Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-04-08, n. 201601393

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-04-08, n. 201601393
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201601393
Data del deposito : 8 aprile 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03935/2013 REG.RIC.

N. 01393/2016REG.PROV.COLL.

N. 03935/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3935 del 2013, proposto da A P, rappresentato e difeso dagli avvocati M B, E G e C D P, con domicilio eletto presso l’avv. C D P in Roma, Via Flaminia, 354;

contro

Comune di Cinisello Balsamo (MI), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. G B e A M, con domicilio eletto presso l’avv. A M in Roma, Via Federico Confalonieri 5;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia –Milano, 7 febbraio – 20 marzo 2013, n. 722, con la quale è stato respinto il ricorso proposto dal signor A P avverso l’ordinanza comunale n. 102 del 29 marzo 2012 di demolizione di opere edilizie situate in zona di rispetto cimiteriale.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cinisello Balsamo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 25 febbraio 2016 il cons. Marco Buricelli e uditi per le parti gli avvocati Giacometti e Manzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.1. Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Lombardia nel giugno del 2012 il signor A P ha premesso:

-di essere proprietario dal 1988, nel Comune di Cinisello Balsamo, Via Robecco n. 19-21, di alcuni manufatti edilizi (a uso box, porticato, magazzino e abitazione) situati a circa 190-180 metri di distanza dal lato sud del cimitero "storico" di Cinisello, in un contesto territoriale che, anche se collocato all'interno del perimetro della fascia di rispetto cimiteriale di 200 metri di cui agli articoli 338 del r.d. n. 1265/1934 e 8 del regolamento regionale n. 6/2004, costituisce in concreto una zona della città da tempo densamente edificata ed urbanizzata;

-che l’originaria fascia di rispetto cimiteriale ha subito nel tempo la riduzione a m. 100 per i lati nord –ovest, nord –est, sud ovest e sud –est, sicchè l’unica zona per la quale è stata mantenuta la zona di rispetto dei 200 metri è quella a sud del cimitero, proprio dove si trovano gli immobili del ricorrente, oltre ad altri impianti ed edifici, pubblici e privati;

-che già con deliberazione consiliare (in seguito, DCC) n. 132 del 1997 era stata proposta la riduzione della zona di rispetto a 100 metri lungo tutto il perimetro cimiteriale ma che la riduzione della fascia a 50 metri è stata decisa infine solamente in sede di adozione del nuovo Piano del Governo del Territorio (PGT), avvenuta con deliberazione consiliare del 24 ottobre 2013.

Ciò premesso il P ha contestato, con tre motivi, l’ordine di demolizione in epigrafe specificato, emanato a seguito del diniego, opposto nel 1987, sulla domanda di concessione edilizia in sanatoria ex l. n. 47 del 1985 presentata nel 1986 per i medesimi manufatti dal signor C P, padre del ricorrente e odierno appellante, provvedimento, quest’ultimo, a sua volta oggetto di ricorso innanzi allo stesso T, dichiarato estinto per perenzione con decreto presidenziale n. 3390 del 2001. Va soggiunto che l’ingiunzione di demolizione fa seguito a un sopralluogo, eseguito nel febbraio del 2011 dall’Ufficio Tecnico e dalla Polizia Locale, presso la proprietà P, nel corso del quale era stata rilevata la permanenza delle opere abusive oggetto del diniego di condono, oltre alla realizzazione di nuove modifiche interne ed esterne ai manufatti in questione.

