alle censure formulate avverso il decreto di decadenza 29 luglio 2014, n. 257, tra le quali primario rilievo assumerebbe quella secondo cui, non avendo il Comune avuto tempestiva conoscenza della nota 10 marzo 2014 che diffidava il Comune di Mondragone ad adottare nel termine perentorio di 120 giorni tutti i provvedimento necessari per completare il procedimento di apertura della farmacia n. 7 in gestione comunale, l’ente locale non avrebbe beneficiato completamente del suddetto termine, con la conseguente illegittimità della dichiarata decadenza, mentre il giudice di primo grado non avrebbe considerato che alla data della decisione del ricorso (4 aprile 2017, e non 22 giugno 2017, come indicato dall’appellante) il Comune aveva portato già a compimento l’iter procedimentale per l’apertura della farmacia (fin dal 28 novembre 2015), presentando alla Regione la relativa istanza di autorizzazione all’apertura della sede farmaceutica;
infine l’appellante rilevava che, anche per effetto delle pronunce cautelari e dell’incertezza derivatane, il Comune non sarebbe mai stato sottoposto “ad un termine certo – convenzionale o legale che sia – per il completamento delle attività propedeutiche al rilascio dell’autorizzazione regionale”, per cui dovrebbe essere ritenuta legittima la conclusione del procedimento in controversia, che sarebbe avvenuta fin dal 28 novembre 2015 (quasi due anni prima della decisione del ricorso di primo grado), pur se rimasta senza esito formale da parte della Regione.

Alla pubblica udienza meglio indicata in epigrafe, uditi i difensori presenti per le parti, la causa è passata in decisione.

2. Quanto sopra premesso in fatto, per ragioni di chiarezza espositiva il Collegio ritiene utile, innanzitutto, riportare di seguito quanto, in fatto, il giudice di primo grado ha ritenuto di specifico interesse ai fini della ricostruzione del lungo procedimento nel cui ambito sono stati adottati i provvedimenti impugnati:

“a) in data 11.09.2008 la Giunta Comunale con delibera n. 123 stabiliva di esercitare, ai sensi degli artt. 9 e 10 della l. n. 475/1968, il diritto di prelazione per l'assunzione della gestione della sede farmaceutica di nuova istituzione;

b) con delibera n. 88 del 29.10.2012 la medesima Giunta localizzava il settimo esercizio farmaceutico nella località "Le Vagnole", in località periferica rispetto al centro urbano, già servito;

c) avvalendosi degli strumenti di gestione delle farmacie comunali previsti dall'art. 9 della L. 475/1968, con Delibera di Consiglio Comunale n. 33 del 9.09.2013, la medesima Amministrazione locale decideva, altresì, di far ricorso alla Farcom S.p.a., società di capitali mista pubblico-privata (partecipata al 70% dal Comune), per la gestione della sede farmaceutica già oggetto di prelazione;

d) con lettera del 10.03.2014, della quale non è stata fornita prova dell'avvenuto ricevimento essendo stata inviata ad un erroneo indirizzo p.e.c., l'Amministrazione regionale diffidava il Comune ricorrente ad adempiere, nel termine di 120 gg., all'onere di adottare gli atti necessari per la conclusione del procedimento di apertura della sede farmaceutica in gestione comunale;

e) con la successiva nota del 16.05.2014, la medesima Amministrazione regionale, richiamando la precedente predetta diffida del 10.03.2014, rappresentava al Comune che in data 8.07.2014 sarebbe definitivamente scaduto il termine perentorio per la presentazione di tutti gli atti necessari al rilascio dell'autorizzazione regionale per l'apertura della nuova farmacia, con conseguente avvio, in caso di perdurante inadempienza, della procedura per la dichiarazione di decadenza;

f) con provvedimento del 29 luglio 2014, n. 157 (impugnato con il ricorso introduttivo), la Regione Campania dichiarava la decadenza dell'Amministrazione comunale dalla prelazione esercitata, non ritenendosi a quella data prodotti gli atti concernenti la concreta adozione della forma di gestione scelta sia sul piano economico finanziario sia quanto all'affidamento della direzione tecnica e all'individuazione dei locali per l'esercizio della farmacia;

g) immediatamente dopo l'emissione del decreto recante la decadenza dal diritto, la Regione Campania, con l'art. 1 comma 193, della Legge Regionale n. 16 del 7.08.2014, disponeva che: "I Comuni della Regione Campania che hanno esercitato il diritto di prelazione sulle rispettive sedi farmaceutiche, in applicazione degli articoli 9 e 10 della legge 2 aprile 1968, n. 475 (Norme concernenti il servizio farmaceutico), devono trasmettere entro e non oltre il 31 dicembre 2014, al competente Ufficio regionale, tutti gli atti propedeutici al rilascio della prescritta autorizzazione regionale";

h) Ottenuta dal TAR Campania, con ordinanza cautelare 5 dicembre 2014, n. 2047, la sospensione degli effetti del decreto di decadenza 29 luglio 2014, n. 157 (anche alla luce della normativa regionale sopravvenuta), il Comune con delibera di G.C. n. 159 del 10.11.2015 (recante l'approvazione definitiva del "Nuovo Piano Generale di localizzazione delle sedi farmaceutiche nel territorio del Comune di Mondragone", adottato con delibera G.C. n. 135 del 25.09.2015) confermava la nuova localizzazione della 7^ sede farmaceutica;

i) il 19.10.2015 il Consiglio di Amministrazione della Farcom S.p.a. deliberava "all'unanimità la nomina del dott. Lu. Co. quale Direttore Tecnico della VII Sede";

l) in data 28.11.2015, infine, il Comune di Mondragone presentava alla Regione Campania richiesta di autorizzazione all'apertura della 7^ Sede farmaceutica a gestione comunale.”

