Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-06-12, n. 202003746

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-06-12, n. 202003746
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202003746
Data del deposito : 12 giugno 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/06/2020

N. 03746/2020REG.PROV.COLL.

N. 04251/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4251 del 2012, proposto da
A.P. T s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti F M V e P C, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, alla Via Giacomo Puccini, n. 9;

contro

Servizi Utenza Stradale S.p.A. non costituito in giudizio;

nei confronti

Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova S.p.A., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti G C e M M, elettivamente domiciliate presso lo studio di quest’ultima, in Roma, Piazzale Clodio, n. 8;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) n. 1725 del 22 novembre 2011, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Autostrada Brescia - Verona - Vicenza - Padova S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2020, tenuta ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 (convertito con legge 24 aprile 2020, n. 27), il Cons. Roberto Politi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Espone l’appellante società, operante nel settore dell’installazione di impianti pubblicitari, di avere, in data 12 febbraio 2008, inoltrato a Servizi Utenza Stradale S.p.A. (Società che cura la gestione delle installazioni pubblicitarie per conto di alcune concessionarie autostradali), un’istanza volta ad ottenere l’autorizzazione all’installazione di 45 impianti pubblicitari lungo la strada denominata “Viale Serenissima”, nel Comune di Vicenza.

Servizi Utenza Stradale, con nota prot. n. 123 del 18 febbraio 2008, respingeva tale domanda, in quanto il tratto oggetto dell’istanza è un raccordo autostradale per il quale il Codice della Strada vieta l’apposizione di cartelli pubblicitari.

A fronte della memoria, dall’odierna appellante presentata in data 10 marzo 2008 ai sensi dell’art. 10-bis della legge 241 del 1990 (con la quale veniva contestato che il tratto stradale fosse interessato dai divieti di cui all’art. 23, comma 7, del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, previsti unicamente per le autostrade, le strade extraurbane principali e i relativi accessi), Servizi Utenza Stradale (nota prot. n. 193 del 7 aprile 2008) precisava che:

- il tratto stradale in questione costituisce oggettivamente un accesso all’autostrada, in quanto collegante la Strada Regionale 11 e la Tangenziale Sud di Vicenza al casello di Vicenza Est dell’autostrada;

- tale qualificazione non può essere negata per la circostanza, da considerare irrilevante, dell’esistenza, prima del tratto finale che immette al casello, di una rotatoria dalla quale si diramano diverse strade, una sola delle quali conduce all’autostrada.

2. Con ricorso N.R.G. 941 del 2008, proposto innanzi al T.A.R. del Veneto, A.P. T chiedeva l’annullamento del provvedimento anzidetto, assumendone l’illegittimità per i seguenti motivi:

- violazione degli artt. 2, lett. a), 3 e 23 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285;
violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 8, del Regolamento di esecuzione del Codice della Strada, di cui al D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495;
irragionevolezza, difetto di istruttoria, travisamento e difetto di motivazione,
atteso che il tratto stradale in questione non sarebbe rientrato tra quelli per i quali è vietata l’installazione di impianti pubblicitari;

- difetto di istruttoria e motivazione, sviamento e disparità di trattamento, in quanto, per la medesima arteria, risultavano essere state rilasciate omogenee autorizzazioni ad una Società concorrente.

3. L’adito Tribunale ha respinto il ricorso;
in particolare, ritenendo:

- tardivo il gravame rispetto al primo diniego, purtuttavia superato a fronte della rinnovata istruttoria che ha dato luogo all’adozione del secondo provvedimento dalla parte gravato;

- infondate, nel merito, le censure riguardanti la configurazione del Viale Serenissima (gestito dal concessionario autostradale), trattandosi – anche in assenza di una definizione, da parte del Codice della Strada, di “raccordo autostradale” – di espressione in uso nel linguaggio comune e nel linguaggio tecnico, che, ricorrendo ad un criterio di tipo funzionale, designa i collegamenti tra un’autostrada e determinati luoghi o determinate infrastrutture non raggiungibili direttamente utilizzando la rete autostradale;

