Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-01-09, n. 202000211
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Pubblicato il 09/01/2020
N. 00211/2020REG.PROV.COLL.
N. 07338/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7338 del 2009, proposto dalla Signora
L D L, rappresentata e difesa dall'avvocato G A, con domicilio eletto presso lo studio Antonio D'Alessio in Roma, viale Bruno Buozzi, 99;
contro
Comune di Sperlonga, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina (Sezione Prima) n. 00513/2009, resa tra le parti, concernente un diniego di condono edilizio.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2019 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e rilevato che nessuno è presente per le parti.
FATTO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Latina, sez. II, con la sentenza 27 maggio 2009, n. 513, ha respinto il ricorso proposto dall’attuale parte appellante per l’annullamento dell’ordinanza n.10 notificata il 28.1.2000 di reiezione dell’istanza di condono edilizio.
Secondo il TAR, sinteticamente:
- l'onere della prova in ordine alla data per ottenere il condono grava sul richiedente la sanatoria, perché mentre l'Amministrazione comunale non è normalmente in grado di accertare la situazione edilizia di tutto il proprio territorio alla data indicata dalla normativa sul condono, colui che richiede la sanatoria può fornire qualunque documentazione da cui possa desumersi che l'abuso sia stato effettivamente realizzato entro la data predetta;
- non può ritenersi al riguardo sufficiente la sola allegazione della dichiarazione sostitutiva di atto notorio;
- ciò vale analogamente per l'onere della prova circa l'ultimazione dei lavori entro la data utile per ottenere il condono;
- nel caso di specie, l'affermazione sull'epoca di realizzazione delle opere non è stata suffragata da alcun concreto e plausibile elemento.
La parte appellante contestava la sentenza del TAR assumendone l’erroneità per “Erronea e falsa applicazione di Legge - Difetto di motivazione per erronea valutazione di documenti e travisamento di fatti”.
Con l’appello in esame chiedeva l’accoglimento del ricorso di primo grado.
All’udienza pubblica del 17 dicembre 2019 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Rileva il Collegio che la difesa della parte appellante sostiene che, ai fini della dimostrazione della data di ultimazione dei lavori per cui ha richiesto la sanatoria edilizia, l’appellante stesso ha presentato non solo una "Dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà" ritenuta, secondo la giurisprudenza amministrativa, documento non sufficiente a provare l'effettiva data di completamento dei lavori, ma anche un "Atto notorio" nel quale tre testimoni affermavano, sotto la loro personale penale responsabilità. l'epoca di realizzazione dei lavori di cui si discute.
Il Collegio ritiene che, nel processo amministrativo in genere alcuna rilevanza può essere attribuita, non solo alla dichiarazione sostitutiva di atto notorio presentata ai sensi dell’art. 47 d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, ma anche all’atto di notorietà in senso stretto, ovvero alla dichiarazione testimoniale giurata depositata in giudizio, come nel caso di specie.
E’ costante la giurisprudenza del Consiglio di Stato nell’affermare l’inutilizzabilità della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà nell’ambito del processo amministrativo, in quanto, sostanziandosi in un mezzo surrettizio per introdurre la prova testimoniale, non possiede alcun valore probatorio e può costituire solo un mero indizio che, in mancanza di altri elementi gravi, precisi e concordanti, non è idoneo a scalfire l'attività istruttoria dell'amministrazione ( ex multis Cons. Stato, sez. IV, 7 agosto 2012, n. 4527;id., sez. VI, 8 maggio 2012, n. 2648;id., sez. IV, 3 agosto 2011, n. 4641;id., sez. IV, 3 maggio 2005, n. 2094;id., sez. IV, 29 aprile 2002, n. 2270).
Lo stesso principio si estende anche alle dichiarazioni testimoniali giurate, come quelle in atti.
D’altro canto, l'attitudine certificativa e probatoria della dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà e delle autocertificazioni o auto dichiarazioni è limitata a specifici status o situazioni rilevanti in determinate attività o procedure amministrative e non vale a superare quanto attestato dall'Amministrazione, sino a querela di falso, dall'esame obiettivo delle risultanze documentali (cfr., ex multis , Consiglio di Stato, sez. V, 20 maggio 2008, n. 2352).
