Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-02-04, n. 202101007

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-02-04, n. 202101007
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202101007
Data del deposito : 4 febbraio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/02/2021

N. 01007/2021REG.PROV.COLL.

N. 04382/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 4382 del 2020, proposto da
A s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato N P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via in Arcione, 71;

contro

Di Vece A R, rappresentata e difesa dall’avvocato S D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

C D, L A, C C, C F, P F, Musto Francesco, C Massimiliano, Gualandi Pietro, Canalella Silvio Giosuele, Catone Vincenzo, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 04212/2020, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Di Vece A R;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2021 il Cons. Alberto Urso e preso atto del deposito delle note d’udienza ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020, conv. in legge n. 176 del 2020, e dell’art. 4 d.l. n. 28 del 2020, da parte dell’avvocato S D;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con istanza del 27 settembre 2019 Di Vece A R - funzionario quadro A dell’A in servizio presso il Coordinamento territoriale di Reggio Calabria - chiedeva all’A di accedere agli atti del procedimento con cui erano stati assegnati gli incarichi per posizioni magangeriali sul territorio, procedimento al quale la stessa Di Vece era stata invitata pur non venendo selezionata fra i beneficiari degli incarichi.

L’istanza d’accesso veniva respinta dall’A deducendo, in particolare, la natura privatistica degli incarichi, l’assenza di veri e propri atti articolati in un procedimento amministrativo comparativo - e dunque passibili di accesso - e la non accessibilità in ogni caso dei curricula e delle schede/ report di valutazione.

2. Avverso il diniego all’accesso la Di Vece proponeva ricorso ex art. 116 Cod. proc. amm. dinanzi al Tribunale amministrativo per il Lazio che, nella resistenza dell’A, accoglieva parzialmente la domanda annullando in parte il provvedimento di diniego e ordinando l’ostensione entro 30 giorni dalla comunicazione o notificazione della sentenza dei curricula dei dipendenti indicati per il conferimento degli incarichi.

3. Avverso la sentenza ha proposto appello l’A deducendo:

I) erroneità, ingiustizia, illegittimità e nullità della sentenza;
violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2, 41, 49, 105 e 116 Cod. proc. amm., dei principi della parità delle parti, del contraddittorio e del giusto processo;
inammissibilità del ricorso introduttivo;
improcedibilità del giudizio per mancata ottemperanza dell’ordinanza del Tribunale amministrativo per il Lazio n. 1958 del 2020 con cui è stata disposta l’integrazione del contraddittorio;

II) erroneità, ingiustizia e illegittimità della sentenza;
violazione e/o falsa applicazione degli artt. 22 ss. l. n. 241 del 1990;
estraneità degli atti richiesti rispetto all’attività di pubblico interesse svolta da A;
insussistenza dei presupposti legittimanti l’accesso e di un interesse qualificato in capo alla ricorrente.

4. Resiste all’appello la Di Vece chiedendone la reiezione.

5. Con ordinanza n. 4068 del 10 luglio 2020 la Sezione ha respinto l’istanza cautelare proposta dall’A per difetto di fumus boni iuris delle censure formulate con l’appello.

6. Alla camera di consiglio del 21 gennaio 2021, tenuta con modalità da remoto, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Può prescindersi dall’esame delle questioni preliminari stante il rigetto nel merito dell’appello.

2. Col primo motivo l’A deduce la nullità della sentenza a fronte della mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dei controinteressati, disposta dal giudice di primo grado con ordinanza collegiale n. 1958 del 2020 e non correttamente eseguita dalla Di Vece, essendo nella specie la prescritta notifica avvenuta a mezzo posta elettronica certificata presso indirizzi diversi da quelli risultanti dal registro “Reginde”;
inoltre, la notifica nei confronti del controinteressato C sarebbe irregolarmente avvenuta presso due indirizzi pec diversi, riconducibili a soggetti distinti.

Di qui la nullità della sentenza, con necessaria rimessione del giudizio in primo grado ex art. 105, comma 1, Cod. proc. amm., nonché l’erroneità della stessa sentenza ove afferma che sarebbe stata “ verificata la regolarità della disposta integrazione del contraddittorio nei confronti dei controinteressati ”.