1.2. Dinanzi al T il P aveva dedotto:

-che i manufatti erano stati realizzati prima dell’apposizione del vincolo cimiteriale, di cui all’art. 338 del TULSan. , approvato con il r. d. n. 1265 del 1934, sicchè dovevano considerarsi ammissibili, all’interno della fascia di rispetto, interventi di recupero e di ampliamento volumetrico ai sensi del citato art. 338;

-che l’ordine di demolizione era da considerarsi illegittimo attesa la mancata indicazione dell’interesse pubblico all’adozione della misura demolitoria, tenuto conto del lungo lasso di tempo intercorso dall’epoca della realizzazione dei manufatti, e dell’affidamento ingenerato in capo al proprietario attuale circa la legittimità dei manufatti medesimi. Doveva considerarsi inoltre violato il principio di proporzionalità in quanto la possibile riduzione della fascia di rispetto a 50 metri avrebbe consentito la sanatoria edilizia per conformità sopraggiunta dell’intervento;

-che l’ingiunzione era illegittima nella parte riguardante l’acquisizione gratuita dell’area al patrimonio comunale per il caso di inottemperanza all’ordine di demolizione, essendo il ricorrente estraneo all’abuso.

1.3. Nella resistenza del Comune il T, con la sentenza in epigrafe, ha respinto il ricorso nella sua parte impugnatoria (il P aveva chiesto al giudice anche la declaratoria, ex articoli 31 e 117 del cod. proc. amm. , dell’obbligo del Comune di concludere il procedimento di riduzione della fascia di rispetto cimiteriale avviato con la DGC n. 31/2011, e il T –v. p. 10. sent.- ha dichiarato quest’ultima domanda inammissibile per carenza d’interesse. Il capo di sentenza non ha formato oggetto d’impugnazione).

Il giudice di primo grado ha in particolare rilevato che:

-sul primo motivo di ricorso: è…inammissibile l'impugnazione giurisdizionale di un provvedimento amministrativo che rimetta in discussione la legittimità dell'atto definitivo presupposto, divenuto inoppugnabile. Ciò è quanto si verifica nel caso in esame, in cui la parte ricorrente, surrettiziamente sostenendo l'inutilità del diniego di condono e contestando il carattere abusivo dei manufatti, tenta di superare le ragioni ostative opposte dall'amministrazione al rilascio del titolo ;

-sul secondo motivo d’impugnazione : è orientamento consolidato di questa Sezione che la vetustà dell'opera non escluda il potere di controllo e il potere sanzionatorio del Comune in materia urbanistico-edilizia, perché l'esercizio di tale potere non è soggetto a prescrizione o decadenza;
ne consegue che l'accertamento dell'illecito amministrativo e l'applicazione della relativa sanzione può intervenire anche a notevole distanza di tempo dalla commissione dell'abuso, senza che il ritardo nell'adozione della sanzione comporti sanatoria o il sorgere di affidamenti o situazioni consolidate
;
inoltre, l'eventuale futura esclusione dei fabbricati dalla fascia di rispetto non inciderebbe comunque sull'assenza del requisito della doppia conformità richiesto dalla legge per il rilascio di un provvedimento di sanatoria. Né potrebbe invocarsi la c.d. sanatoria giurisprudenziale, stante il contrasto di tale istituto con il principio di legalità …;

-sul terzo ordine di censure: è, infine, infondato anche il terzo motivo di ricorso non avendo il ricorrente fornito alcuna prova della sua estraneità all'abuso - stante la contestazione da parte della p.a. della realizzazione di nuove modifiche interne ed esterne agli immobili, accertate con sopralluogo effettuato il 10 febbraio 2011 — e della mancanza di disponibilità dell'area ove insistono le opere abusive .

2.1. Con l’atto d’appello il P ha contestato argomentazioni e statuizioni della sentenza I) circa la ritenuta inammissibilità del primo motivo, che è stato riproposto;
II) rilevando in maniera articolata l’erroneità della sentenza appellata in merito alla ritenuta infondatezza del secondo motivo e III) contestando infine la decisione sulla ritenuta infondatezza del motivo di ricorso incentrato contro l’acquisizione dell’area di sedime.

2.2. Il Comune si è costituito per resistere.

2.3. Le parti hanno illustrato le rispettive posizioni con memorie conclusive e all’udienza del 25 febbraio 2016 il ricorso è stato discusso e quindi trattenuto in decisione.