- ulteriormente infondate, le doglianze riguardanti la lamentata disparità di trattamento, atteso che il rapporto contrattuale intercorso fra la resistente ed altra società riguardava tipologie di impianti ammessi dall’art. 23, comma 7, del Codice della Strada, in quanto posti presso aree di servizio o presso i caselli (non venendo, quindi, in considerazione la installazione di impianti pubblicitari lungo l’autostrada o il raccordo autostradale).

4. Avverso tale pronuncia, A.P. T ha interposto appello, notificato il 22 maggio 2012 e depositato il successivo 6 giugno, deducendo i seguenti argomenti di doglianza:

4.1) Violazione del combinato disposto degli artt. 41 ed 88 c.p.a., per avere il Tribunale di primo grado ritenuto erroneamente inammissibile il ricorso per tardiva impugnazione del diniego di cui alla nota di Servizi Utenza Stradale in data 18 febbraio 2007, nonostante tale atto fosse stato integralmente sostituito dal provvedimento di cui al successivo 7 aprile, assunto a seguito di rinnovata istruttoria e con nuova motivazione.

Per effetto della sopravvenienza provvedimentale da ultimo indicata, l’interesse della parte ricorrente si sarebbe concentrato, esclusivamente, sul successivo provvedimento di Servizi Utenza Stradale S.p.A., con riveniente irrilevanza dei termini di sollecitazione del sindacato giurisdizionale avverso la prima determinazione da quest’ultima adottata.

4.2) Error in judicando. Violazione degli artt. 23, comma 7, 2, lett. a) e 3 del Codice della Strada. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 8, del Regolamento di esecuzione del Codice della Strada (di cui al D.P.R. 495 del 1992). Difetto, erroneità ed illogicità della motivazione. Travisamento dei presupposti in fatto ed in diritto. Violazione dell’art. 88 c.p.a., per avere il giudicante fondato la propria decisione su motivi affetti da errata interpretazione delle norme di riferimento regolanti la fattispecie e richiamate nei motivi di primo grado.

Avrebbe errato il Tribunale nell’estendere l’applicazione dell’art. 23, comma 7, del Codice della Strada al di fuori delle fattispecie ivi disciplinate;
e nel ritenere, conseguentemente, che la Via Serenissima, pur in difetto di una puntuale definizione da parte del predetto testo normativo, sia qualificabile come “raccordo autostradale” (con riveniente divieto alla installazione di impianti pubblicitari).

Il raccordo autostradale, pur avendo la funzione di collegare l’autostrada ad un centro abitato, è tuttavia assoggettato alla disciplina del tipo di strada tramite cui il collegamento viene realizzato;
il divieto di cui alla disposizione da ultimo citata, per l’effetto, dimostrandosi operante esclusivamente per i tratti viari da essa espressamente contemplati.

Né l’arteria anzidetta sarebbe suscettibile di considerazione – come ritenuto dal giudice di prime cure – quale “accesso autostradale”, atteso che l’art. 2, comma 3, del Codice della Strada così definisce i soli accessi dotati di corsie di accelerazione e decelerazione (ovvero, alle proprietà laterali, quanto alle principali strade extraurbane).

Soggiunge parte appellante, in punto di fatto, che la Via Serenissima non ha termine all’ingresso (casello) dell’autostrada, ma in corrispondenza di un crocevia collegante un centro commerciale, un centro abitato ed una strada regionale.

4.3) Error in judicando. Violazione degli artt. 23, comma 7, 2, lett. a) e 3 del Codice della Strada. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 8, del Regolamento di esecuzione del Codice della Strada (di cui al D.P.R. 495 del 1992). Difetto, erroneità ed illogicità della motivazione su un punto decisivo della controversia. Violazione dell’art. 88 c.p.a., per avere il giudicante fondato la propria decisione su travisamento in fatto ed in diritto in relazione ai motivi di primo grado.

