Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-11-30, n. 201605042

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-11-30, n. 201605042
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201605042
Data del deposito : 30 novembre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/11/2016

N. 05042/2016REG.PROV.COLL.

N. 06280/2015 REG.RIC.

N. 04150/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6280 del 2015, proposto da:
C Bruno S.r.l. - Società Unipersonale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati E C (C.F. CTZLEU60E17B354V), E L (C.F. LBRNRC71E20H501I) e F L (C.F. LBRFPP39L14H501I), con domicilio eletto presso lo Studio Legale Lubrano &
Associati in Roma, via Flaminia, n. 79;

contro

- Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
- Comune di Cagliari, non costituito in giudizio;



sul ricorso numero di registro generale 4150 del 2015, proposto da:
Bruno C, rappresentato e difeso dagli avvocati E C (C.F. CTZLEU60E17B354V), E L (C.F. LBRNRC71E20H501I) e F L (C.F. LBRFPP39L14H501I), con domicilio eletto presso lo Studio Legale Lubrano &
Associati in Roma, via Flaminia, n. 79;

contro

- Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
- Comune di Cagliari, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Francesca Frau (C.F. FRAFNC60M71M126X), con domicilio eletto presso Nicola Giancaspro in Roma, via Postumia, n. 1;

per la riforma:

della sentenza del T.A.R. per la Sardegna, Sezione II, n. 362 del 25 febbraio 2015, resa tra le parti, concernente il progetto di demolizione e ricostruzione di immobili in via Milano a Cagliari.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo e del Comune di Cagliari;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 ottobre 2016 il Cons. Dante D'Alessio e uditi per le parti l’avvocato F L, l’avvocato Nicola Giancaspro, per delega dell'avvocato Francesca Frau, e l’avvocato dello Stato Fabio Tortora;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- Il signor Bruno C, titolare della omonima impresa edile, aveva chiesto al Comune di Cagliari il rilascio del permesso di costruire per realizzare due nuovi immobili, previa demolizione di tre preesistenti villini siti in Cagliari, nel quartiere Bonaria, in via Milano, numeri 38, 40 e 42.

2.- La Soprintendenza per i Beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici per le Province di Cagliari ed Oristano, comunicava tuttavia, in data 7 maggio 2009, l'avvio del procedimento di riconoscimento del particolare interesse storico-artistico dei tre immobili siti in Cagliari, via Milano numeri 38, 40 e 42.

La Soprintendenza, con provvedimenti in data 30 novembre 2009, sottoponeva poi a vincolo storico artistico due dei tre villini interessati dal progetto di demolizione (quelli posti ai civici numeri 38 e 42 di via Milano).

3.- Avverso tali determinazioni il signor C ricorreva al T.A.R. per la Sardegna, Sezione II, che, con sentenza n. 488, del 12 maggio 2011, dopo aver preso atto dell’intervenuta perdita di efficacia dell’avviso di inizio del procedimento di vincolo, relativamente al villino al n. 40, a seguito della mancata adozione del relativo decreto di vincolo, ha:

a) dichiarato inammissibile il ricorso relativo all’immobile posto al n. 38 della via Milano, ritenendo sussistente il difetto di legittimazione del ricorrente che non risultava proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell’immobile;

b) respinto nel merito il ricorso relativo all’immobile posto al n. 42 ritenendo che l’imposizione del vincolo fosse adeguatamente motivata ed adottata in presenza dei necessari presupposti.

3.1.- Anche i ricorsi proposti dai signori A G e M M D e dalla signora C S avverso il vincolo imposto sul villino sito al n. 38 veniva respinto con le sentenze n. 489 e n. 490 del 12 maggio 2011.

4.- Il signor C e i signori Aru, Mamusa e Contini hanno appellato, con tre distinti ricorsi, le indicate sentenze davanti al Consiglio di Stato e questa Sezione ha accolto gli appelli, con le sentenze numeri 6293, 6294 e 6295 del 10 dicembre 2012, con il conseguente annullamento degli atti impugnati.

4.1.- In particolare, con riferimento all’appello proposto dal signor C, la Sezione, con la sentenza n. 6293 del 10 dicembre 2012, ha dato atto « della cessazione della materia del contendere con riferimento al capo della sentenza con cui è stato dichiarato il difetto di legittimazione ad impugnare il vincolo relativo al villino contrassegnato con il civico n. 38, in quanto con sentenze rese in pari data questo Consiglio di Stato, riformando le sentenze del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna 12 maggio 2011, n. 489 e n. 490, ha accolto i ricorsi di primo grado n. 131/2010 e n. 132/2010 proposti dai comproprietari dell’immobile in questione (A G e M M D per il ricorso di primo grado n. 131/2010 e Silvia Contini per il ricorso di primo grado n. 132/2010), annullando il relativo provvedimento di imposizione del vincolo ».