In particolare, il TAR Campania (superate le eccezioni preliminari), nel respingere nel merito l’atto introduttivo ed i primi due atti di motivi aggiunti, ha ritenuto, in primo luogo, che correttamente la Regione, con il decreto dirigenziale n. 157 del 29.07.2014 (adottato dalla Direzione generale Tutela), avesse dichiarato il Comune di Mondragone decaduto dal diritto di prelazione per l’esercizio comunale della neoistituita farmacia n. 7, non avendo provveduto alla adozione dei provvedimenti di competenza entro il termine perentorio di 120 giorni che sarebbe scaduto in data 8 luglio 2014.

Infatti, entro tale data, la Direzione generale Tutela della Salute, con nota di diffida ad adempiere (ai sensi della legge n. 241/1990) del 10 marzo 2014, n. 168380, cui faceva seguito la nota 16 maggio 2014, n. 336858, aveva rappresentato al Comune di Mondragone l’obbligo, a pena di decadenza, di “adottare gli atti necessari per la conclusione del procedimento di apertura della sede farmaceutica n. 7 in gestione comunale (forma gestione, piano economico finanziario, affidamento direzione tecnica ed individuazione locali per esercizio farmacia)” (vedi decreto dirigenziale n. 157/2014).

In particolare il giudice di primo grado, in ordine all’ambito di applicazione della legge regionale n. 16/2014, art. 1, comma 193, abbandonando il proprio precedente orientamento, espresso anche in sede cautelare, ha condiviso l’ interpretazione, che ne ha dato il Consiglio di Stato, affermando che “ la disposizione in parola non esplicita affatto la volontà di ammettere anche i Comuni già decaduti dal diritto di prelazione al completamento tardivo della procedura, come sarebbe palesemente necessario per dettare una norma dal contenuto eccezionale proposto, consistente di fatto nella sanatoria di un inadempimento amministrativo, già sanzionato, appunto, con la decadenza " (Consiglio Stato, sez. III, 30.06.2016, n. 2943).

Inoltre (sempre uniformandosi all’orientamento tracciato dal giudice di appello), la sentenza impugnata afferma, per altro connesso profilo, che la Regione, con il decreto n. 157 del 29 luglio 2014, si era correttamente determinata nel dichiarare la decadenza del Comune dalla prelazione, considerato che la semplice scelta della forma di gestione della farmacia (nello specifico caso, con adesione al Consorzio all'uopo costituito e l'approvazione del relativo schema convenzionale), seppure compiuta entro il termine fissato dalla legislazione regionale del 31 dicembre 2014, risulta, comunque, "atto palesemente inidoneo a consentire la sua apertura, non fosse altro perché inefficace fino all'accettazione dell'adesione da parte del Consorzio", come tale, quindi, non integrante sufficiente forma di adempimento rispetto all'obbligo normativamente fissato a pena di decadenza.

Ad avviso del giudice di primo grado, inoltre, anche il parere reso dall'Avvocatura regionale in data 18 febbraio 2015 (parte integrante del decreto 18 marzo 2015, n. 75, recante l’elenco delle sedi farmaceutiche da mettere a concorso per il privato esercizio) si uniforma al suddetto orientamento del giudice di secondo grado.

Infatti l’Avvocatura regionale prospetta che la Regione avrebbe dovuto valutare di nuovo la posizione dei soli enti che, esercitato il diritto di prelazione, avessero presentato, alla data legislativamente fissata quale termine di decadenza (31.12.2014), quantomeno tutta la documentazione propedeutica al rilascio dell'autorizzazione, intendendosi per tale l'individuazione della forma gestionale, del direttore responsabile della farmacia e la relativa ubicazione.

Pertanto (conclude la sentenza impugnata) dagli atti emerge che il Comune di Mondragone ha provveduto ad inoltrare alla Regione la prescritta documentazione (completa di ubicazione della sede e piano finanziario) soltanto con nota 28 novembre 2015, n. 47724, cioè “ a termini sia convenzionali che legali, abbondantemente scaduti ”.

In conseguenza (ad avviso del giudice di primo grado), divengono irrilevanti le censure dedotte nei confronti sia della decadenza del Comune ricorrente (dal diritto di prelazione), dichiarata con il decreto 29.07.2014, n. 157, sia, in via derivata, nei confronti del successivo decreto 18 marzo 2015, n. 75, di individuazione e pubblicazione delle 93 sedi assegnabili al privato, tra le quali erano inserite anche le 10 sedi (compresa quella del Comune di Mondragone) per le quali era pendente un contenzioso, oggetto di specifica nota.

In particolare, il giudice di primo grado ritiene insussistenti i vizi di incongruità della data di scadenza del termine per adempiere, fissata in data 8 luglio 2014 dalla nota di diffida del 10 marzo 2014 e ribadita dalla nota del 16 maggio 2014, nonché, da ultimo, differita dalla legge regionale n. 16/2014, al 31 dicembre 2014, limitatamente agli enti locali non dichiarati decaduti.

Al riguardo, la sentenza impugnata rileva che, mutando, in occasione della decisione della causa nel merito, il precedente avviso espresso in sede cautelare, non possa disconoscersi che il Comune ha avuto, comunque, a sua disposizione complessivamente un congruo periodo di tempo per adempiere, ove si consideri che il contenuto della originaria (non conosciuta) diffida ad adempiere (entro il termine perentorio dei 150 giorni) era stato, comunque, riprodotto con la nota 16 maggio 2014 e che, quindi, il termine in questione sarebbe, comunque, venuto a scadenza in data 17 settembre 2014, mentre, al contrario, il Comune non solo non aveva adottato i provvedimenti di competenza entro il termine del 17 settembre 2014, ma, altresì, non aveva rispettato neanche “i più ampi tempi dello spatium deliberandi riservato al Comune dalla legge regionale 7 agosto 2014, n. 16”, che, seppure non applicabile al caso in questione, tuttavia era stata richiamata (pur se a seguito di differenti ragionamenti) sia nell’ordinanza cautelare 5 dicembre 2014, sia nell’ultima nota regionale del 14 aprile 2016 (trasmessa dalla Direzione generale Tutela Salute alla Avvocatura regionale in vista dell’udienza al TAR Campania del 19 aprile 2016).

