Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-05-15, n. 202003112

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-05-15, n. 202003112
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202003112
Data del deposito : 15 maggio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/05/2020

N. 03112/2020REG.PROV.COLL.

N. 02950/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2950 del 2011, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato P C, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato G C in Roma, via Boezio, n. 6,

contro

il Ministero dell’economia e delle finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza - Comando Interregionale dell’Italia Sud-Occidentale della Guardia di Finanza, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Puglia, sede di Bari, Sezione III, n. -OMISSIS-, resa inter partes , concernente una sanzione disciplinare della -OMISSIS-


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’economia e delle finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza - Comando Interregionale dell’Italia Sud-Occidentale della Guardia di Finanza;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’articolo 84, comma 5, del decreto legge 17 marzo 2020, n.18;

Relatore nell’udienza pubblica svoltasi con modalità telematica ai sensi del d.l. 17 marzo 2020 n. 18, del giorno 12 maggio 2020, il consigliere G S;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso n. 713 del 2009, proposto innanzi al T.a.r. per la Sicilia, sede di Catania e successivamente trasmesso, per competenza territoriale, al T.a.r. per la Puglia, sede di Bari, il signor -OMISSIS-, finanziere in servizio presso il Comando-OMISSIS-, aveva chiesto l’annullamento del provvedimento della Guardia di Finanza - Comando Interregionale dell’Italia Sud-Occidentale del 20 novembre 2008, con il quale gli era stata inflitta la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione per aver fatto uso-OMISSIS-).

2. A sostegno dell’impugnativa aveva dedotto, attraverso cinque motivi di ricorso, quanto segue: la violazione del termine per la contestazione degli addebiti;
la sproporzionalità della sanzione;
l’incompetenza del Comandante Interregionale per essere competente il Comandante Generale;
la violazione della disciplina sul trattamento sanitario dei -OMISSIS-;
la violazione dell’obbligo di conservazione del rapporto di lavoro in essere nel grado più basso.

3. Costituitasi l’Amministrazione comunale in resistenza, il Tribunale adìto (Sezione III) ha così deciso il gravame al suo esame:

- ha respinto il ricorso, rilevando l’infondatezza di tutte le articolate censure;

- ha condannato parte ricorrente al rimborso delle spese di lite, liquidate in € 2.000,00.

4. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che:

- “ il Collegio aderisce alla giurisprudenza amministrativa alla luce della quale il termine previsto dall’art. 103 del T.U. 10 gennaio 1957, n. 3 per la contestazione degli addebiti al pubblico dipendente non ha natura perentoria ma è soltanto espressione dell’esigenza generale di un sollecito svolgimento del procedimento disciplinare ”;

- “ Il Collegio ritiene che non può ritenersi illegittima, in quanto affetta da difetto di ragionevolezza o di proporzionalità, la sanzione disciplinare della perdita di grado per rimozione inflitta al finanziere che abbia -OMISSIS-, essendo stato ricondotto tale comportamento alla violazione del giuramento ed alla contrarietà con le finalità del Corpo;
si deve considerare difficile, infatti, sostenere che il consumo -OMISSIS-non contrasti con le finalità del Corpo a cui il militare appartiene, se tra i compiti a cui questo attende vi è proprio il contrasto al -OMISSIS-
”;

- “ nel provvedimento si fa espresso riferimento alla determinazione n. 98635/08 del 26.03.2008, versata in atti, concernente la delega di funzioni del Comandante Generale, legittimamente esercitata nella fattispecie oggetto di gravame dal Comandante Interregionale ”;

- il provvedimento impugnato è coerente con quanto stabilito dall’art. 41, comma 3, della legge 3 agosto 1961, n. 833 che dispone: “ Il militare di truppa incorso nella perdita del grado è iscritto nel proprio distretto di leva come semplice soldato ”.