Mentre ha ritenuto fondato, nel merito l’appello riguardante il vincolo imposto sul villino contrassegnato con il civico n. 42.

4.2.- Questa Sezione ha ritenuto, infatti, « insufficiente ai fini della motivazione del provvedimento di imposizione del vincolo , il mero riferimento al valore di testimonianza storica di un certo modo di costruire in un determinato periodo storico », che non consentiva « di individuare l’importanza culturale del singolo fabbricato, anche ai fini, appunto, della conservazione della testimonianza storica ». Mentre è la pianificazione urbanistica che ben può essere orientata alla conservazione dei valori storici di zona.

La Sezione ha poi aggiunto che « anche se in linea di principio, l’esigenza di conservare la testimonianza storica di un certo tipo di costruzione relativa ad un dato periodo storico può rappresentare una ragione idonea a giustificare l’imposizione di un vincolo di interesse culturale, l’Amministrazione è, comunque, tenuta ad indicare anche le ragioni di particolare interesse culturale per le quali rileva che quel tipo di stile costruttivo meriti la particolare tutela che si risolve nell’imposizione del vincolo, come le particolari caratteristiche del singolo fabbricato che lo rendono particolarmente espressivo di quel tipo di costruzione ».

5.- Nel frattempo il Comune di Cagliari, con deliberazioni della Giunta 21 febbraio 2012, n. 41 e del Consiglio 27 febbraio 2012, n. 16, aveva individuato, ai sensi dell’art. 5, comma 6, della legge della Regione Sardegna 23 ottobre 2009, n. 4, gli ambiti ricadenti nelle zone urbanistiche omogenee B, nei quali limitare o escludere la demolizione e ricostruzione, ed aveva incluso la sottozona oggetto del programmato intervento edilizio fra quelle sottratte a interventi di demolizione e ricostruzione.

5.1.- Dopo l’annullamento dei vincoli imposti il 30 novembre 2009, la Soprintendenza per i Beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici per le Province di Cagliari ed Oristano ha riavviato il procedimento e, con provvedimento n. 36 del 14 marzo 2014, ha sottoposto a nuovo vincolo di interesse storico artistico il solo villino sito in Cagliari, via Milano n. 42.

5.2.- Il Comune di Cagliari ha poi espresso, con nota del 9 aprile 2014, parere negativo sulla richiesta fatta dal signor C, ai sensi dell’art. 15 del Regolamento edilizio, per un diverso intervento da realizzarsi previa demolizione di due villini e la realizzazione di una sola palazzina.

6.- Il signor C ha impugnato, con distinti ricorsi davanti al T.A.R. per la Sardegna, sia le citate delibere del Comune di Cagliari, sia il nuovo provvedimento di imposizione del vincolo della Soprintendenza, sul villino posto al n. 42 di via Milano, e sia il provvedimento del Comune con il quale è stato dato parere negativo sul nuovo progetto edilizio da lui presentato.

6.1.- Con un ulteriore ricorso il signor C ha poi chiesto il risarcimento dei danni subiti per la mancata realizzazione delle opere determinata anche dagli atti poi risultati illegittimi della Soprintendenza.

7.- Il T.A.R. per la Sardegna, riuniti i quattro ricorsi, con sentenza della Sezione II, n. 362 del 25 febbraio 2015, ha dichiarato tardivo il ricorso (R.G. 865/2013) che era stato proposto avverso le delibere comunali, ed ha respinto nel merito gli altri ricorsi (R.G. 866/2013, 867/2013 e 547/2014), negando anche il diritto del signor C al risarcimento dei danni subiti.

8.- Il signor C, in proprio e quale titolare della C S.r.l. - Società Unipersonale, ha appellato, con due distinti ricorsi, l’indicata sentenza ritenendola erronea sotto diversi profili.

All’appello si oppongono il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo e il Comune di Cagliari (nel ricorso n. 4150 del 2015 R.G.)

9.- Tutto ciò premesso, deve essere preliminarmente disposta la riunione, ai sensi dell’art. 96, comma 1, del c.p.a., dei due appelli che sono stati proposti avverso la stessa sentenza e che riguardano la medesima questione.