2.1. Il motivo non è condivisibile.

2.1.1. L’art. 14, comma 1, d.P.C.M. n. 40 del 2016 ( Regolamento recante le regole tecnico-operative per l’attuazione del processo amministrativo telematico ), applicabile ratione temporis alla fattispecie, prevede che « I difensori possono eseguire la notificazione a mezzo PEC a norma dell’articolo 3-bis della legge 21 gennaio 1994, n. 53 ».

Quest’ultima disposizione prevede che « La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi […]».

Al riguardo, l’art. 16- ter , comma 1, d.l. n. 179 del 2012, applicabile alla giustizia amministrativa ai sensi del successivo comma 1- bis , stabilisce che « A decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi », fra gli altri, « quelli previsti dagli articoli 6-bis, 6-quater e 62 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 […]».

Il suddetto art. 6- bis d.l. n. 82 del 2005 istituisce al riguardo « il pubblico elenco denominato Indice nazionale dei domicili digitali (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti, presso il Ministero per lo sviluppo economico ».

Dal combinato delle suddette disposizioni si ricava dunque chiaramente che l’elenco c.d. “Ini-pec” costituisce un pubblico elenco idoneo ai fini delle notifiche processuali a mezzo posta elettronica certificata (Cons. Stato, IV, 9 luglio 2020, n. 4403;
VI, 12 maggio 2020, n. 2996;
V, 15 maggio 2019, n. 3151).

Nella specie, la notifica nei confronti dei controinteressati contestata dall’appellante risulta eseguita a mezzo posta elettronica certificata proprio presso indirizzi tratti dal suddetto elenco “Ini-pec”, come dichiarato nella relata di notifica ex art. 3- bis l. n. 53 del 1994 e in sé non contestato dall’A.

Allo stesso modo, la circostanza che la notifica nei confronti del controinteressato C sia avvenuta presso due diversi indirizzi, corrispondenti a soggetti distinti, non è di per sé rilevante, dal momento che l’appellante non contesta che almeno uno di tali indirizzi sia riferibile al corretto destinatario, né formula altre specifiche doglianze in merito.

Per tali ragioni la doglianza non è fondata.

3. Col secondo motivo l’A di duole dell’accoglimento del ricorso di primo grado censurando la sentenza laddove trascura che il conferimento degli incarichi di responsabilità territoriale ai dipendenti rientra nell’attività privatistica dell’A, come tale sottratta ad accesso, e afferma erroneamente che tutti gli atti di gestione del rapporto di lavoro rientrano nel perimetro del diritto d’accesso, quando in realtà questo può riguardare solo - come chiarito dalla stessa Adunanza plenaria n. 13 del 2016 di questo Consiglio di Stato - le prove selettive di accesso, la progressione in carriera e i provvedimenti di auto-organizzazione degli uffici, incidenti in modo diretto sulla disciplina di rilevanza pubblicistica del rapporto di lavoro.

Al riguardo, il giudice di primo grado avrebbe erroneamente trascurato che non s’è svolta nella specie alcuna procedura comparativa stricto sensu ai fini dell’attribuzione degli incarichi, sicché l’accesso ai curricula dei soggetti incaricati risulterebbe irrilevante a fronte del conferimento intuitu personae degli incarichi stessi.

In tale contesto, la Di Vece non aveva neanche indicato le ragioni di connessione fra tali documenti e il servizio pubblico dell’A, sicché non è dato ravvisare alcun interesse della ricorrente all’accesso domandato.

3.1. Neanche tale motivo è condivisibile.

3.1.1. Sotto un primo profilo, come già anticipato dalla Sezione in sede cautelare, l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato s’è già occupata dei temi qui in discussione, e ha chiaramente riconosciuto in relazione alla Poste Italiane s.p.a. - quale soggetto gestore di pubblico servizio - che “ Appare difficile negare […] sia che il rapporto di lavoro implichi lo ‘ svolgimento di un’attività strettamente connessa e strumentale alla quotidiana attività di gestione del servizio pubblico ’ (Ad. Plen. n. 4/1999 […] ), sia che i dipendenti della società, incaricata di tale servizio possano vantare un ‘ interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento a cui si chiede l’accesso ’ (art. 22, comma 1, lettera “b” della legge n. 241/1990 […]” (Cons. Stato, Ad. plen., 28 giugno 2016, n. 13-16).

