Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-04-28, n. 202304303
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Testo completo
Pubblicato il 28/04/2023
N. 04303/2023REG.PROV.COLL.
N. 10484/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10484 del 2018, proposto da
C M, rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Scotto D'Apollonia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Nettuno, via dei Latini 28;
contro
Comune di Pozzuoli, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato G S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Tommaso Gulli, 11;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) n. 2789/2018
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pozzuoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 14 aprile 2023 il Cons. Rosaria Maria Castorina e udito l’avvocato Francesco Scotto D'Apollonia per parte appellante;
Viste altresì le conclusioni della parte appellata come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’originaria ricorrente impugnava il provvedimento comunale prot. n. 20516 del 22 maggio 2013 di rigetto dell'istanza di concessione edilizia in sanatoria per l’immobile sito alla via Cigliano n. 87, ai sensi della legge n. 326/2003 con il quale il Comune di Pozzuoli negava la sanatoria in quanto “ l’intervento realizzato non è riconducibile tra quelli ammessi a sanatoria dall’art. 32 comma 27 legge 326/2003, perché prevede aumento di superficie e di volume non consentito né dal PRG né dal PTP…e precisamente trattasi di nuova costruzione ”.
Il Tar per la Campania respingeva il ricorso sul presupposto che non poteva qualificarsi l’intervento in questione alla stregua di una mera ristrutturazione edilizia, trattandosi di assunto che si basa sull’accezione giuridica della demolizione-ricostruzione non applicabile ai casi –come quello di specie- in cui il manufatto realizzato sorga da un preesistente rudere;in tale evenienza l’attività in questione deve essere invece considerata, a tutti gli effetti, realizzazione di una nuova costruzione, in quanto il rudere ha perduto i caratteri dell’entità urbanistico-edilizia originaria, sia in termini strutturali che funzionali” (Consiglio di Stato 5106/16) il ricorrente non aveva dimostrato in alcun modo che si era trattato della ristrutturazione di un immobile preesistente e non di un intervento di nuova costruzione e che contrarietà al P.T.P. impediva il rilascio della concessione in sanatoria in quanto il Piano territoriale paesistico è strumento a cui il P.R.G. deve obbligatoriamente uniformarsi.
Appellata ritualmente la sentenza resiste il Comune di Pozzuoli.
All’udienza di smaltimento del 14 aprile 2023 la causa passava in decisione.
DIRITTO
1.Con il primo motivo, l’appellante deduce: “ Eccesso di potere per violazione/o falsa applicazione di legge - errore in judicando – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32, comma 27 e comma 43 della L. 24.11.2003 n. 326 – violazione e/o falsa applicazione della Legge 28.02.1985 n. 47 – violazione e/o falsa applicazione del d.m. 19.09.1957 - violazione e/o falsa applicazione d.lgs. 22.02.2004 n. 42 - violazione e/o falsa applicazione delle norme tecniche di attuazione del P.R.G. del Comune di Pozzuoli - violazione e/o falsa applicazione degli artt. 11 – 12 – 13 delle norme tecniche di attuazione del P.T.P dei Campi Flegrei approvato con D.M. 26.04.1999 – violazione del giusto procedimento – inesistenza dei presupposti in fatto e in diritto – altri profili ”.
Lamenta che il primo Giudice sarebbe incorso in un errore di valutazione, interpretando erroneamente l’articolo 32, comma 27, lettera d), della legge 326/2003 in quanto non sussisteva un vincolo assoluto preesistente.
Evidenzia come risultasse dimostrato che l’immobile era presente nei rilievi aerofotografici del 1998 e, dunque, risalirebbe al periodo precedente all’imposizione del vincolo nel 1999 (a mezzo del PTP dei Campi Flegrei, approvato con D.M. 26.4.1999).
La censura non è fondata.
Il Tar ha correttamente osservato che l’odierna appellante non aveva dimostrato la preesistenza del rudere prima del 1998. A sostegno della sua tesi il ricorrente non ha, infatti, prodotto alcuna documentazione.
Anche alla luce della modifica legislativa dell'art. 3, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 380 del 2001, intervenuta ad opera dell'art. 30 del d.l. n. 69 del 2013, conv. in l. n. 98 del 2013, può ritenersi ormai superato l'orientamento giurisprudenziale maturato nel vigore del testo originario del citato articolo, che riteneva necessaria, ai fini della qualificazione dell'intervento come ristrutturazione edilizia, la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare, ossia di un organismo edilizio dotato di alcune componenti essenziali, quali murature perimetrali, strutture orizzontali e copertura.
La novella legislativa ha difatti esteso l'ambito della ristrutturazione alle ipotesi di ricostruzione di edifici, anche ridotti a rudere, dei quali sia possibile risalire alla consistenza iniziale. La giurisprudenza richiede poi che la consistenza iniziale debba essere dimostrata tanto sotto il profilo dell' an (ossia che un certo immobile sia esistito) tanto sotto il profilo del quantum , inteso come destinazione d'uso ed ingombro planivolumetrico complessivo del fabbricato crollato. Ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 380/2001, un intervento di demolizione e ricostruzione deve essere ricondotto alla categoria della nuova opera e non della ristrutturazione edilizia, a meno che non sia possibile accertare la consistenza dell'edificio preesistente.