3. L’appello è fondato e va accolto per le ragioni, entro i limiti e con gli effetti che saranno specificati in appresso.

3.1.In via preliminare va respinta, poiché infondata, l’eccezione d’improcedibilità dell’appello, sollevata dal Comune, con la memoria del 22 gennaio 2016, sull’assunto:

-dell’avvenuta, recente presentazione, da parte del P, di un’istanza di rilascio di permesso di costruire in sanatoria, con riferimento alle opere edilizie di cui alla citata ordinanza di demolizione n. 102/2012, istanza fondata, in particolare, sulla sopraggiunta riduzione, a 50 metri, della fascia di rispetto cimiteriale, riduzione approvata dal Consiglio comunale nell’ottobre del 2013, in sede di adozione del Piano di Governo del Territorio;

-del diniego opposto dall’Amministrazione nel dicembre del 2013;
e

-della successiva proposizione, da parte del P, di un ricorso ulteriore contro il diniego anzidetto avanti al T Lombardia (n. RGR 1029/2014), tuttora pendente.

A questo riguardo, diversamente da ciò che afferma la difesa comunale, per la quale il parallelismo tra i due giudizi, aventi a oggetto, l’uno, l’annullamento del pregresso ordine di demolizione, e l’altro, l’annullamento del successivo diniego di rilascio del chiesto permesso di costruire in sanatoria (per mancato riconoscimento della sanatoria giurisprudenziale), rischierebbe di creare una situazione di conflitto tra giudicati, il Collegio ritiene in primo luogo che non potrebbe venire in questione un conflitto tra giudicati, tenuto conto del diverso oggetto dei ricorsi e delle ragioni, parzialmente differenti, fatte valere dall’Amministrazione, e dal ricorrente, a sostegno dei provvedimenti adottati e dei gravami proposti. Inoltre, la presentazione di una nuova istanza ex art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 non rende inefficace il provvedimento sanzionatorio pregresso e, quindi, non determina l’improcedibilità, per sopravvenuta carenza d’interesse, dell’impugnazione proposta avverso l’ordinanza di demolizione, ma comporta, tuttalpiù, un arresto temporaneo dell’efficacia della misura repressiva che riacquista la sua efficacia nel caso di rigetto della domanda di sanatoria, sicché dalla pendenza del nuovo ricorso al T promosso nel 2014 non discende affatto l’improcedibilità, per sopravvenuta carenza d’interesse, dell’odierno giudizio d’appello, alla definizione del quale il P continua a essere interessato.

3.2. Venendo al merito del ricorso, sub I) l’appellante critica anzitutto la statuizione della sentenza (v. p. 7.) con la quale, in accoglimento dell’eccezione comunale, si afferma che è …inammissibile l’impugnazione giurisdizionale di un provvedimento amministrativo che rimetta in discussione la legittimità dell’atto definitivo presupposto, divenuto inoppugnabile.

Ciò è quanto si verifica nel caso in esame, in cui la parte ricorrente, surrettiziamente sostenendo l'inutilità del diniego di condono e contestando il carattere abusivo dei manufatti, tenta di superare le ragioni ostative opposte dall'amministrazione al rilascio del titolo…ove il richiedente abbia prestato acquiescenza al diniego di sanatoria, “decade altresì dalla possibilità di rimettere in discussione l’abuso accertato, anche in sede di impugnazione dell’ordine di demolizione che rinviene nel diniego di sanatoria il suo presupposto…

Ad avviso del Consiglio di Stato “l’abuso edilizio costituisce non soltanto presupposto implicito del diniego, ma la ragione stessa del potere dell’Ente di concedere la sanatoria, e del suo esercizio. Cosicché il suo accertamento, sebbene non espressamente indicato come presupposto del relativo provvedimento, è insito nella sua adozione, indipendentemente dalle irrilevanti riserve mentali del richiedente” (cfr. altresì Consiglio Stato sez. IV, 14 aprile 2010, n. 2086…nel caso di specie, il diniego di sanatoria, presupposto dell’ordinanza impugnata, era motivato sul contrasto delle opere realizzate con il vincolo cimiteriale: tale atto ha quindi implicitamente accertato il carattere abusivo dell’opera che non può più essere messo in discussione ora, contestando l’anteriorità delle opere rispetto all’imposizione del vincolo… ” .