5. Avverso tale pronuncia il signor -OMISSIS- ha interposto appello, notificato il 18 marzo 2011 e depositato il 14 aprile 2011, lamentando, attraverso cinque motivi di gravame (pagine 5-17) reiterativi dei motivi di primo grado ritenuti non adeguatamente vagliati, quanto di seguito sintetizzato:

I) avrebbe errato il Tribunale nel ritenere che il termine di 90 giorni di cui all’art. 103 della legge n. 3/57 non è perentorio, avuto riguardo all’orientamento pretorio che si è espresso in tal senso;

II) il Tribunale non avrebbe considerato che, nell’esaminare la censura delle sproporzionalità della sanzione, l’appellante non è mai incorso nella violazione dei compiti d’Istituto e che ha spontaneamente informato il suo Comandante del fatto di assumere -OMISSIS-, manifestando la volontà di evitare ogni forma di dipendenza, tanto più che il procedimento disciplinare si fonda unicamente sulle dichiarazioni dello stesso militare;

III) il Tribunale, nel respingere la censura d’incompetenza del Comandante Interregionale, non ha considerato la necessità che il procedimento disciplinare si concluda con determina del Comandante Generale non essendo delegabile il potere di irrogare la sanzione della perdita del grado;

IV) il Tribunale non avrebbe considerato il diritto del militare -OMISSIS-, consacrato dalla normativa invocata in ricorso, alla conservazione del posto ove si manifesti disponibile ad essere sottoposto ad un trattamento di recupero;

V) il Tribunale non avrebbe considerato, nel respingere la relativa censura, l’obbligo dell’Amministrazione, ove disponga la perdita del grado per rimozione, di consentire la conservazione del rapporto di lavoro seppure nel grado più basso della scala gerarchica in servizio permanente effettivo.

6. L’appellante ha concluso chiedendo, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento del ricorso di primo grado e quindi l’annullamento degli atti con lo stesso impugnati.

7. Il Ministero appellato, in data 29 aprile 2011, si è costituito con atto di stile.

8. In vista della trattazione nel merito del ricorso la parte appellata ha svolto difese scritte insistendo per il rigetto del gravame.

9. La causa, chiamata per la discussione all’udienza pubblica svoltasi con modalità telematica del 12 maggio 2020, è stata ivi trattenuta in decisione.

10. Il Collegio ritiene che l’appello sia infondato e sia pertanto da respingere.

10.1 Infondato è il primo motivo, col quale l’appellante torna a lamentare la violazione del termine di 90 giorni contemplato dall’art. 103 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, in quanto, come da consolidato orientamento di questo Consiglio, tale articolo, “che richiede che la contestazione degli addebiti nel procedimento disciplinare a carico di un pubblico dipendente avvenga subito, deve essere interpretato nel senso che il legislatore non ha inteso vincolare la Pubblica amministrazione all’osservanza di un termine fisso, ma ha indicato una regola di ragionevole prontezza e tempestività nella contestazione, da valutarsi caso per caso in relazione alla gravità dei fatti ed alla complessità degli accertamenti preliminari, nonché allo svolgimento effettivo dell’iter procedurale e preordinata ad un equo contemperamento delle esigenze sia dell’Amministrazione pubblica di procedere agli accertamenti preliminari dei fatti disciplinari con ponderata valutazione della gravità e complessità degli stessi, sia della parte privata, onde non siano rese più gravose le modalità della difesa a causa della eccessiva distanza di tempo dal verificarsi dei fatti oggetto di contestazione;
non si può quindi legittimamente procedere alla contestazione di addebiti dopo lungo tempo dall’accertamento dei fatti, ove il ritardo non si fondi specificamente sulla particolarità della situazione accertata o sulla complessità ...
” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 2 novembre 2015, n. 4992). L’appellante lamenta, in particolare, il superamento del termine di tre mesi tra la dichiarazione -OMISSIS-ma lo sforamento dal termine invocato, stante il lasso di tempo intercorrente tra i due atti, consiste in pochi giorni e ciò non consente di ipotizzare alcun pregiudizio alle esigenze defensionali come valorizzate dall’illustrato condivisibile orientamento giurisprudenziale.

10.2 Infondato è anche il secondo motivo d’appello, col quale si assume che la sanzione irrogata sarebbe sproporzionata rispetto alla gravità dei fatti addebitati all’appellante, consistiti nel consumo -OMISSIS-che egli stesso ha spontaneamente rappresentato al suo Comandante.