10.- Seguendo l’ordine delle questioni trattate nella appellata sentenza del T.A.R., la Sezione ritiene di dover preliminarmente affrontare i motivi di appello riguardanti il richiesto annullamento dei provvedimenti emanati dal Comune di Cagliari e dalla Soprintendenza per i Beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici per le Province di Cagliari ed Oristano che non hanno reso possibile la realizzazione del progetto edilizio dell’appellante.

11.- Con il motivo rubricato nell’appello al punto II) il signor C ha insistito nel sostenere la fondatezza delle doglianze sollevate nei confronti delle deliberazioni del Comune di Cagliari, che hanno inserito l’area oggetto del progetto edilizio fra quelle nelle quali è esclusa la demolizione e ricostruzione, e l’erroneità della sentenza appellata che ha ritenuto tardivi i motivi del ricorso, facendo decorrere i termini per l’impugnazione dal momento della pubblicazione di tali delibere.

11.1.- Infatti, ha aggiunto l’appellante, « le deliberazioni impugnate (che solo apparentemente assumevano un carattere generale, tipo “zonizzazione”) venivano, in realtà, ad incidere su situazioni specifiche già individuate e tutelate dalla precedente normativa edilizia e, in modo particolare nei confronti di un soggetto (appunto l’impresa Bruno C) che aveva già attivato la procedura per la realizzazione del proprio intervento costruttivo » e che aveva quindi « titolo alla notificazione individuale del provvedimento », per il carattere « latamente espropriativo » dei provvedimenti comunali in questione.

11.2.- Nel merito il signor C ha sostenuto, riproponendo le censure sollevate nel giudizio di primo grado e non esaminate dal T.A.R., che le deliberazioni impugnate sono illegittime per la carenza di istruttoria e motivazione, in quanto le indicazioni espresse sono del tutto prive di specificità e tautologiche e non tengono conto della circostanza che proprio il progettato intervento edilizio avrebbe consentito la realizzazione di una corretta omogeneizzazione dell’ambito interessato, in quanto solo i tre fabbricati in questione posti in via Milano ai numeri 38, 40 e 42 sono a due piani fuori terra mentre tutti gli altri fabbricati presenti nell’isolato sono di quattro piani fuori terra.

12.- Al riguardo, si deve ricordare che, con riferimento alle disposizioni dirette a regolamentare l'uso del territorio, contenute nei piani regolatori, nei piani attuativi o in altri strumenti generali, la giurisprudenza amministrativa ha affermato che vanno distinte le prescrizioni che, in via immediata, stabiliscono le potenzialità edificatorie delle porzioni di territorio interessate - nel cui ambito rientrano le norme di c.d. zonizzazione, la destinazione di aree a soddisfare gli standards urbanistici, la localizzazione di opere pubbliche o di interesse collettivo - e le altre regole che, più in dettaglio, disciplinano l'esercizio dell'attività edificatoria, generalmente contenute nelle norme tecniche di attuazione del piano o nel regolamento edilizio (disposizioni sul calcolo delle distanze e delle altezze, sull'osservanza di canoni estetici, sull'assolvimento di oneri procedimentali e documentali, regole tecniche sull'attività costruttiva, ecc.).

Per le disposizioni appartenenti alla prima categoria, la giurisprudenza ha quindi chiarito che s'impone, in relazione all'immediato effetto conformativo dello ius aedificandi dei proprietari dei suoli interessati, ove se ne intenda contestare il contenuto, un onere di immediata impugnativa davanti al giudice amministrativo, nel termine decadenziale che decorre dal perfezionamento della fase di pubblicazione dello strumento pianificatorio. Mentre a diversa conclusione si deve pervenire, con riguardo alle prescrizioni di dettaglio contenute nelle norme di natura regolamentare destinate a regolare la possibile attività edilizia, che sono suscettibili di ripetuta applicazione ed esplicano effetto lesivo nel momento in cui è adottato l'atto applicativo e, dunque, possono essere oggetto di censura in occasione della sua impugnazione (fra le più recenti, Consiglio di Stato Sez. IV 17 novembre 2015 n. 5235).

12.1.- Con riferimento alle varianti urbanistiche che riguardano beni specifici ed incidono direttamente solo su determinati soggetti, la giurisprudenza amministrativa ha peraltro precisato che la pubblica amministrazione ha, in tal caso, l'obbligo di notificare direttamente agli interessati il provvedimento, con la conseguenza che solo dal momento dell’esecuzione di tale adempimento decorre il termine di impugnazione (Consiglio di Stato, Sez, VI, 3 marzo 2014, n. 595).