Già in precedenza, seppur nella vigenza della precedente formulazione dell’art. 22 l. n. 241 del 1990 - che non conteneva la previsione secondo cui nella nozione di « pubblica amministrazione », ai fini dell’accesso, sono ricompresi i soggetti di diritto privato « limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario » (art. 22, comma 1, lett. e) ) - l’Adunanza plenaria aveva affermato la strumentalità delle vicende relative alla selezione del personale rispetto alla tutela dell’interesse pubblico sotteso alla prestazione del pubblico servizio, con conseguente accessibilità dei relativi atti, benché aventi natura privatistica (Cons. Stato, Ad. plen., 22 aprile 1999, n. 4).

Su tale premessa, pur considerando le suddette limitazioni introdotte dalla l. n. 15 del 2005 all’art. 22 l. n. 241 del 1990, l’Adunanza plenaria è pervenuta alla conferma dei principi già in precedenza affermati, e ha a tal fine valorizzato (anche) il più ampio e composito regime sulla trasparenza introdotto dal decreto legislativo n. 33 del 2013, nonché la nozione di “organismo di diritto pubblico” come rilevante anche a fini di accesso nel quadro della concezione funzionale di pubblica amministrazione.

In siffatto contesto, in relazione agli atti concernenti il rapporto di lavoro, l’Adunanza plenaria richiama “ non solo la considerazione del rapporto di lavoro, come fattore strumentale alla normale gestione del servizio pubblico [nella specie] postale (Cons. Stato, sez. VI, n. 2855/2002 cit.), ma anche la rilevanza ex se di tale rapporto, per l’osservanza di regole di imparzialità e trasparenza, che vincolano tutti i soggetti chiamati a svolgere funzioni pubbliche (anche nella veste di datori di lavoro), nell’ambito di servizi che le amministrazioni intendono assicurare ai cittadini, direttamente o in regime di concessione ” (Cons. Stato, n. 13-16 del 2016, cit.;
cfr. già Cons. Stato, VI, 19 gennaio 2010, n. 189).

Nondimeno, considerato che in alcuni settori (l’Adunanza plenaria si riferisce, in particolare, agli “ enti erogatori di acqua e di energia, nonché a quelli che forniscono servizi di trasporto e postali ”) l’attività del gestore di pubblico servizio è in parte rivolta al mercato e svolta in regime concorrenziale, può da ciò risultarne “ attenuata la disciplina propria delle amministrazioni pubbliche ”;
in specie “ per quanto riguarda il rapporto di lavoro - strumentale a tutte le attività svolte - gli obblighi di trasparenza appaiono dunque coerentemente suscettibili di delimitazione, con riferimento al combinato disposto degli articoli 11, comma 3, del d.lgs. n. 33 del 2013 (ambito soggettivo degli obblighi di trasparenza) [cfr., oggi, l’art. 2- bis , comma 3, d.lgs. n. 33 del 2013] , 1, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001 (ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, in tema di organizzazione degli uffici e di ottimale utilizzazione delle risorse umane) e 1, comma 16 della […] legge delega n. 190 del 2012: disposizioni, quelle appena richiamate, che consentono di circoscrivere l’accesso ai settori di autonoma rilevanza pubblicistica (e non di quotidiana gestione del rapporto di lavoro), ovvero alle prove selettive per l’assunzione del personale, alle progressioni in carriera e a provvedimenti attinenti l’auto-organizzazione degli uffici, quando gli stessi - benché doverosamente ispirati a tutti i principi, di cui all’art. 24 del […] d.lgs. n. 150 del 2009 - incidano negativamente sugli interessi dei lavoratori, protetti anche in ambito comunitario […]” (Cons. Stato, Ad. plen., n. 13-16, cit.).

Anche più di recente, peraltro, l’Adunanza plenaria ha confermato che la natura privatistica dell’attività - ad esempio, di esecuzione di un appalto pubblico - non osta all’accesso, essendovi comunque correlato un interesse pubblico, in specie alla trasparenza e alla concorrenza (Cons. Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020, n. 10).