Quanto alla disparità di trattamento, da A.P. T denunciata in prime cure, ribadisce la Società che gli impianti pubblicitari autorizzati nei confronti di altra società sono stati installati proprio sulla Via Serenissima, con localizzazione nei medesimi siti sui quali avrebbero dovuto trovare posto quelli oggetto di richiesta da parte dell’appellante.

Conclude, pertanto, quest’ultima per l’accoglimento del proposto mezzo di tutela;
e, in riforma della sentenza impugnata, del ricorso di primo grado, con ogni statuizione conseguenziale anche in ordine alle spese del doppio grado di giudizio.

5. In data 24 luglio 2012, si è costituita in giudizio Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova S.p.A., analiticamente controdeducendo alle doglianze articolate con l’atto introduttivo, del quale ha chiesto, conseguentemente, la reiezione.

6. L’appello viene trattenuto per la decisione alla pubblica udienza telematica del 26 maggio 2020.

DIRITTO

1. Con il primo motivo di appello, A. P. T ha contestato la gravata pronunzia di prime cure, assumendo l’erroneità della statuizione con la quale è stata accolta l’eccezione di tardività dell’impugnazione della nota di Società Servizi e Utenza S.p.A. 18 febbraio 2008, prot. n. 123, ricevuta dall’odierna appellante il 1° marzo 2008.

Nell’osservare come la consegna del ricorso da notificare all’ufficiale giudiziario sia stata effettuata solo il 2 maggio 2008, il giudice di prime cure ha dichiarato irricevibile l’impugnazione del primo diniego;
mentre la sollecitazione del sindacato giurisdizionale avverso la seconda determinazione (prot. n. 193 del 7 aprile 2008), parimenti recante reiezione dell’istanza di autorizzazione all’installazione di impianti pubblicitari lungo la Via Serenissima, è stata ritenuta tempestiva.

Assume A. P. T che il primo degli indicati provvedimenti sarebbe privo di autonoma valenza lesiva, in quanto “sostituito integralmente dal diniego di cui alla nota del 7 aprile 2008 …, assunta nell’esercizio di una rinnovata istruttoria con un nuovo apprezzamento dei diversi profili in fatto e in diritto che aveva condotto l’amministrazione ad addurre una motivazione diversa da quella originaria”.

2. Tale prospettazione non si presta a condivisione.

Nella fattispecie, infatti:

- se nel primo atto impugnato, il diniego all’installazione di impianti pubblicitari veniva motivato “in quanto il tratto di Via Serenissima a Vicenza in gestione alla Società Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova S.p.A. è un raccordo autostradale, pertanto, a norma del Codice della Strada, è vietata l’apposizione di cartelli pubblicitari”;

- nel secondo dei gravati provvedimenti, Servizi Utenza Stradale ha specificato che “il tratto di strada oggetto delle richieste di autorizzazione da noi definito “raccordo autostradale” è oggettivamente un accesso all’autostrada in quanto, indipendentemente dalla confluenza di alcune strade secondarie comunali, collega due importantissime arterie, la SR11 e la Tangenziale Sud di Vicenza, all’autostrada stessa”.

3. E’ noto che un provvedimento è meramente confermativo nel caso in cui venga ribadita la decisione assunta nell’atto precedente, senza alcuna rivalutazione degli interessi, né nuovo apprezzamento dei fatti;
mentre è di conferma (in senso proprio) qualora l’Amministrazione proceda ad un riesame della precedente decisione, attraverso una nuova valutazione degli elementi di fatto acquisiti (ovvero, l’acquisizione di nuovi elementi), o, ancora, mediante rinnovata ponderazione de gli interessi coinvolti (cfr., ex plurimis, Cons. Stato: Sez. V, 17 aprile 2020, n. 2447, 6 aprile 2020, n. 2260, 8 novembre 2019, n. 7655, 11 ottobre 2019, n. 6916, 27 novembre 2017, n. 5547;
Sez. III, 27 dicembre 2018, n. 7230;
Sez. VI, 11 dicembre 2018, n. 6984).