Nella specie, nessuna prova è stata fornita né della data di esistenza del rudere, né della sua originaria consistenza.
L'onere di provare la data di realizzazione dell'abuso al fine di verificare la sussistenza dei presupposti per la sanatoria grava, infatti, su chi lo ha richiesto, atteso che solo il privato può fornire, in quanto ordinariamente ne dispone, inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione del manufatto. Inoltre, la prova della data di realizzazione dell'abuso deve essere data con rigore, con mezzi documentali certi (Cons. Stato Sez. VI, 20/01/2022, n. 358).
L’appellante fa riferimento a una relazione tecnica che, sulla base di rilievi fotogrammetrici, aveva rilevato che il manufatto era stato realizzato in epoca anteriore all’apposizione del vincolo.;la relazione, tuttavia, non è stata prodotta in atti.
Dal provvedimento di diniego di condono emerge chiaramente che quest’ultimo è motivato con il contrasto dell’opera realizzata con il P.T.P., per la presenza di un vincolo imposto sul territorio con il d.m. del 12 settembre 1957 e per la mancata riconducibilità dell’intervento tra quelli ammessi a sanatoria ex art. 32, comma 27 della legge 326/2003. Tanto basta ai fini della legittimità del provvedimento atteso che il legislatore con l’art. 32 comma 27, lett. d), d.l. n. 269 del 2003 ha introdotto una disciplina più restrittiva rispetto a quelle precedenti prevedendo che, in presenza di abusi realizzati in zone vincolate, è richiesto il requisito aggiuntivo della conformità urbanistica delle opere realizzate in assenza o in difformità dal prescritto titolo abilitativo. Da tale ricostruzione emerge un sistema che consente la sanatoria delle opere realizzate su aree vincolate solo in due ipotesi, rappresentate: a) dalla realizzazione delle opere abusive prima dell'imposizione dei vincoli;b) dal fatto che le opere oggetto di sanatoria, benché non assentite dal titolo abilitativo, risultino comunque conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, nella specie insussistenti attesa l’indimostrata preesistenza della costruzione.
2.Con il secondo motivo l’appellante deduce: “ eccesso di potere per violazione e/o falsa applicazione di legge – errore in iudicando - violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32 della L. 24.11.2003 n. 326 – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 96 t.u. 18.08.2000 n. 267 - violazione e/o falsa applicazione del L.R. 28.11.2001 n. 19 – violazione e falsa applicazione della L. 241/1990 ed in particolare degli artt. 3 – 7 – 8 – 9- 10 bis – violazione del regolamento edilizio del Comune di Pozzuoli – violazione del giusto procedimento – eccesso di potere per difetto di istruttoria, dei presupposti e di motivazione – contraddittorietà tra atti – travisamento e altri profili ”.
Contesta l’illegittimità del diniego dell’istanza di condono edilizio presentata ai sensi dell’art. 32 L. 326/2003 per omessa acquisizione del necessario parere della Commissione per il Paesaggio e della Commissione edilizia integrata.
Aggiunge, poi, che il predetto diniego al rilascio della sanatoria non sarebbe stato preceduto dalla esternazione delle ragioni ostative all’accoglimento dell’istanza e sarebbe affetto da difetto assoluto di motivazione, unitamente alla violazione delle garanzie partecipative.
Da ultimo, ribadisce che il manufatto contestato rientra tra le opere astrattamente condonabili e che è stato ultimato entro il termine previsto dall’art. 32 L. 326/2003, 31.03.2003.
La censura non è fondata.
La giurisprudenza di questo Consiglio, da cui il Collegio non intende discostarsi, ha già affermato che l'esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi, costituendo attività vincolata della amministrazione non comporta la necessità di acquisire il parere di organi, quali la Commissione edilizia integrata (Consiglio di Stato Sez. IV, 10 agosto 2011, n. 4764 Cons Stato 1452/2021). Va pure precisato che la specialità del procedimento di condono edilizio rispetto all'ordinario procedimento di rilascio della concessione ad edificare e l'assenza di una specifica previsione in ordine alla necessità dei pareri medesimi rendono non obbligatoria la previa acquisizione del parere della Commissione edilizia e della Commissione edilizia integrata, ma tutt'al più facoltativa, al fine di acquisire eventuali informazioni e valutazioni con riguardo a particolari e sporadici casi incerti e complessi, in assenza dei quali il rilascio della concessione in sanatoria è subordinato soltanto alla verifica dei presupposti e delle condizioni espressamente e chiaramente fissati dal legislatore (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. VI, 18 marzo 2019 n. 1757).
Considerata la natura vincolata delle determinazioni in materia di abusi edilizi e, quindi, anche delle determinazioni di sanatoria, non sussiste alcuna possibilità di apporti partecipativi dei soggetti interessati e, di conseguenza, neppure di un obbligo di previa comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento della relativa domanda (Cons. Stato 8856/2022).
La non condannabilità di un abuso edilizio rende irrilevante la violazione delle garanzie partecipative di cui alla legge n. 241 del 1990 (Cons. Stato Sez. VI Sent., 24 novembre 2015, n. 5315).
L’appello deve essere, pertanto respinto.
Le spese seguono la soccombenza.