Inoltre, come ha chiarito di recente l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, la testimonianza scritta, acquisita nelle forme prescritte dal c.p.c., non può assolvere al ruolo, che le sarebbe proprio, di mezzo di prova, sulla base del quale definire il giudizio sulla fondatezza della doglianza, ma regredisce a mero principio di prova idoneo soltanto a legittimare l’esercizio dei poteri istruttori del giudice (cfr. Adunanza Plenaria 20 novembre 2014, n.32).
Dette dichiarazioni, pertanto, non possono avere nessuna minima valenza dimostrativa in ordine alla prova di un fatto che deve essere ragionevolmente certa, perché da essa dipende l’ammissibilità del condono cui aspira parte appellante.
Si è detto a più riprese, in proposito, che (Consiglio di Stato , sez. VI , 05/03/2018 , n. 1391)” l'onere della prova dell'ultimazione entro una certa data di un'opera edilizia abusiva, allo scopo di dimostrare che essa rientra fra quelle per le quali si può ottenere il relativo condono, ovvero fra quelle per cui il condono non è richiesto, perché realizzate legittimamente senza titolo, ratione temporis, incombe sul privato a ciò interessato, unico soggetto ad essere nella disponibilità di documenti e di elementi di prova, in grado di dimostrare con ragionevole certezza l'epoca di realizzazione del manufatto.”, e per la costante giurisprudenza, (C.d.S., sez. IV, 11 ottobre 2017, n. 4703, e sez. V, 12 ottobre 1999, n. 1440) la prova in questione deve essere poi improntata a particolare rigore ed è in particolare escluso che siano una prova idonea le dichiarazioni sostitutive, come quelle di cui si discute in questo processo, le quali altrimenti verrebbero a costituire un mezzo surrettizio per aggirare i limiti e le cautele che circondano l'assunzione di una prova testimoniale (C.d.S., sez. IV, 15 giugno 2016, n. 2626, relativa ad una fattispecie di domanda di condono concernente proprio una tettoia, e sez. IV, 29 aprile 2002, n. 2270): ciò, in quanto la dichiarazione sostitutiva equivale astrattamente ad una testimonianza sui fatti che ne sono oggetto;se è introdotta nel processo come documento, e quindi senza una specifica valutazione di ammissibilità e rilevanza da parte del giudicante, non ha di per sé rilevanza giuridica;proviene da una persona che non è possibile interrogare nel caso di dubbi sulla sua attendibilità e che, nel caso di dichiarazioni non veritiere, è esposta a sanzioni in linea di principio molto più lievi di quelle previste per la falsa testimonianza.
2. Inoltre, parte appellante deduce la circostanza che il manufatto, di modestissime dimensioni, e di cui è stata chiesta la sanatoria edilizia, venne realizzato in economia dalla ricorrente, da membri della propria famiglia e da alcuni amici.
L’odierna appellante, inoltre, rileva di avere comunque rinvenuto due ricevute all'epoca rilasciatele da una ditta venditrice di materiali edili (Ditta F.lli De Simone) e da una persona che la aiutò ad edificare il manufatto per cui è causa (sig. F G) che comproverebbe la reale ed effettiva epoca di realizzazione dell'immobile di cui si discute.
Nessuna di tali circostanza è idonea, a parere del Collegio, a dimostrare sia la circostanza che l'abuso sia stato effettivamente realizzato entro la data utile, sia l'ultimazione dei lavori entro la data per ottenere il condono, a prescindere dalla controvertibile verosimiglianza dei detti elementi indiziari allegati in appello.
Infatti, la circostanza che il manufatto, di cui è stata chiesta la sanatoria edilizia, venne realizzato in economia, senza peraltro alcun indizio di tale inconsueta circostanza, non dimostra in alcun modo che l'abuso sia stato effettivamente realizzato entro la data utile o che l'ultimazione dei lavori sia avvenuta entro la data per ottenere il condono.
Lo stesso vale per le due ricevute (peraltro mere ricevute aventi efficacia tra le parti, ma non idonee a dimostrare circostanze che riguardano terzi – come l’Amministrazione) che, di per sé, oltre a non essere ammissibili in appello, in quanto documenti presentati in questa sede per la prima volta dalla parte, non offrono riferimenti precisi per dedurre con ragionevole certezza che l'abuso sia stato effettivamente realizzato entro la data utile o che l'ultimazione dei lavori sia avvenuta entro la data per ottenere il condono.
3. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto, in quanto infondato.
Nulla spese, in assenza di costituzione della parte appellata.