12.2.- Facendo applicazione di tali principi, nella fattispecie, il termine per l’impugnazione delle deliberazioni della Giunta comunale, 21 febbraio 2012, n. 41, e del Consiglio comunale, 27 febbraio 2012, n. 16, come ha ritenuto il T.A.R, deve farsi decorrere dalla data di pubblicazione delle stesse all’Albo pretorio del Comune.

Infatti con le due deliberazioni in questione, il Comune di Cagliari ha individuato, ai sensi dell’art. 5, comma 6, della legge della Regione Sardegna 23 ottobre 2009, n. 4, gli ambiti, ricadenti nelle zone urbanistiche omogenee B (le sottozone “B9, BnR1 e B7R2”), nei quali limitare o escludere la demolizione e ricostruzione, con disposizioni di carattere generale, sebbene riguardanti alcune limitate porzioni del territorio comunale, con le quali ha ritenuto meritevole di tutela e conservazione determinate zone del territorio comunale.

12.3.- Considerato, pertanto, che il termine per proporre ricorso avverso le citate deliberazioni cominciava a decorrere dalla scadenza del termine della loro pubblicazione all’Albo pretorio del Comune, intervenuta, come ha ricordato il T.A.R., per la deliberazione di Giunta, il 7 marzo 2012 e, per quella consiliare, il 14 marzo 2012, il ricorso proposto avverso le dette deliberazioni il 10 ottobre 2013 doveva ritenersi tardivo.

13. Ma anche nella denegata ipotesi in cui si volesse ammettere la tempestività del ricorso, in ragione della particolare situazione nella quale si trovava il signor C, che aveva in corso un contenzioso proprio per la possibile demolizione e ricostruzione di fabbricati posti in una delle aree del Comune che risultavano oggetto della specifica disposizione impeditiva contenuta nelle deliberazioni impugnate, il ricorso doveva ritenersi comunque infondato.

13.1.- La scelta dell’Amministrazione comunale di tutelare parti del tessuto edilizio esistente, perché di particolare pregio costruttivo e caratterizzante determinati periodi della precedente urbanizzazione, anche attraverso il divieto di demolizione delle strutture esistenti e la successiva ricostruzione di edifici con diverse caratteristiche costruttive, risulta, infatti, esente da evidenti vizi logici e non è quindi censurabile davanti al giudice amministrativo.

13.2.- Si deve, infatti, ricordare che, per giurisprudenza costante, l’esercizio del potere di pianificazione urbanistica e di dettare, attraverso la zonizzazione, particolari regole per l’edificazione nelle diverse aree del territorio comunale, è caratterizzato da un’amplissima discrezionalità che rende sindacabili le scelte operate davanti al giudice amministrativo solo per errori di fatto, abnormità e manifesta irrazionalità delle scelte effettuate (fra le più recenti, Consiglio di Stato, sez. IV, 26 luglio 2016 n. 3337).

Si è anche aggiunto che l’onere di motivazione, gravante sull'amministrazione in sede di adozione di uno strumento urbanistico, risulta soddisfatto con l'indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono il complesso delle scelte effettuate per il governo del territorio, senza necessità di una motivazione puntuale, salvo i casi in cui tali scelte incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative.

Le scelte urbanistiche, infatti, richiedono una motivazione più o meno puntuale a seconda che si tratti di previsioni di carattere generale, con le quali l’amministrazione provvede alla complessiva definizione dell’uso del territorio comunale, ovvero riguardino un'area determinata, ledendo legittime aspettative, come nel caso di una variante che interessi aree specifiche del PRG per le quali era prevista una diversa destinazione (Consiglio di Stato, sez. IV, 25 maggio 2016 n. 2221).

13.3.- Nella fattispecie, come si è accennato, la scelta operata dall’Amministrazione comunale di tutelare, in attuazione di una previsione dettata dalla legislazione regionale, determinate aree del territorio, prevedendo la conservazione dei valori storici e architettonici di alcuni contesti urbani, mediante la sostanziale conservazione del tessuto edilizio esistente, non può ritenersi manifestamente illogica e, come risulta dagli atti impugnati, è stata ampiamente motivata (e quindi giustificata).

Risultano, in conseguenza, infondate le censure in proposito sollevate dall’appellante.

