Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-01-20, n. 202200361

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-01-20, n. 202200361
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202200361
Data del deposito : 20 gennaio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/01/2022

N. 00361/2022REG.PROV.COLL.

N. 07650/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7650 del 2015, proposto da
T I, rappresentata e difesa dall'avvocato Emanuele D'Alterio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G T, in Roma, largo Arenula, n. 34;

contro

Comune di Giugliano in Campania, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - Napoli (Sezione Seconda) n. 02692/2015, resa tra le parti, concernente demolizione di opere edilizie abusivamente realizzate.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2022 il Cons. Alessandro Maggio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ordinanza 20/9/2007 n. 127 il Comune di Giugliano in Campania ha ingiunto alla sig.ra T I la demolizione di alcune opere realizzate in difformità rispetto al permesso di costruire n. 143/2006, consistenti, in un solaio di copertura di una superficie di circa 65 mq destinata a terrazzo scoperto e in un sottotetto con due falde inclinate anziché quattro con altezze, al colmo e alla gronda, differenti da quelle autorizzate.

Ritenendo l’ordinanza illegittima, la sig.ra Iavarone l’ha impugnata con ricorso al T.A.R. Campania – Napoli, il quale, con sentenza 15/5/2015, n. 2692, lo ha respinto.

Avverso la sentenza la sig.ra Iavarone ha proposto appello.

Alla pubblica udienza del 13/1/2022 la causa è passata in decisione.

Col primo motivo si denuncia l’errore commesso dal Tribunale nel ritenere che le opere eseguite dessero luogo a variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, e che l’odierna appellante non avesse fornito prova del pregiudizio che la demolizione avrebbe recato alla porzione di fabbricato sottostante, legittimamente edificata.

Infatti:

a) il sottotetto realizzato, non essendo abitabile, costituirebbe un volume tecnico, come tale non idoneo a generare cubatura aggiuntiva;

b) l’onere di dimostrare preventivamente che la demolizione possa avvenire senza pregiudizi per la parte di fabbricato legittimamente realizzata graverebbe sull’amministrazione comunale.

La doglianza è infondata sotto entrambi i profili in cui si articola.

E invero, per un verso, contrariamente a quanto l’appellante sostiene, le opere illecite nella specie realizzate, danno luogo a variazioni essenziali rispetto al progetto approvato col permesso di costruire n. 143/2006, posto che, la non contemplata chiusura di una superficie di 65 mq, dà luogo a un consistente incremento di cubatura, che, indipendentemente dalla sua abitabilità, non è qualificabile come volume tecnico.

Quest’ultimo, infatti, per pacifica giurisprudenza, è configurabile unicamente in presenza di un'opera, comunque di limitata consistenza volumetrica, priva di qualsiasi autonomia funzionale, anche solo potenziale, in quanto destinata a contenere, senza possibilità di alternative, soltanto impianti serventi di una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali della medesima (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 15/11/2021, n. 7584;
Sez. II, 3/11/2021, n. 7357 e 1/4/2020, n. 2204;
Sez. IV, 20/8/2021, n. 5966).

Per altro verso, un pacifico orientamento giurisprudenziale afferma che, eventuali pregiudizi che possano derivare alla parte conforme dell’edificio dalla demolizione di quella abusiva, sono da valutare solo in fase di esecuzione dei relativi lavori (fra le tante Cons. Stato, Sez. VI, 27/9/2021, n. 6490).

Col secondo motivo si contesta l’appellata sentenza nella parte in cui ha escluso che l’ordine di demolizione debba essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, dato che la preventiva interlocuzione procedimentale sarebbe, invece, necessaria.

La doglianza è priva di pregio.

Un consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale il Collegio non ha ragione di discostarsi, afferma, infatti, che l’ordinanza di demolizione non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento, ciò in quanto la natura vincolata del relativo potere non consente all'amministrazione di compiere valutazioni di interesse pubblico in ordine alla conservazione del bene ( ex plurimis Cons. Stato, Sez. VI, 15/2/2021, n. 1351;
7/1/2021, n. 187;
13/5/2020, n. 3036;
25/2/2019, n. 1281;
Sez. V, 12/10/2018, n. 5887;
Sez. IV, 27/5/2019, n. 3432;
Sez. II, 29/7/2019, n. 5317 e 26/6/2019, n. 4386).

L’appello va, pertanto, respinto.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi o eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

La mancata costituzione in giudizio dell’amministrazione appellata esonera il Collegio da ogni statuizione sulle spese.

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