Inoltre il giudice di primo grado, con riguardo al successivo decreto di individuazione e pubblicazione delle sedi farmaceutiche disponibili per l’assegnazione all’esercizio privato (con procedura concorsuale), ritiene infondate le censure di elusione del disposto cautelare di cui alla ordinanza n. 2047/2014 e di mancata adozione di un nuovo provvedimento di decadenza espresso da parte della Regione.

In ordine alle suddette censure il TAR osserva che con tale provvedimento “si conferma, poi, nuovamente la decadenza dal diritto alla prelazione per l’inutile decorrenza dei termini prefissati, siano convenzionali o legali, persistendo l’inadempienza nei Comuni prelazionanti per le sedi vacanti, sicché, nel caso specifico, la 7^ sede farmaceutica de quo non poteva più essere considerata nella disponibilità del Comune di Mondragone a seguito della sospensione de decreto decadenziale n. 157 del 29 luglio 2014, superato” e, quindi, afferma che “dalla analisi del provvedimento di pubblicazione delle sedi disponibili, emerge che la dichiarazione di decadenza è esplicitamente ricompresa e ribadita proprio nell’enucleazione delle ragioni giuridiche sottese alla definizione del numero e delle sedi da assegnare”.

Inoltre (ad avviso del TAR), il decreto n. 75/2015 non risulta viziato né da difetto di istruttoria né da insussistenza dei presupposti per la conferma della decadenza, in quanto è motivato con riferimento al parere dell’Avvocatura regionale 18 febbraio 2015, indicato quale parte integrante del medesimo, secondo il quale “per i Comuni che, nonostante il decennio trascorso e l’ulteriore proroga fornita dalla legge regionale n. 16 del 7 agosto 2014, non hanno completato l’iter procedurale sotteso al provvedimento autorizzativo regionale, andrà dichiarata la conferma della decadenza dal diritto di prelazione, già disposta con i provvedimenti di luglio 2014, e le sedi medesime saranno assegnate all’interno della procedura concorsuale in itinere, al privato esercizio”.

Infine la sentenza impugnata dichiara inammissibile il terzo (ed ultimo atto di motivi aggiunti), in quanto l’atto impugnato, cioè la nota del 14 aprile 2016, n. 257659 (trasmessa dalla Direzione generale Tutela Salute alla Avvocatura regionale in vista dell’udienza del 19 aprile 2016) ha natura, in realtà, di mera relazione interna, predisposta dalla Direzione regionale Tutela Salute (unità organica competente in materia di assegnazione di sedi farmaceutiche) allo scopo di fornire supporto difensivo al servizio legale.

3. Il Comune appellante ha chiesto la riforma della sentenza, censurata con molteplici motivi di appello, che, contestandone la motivazione sotto aspetti connessi, pur se distinti, per ragioni di economia di mezzi, saranno trattati per gruppi omogenei.

L’appello va respinto con parziale conferma della sentenza di primo grado con motivazione in parte diversa.

In primo luogo, dai passi della sentenza impugnata soprariportati emerge che non trova riscontro positivo la censura di omessa pronuncia, né con riferimento alla contestata legittimità del decreto dirigenziale (regionale) 29 luglio 2014, n. 157, e del successivo decreto dirigenziale 18 marzo 2015, n. 75, né, tanto meno, con riferimento alla dedotta inapplicabilità al caso di specie del termine del 31 dicembre 2014, introdotto dalla legge regionale n. 16/2014, preso in considerazione dal parere dell’Avvocatura regionale, parte integrante del decreto di decadenza n. 75/2015, quale ultimo limite temporale utile entro il quale il Comune avrebbe potuto adottare i provvedimenti di competenza, evitando, quindi, la conferma della dichiarazione di decadenza.

In secondo luogo, proprio in ordine alla applicabilità o meno al caso di specie del suddetto termine 31 dicembre 2014, è opportuno precisare che, in effetti, l’ambito di applicazione della disposizione regionale ha dato luogo ad alcune incertezze, di cui dà conto la stessa sentenza impugnata, ricordando che il giudice di appello non ha condiviso le pronunce del TAR Campania, le quali, in un primo momento, avevano ritenuto che il sopravvenuto differimento del termine ultimo concesso ai Comuni interessati, si applicasse anche a “rapporti di prelazione esauriti per intervenuta decadenza dal diritto”. In particolare il giudice di appello (vedi Cons. Stato Sezione Terza, 30 giugno 2015, n. 2943) ha affermato che “ la disposizione in parola non esplicita affatto la volontà di ammettere anche i Comuni già decaduti dal diritto di prelazione al completamento tardivo della procedura ”.

Pertanto, nonostante la scarsa chiarezza di talune espressioni contenute nei provvedimenti impugnati e la valutazione contestuale di fattispecie disomogenee, tuttavia il Collegio ritiene che sia la Regione sia la sentenza impugnata, quando fanno riferimento al termine del 31 dicembre 2014, quale ultima data utile per gli adempimenti di competenza del Comune appellante (e, quindi, specularmente, per valutare la sussistenza o meno dei presupposti per la decadenza dall’esercizio del diritto di prelazione), in sostanza, lo richiamano, non in quanto la legge regionale n. 16/2014 sia applicabile al caso di specie, ma, diversamente, al circoscritto fine sia di tener conto del contenuto dell’ordinanza cautelare n. 2047/2014 (che all’imminente scadenza del termine del 31 dicembre 2014 ricollega il danno grave ed irreparabile), sia di rafforzare la constatazione che il Comune, dopo la nota del 16 maggio 2014, pur avendo avuto la possibilità di fruire, di fatto, fino al 17 settembre 2014, dell’intero periodo di 120 giorni per provvedere e, poi, pur avendo ottenuto in data 4 dicembre 2014 la sospensione del decreto di decadenza del 29 luglio 2014, con ordinanza cautelare n. 2047/2014, tuttavia, non ha provveduto agli adempimenti per la cui attuazione era stato diffidato.

