Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-03-01, n. 202101705
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Pubblicato il 01/03/2021
N. 01705/2021REG.PROV.COLL.
N. 02972/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2972 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati E G, S G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente un ricorso avverso il rigetto della domanda di cittadinanza.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 febbraio 2021 il Cons. G V;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
-OMISSIS- ha impugnato dinanzi al TAR Lazio il provvedimento di rigetto dell’istanza di concessione della cittadinanza italiana, avanzata ai sensi dell'art. 9 comma 1 lett. f) della legge n. 91/92. Il rigetto è motivato dalla sussistenza, a carico dell’istante, di un procedimento penale pendente per il reato ricettazione.
Il TAR Lazio, dapprima ha disposto in via istruttoria l’acquisizione a cura dell’Amministrazione resistente di tutta la documentazione posta a fondamento del provvedimento gravato, unitamente ad una dettagliata relazione sui fatti di causa. Esaminate le risultanze istruttorie ha poi ha respinto il ricorso.
Ha ritenuto il TAR “ che l’Amministrazione abbia valutato in maniera procedimentalmente corretta e non manifestamente illogica la situazione dell’istante, dando rilievo al procedimento penale pendente per il reato di ricettazione;tale circostanza denota senza dubbio, anche tenuto conto della tipologia e della particolare gravità del reato contestato, lo scarso inserimento nel contesto sociale, con conseguente infondatezza delle censure proposte ”.
Avverso la sentenza -OMISSIS- ha proposto appello. A fondamento del gravame deduce che la vicenda che l’ha visto coinvolto riguarda una bicicletta che si era fatto prestare da alcuni suoi connazionali al solo scopo di recuperare una cassetta di acqua presso un centro commerciale poco distante. Una volta entrato nel supermercato ed acquistata l’acqua, veniva raggiunto fuori dal negozio dal reale proprietario della bicicletta oggetto di furto. Venuto a conoscenza dei fatti – nella narrazione dell’appellante - sarebbe stato egli stesso a invitare il proprietario del mezzo a recarsi con lui presso i connazionali che gli avevano prestato la bicicletta al fine di chiarire l’equivoco, anche se sul posto erano già giunti i Carabinieri.
Inoltre – precisa l’appellante - del procedimento penale egli neppure era a conoscenza e comunque siffatto procedimento è stato archiviato con decreto del GIP di Brescia del 12.10.2013.
La sentenza di prime cure avrebbe quindi fatto, in ragione della scarsa rilevanza della vicenda, cattiva applicazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, omettendo di effettuare una valutazione globale della persona.
Nel giudizio si è costituito il Ministero dell’Interno. L’amministrazione replica evidenziando che l’archiviazione è intervenuta in un momento successivo all’emissione del provvedimento reiettivo. Essa richiama la giurisprudenza secondo la quale “ i fatti sopravvenuti favorevoli all’interessato...non possono essere esaminati per saltum dal TAR, ma devono essere valutati in sede di riesame da parte dell’amministrazione ” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 10 giugno 2016, n. 2511).
Il Collegio ha trattenuto la causa in decisione all’udienza del 4 febbraio 2021.
Ritiene il Collegio che l’appello non sia fondato.
Risulta dagli atti che il procedimento penale è stato archiviato con decreto del GIP il 12.10.2013 per “decorrenza dei termini di prescrizione”, dunque non v’è stato un pronunciamento assolutorio. In ogni caso l’archiviazione è avvenuta in un momento successivo all’emissione del provvedimento reiettivo.
Inoltre, seppur i fatti non sono gravi, essi sono comunque connotati da un disvalore penalmente rilevante. Come correttamente rilevato dal giudice di prime cure, nel procedimento di concessione della cittadinanza l’amministrazione procedente gode di un’ampia discrezionalità che si manifesta tanto nel momento dell’accertamento, quanto nel momento valutativo dei fatti acquisiti in sede istruttoria (cfr., ex multis , Cons. Stato, Sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913;Cons. Stato, Sez. VI, n. 52 del 10 gennaio 2011;Cons. Stato, Sez. VI, n. 282 del 26 gennaio 2010).
Nel caso di specie, i fatti erano recenti, il procedimento penale era ancora pendente al momento della valutazione ed aveva ad oggetto il reato di ricettazione: non può perciò dirsi che l’amministrazione, alla luce del principio tempus regit actum , abbia esercitato la propria discrezionalità in modo irragionevole.
Piuttosto, come segnalato dall’amministrazione nella memoria di costituzione, l’ordinamento offre una soluzione a situazioni, come quella di specie, in cui il divenire della vicenda mostri elementi deponenti in senso favorevole all’istante. Questa soluzione è costituita dalla possibilità di reiterare l’istanza al fine di ottenere il riesercizio del potere valutativo da parte dell’Amministrazione una volta decorsi i 5 anni previsti dall’art. 8, comma 1, della l. n. 92/1991.
E’ pur vero che i cinque anni predetti sono ampiamente trascorsi, ma siffatto riesame rimane di competenza esclusiva dell’amministrazione, non potendosi il giudice sostituirsi ad essa (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 10 giugno 2016, n. 2511).
L’appello è pertanto respinto.
Avuto riguardo alla peculiarità e all’evoluzione della vicenda il Collegio ritiene sussistano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del grado.