13.4.- Né, come pure emerge dagli atti, le deliberazioni in questione possono ritenersi adottate in presenza di errori di fatto.

In particolare, non può darsi rilievo all’osservazione dell’appellante secondo cui il suo progetto ricostruttivo avrebbe consentito la realizzazione di una corretta omogeneizzazione dell’ambito interessato, in quanto solo i tre fabbricati in questione posti in via Milano ai numeri 38, 40 e 42 sono a due piani fuori terra mentre tutti gli altri fabbricati presenti nell’isolato sono di quattro piani fuori terra.

Infatti, a prescindere dalla circostanza che le affermazioni dell’appellante si basano su una rappresentazione della situazione esistente che è molto parziale (essendo limitata ad un isolato), lo scopo della disposizione comunale che ha regolato l’attività edilizia in determinate zone del territorio comunale non era quella di “omogeneizzare” il tessuto edilizio esistente quanto piuttosto quello di conservare, per il loro particolare valore, ambiti edilizi ancora esistenti con determinate caratteristiche tipiche.

14.- Il signor C ha poi sostenuto, con il motivo rubricato al punto III, che anche il vincolo nuovamente imposto dalla Soprintendenza per i Beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici per le Province di Cagliari ed Oristano sul villino sito in via Milano al numero 42, è illegittimo, per la contraddittorietà con il precedente operato della stessa Soprintendenza, che aveva sottoposto al vincolo tre villini e poi ha rinnovato il vincolo, dopo l’annullamento dei precedenti vincoli disposto dal Consiglio di Stato, sul solo villino “F”.

Erronea, secondo l’appellante risulta poi nel merito l’attribuzione di un contributo decisivo nella realizzazione all’opera ad U B, sconosciuto progettista del novecento, mentre il villino risulta opera dell’ing. F.

Assolutamente inadeguata è inoltre, secondo l’appellante, l’affermazione secondo cui la « villa riveste carattere di unicità nel sintetizzare con la sua consistenza materiale una particolare transizione tra le forme rigorose degli anni ‘30 e la libertà degli anni ‘50 » che si pone anche in contrasto con il giudicato formatosi sulle precedenti sentenze del Consiglio di Stato.

14.1.- La sentenza del T.A.R. per la Sardegna, secondo l’appellante, è quindi erronea perché, dopo aver precisato che il giudice amministrativo ha un sindacato meramente estrinseco, in materia di discrezionalità tecnica, ha affermato che, nella fattispecie, il provvedimento di vincolo era risultato congruamente motivato e non viziato nei presupposti assunti a base del vincolo.

Mentre il provvedimento di imposizione del vincolo deve ritenersi viziato per contraddittorietà, erroneità dei presupposti e sviamento di potere.

15.- Anche tale motivo, nelle sue diverse articolazioni, non è fondato.

Al riguardo, si deve ricordare che la valutazione in ordine all'esistenza di un interesse culturale (artistico, storico, archeologico o etnoantropologico) particolarmente importante, tale da giustificare l'imposizione del relativo vincolo, ai sensi degli art. 13, comma 1, e 10, comma 3, lett. a) del d. lgs. n. 42 del 22 gennaio 2004, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio, è prerogativa dell'Amministrazione preposta alla gestione del vincolo e può essere sindacata in sede giurisdizionale solo in presenza di profili di incongruità ed illogicità di evidenza tale da far emergere l'inattendibilità della valutazione tecnico-discrezionale compiuta

(fra le più recenti, Consiglio di Stato, sez. VI, 14 ottobre 2015, n. 4747).

Tale valutazione è, infatti, connotata da un'ampia discrezionalità tecnico-valutativa, poiché implica l'applicazione di cognizioni tecnico - scientifiche specialistiche proprie di settori scientifici disciplinari (della storia, dell'arte e dell'architettura).

Si è quindi precisato che l'apprezzamento compiuto dall'Amministrazione preposta alla tutela dei beni di interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico è sindacabile, davanti al giudice amministrativo, esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, considerati anche per l'aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, ma fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche, con la conseguenza che il sindacato giudiziale non può diventare sostitutivo delle valutazioni compiute dell'Amministrazione, attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile.