Anzi, come risulta dagli atti, soltanto successivamente al decreto 18 marzo 2015, n. 75, il Comune con delibera di giunta 28 aprile 2015, n. 64, rivedendo la precedente ubicazione in località Le Vagnole della sede farmaceutica indicata nel 2012, ha adottato un nuovo Piano di localizzazione (in considerazione delle mutate esigenze del territorio) e solo con delibera di giunta 10 novembre 2015 ha stabilito la nuova localizzazione della sede farmaceutica n. 7 in quartiere Sant’Angelo.

D’altra parte, il parere dell’Avvocatura regionale, parte integrante del decreto n. 75/2015, dopo aver richiamato il restrittivo indirizzo seguito dal TAR Campania in sede cautelare già nel 2014 in ordine all’ambito di applicazione del termine del 31 dicembre 2014 ai Comuni coinvolti nel procedimenti di decadenza dal diritto di prelazione, è chiaro nel prospettare che la Regione debba valutare nuovamente “ le posizioni dei Comuni coinvolti, autorizzando la titolarità della sede farmaceutica ai soli enti, che, a quella data, abbiano presentato tutta la documentazione propedeutica a tale rilascio, intendendosi per tale: l’individuazione della forma gestionale e del direttore responsabile della farmacia e la relativa ubicazione ”, mentre propone una diversa valutazione della posizione dei Comuni che, nonostante il decennio trascorso e la ulteriore proroga disposta dalla legge regionale 7 agosto 2014, n. 16, non abbiano completato l’iter procedurale, ritenendo che in tali casi “ andrà dichiarata la conferma della decadenza dal diritto di prelazione, già disposta con i provvedimento di luglio 2014 e le sedi medesime saranno assegnate, all’interno della procedura concorsuale in itinere, al privato esercizio ”, in quanto “ non meritano di rimaner ancora prive di farmacia le relative realtà territoriali fino ad oggi private ingiustamente di adeguata assistenza sanitaria ”.

Quindi (a differenza di quanto deduce l’appellante), nel parere in questione l’Avvocatura regionale, nella parte in cui prospetta la conferma della decadenza nei casi in cui i Comuni siano rimasti inadempienti “nonostante …l’ulteriore proroga fornita dalla legge regionale n. 16 del 7 agosto 2014”, non sostiene l’applicabilità della proroga al 31 dicembre 2014 anche ai casi in cui sia già stata dichiarata la decadenza, ma, piuttosto, si limita a prospettare la sussistenza dei presupposti per confermare la decadenza dal diritto di prelazione, già disposta dalla Regione con i provvedimenti adottati nel luglio 2014, nei confronti di quei Comuni, che, comunque, anche a prescindere dalla formale applicabilità del nuovo termine, neanche in via di fatto si siano attivati entro il 31 dicembre 2014 per gli adempimenti di competenza.

Pertanto il Collegio non ritiene che i provvedimenti regionali impugnati e le argomentazioni della sentenza appellata siano viziati da irragionevole contraddittorietà (dedotta dall’appellante con riferimento alla ondivaga individuazione del termine perentorio, entro il quale il Comune avrebbe dovuto provvedere a pena di decadenza agli adempimenti di competenza), ma, piuttosto, reputa che le dedotte ambiguità, incertezze e contraddittorietà, in realtà, non attengano al profilo sostanziale delle argomentazioni esposte, ma siano riconducibili soltanto ad un metodo espositivo non connotato da un livello di linearità e chiarezza adeguato al contesto procedimentale e contenzioso, che di per sé stesso si presenta abbastanza confuso, a causa della diffusa sommarietà dell’attività amministrativa di entrambi gli enti compartecipi del procedimento di decadenza all’esame.

Né la sentenza in epigrafe risulta inficiata da contraddittorietà nella misura in cui il suo esito di rigetto del ricorso e dei motivi aggiunti risulta antitetico rispetto alle due ordinanze cautelari, che avevano accolto le istanze di sospensione dei provvedimenti impugnati.

Infatti, premesso che la sommarietà della cognizione della questione sotto il profilo di diritto rappresenta la caratteristica della fase cautelare, appare evidente che la completezza della cognizione della questione controversa in sede di decisione di merito di per sé stessa costituisce una ragione sufficiente a dare conto alla parte di una pronuncia di merito, che, sulla base di diverse, ma complete e puntuali valutazioni di fatto e di diritto, porti ad un esito definitivo di segno eventualmente antitetico rispetto a quello che (con verosimile margine di probabilità) l’accoglimento dell’istanza cautelare abbia potuto far ipotizzare alla parte.

Per analoghe considerazioni la sentenza impugnata non risulta censurabile neanche sotto il profilo (correlato con quello del difetto di motivazione di cui sopra) della dedotta lesione “ dell’affidamento che il Comune, proprio in virtù del senso e della portata delle pronunce cautelari, aveva riposto nella regolamentazione secondo buon diritto del procedimento autorizzativo de quo ”.