La distinzione fra “conferma” ed “atto meramente confermativo”, quindi, si atteggia nel senso che solo la prima – e non il secondo – va a sostituire l’atto confermato, con improcedibilità del ricorso proposto contro di esso: il criterio distintivo dovendo ravvisarsi nella circostanza per cui:

- se la conferma è emessa dopo una nuova considerazione della fattispecie concreta, e in particolare dopo una nuova istruttoria;

- diversamente, l’atto meramente confermativo non fa che ripetere la precedente volontà dell’Amministrazione, che come tale non viene toccata (Cons. Stato, Sez. IV, 23 marzo 2020 n. 2035).

Di conseguenza, solo nel caso del provvedimento di conferma in senso proprio vi è un procedimento;
e, all'esito di questo, un nuovo provvedimento, sia pure di contenuto identico al precedente, che si sostituisce ad esso.

4. Quanto alla sottoposta vicenda contenziosa, viene in considerazione un atto avente carattere meramente confermativo, atteso che Servizi Utenza Stradale, a fronte della nota dell’odierna appellante in data 10 marzo 2008 (facente seguito al primo diniego del 18 febbraio 2008), si è limitata a ribadire la decisione assunta con il precedente atto, senza effettuare alcuna rinnovata istruttoria, né operare una rivalutazione degli interessi od un nuovo apprezzamento dei fatti.

Piuttosto, impregiudicata la qualificazione dell’atto, di cui all’oggetto dal medesimo recato (“integrazione motivazioni diniego”), l’odierna resistente ha ribadito che la ragione ostativa all’installazione dell’impianto pubblicitario risiedeva nella qualificazione della Via Serenissima quale “raccordo autostradale”: limitandosi (come si è visto) ad esplicitare, con carattere meramente integrativo (e non sostitutivo) le ragioni a fondamento di tale assunto.

5. Risulta, quindi, parzialmente errato il giudizio reso dal Tribunale di prime cure, in quanto:

- se è vero che l’impugnazione avverso l’originario provvedimento (del 18 febbraio 2008) è senz’altro tardiva, atteso che la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio presso il T.A.R. Veneto è avvenuta (il 2 maggio 2008) successivamente allo spirare del termine decadenziale di legge;

- l’esame delle doglianze dedotte avverso l’atto del 7 aprile 2008 si dimostra precluso, in quanto tale atto riveste carattere meramente confermativo del primo, con riveniente inammissibilità, in parte qua, del gravame.

Né, in contrario avviso, rileva quanto sul punto indicato nella sentenza appellata: ovvero che “la parte resistente ha adottato” il secondo diniego prot. n. 193 del 7 aprile 2008 “a seguito di una rinnovata attività istruttoria e con una nuova motivazione, accettando il contraddittorio procedimentale proposto dall’istante e la sostanziale qualificazione del primo atto come preavviso di rigetto adottato ai sensi dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241”.

Ha, infatti, errato il giudice di primo grado:

- nel ritenere che il primo degli atti sopra indicati integri preavviso di rigetto ex art. 10-bis, senza che alcuna letterale indicazione in tale senso sia evincibile dall’atto medesimo (il quale, anzi, esprime un definitivo diniego a fronte della richiesta autorizzazione);

- nell’assumere che, a fronte della richiesta di A. P. T in data 10 marzo 2008, sia stata effettuata rinnovata attività istruttoria: della quale, invero, non consta documentale evidenza;

- nel ritenere, da ultimo, che la “conferma” dell’atto possa essere, con carattere di autosufficienza, sorretta da una integrazione motivazionale rispetto alla precedente determinazione: laddove – come rilevato a proposito del secondo dei provvedimenti in primo gradi impugnati – difetta una nuova valutazione degli elementi di fatto acquisiti, così come l’acquisizione di nuovi, nonché una rinnovata ponderazione degli interessi coinvolti.