16.- Considerato che, nella fattispecie, la locale Soprintendenza, dopo l’annullamento (per difetto di motivazione) del precedente provvedimento impositivo del vincolo, ha reiterato il vincolo sul villino posto al n. 42 di via Milano, completando l’istruttoria e ampiamente motivando sulle ragioni che hanno determinato l’imposizione del vincolo e quindi disposto la tutela di un bene ritenuto di interesse storico artistico, le censure sollevate dal signor C risultano infondate e devono essere respinte.

16.1.- La Soprintendenza, nella relazione storico artistica elaborata nel corso nel procedimento, ha indicato, infatti, chiaramente le ragioni per le quali ha ritenuto necessaria la tutela del Villino F.

Infatti, come ha ricordato anche il T.A.R., la Soprintendenza, dopo una sintetica ricostruzione del “contesto urbanistico” in cui è inserita la villa, ha ritenuto necessaria la sua tutela in ragione:

- delle caratteristiche estetiche e alle particolari vicende realizzative del manufatto, che evidenziano una notevole divergenza tra la progettazione originaria (caratterizzata da un approccio razionalista e da una spiccata linearità delle forme, riconducibili probabilmente all’idea iniziale dell’ing. F) e il fabbricato poi effettivamente realizzato (che evidenzia temi decorativi originali di segno del tutto diverso, probabilmente attribuibili all’apporto del B in sede realizzativa);

- della “originalità di insieme” della struttura, in virtù dell’evoluzione intervenuta in fase realizzativa e dell’armonia con cui tali modifiche sono state inserite sull’impianto del progetto originario;

- della particolare “rilevanza culturale” dell’opera nel contesto storico e architettonico in cui si inserisce, cioè nel periodo di passaggio tra due periodi storici e artistici ben distinti (periodo fascista e secondo dopoguerra);

- dell’apporto dato in fase realizzativa dall’arch. B, che la Relazione definisce “il più geniale e raffinato progettista sardo” dell’epoca.

16.2.- Tali ragioni, che non risultano manifestamente irragionevoli, né chiaramente erronee in fatto, come ha rilevato anche il T.A.R., nella amplissima motivazione della sua decisione, giustificano ampiamente l’imposizione del vincolo.

16.3.- Né, per le ragioni che si sono già prima ricordate, si può dare rilievo alla tesi dell’appellante, secondo cui non è dimostrato e, comunque, è irrilevante, l’ipotizzato intervento dell’arch. B nella realizzazione della villa.

Infatti, a prescindere dalla circostanza che le ragioni del vincolo non si basano solo sull’apporto dato alla realizzazione dell’opera dall’architetto B, comunque l’affermazione contraria dell’appellante risulta priva di un grado di certezza scientifica tale da poter far supporre l’esistenza di un evidente errore negli studi effettuati dalla Soprintendenza e quindi nei presupposti di fatto sui quali si è basata l’attività dell’organo di tutela.

Mentre, come si è accennato, l’Amministrazione ha desunto l’intervento dell’architetto B da alcuni indizi ritenuti significativi, quali la forte somiglianza tra “Villa F” e altre opere certamente del B (in primo luogo il vicino “Villino Piu”), l’acclarata conoscenza (per motivi di lavoro e vicinanza di abitazione) tra la famiglia B e la famiglia F, nonché le dichiarazioni rese della figlia del B e da quella del F.

16.4.- Non può poi ravvisarsi una illegittima contraddittorietà nell’azione dell’Amministrazione, per il fatto che la stessa Amministrazione, dopo aver avviato il procedimento per l’apposizione del vincolo su tutti e tre i villini oggetto della richiesta di demolizione, ha prima concretamente vincolato solo due di essi (con atti poi annullati dal Consiglio di Stato) ed ha poi deciso di vincolare la sola “Villa F”, tenuto conto che l’Amministrazione, proprio in relazione allo svolgersi dei fatti che si sono sinteticamente descritti, ha ritenuto di dover riproporre il vincolo solo sulla “Villa F”.

16.5.- Infondato è anche l’assunto secondo il quale in tal modo la Soprintendenza avrebbe esercitato la sua funzione in contrasto con le determinazioni in precedenza assunte dal Consiglio di Stato posto che le citate precedenti decisioni di questa Sezione non impedivano certo il rinnovato esercizio del potere di tutela di un bene ritenuto di interesse storico artistico.

Correttamente quindi il T.A.R., ha affermato, sul punto, che il nuovo provvedimento impositivo del vincolo « si fonda su di una nuova e ben più completa analisi di molteplici elementi, tra i quali, come detto, spiccano il contesto storico-culturale e architettonico di riferimento, le caratteristiche architettoniche e costruttive specifiche del bene e il suo stato di conservazione dello stesso, nonché la particolare originalità del manufatto nel suo insieme (sia in assoluto sia tenuto delle peculiari vicende che hanno caratterizzato la sua realizzazione) ».