Inoltre, in aggiunta alle precedenti considerazioni, va evidenziato che le doglianze dell’appellante non trovano riscontro positivo negli atti neanche quando rappresentano che, se il TAR avesse esplicitato con chiarezza fin dalla prima pronuncia cautelare la propria opinione in merito alla normativa applicabile al caso all’esame, “ il Comune avrebbe potuto comprendere quale fosse il termine finale di legittimo riferimento e agire in conseguenza, ossia attivarsi entro tale limite temporale per la conclusione del procedimento ”.

Infatti, posto che l’ordinanza cautelare 4 dicembre 2014, n. 2047, ricollega il pregiudizio grave ed irreparabile (prospettato dal ricorrente quale conseguenza del decreto n. 157/2014) proprio

all’approssimarsi del termine legale (31 dicembre 2014) stabilito dall’art.1, comma 123, della legge regionale della Campania n. 16 del 7 agosto 2014 per l’approvazione e la trasmissione degli atti propedeutici al rilascio dell’autorizzazione regionale” , appare evidente che, accogliendo l’istanza di sospensione del decreto di decadenza del 29 luglio 2014, ai fini del riesame, il giudice di primo grado (nella sua pur sommaria cognizione) aveva prospettato, comunque, la necessità che, per i prescritti adempimenti, il legislatore regionale avesse dettato il termine perentorio del 31 dicembre 2014.

Peraltro, al riguardo, va rammentato che il Comune, da un lato, non ha proposto appello cautelare avverso tale ordinanza cautelare, mentre, dall’altro, ha provveduto ai primi adempimenti soltanto nel mese di aprile 2015, cioè successivamente alla ricevuta comunicazione del nuovo decreto di decadenza 18 marzo 2015, n. 75.

D’altra parte, vista l’articolata dinamica del giudizio di primo grado, è ragionevole supporre che il Comune, nell’assumere le proprie determinazioni sulla questione, abbia considerato la situazione sotto molteplici aspetti formali ed informali (non tutti evidentemente rilevabili dagli atti del giudizio), atteso che (secondo quanto emerge dalle difese di parte ricorrente) la trattazione della causa nel merito, già fissata una prima volta (dopo l’ordinanza di sospensione cautelare n. 2047/2014 del decreto n. 257/2014) alla udienza del 12 marzo 2015, è stata rinviata, dapprima, al 2 luglio 2015 e poi (poiché in quella data il TAR aveva accolto l’istanza di sospensione del sopravvenuto decreto n. 75/2015) al 3 dicembre 2015 e (atteso) che da tale data, su ulteriore istanza di rinvio “al fine di consentire alla Regione Campania di concludere il procedimento finalizzato all’emissione del decreto di autorizzazione”(vedi terzo atto di motivi aggiunti nel giudizio innanzi al TAR) è stata fissata al 19 aprile 2016, salvo (a seguito del deposito da parte della Regione della nota 14 aprile 2016, poi impugnata dal Comune) un ultimo differimento al 4 aprile 2017, data in cui la causa è passata in decisione innanzi al TAR.

Ciò posto, in considerazione delle argomentazioni finora esposte e pur prendendo atto che il procedimento di decadenza concluso dalla Regione Campania nei confronti del Comune appellante risulta in alcuni passaggi poco lineare ed alquanto sommario, tuttavia gli elementi conoscitivi desumibili dagli atti di entrambi i gradi di giudizio appaiono idonei a sostenere il convincimento del Collegio che il decreto dirigenziale 18 marzo 2015, n. 75, costituisca, comunque, il punto centrale della controversia.

Infatti tale decreto, nel fare la ricognizione delle sedi farmaceutiche disponibili per l’esercizio privato, recepisce il parere dell’Avvocatura regionale, richiamato quale parte integrante del medesimo, e, quindi, ritiene determinante la circostanza che il Comune ricorrente (ora appellante), nonostante avesse preso atto, dalla nota 16 maggio 2014, del proprio obbligo di provvedere agli adempimenti di competenza per l’apertura della farmacia comunale entro il termine perentorio di 120 giorni (già in corso dal 10 marzo 2014), tuttavia non avesse provveduto alla adozione di almeno una parte degli atti necessari per concludere il procedimento nei giorni intercorrenti tra la nota del 20 maggio 2014 (data di ricezione della nota del 16 maggio 2014) ed il giorno 17 settembre 2014, data in cui si perfezionava la auspicata scadenza del termine di 120 giorni (ove si fosse posta la data del 20 maggio 2014 quale termine iniziale).

Tra l’altro, per provvedere ai suddetti adempimenti, il Comune appellante (secondo quanto risulta dagli atti), dopo aver stabilito con delibera consiliare 9 settembre 2013, n. 33, di affidare la gestione della farmacia in questione alla spa FARCOM (società di capitali mista pubblico – privata, partecipata al 70 % dal Comune), poi non ha adottato più alcuno dei necessari ulteriori provvedimenti (quali il piano economico finanziario, la scelta del direttore tecnico e l’individuazione dei locali), mentre, sotto diverso profilo, neanche dopo la nota del 16 maggio 2014 ha dato effettivi chiarimenti circa le ragioni della persistente pluriennale inerzia, che si è protratta dal settembre 2003 fino al giorno 23 giugno 2014, data della assemblea dei soci FARCOM, cui ha fatto seguito in data 3 luglio la convocazione del consiglio di amministrazione, che ha deliberato la predisposizione degli interventi propedeutici per ottenere dalla Regione l’autorizzazione alla apertura delle sede farmaceutica.

Di poi, in riscontro alla nota del 16 maggio 2014, il Comune, nell’informare con nota 4 luglio 2014 di tali iniziative la stessa Regione, faceva presente che, una volta perfezionate le formalità previste dal codice civile per l’attività delle società per azioni, l’amministrazione comunale avrebbe proceduto “rapidamente” per concludere il procedimento di apertura della sede farmaceutica.

