Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-08-26, n. 201404286

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-08-26, n. 201404286
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201404286
Data del deposito : 26 agosto 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02976/2014 REG.RIC.

N. 04286/2014REG.PROV.COLL.

N. 02976/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2976 del 2014, proposto da:
O O, rappresentata e difesa dall'avv. G O, con domicilio eletto presso G O in Roma, via Adalberto, 6;

contro

Ministero degli Affari Esteri, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

D S, Carlotta D'Amico, O M Tchini Del Carmen, non costituiti;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III TER n. 01358/2014, resa tra le parti, concernente diniego accesso alla documentazione concorsuale


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero degli Affari Esteri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2014 il Cons. Giuseppe Castiglia e udito per la parte appellante l’Avv. G O;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La dottoressa O O ha partecipato al concorso per 35 posti di segretario di legazione, indetto dal Ministero degli affari esteri con bando del 12 aprile 2013.

Superata la prova preselettiva, all’esito delle prove scritte non ha ricevuto un punteggio sufficiente per accedere alle prove orali.

La concorrente ha impugnato il giudizio negativo (il relativo ricorso risulta pendente al T.A.R. per il Lazio con il numero 55/2013) e ha chiesto l’accesso ai verbali della Commissione esaminatrice e agli elaborati di tutti e 42 i candidati ammessi alle prove orali.

Con comunicazioni inviate a mezzo di posta elettronica, il Ministero ha messo a disposizione della dottoressa O i verbali della Commissione concernenti la predeterminazione dei criteri di valutazione e le operazioni di scrutinio relative alla candidata, copia degli elaborati della candidata stessa e di quelli altri 13 (in un primo tempo: 3) candidati estratti a sorte.

La ricorrente ha proposto ricorso, contestando l’idoneità del mezzo di comunicazione adoperato dall’Amministrazione e insistendo per ottenere copia degli elaborati di tutti i concorrenti ammessi alle prove orali.

Con sentenza 4 febbraio 2014, n. 1358, il T.A.R. per il Lazio, sez. III ter, ha respinto il ricorso.

Contro la sentenza, la ricorrente ha interposto appello, censurando:

1. le modalità di comunicazione adoperate dal Ministero. La posta elettronica – salvo il caso della PEC – non darebbe certezza del mittente e la normativa vigente ne consentirebbe l’uso solo per l’invio delle domande di accesso, non anche per le risposte dell’ente pubblico;

2. la decisione di trasmettere copia di solo parte degli elaborati richiesti, che non permetterebbe all’appellante di valutare tutti gli atti della procedura concorsuale. L’argomento del T.A.R. (la difficile realizzazione dell’intento di valutare la razionalità e l’uniformità del metro di giudizio operato dalla Commissione) implicherebbe un inammissibile apprezzamento circa la fondatezza della domanda proposta con il giudizio principale. L’aggravio procedimentale allegato dall’Amministrazione e giudicato giusta causa dal Tribunale territoriale non potrebbe di per sé costituire un limite al diritto di accesso. In termini pratici, infine, la circostanza che la prova di lingua non fosse identica per tutti i candidati esporrebbe l’appellante al rischio di confrontare il proprio tema di francese con un numero minimo, se non per avventura inesistente, di elaborati redatti nella stessa lingua. E ciò, a prescindere dalla circostanza che l’Amministrazione potrebbe non procedere casualmente nella scelta del campione degli elaborati, ma selezionarlo in modo cosciente, proprio per frustrare le finalità di comparazione e verifica perseguite dalla dottoressa O.

L’Amministrazione degli affari esteri si è costituita in giudizio per resistere all’appello senza spiegare specifiche difese, ma depositando – per il tramite dell’Avvocatura Generale – una nota redatta per il giudizio di primo grado.

Alla camera di consiglio del 24 giugno 2014, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il primo motivo dell’appello (inidoneità della comunicazione per via di posta elettronica) è infondato.

A parte la difficoltà di cogliere il concreto interesse che dovrebbe sostenerlo, sicché il motivo stesso si colloca al limite dell’inammissibilità, la censura è smentita dalla normativa vigente.

Vengono in questione, infatti:

la norma generale dell’art. 3 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, secondo cui “per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, le amministrazioni pubbliche incentivano l'uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati “;

la norma specifica dell’art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 2006, n. 184, a detta della quale “le pubbliche amministrazioni … assicurano che il diritto d'accesso possa essere esercitato anche in via telematica …”. Per il principio della parità delle posizioni e per assicurare l’efficienza dell’azione amministrativa (che è un valore costituzionale), la disposizione deve valere non solo nei confronti, ma anche a favore dell’Amministrazione, salvo che non sussistano particolari ragioni in senso contrario, che nel caso di specie non compaiono e comunque non sono state effettivamente dedotte.

Il secondo motivo dell’appello appare invece fondato.

A norma dell’art. 24, comma 7, primo periodo, della citata legge n. 241 del 1990, “deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”.

A questo diritto di accesso va garantita piena tutela. Né possono essere invocati in contrario difficoltà amministrative, che le legge non prevede come limiti all’esercizio del diritto stesso e che comunque in concreto, alla luce del numero degli elaborati a cui viene chiesto l’accesso, non appaiono rappresentare un onere eccessivo per un’Amministrazione quale quella del M.A.E.

Né, infine, vale in contrario la sentenza riportata nella nota dell’Amministrazione (Cons. Stato, sez. VI, 20 gennaio 2001, n. 193), che anzi, nel riformare la decisione di primo grado che aveva negato l’accesso a determinati documenti, si è limitata a escluderlo rispetto ai dati evidentemente inconferenti rispetto alla pretesa sostanziale azionata.

Certamente, il Collegio non si nasconde che, attraverso la lettura comparata degli elaborati dei candidati ammessi, la concorrente si prefigge il ben arduo compito di sindacare l’esercizio, da parte della Commissione esaminatrice, della propria discrezionalità tecnica, cioè un obiettivo perseguibile – secondo la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Corte di cassazione – solo entro limiti assai ristretti.

Si tratta però di una scelta processuale della parte, nel merito della quale non è lecito entrare e che esula comunque dal perimetro del presente giudizio.

Dalle considerazioni che precedono, discende che l’appello è fondato e va pertanto accolto, nei sensi di cui prima si è detto.

Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.

Apprezzate le circostanze, le spese di entrambi i gradi di giudizio possono essere compensate fra le parti.

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