17.- Con un ulteriore motivo di appello, rubricato al punto IV, il signor C ha sostenuto l’erroneità della sentenza del T.A.R. per la Sardegna anche nella parte in cui ha ritenuto legittima la nota con la quale, in data 14 aprile 2014, il Comune di Cagliari ha rigettato la richiesta di parere preventivo in ordine alla realizzabilità di un nuovo progetto costruttivo che prevedeva la realizzazione di un solo edificio (anziché di due edifici, come nell’originario progetto).

Secondo l’appellante deve, infatti, ritenersi irrilevante l’argomentazione che l’immobile ricade in zona urbanistica omogenea B5R1 del PUC e, pertanto soggetto al rispetto delle prescrizioni dell’art. 66 delle norme tecniche di attuazione, ed irrilevante anche l’argomentazione che uno dei fabbricati che dovrebbero essere demoliti è il “villino F” vincolato, mentre non sussiste alcuna incompatibilità del progetto con le norme edilizie ed urbanistiche vigenti.

17.1.- L’appellante ha poi aggiunto che erroneamente il T.A.R. ha ritenuto che l’atto impugnato non avrebbe avuto valore provvedimentale mentre rivestiva tale carattere, avendo determinato l’arresto del procedimento.

18.- Si può prescindere dalla questione riguardante la natura provvedimentale (o meno) del parere negativo espresso dal Comune di Cagliari sulla nuova domanda presentata dal signor C, per l’infondatezza nel merito delle censure sollevate.

Infatti il parere negativo espresso dal Comune risultava ampiamente giustificato dal richiamo ai limiti (che non si sono ritenuti illegittimi) posti all’attività costruttiva dal Comune, per la zona urbanistica B5R1 del PUC, e al vincolo storico artistico imposto dalla locale Soprintendenza, su uno dei due immobili che avrebbero dovuto essere demoliti, che rendevano comunque non realizzabile il progetto di edificazione per il quale era stato richiesto il parere.

Si deve quindi considerare privo dei vizi denunciati l’atto con il quale il Comune, nel fare riferimento a tali atti ostativi alla realizzazione del progetto edilizio, ha espresso un parere negativo sullo stesso.

19.- Resta a questo punto da affrontare la questione riguardante l’azione risarcitoria che il T.A.R. ha ritenuto tardiva, e comunque infondata, e che il signor C ha riproposto in appello con il primo motivo.

20.- Il T.A.R. per la Sardegna ha ritenuto che, nella fattispecie, il termine di impugnazione, seppur posticipato ai sensi all’art. 30, comma 5, del c.p.a. era « scaduto ben prima della proposizione del ricorso in esame: difatti il danno di cui ora si discute è quello che il ricorrente ricollega all’originario provvedimento di vincolo, introdotto dalle determinazioni 30 novembre 2009, nn. 76 e 77, del Direttore generale della Soprintendenza, annullate con le più volte citate sentenze del Consiglio di Stato 10 dicembre 2012, nn. 6293, 6294 e 6295, le quali sono ovviamente passate in giudicato al momento stesso della loro pubblicazione, avvenuta il 10 dicembre 2012 », con la conseguenza che « il ricorrente avrebbe dovuto proporre la domanda di risarcimento del relativo danno entro centoventi giorni da tale data (cioè entro il 10 aprile 2013), mentre ha notificato il ricorso in esame solo l’11 ottobre 2013, quindi tardivamente ».

20.1.- Né, secondo il T.A.R., poteva giungersi a diversa conclusione tenuto conto del « fatto che, all’indomani delle sopra descritte pronunce di annullamento del primo vincolo, l’impossibilità di realizzare l’originario progetto edilizio del ricorrente è concretamente derivata dalle (nel frattempo sopravvenute) deliberazioni della Giunta comunale 21 febbraio 2012, n. 41 e del Consiglio comunale 27 febbraio 2012, n. 16;
difatti questi ultimi atti amministrativi sono stati adottati prima delle sentenze di annullamento del vincolo statale e il ricorrente era stato da tempo posto in condizione di conoscerle, attraverso la loro pubblicazione all’Albo pretorio comunale
» con la conseguenza che « all’indomani delle pronunce di appello con cui fu annullato il primo vincolo, il ricorrente avrebbe dovuto proporre la domanda di risarcimento entro centoventi giorni dalla pubblicazione delle medesime, invece ha intrapreso tale iniziativa giurisdizionale solo molti mesi dopo ».