In realtà (come abbiamo visto) il Comune nell’aprile 2015 aveva ancora in corso importanti adempimenti, visto che con delibera di GC 28 aprile 2015, n. 64 (inviata per i pareri di competenza all’Ordine dei Farmacisti di Caserta ed alla ASL di Caserta), stabiliva di modificare l’ubicazione della sede farmaceutica (per tener conto dei mutamenti del tessuto urbano intervenuti dal 2012), spostandola dalla località Le Vagnole al quartiere Sant’Angelo, e visto che soltanto con delibera del 17 giugno 2015 la RARCOM spa individuava il locale in cui collocare la sede farmaceutica n. 7 nel quartiere Sant’Angelo.

Ma, poiché tali adempimenti (ampiamente programmabili) sono intervenuti in epoca ampiamente posteriore al decreto 18 marzo 2015, n. 75, le correlate attività del Comune, comunque, appaiono inidonee a far considerare superati i presupposti su cui la Regione ha fondato la conferma della decadenza del marzo 2015;
infatti il Comune appellante ha mantenuto un persistente stato di inattività, pur dopo la sospensione del primo decreto di decadenza (ottenuta in data 5 dicembre 2014) in evidente illegittimo contrasto con il termine perentorio assegnato dalla Regione in conformità sia alle disposizioni della legge n. 475/1968, art.10, comma 3, che prevedono tempi relativamente rapidi per il rilascio dell’autorizzazione alla apertura di una farmacia comunale, sia alla esigenza di tutelare il principio della diligenza e del buon andamento e l’interesse pubblico a migliorare il servizio farmaceutico anche nel quartiere periferico, nel quale sarebbe stata ubicata la neoistituita sede farmaceutica comunale.

Né appare fondato lo specifico motivo di appello proposto in ordine alla pretesa incongruità del termine accordato al Comune per adottare i provvedimenti di competenza.

Infatti, al riguardo, l’appellante non tiene conto del fatto che il ricorso introduttivo, con relativa istanza di sospensione, proposto per l’annullamento del decreto dirigenziale del 29 luglio 2014, n. 157, è stato notificato soltanto in data 12 novembre 2014, per cui la circostanza che l’efficacia del provvedimento sia stata sospesa con ordinanza cautelare soltanto in data 5 dicembre 2014 va addebitata alla scelta difensiva del Comune di instaurare il giudizio pochi giorni prima della scadenza del termine per impugnare il decreto n. 157/2014, che comminava nei suoi confronti la decadenza fin dal 29 luglio 2014.

Peraltro va evidenziato che il Comune non ha, comunque, provveduto sollecitamente ai richiesti adempimenti neanche quando ha ottenuto la sospensione del decreto 18 marzo 2015, n. 75 (con ordinanza cautelare 3 luglio 2015, n. 1313), ove si consideri che l’appellante solo in data 18 novembre 2015 ha inoltrato alla Regione Campania l’istanza di autorizzazione corredata della prescritta documentazione consistente nella indicazione della forma di gestione, nel piano economico finanziario, nell’affidamento della direzione tecnica e nella individuazione dei locali per l’esercizio della farmacia.

Inoltre, nel censurare la sentenza sotto un ulteriore profilo, l’appellante deduce che il decreto n. 75/2015 sarebbe illegittimo in quanto la Regione non avrebbe provveduto al previo riesame del decreto di decadenza n. 157/2014 (disposto dall’ordinanza cautelare del dicembre 2014) e, quindi, non avrebbe adottando un nuovo provvedimento espresso.

L’argomentazione va disattesa.

Infatti al riguardo l’appellante non considera che è ragionevole attribuire al decreto 18 marzo 2015 natura sostanziale di riesame (con esito negativo) della posizione del Comune, in quanto richiama sia l’espletamento di una nuova istruttoria in sede regionale in ordine alla posizione dei vari Comuni inadempienti sia la pronuncia di ordinanze cautelari del TAR Campania con cui sono stati sospesi alcuni dei provvedimenti di decadenza già adottati nel luglio 2014.

Inoltre, per altro verso, l’argomentazione sembra provare troppo, in quanto, ove il ritardo negli adempimenti del Comune fosse giustificato, in quanto addebitabile alla mancata adozione di un preliminare provvedimento di riesame da parte della Regione in esecuzione dell’ordinanza cautelare del dicembre 2014, allora non si spiegherebbe per quali antitetiche ragioni il Comune, dopo il decreto 18 marzo 2015 (e prima che ne fossero sospesi gli effetti nel luglio 2015, avrebbe adottato, comunque, alcuni dei richiesti provvedimenti, quale il nuovo Piano di localizzazione delle sedi farmaceutiche nell’aprile 2015, cui faceva seguito nel giugno 2015 l’individuazione da parte di FARCOM del locale nel quale collocare la sede farmaceutica n. 7), nonostante che la Regione non avesse ancora adottato il provvedimento espresso conclusivo del procedimento di decadenza, di cui il giudice di primo rilevava la mancanza nella seconda ordinanza cautelare (pronunciata oltre 4 mesi addietro).

Pertanto gli elementi finora considerati portano il Collegio a ritenere che il decreto di decadenza del 29 luglio 2014 sia stato superato (come ha affermato la stessa sentenza impugnata) dal decreto 18 marzo 2015, n. 75, che, quale nuovo provvedimento adottato a seguito del richiesto riesame, ha, peraltro, sostanzialmente ribadito la perfezionata decadenza del Comune dal diritto di prelazione.

Dall’esame degli atti, inoltre, questo secondo decreto di decadenza del Comune appellante non appare viziato dalla dedotta mancata previa adozione di un nuovo provvedimento, con il quale (ad avviso dell’appellante) la Regione, a seguito di riesame, avrebbe dovuto concedere al Comune un nuovo termine per adempiere (quale rimedio della mancata decorrenza del termine di 120 giorni alla data dell’adozione del decreto del 29 luglio 2014).