In primo luogo (v. da pag. 13 a pag. 16 dell’atto d’appello), l’appellante reputa “errata e ingiusta” la statuizione giudiziale d’inammissibilità, posto che la dichiarazione di perenzione costituisce un mero provvedimento estintivo del giudizio, che incide soltanto sul rapporto processuale tra le parti in causa ma non ha forza e valore di cosa giudicata sostanziale tale da rendere definitive tra i partecipanti al processo le posizioni controverse e da impedire ogni possibilità di chiedere ai giudici di provvedere a una modifica dell’assetto di interessi impresso dalla sentenza divenuta giudicato, sicché deve ritenersi che nessuna acquiescenza promani dalla pronuncia di perenzione. La possibilità di rimettere in discussione la situazione delineatasi a seguito della pronuncia di perenzione, vale a dire la questione che riguarda l’epoca (primi anni ’30, secondo il P) della realizzazione dei manufatti, discende dalla constatazione che è stato lo stesso Comune, col suo comportamento omissivo e commissivo, a manifestare l’intendimento di voler riconsiderare l’assetto d’interessi preesistente.

Sulla questione di merito, basata sull’epoca della costruzione dei manufatti, l’appellante (v. da pag. 17 a pag. 24 del ricorso) deduce, con dovizia di argomenti, l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione poiché –e nella parte in cui- il Comune muove dall’assunto che la data di realizzazione delle opere edilizie indicata dal privato nella memoria di osservazioni (ante 1934) non può essere presa in considerazione dovendosi, viceversa, tenere conto di quanto dichiarato –non dal ricorrente, A P, ma dal padre, C P- nell’istanza di condono , nella quale la data di ultimazione era stata indicata nel 1970. Sulla data della realizzazione dei manufatti l’appellante chiede in via istruttoria l’ammissione di prova testimoniale.

Il motivo è infondato e va respinto.

Nell’appello si insiste anzitutto sulla ammissibilità della rimessa in discussione della questione che attiene all’epoca della realizzazione dei manufatti.

Ora, sulla possibilità, o meno, di (ri)discutere, in sede d’impugnazione dell’ordinanza di demolizione del 2012, la questione relativa all’epoca della costruzione dei manufatti (prima del 1934, sostiene l’appellante, in data anteriore quindi all’apposizione della fascia di rispetto cimiteriale);
ove anche s’intenda per mera ipotesi porre in risalto, come fa il P, la circostanza che è stato lo stesso Comune, nel 2011 -2012, a riconsiderare l’assetto d’interessi, sicchè potrebbe ipotizzarsi che l’ingiunzione di demolizione non si configuri come atto consequenziale rispetto al diniego di condono del 1987;
anche a voler considerare tutto questo e a voler riconoscere allora carattere decisivo alla questione “di merito” della data della realizzazione delle opere, rimarrebbe il fatto che il P (C, all’epoca proprietario degli immobili abusivi), nella domanda di condono del 1986, aveva dichiarato di avere realizzato l’opera nel 1970;
e che, sul carattere confessorio della dichiarazione resa in sede di istanza di sanatoria circa la realizzazione dell’abuso e la sua collocazione temporale, la giurisprudenza amministrativa, alla quale questo Collegio intende dare continuità, in evidente assenza di ragioni che inducano a discostarsene, è consolidata : si vedano Cons. di Stato, n. 3837 del 2013, p. 3. , n. 5553 del 2012, p. 11.2. , n. 2086 del 2010, p.

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