6. Quanto sopra posto, non può omettere il Collegio di rammentare che l’ammissibilità del ricorso di primo grado possa essere esaminata di ufficio anche in grado di appello, in tutte le eventualità in cui il T.A.R. abbia omesso di pronunciarsi esplicitamente sul punto, a condizione che, nel corso del giudizio di primo grado nessuna delle parti abbia prospettato la questione e, pertanto, possa escludersi con certezza la sussistenza di una valutazione implicita in ordine alla ritualità del ricorso.

Nel processo amministrativo il principio del giudicato implicito sulle questioni preliminari, che ne impedisce il rilievo officioso in appello, è ora sancito in via normativa dall’art. 9 c.p.a., ma con esclusivo riferimento al tema della giurisdizione (“ il difetto di giurisdizione è rilevato in primo grado anche d'ufficio. Nei giudizi di impugnazione è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione”) .

Pertanto, è ragionevole ritenere che, negli altri casi, mantiene vigore il principio generalissimo sancito dall’art. 35 dello stesso c.p.a., secondo cui “ il giudice dichiara, anche d’ufficio, il ricorso:

a) irricevibile se accerta la tardività della notificazione o del deposito;

b) inammissibile quando è carente l’interesse o sussistono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito;

c) improcedibile quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione, o non sia stato integrato il contraddittorio nel termine assegnato, ovvero sopravvengono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito ”.

La disposizione è significativamente collocata nell’ambito della disciplina generale del processo e non è circoscritta al solo giudizio di primo grado. Ne deriva, quindi (come da questo Consiglio rilevato: cfr. Sez. III, ord. 7 novembre 2017, n. 5138) la piena applicazione anche alla fase di appello.

In tal senso si pone anche la previsione di cui all’art. 104, relativo ai nova in appello, a mente della quale: “ Nel giudizio di appello non possono essere proposte nuove domande, fermo quanto previsto dall'articolo 34, comma 3, né nuove eccezioni non rilevabili d'ufficio.

L’inammissibilità del ricorso di primo grado, infatti, è estranea alla nozione di “ eccezione non rilevabile d’ufficio ”: pertanto la sua deducibilità per la prima volta in appello, anche mediante semplice difesa, non risulta preclusa dal divieto di ius novorum e non limita il potere officioso del giudice di secondo grado.

Come affermato nell’anzidetta pronunzia, deve, conseguentemente, ritenersi che l’art. 9 c.p.a. integri la presenza di “norma speciale che solo ed esclusivamente per il difetto di giurisdizione valorizza in via di eccezione il principio del giudicato implicito, correlativamente ed indirettamente confermando, per le altre cause di inammissibilità, l’assolutezza del potere di rilievo ufficioso del giudice in ogni stato e grado del procedimento”.

In ragione della rilevabilità, anche d’ufficio, della improcedibilità del ricorso di prime cure, va dunque, in parte qua, riformata l’appellata sentenza, nel senso di ritenere il ricorso proposto dinanzi al T.A.R. a quo:

- senz’altro irricevibile, quanto all’impugnazione dell’atto in data 18 febbraio 2008;

- ma – diversamente rispetto a quanto statuito nella pronunzia all’esame – inammissibile il mezzo di tutela, con riferimento al secondo dei provvedimenti impugnati (nota di Servizi Utenza Stradale in data 7 aprile 2008).

A fronte del conseguente rigetto del proposto mezzo di tutela, le spese di lite possono, tuttavia, formare oggetto di compensazione fra le parti costituite, avuto riguardo alla particolarità della controversia.

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