In argomento, appare evidente che, all’epoca in cui la Regione, con il decreto 18 marzo 2015, ha ribadito che l’appellante era decaduto dalla prelazione della sede farmaceutica n. 7, il Comune medesimo, nell’effettività delle cose, aveva avuto a disposizione un periodo di tempo certo maggiore del termine di 120 giorni, di cui chiedeva di avvalersi.

Infatti non si può disconoscere che l’appellante, fin dal 20 maggio 2014, fosse a conoscenza dell’obbligo di concludere i propri adempimenti entro il predetto termine, di cui, comunque, contestava soltanto il fatto di non averne potuto fruire interamente, in quanto la Regione erroneamente non aveva tenuto conto del fatto che al Comune ricorrente la diffida del 10 marzo 2014 non era pervenuta per un errore nell’indirizzo PEC.

Né appare contestabile la circostanza che la nota 16 maggio 2014 abbia, anch’essa, natura di diffida ad adempiere, ove si consideri che, da un lato, fa seguito alla (non pervenuta) nota di diffida del marzo 2014 e, dall’altro, ribadisce che, trascorso inutilmente il termine ultimo del 8 luglio 2014, “sarà inderogabilmente avviata, ai sensi di legge, la procedura per la dichiarazione di decadenza del diritto di prelazione della sede farmaceutica in questione”.

L’appellante asserisce, invece, che alla locuzione “ sarà avviata la procedura per la dichiarazione di decadenza ”, in caso di inutile decorso del termine 8 luglio 2014, andrebbe dato il significato che nei confronti del Comune di Mondragone (destinatario della nota) dovrebbe essere adottata una (successiva) diffida ad adempiere con fissazione di un congruo termine, e non la dichiarazione automatica della perfezionata decadenza dalla prelazione.

La censura va dichiarata, innanzitutto, inammissibile, in quanto formulata per la prima volta in grado di appello, in contrasto con il disposto dell’art.104 cpa, ma sarebbe, comunque, da disattendere.

Infatti, appare evidente che, poiché l’espressione in questione deve, comunque, avere un senso logico, non le può essere dato un significato incongruente con il contesto procedimentale, in cui si pone, e con il restante contenuto della nota in cui è inserita.

Pertanto l’espressione “ avvio della procedura per la dichiarazione di decadenza ”, secondo una interpretazione teleologica e logico funzionale, si riferisce alla diretta adozione di un provvedimento di decadenza e, quindi, non prospetta la futura fissazione di un nuovo termine per adempiere, visto che, in sostanza, si tratta di una segnalazione del fatto che con precedente nota di diffida ad adempiere la Regione ha assegnato al Comune destinatario il termine perentorio di 120 giorni per provvedere agli adempimenti di competenza, con contestuale conferma della scadenza del termine in data 8 luglio 2014 (in conformità a quanto indicato nella precedente diffida) e con rinnovo della avvertenza che l’inadempimento comporterà il perfezionamento dei presupposti della dichiarazione di decadenza.

Tra l’altro il Collegio (ai fini della corretta ricostruzione della vicenda contenziosa all’esame) non può non rilevare che il Comune, in realtà, aveva proposto il primo atto di motivi aggiunti (per l’esecuzione dell’ordinanza cautelare n. 2047/2014 nonché per la declaratoria di nullità del decreto n. 75/2015), deducendo l’inottemperanza della Regione all’obbligo di riesame disposto dalla ordinanza cautelare del 2014, mentre solo in subordine aveva chiesto, in sede di cognizione, l’annullamento del suddetto decreto n. 75/2015 per vari vizi tra cui l’inadempimento della statuizione cautelare del dicembre 2014.

Né il decreto 18 marzo 2015, n. 75, risulta viziato dalla insussistenza dei presupposti per la conferma della decadenza né da difetto di istruttoria e di motivazione.

Infatti, premesso che con il decreto n. 75/2015 la Regione, dopo nuova istruttoria, ribadisce la intervenuta situazione di decadenza di alcuni Comuni, tra cui quello di Mondragone, va aggiunto che nel parere 18 febbraio 2015 (parte integrante del medesimo), l’Avvocatura regionale osserva che “per i Comuni che, nonostante il decennio trascorso e l’ulteriore proroga fornita dalla legge regionale n. 16 del 7 agosto 2014, non hanno completato l’iter procedurale sotteso al provvedimento autorizzativo regionale, andrà dichiarata la conferma della decadenza dal diritto di prelazione, già disposta con i provvedimenti di luglio 2014, e le sedi medesime saranno assegnate all’interno della procedura concorsuale in itinere, al privato esercizio”.

E, nel caso specifico, non è ragionevole asserire che la Regione non abbia esposto le ragioni per cui ha confermato la decadenza già dichiarata nel luglio 2014, atteso che il Comune interessato, dopo una inerzia pluriennale, non risulta abbia provveduto ai propri incombenti nei prescritti 120 giorni (cui fa richiamo la nota del 20 maggio 2014), neanche ove i 120 giorni si computino con decorrenza dal 20 maggio 2014 e, tanto meno, ove si computino con decorrenza dal 5 dicembre 2014 (data della prima sospensione cautelare).