A tale riguardo, va richiamato il consolidato orientamento - al quale il Collegio ritiene di aderire in assenza di ragioni per le quali si impone un ripensamento - secondo cui “ è incontestabile l’ampia discrezionalità che connota le valutazioni dell’Amministrazione in ordine alla sanzione disciplinare da infliggere a fronte delle condotte accertate ” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 7 novembre 2012, n. 5672; id ., sez. IV, 15 marzo 2012, n. 1452).  Ancor più di recente, questo Consiglio ha ribadito che “ la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all’applicazione di una sanzione disciplinare costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l’evidente sproporzionalità e il travisamento ” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28 ottobre 2019, n. 7335; id ., sez. IV, 22 marzo 2017, n. 1302; id . sez. III, 31 maggio 2019, n. 3652, ove si aggiunge che “ In particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all’Amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità ”). Tale orientamento è stato confermato anche con specifico riferimento alle sanzioni disciplinari irrogate nei riguardi del personale militare, in quanto “ La valutazione circa il rilievo e la gravità dell’infrazione disciplinare commessa dal militare è rimessa alla discrezionalità dell’Amministrazione, la quale, attraverso la commissione di disciplina, esprime un giudizio non sindacabile nel merito, ma soltanto in sede di legittimità nelle ipotesi in cui risulti abnorme o illogico in rapporto alle risultanze dell'istruttoria ” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 ottobre 2018, n. 5700).

Ricondotto il perimetro del vaglio di questo giudice nei limiti della “ non manifesta sproporzionalità ”, non potendo in nessun caso sostituire le proprie valutazioni a quelle operate dall’Amministrazione, salvo che le valutazioni siano inficiate da travisamento dei fatti ovvero il convincimento non risulti formato sulla base di un processo logico e coerente, va rilevato che la condotta dell’appellante, consistente nell’assunzione non -OMISSIS-, non appare incompatibile con la sanzione irrogata, trattandosi di un comportamento contrario alle finalità del Corpo di appartenenza che sono proprio quelle di contrastare l’uso e la diffusione di stupefacenti.

Si registra, al riguardo, un recente precedente in termini di questo Consiglio (sez. IV, 3 ottobre 2018, n. 5684), riferito proprio ad un militare della G.d.F., col quale si è ritenuta l’incompatibilità del consumo, -OMISSIS-con i compiti d’istituto. Si è osservato, infatti, quanto segue: “ La condotta dell’appellato risulta di oggettiva gravità in relazione all’appartenenza dello stesso ad un Corpo militare come la Guardia di Finanza tra le cui prioritarie finalità istituzionali rientra proprio il contrasto ai fenomeni di criminalità connessi al -OMISSIS-. In altri termini, è evidente la contrapposizione tra il comportamento assunto dal dipendente, le finalità istituzionali del Corpo ed i doveri derivanti dal giuramento prestato e tale contrapposizione rende logicamente incompatibile la permanenza in servizio del finanziere. Del resto, occorre osservare, secondo comuni canoni di logica ed esperienza, che -OMISSIS-comporta - in via diretta o indiretta – un’inevitabile contiguità o comunque contatto con chi vende o cede tali sostanze e dunque con soggetti spacciatori, operanti nell’illegalità e dediti a traffici che il Corpo ha, invece, proprio la missione istituzionale di reprimere. In conclusione - rilevato che per costante giurisprudenza le sanzioni di stato non ammettono ontologicamente graduazioni - il provvedimento espulsivo oggetto di contestazione non si connota come abnorme o sproporzionato, tenuto conto delle funzioni repressive del traffico di stupefacenti specificamente assegnate ai militari della Guardia di Finanza (cfr. Cons. Stato, IV, 18 febbraio 2018, n. 307). La giurisprudenza, con specifico riferimento ai casi di specie, infatti, si è consolidata nel ritenere legittimo il provvedimento di perdita del grado del finanziere in servizio permanente risultato positivo agli accertamenti diagnostici per l’uso anche saltuario o occasionale di -OMISSIS-(cfr. Cons. Stato, IV, 23 maggio 2017, n. 2405, che richiama Cons. Stato, IV, 13 maggio 2010, n. 2927).

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