20.2.- Il T.A.R. ha poi comunque respinto nel merito la richiesta di risarcimento del danno in quanto il vincolo originario, che ha impedito la realizzazione del progetto edificatorio, è stato annullato dal Consiglio di Stato « per difetto di motivazione » e « una pronuncia di questo tipo, lungi dall’addentrarsi nei “contenuti sostanziali” del rapporto implicato, si è limitata ad accertare lo “scorretto esercizio del potere”, presupponendo un successivo riesame della vicenda da parte dell’Autorità amministrativa preposta » come è poi accaduto.

21.- Il signor C ha sostenuto, in appello, che entrambe le prospettazioni sono il risultato di una erronea applicazione delle norme vigenti in tema di proposizione di azione risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione e dei principi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa in tema di presupposti della responsabilità della pubblica amministrazione in dipendenza di atti amministrativi illegittimi.

21.1.- Con riferimento alla affermata tardività della richiesta, l’appellante ha sostenuto che nella fattispecie, l’azione proposta in data 7 ottobre 2013 doveva ritenersi tempestiva, considerato che le citate sentenze del Consiglio di Stato, in data 10 dicembre 2012, sono passate in giudicato solo in data 10 giugno 2013 (e non il 10 aprile 2013), dovendosi fare riferimento all’inutile decorso del termine di sei mesi per la proposizione delle impugnazioni, ai sensi dell’art. 91 del c.p.a. (e non dal momento della loro pubblicazione, come erroneamente indicato dal T.A.R.).

21.2.- Inoltre l’asserita irricevibilità delle impugnazioni delle deliberazioni comunali (o anche l’eventuale infondatezza delle censure proposte) non determina, secondo l’appellante, alcuna preclusione della domanda risarcitoria determinata dal comportamento della Soprintendenza che, con i vincoli imposti il 30 novembre 2009, poi annullati dal Consiglio di Stato, ha impedito il rilascio del titolo edilizio prima della emanazione delle delibere comunali, (in data 21 e 27 febbraio 2012), preclusive della realizzazione dell’intervento edilizio in questione.

21.3.- La sentenza del T.A.R. appellata è poi anche erronea, secondo l’appellante, per aver ritenuto comunque infondata l’azione risarcitoria, mentre sussistono tutti i presupposti per il risarcimento del danno subito se si considera che prima dell’imposizione di vincoli (poi ritenuti illegittimi) l’intervento edificatorio era sicuramente consentito;
che l’intervento edificatorio era stato impedito esclusivamente dall’emanazione da parte della Soprintendenza dei provvedimenti di vincolo, poi annullati retroattivamente;
che dopo l’annullamento dei vincoli, da parte del Consiglio di Stato, l’intervento edificatorio è risultato impossibile a seguito della (nel frattempo) intervenuta disciplina impeditiva da parte del Comune di Cagliari.

21.4.- Sussiste quindi, secondo l’appellante, l’illegittimità della condotta dell’Amministrazione, l’ingiustizia del danno, la riferibilità alla condotta dell’Amministrazione e la presenza della colpa della stessa Amministrazione, che si deve ritenere presunta, anche facendo applicazione della impostazione giurisprudenziale, sancita dalla Corte di Giustizia Europea, con la sentenza n. 314 del 30 settembre 2010, e comunque effettivamente sussistente, non ravvisandosi alcuna delle limitate ipotesi di errore scusabile ammesse dalla giurisprudenza.

21.5.- L’appellante ha poi quantificato in € 5.125.540,04 il danno subito per la mancata realizzazione del progetto, nel caso di esito negativo del giudizio di annullamento, e in € 2.587.844,80 il danno da ritardo subito, nel caso di esito positivo del giudizio di annullamento.

22.- Al riguardo, con riferimento alla prima questione sollevata, riguardante la tardività dell’azione di risarcimento dei danni, si deve osservare che, per principio consolidato, il passaggio in giudicato di una sentenza del giudice amministrativo si ha quando nei suoi confronti non è più ammessa un’impugnazione c.d. ordinaria e quindi non è più consentito l’appello al Consiglio di Stato, il ricorso alla Corte di Cassazione, per motivi di giurisdizione, e la revocazione, nei casi previsti dall’art. 395 n.

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