Sotto diverso profilo, poi, il Comune appellante deduce che, dopo il decreto di decadenza del 29 luglio 2014, il termine finale per gli adempimenti del Comune si sarebbe presentato di incerto computo e che, poiché l’efficacia del decreto di decadenza 29 luglio 2014 era stata sospesa soltanto il 5 dicembre 2014, il medesimo Comune si sarebbe trovato in posizione sia svantaggiata e discriminata: infatti, da un lato, non avrebbe potuto fruire, entro il termine del 31 dicembre 2014 (previsto dalla legge regionale n. 16/2014 e richiamato nel parere dell’Avvocatura regionale del febbraio 2015) dei 120 giorni accordati agli altri Comuni, cui il nuovo termine fosse applicabile (cioè quelli non colpiti dalla decadenza alla data di entrata in vigore della citata legge regionale 7 agosto 2014, n. 16), mentre, per altro verso, potendo fruire di tale proroga per soli 26 giorni (a partire dalla data dell’ordinanza cautelare del 5 dicembre 2014) avrebbe patito, comunque, una ingiustificata disparità di trattamento nei confronti degli altri Comuni, che avrebbero beneficiato della disposta proroga del termine per adempiere per circa 5 mesi (cioè dal giorno 8 agosto, data della entrata in vigore della legge regionale 7 agosto 2014 al 31 dicembre 2014).

L’argomentazione non è condivisibile.

Infatti il Comune, in tal guisa argomentando, non considera che, nelle more dell’esame della prima istanza cautelare, avrebbe potuto e dovuto adempiere, indipendentemente dal formale atto di riesame della Regione.

In realtà, l’auspicato riesame da parte della Regione, consistendo, in pratica, nel fissare un nuovo termine di 120 giorni, non si poneva come elemento preliminare ed ineludibile per l’adozione dei richiesti provvedimenti comunali, mentre, sotto altro profilo, la diligenza e la attiva collaborazione del Comune, parte del procedimento di apertura della farmacia comunale, certamente rientra nell’ambito del principio di buon andamento e di economicità nonché di ragionevolezza.

Infine, passando alla nota 14 aprile 2016 (impugnato con il terzo atto di motivi aggiunti), ne appare evidente la natura di atto interno, privo di valore provvedimentale, e, quindi, non lesivo, come correttamente ha affermato il giudice di primo grado, che ha dichiarato il suddetto terzo atto di motivi aggiunti inammissibile per carenza di interesse a ricorrere (pur soffermandosi, per completezza, ad illustrare l’infondatezza delle relative censure).

Come già rilevato, la impugnata nota 14 aprile 2016, n. 257659, consiste in una relazione predisposta dalla Direzione regionale Tutela Salute, UOD 08, per l’Avvocatura regionale (destinataria in indirizzo unitamente alla Giunta Regionale ed alla Unità Operativa Dirigenziale 60 01 06) in vista della udienza di merito del 19 aprile 2016, e depositata, infatti, dalla difesa della Regione in data 18 aprile 2016.

Da tale documento, comunque, trova conferma la circostanza che (a differenza di quanto asserito dal ricorrente) il Comune soltanto nel corso del 2015, e quindi successivamente anche al termine ultimo del 31 dicembre 2014 (ove, in via ipotetica, applicabile al caso di specie a seguito di eventuale corrispondente determinazione regionale) ha provveduto ai preliminari adempimenti di competenza, necessari per concludere il procedimento di apertura della farmacia comunale.

Infatti la stessa difesa dell’appellante (come abbiamo già detto sopra) espone che il Comune (solo) con delibera GC 28 aprile 2015, n. 64 (rivedendo la precedente localizzazione del 2012) ha adottato un nuovo Piano di localizzazione, stabilendo di ubicare la farmacia nel quartiere Sant’Angelo, e che, quindi, la FARCOM spa in data 20 giugno 2015 ha stipulato il contratto di locazione dell’immobile in cui collocare la sede farmaceutica ed ha redatto il Piano economico finanziario e che, infine, in data 28 novembre 2015 il Comune ha presentato alla Direzione regionale Tutela Salute istanza di autorizzazione all’apertura della 7^ sede farmaceutica comunale con relativa localizzazione nel quartiere Sant’Angelo.

Né il TAR avrebbe dovuto prendere in considerazione tali adempimenti sul dedotto presupposto che il Comune, prima che la causa fosse decisa, avrebbe realizzato l’interesse pubblico al miglioramento del servizio farmaceutico, facendo in tal guisa venir meno l’interesse pubblico sotteso al provvedimento di decadenza adottato nei confronti del Comune al fine di salvaguardare l’interesse generale alla previsione del servizio farmaceutico anche in quartieri periferici che ne fossero privi.

Infatti la realizzazione dell’interesse generale, nella tipologia di procedimento come quello all’esame, non può prescindere dalla tempestiva realizzazione degli adempimenti in questione e, nel caso specifico, richiede il rispetto del termine perentorio che la Regione ha assegnato a quei Comuni, che, pur avendo esercitato il diritto di prelazione, tuttavia, nonostante i molti anni trascorsi, non avevano ancora adottato i connessi provvedimenti di competenza.

3. Riepilogando, quindi, il Collegio è dell’avviso che il decreto di decadenza n. 157/2014 sia stato superato dal successivo decreto n. 75/2015 (nella parte in cui, a seguito di ulteriore istruttoria, ha ribadito la decadenza del Comune di Mondragone dall’esercizio del diritto di prelazione per la sede farmaceutica n. 7) e che il decreto n. 75/2015 sia immune dalle censure dedotte ed, infine, che la nota 14 aprile 2016, n. 257659, in quanto atto interno privo di effettivo valore provvedimentale, non risulti lesiva.

4. In conclusione, quindi, l’appello in epigrafe va respinto e, per l’effetto, mentre in parziale riforma della sentenza impugnata, l’atto introduttivo del giudizio di primo grado va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, per la restante parte la sentenza impugnata va confermata, con diversa motivazione.

Considerata la diffusa sommarietà nello svolgimento dell’attività amministrativa di competenza di ciascuna delle parti del procedimento di apertura della farmacia in questione, nonché alcuni profili di incertezza sulla situazione di fatto, sussistono giuste ragioni per compensare tra le parti le spese di lite per entrambi i gradi di giudizio.

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