3.1.2. Nel caso di specie, da un lato l’A, quale soggetto in forma societaria che svolge attività di gestione di pubblico servizio e d’interesse pubblico, presenta una veste spiccatamente pubblicistica, per certi versi anche maggiore rispetto a quella di altri gestori di pubblici servizi (cfr., per le peculiarità dell’A e i suoi profili pubblicistici, Cass., SS.UU., 9 luglio 2014, n. 15594, che la qualifica in termini di “ società legale ”);
dall’altro l’attività qui in rilievo - relativa all’affidamento di incarichi manageriali sul territorio - è ben riconducibile a quelle di rilevanza pubblicistica che risultano comunque soggette all’accesso, essendo in specie assimilabile a una forma di progressione o sviluppo di carriera, o comunque di affidamento d’un significativo incarico e ruolo di reggenza, partecipando peraltro alla stessa implementazione dei nuovi profili di organizzazione degli uffici (cfr., al riguardo, lo stesso verbale dell’A del 5 settembre 2019 recante “ valutazione quadri ”, che dà conto di come l’attribuzione degli incarichi rientri nella “ implementazione del nuovo assetto organizzativo delle strutture territoriali ” e consista nel “ valutare le risorse interne ” per “ la copertura delle posizioni manageriali amministrative e tecniche vacanti sul territorio ”;
cfr., analogamente, la Dor. n. 45 del 16 settembre 2019;
v. anche la comunicazione del 16 luglio 2019 inviata alla Di Vece, in cui si faceva espresso riferimento all’“ iter di valutazione delle risorse interne idonee alla copertura delle posizioni manageriali “).

3.1.3. Di qui l’infondatezza della doglianza formulata dall’appellante, atteso che l’attività in relazione alla quale l’accesso è stato riconosciuto dal giudice di primo grado ben rientra - sotto il profilo soggettivo e oggettivo - nel perimetro del diritto d’accesso di cui agli artt. 22 ss. l. n. 241 del 1990.

3.2. Allo stesso modo, i singoli documenti ammessi all’accesso dal giudice di primo grado - consistenti nei curricula dei candidati destinatari degli incarichi - assumono effettivamente rilievo per l’interesse della ricorrente, pur a fronte della prospettiva invocata dall’A in termini di affidamento non strettamente comparativo degli incarichi stessi.

Lo stesso verbale del 5 settembre 2019 richiama infatti al riguardo, ai fini dell’individuazione dei soggetti cui conferire gli incarichi - e, dunque, nell’ambito della “ valutazione quadri ” - il “ profilo manageriale posseduto dal candidato ”, nonché alcuni criteri (in particolare, “ Copertura della posizione di Quadro da minimo 4 anni ”, oltre alla “ assenza di procedimenti disciplinari ” e “ disponibilità al trasferimento sul territorio ”) rispetto ai quali è ben possibile desumere, almeno in certa misura, utili elementi dai curricula dei candidati: di qui la rilevanza di tali documenti ai fini dell’apprezzamento dei candidati, tanto che - come pacifico - fu a questi ultimi richiesto dalla stessa amministrazione l’invio del curriculum vitae (cfr. la comunicazione via email del 16 luglio 2019 indirizzata alla Di Vece).

Alla luce di ciò, anche in capo alla ricorrente va riconosciuto uno speculare interesse all’accesso a siffatti curricula per come rilevanti nell’ambito dell’ iter d’individuazione dei destinatari degli incarichi, iter rispetto al quale la stessa Di Vece ha del resto espressamente rappresentato un “ interesse ” nell’istanza d’accesso.

3.3. Discende da quanto suesposto l’infondatezza delle doglianze sollevate dall’A in relazione all’impugnata sentenza che ha riconosciuto l’accesso alla Di Vece nei termini suindicati.

4. In conclusione, per le suddette ragioni l’appello è infondato e va respinto.

4.1. Le spese sono poste a carico dell’appellante, secondo criterio di soccombenza, e determinate nella misura di cui in dispositivo, con liquidazione in favore del difensore antistatario della Di Vece, avv. S D.

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