Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-08-03, n. 202206816

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-08-03, n. 202206816
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202206816
Data del deposito : 3 agosto 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/08/2022

N. 06816/2022REG.PROV.COLL.

N. 09683/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9683 del 2016, proposto da
D V M, rappresentata e difesa dall'avvocato G C F, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Mazzini, n. 55;

contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato G F, con domicilio digitale pec guglielmo.frigenti@pec.comune.roma.it e domicilio fisico presso gli uffici dell’Avvocatura municipale in Roma, via del Tempio di Giove, n. 21;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III quater n. 5365/2016, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 21 giugno 2022 il Cons. C S e preso atto delle richieste di passaggio in decisione senza discussione depositate dai difensori delle parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con la sentenza segnata in epigrafe il T.A.R. per il Lazio ha dichiarato inammissibile il ricorso, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla signora Milvia De Vecchis per l’annullamento della diffida in data 11 dicembre 2014, con cui l’amministrazione l’aveva diffidata a rilasciare immediatamente l'alloggio di edilizia residenziale pubblica sito in Roma, Via Giovanni Battista Valente n.125 Scala B, int.8, in quanto occupato abusivamente, e della determinazione n. 491 del 29 agosto 2013, che aveva rigettato la sua istanza di assegnazione in sanatoria del citato alloggio (oltre a tutti gli atti presupposti e/o conseguenziali).

Il Tribunale ha infatti rilevato che l'impugnazione della determinazione n. 391 del 29 agosto 2013, che aveva rigettato l'istanza di regolarizzazione, era tardiva, essendo stata notificata ben oltre il termine di 60 giorni dalla sua conoscenza, avvenuta pacificamente il 15 ottobre 2013, senza che al riguardo potesse essere invocato l’errore scusabile, non ricorrendone i presupposti ex art. 37 c.p.a.;
a tanto conseguiva l'inammissibilità dell'impugnativa della diffida al rilascio dell’alloggio, atteso che essa costituiva atto meramente applicativo e conseguenziale del rigetto dell'istanza di regolarizzazione e che l’evidente nesso di presupposizione tra i due atti faceva sì che l'omessa o tardiva impugnazione dell'atto presupposto (nel caso di specie il rigetto dell’istanza di regolarizzazione dell’alloggio) rendesse inammissibile il ricorso giurisdizionale proposto contro l'atto consequenziale (la diffida al rilascio dell’alloggio).

2. La sig. M D A ha tempestivamente chiesto la riforma della sentenza:

a) contestando la declaratoria di tardività del ricorso avverso il provvedimento di diniego di regolarizzazione dell’alloggio, in quanto la sua tardiva impugnazione era derivata non da fatto a lei imputabile, ma esclusivamente dal comportamento scorretto dell’avvocato, cui si era tempestivamente rivolto per la tutela dei suoi diritti ed interessi, il quale, malgrado il pagamento di un acconto e le assicurazioni fornite, non aveva in realtà mai proposto il ricorso (circostanza che era stata segnalata per ogni opportuna conseguenza anche all’Ordine);

b) insistendo pertanto per la riammissione in termini per errore scusabile, che era stata immotivatamente respinta dal tribunale, malgrado il carattere generale dell’istituto;

c) riproponendo infine integralmente i motivi di censura sollevati col ricorso e con i motivi aggiunti.

3. Ha resistito al gravame Roma Capitale, che ne ha dedotto l’inammissibilità e l’infondatezza, chiedendone il rigetto.

4. Con ordinanza n. 973 del 9 marzo 2017 è stata respinta l’istanza cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata.

5. Nell’imminenza dell’udienza di trattazione le parti hanno illustrato le proprie tesi difensive, insistendo per l’accoglimento delle conclusioni già rese.

All’udienza pubblica del 21 giugno 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. L’appello è infondato.

6.1. Secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale l’istituto della riammissione in termini disciplinato dall’art. 37 c.p.a. - di cui l’appellante chiede l’applicazione nel caso di specie, sostenendo che la tardiva impugnazione del diniego di regolarizzazione dell’occupazione dell’alloggio pubblico non sarebbe a lei imputabile, ma sarebbe dipeso da un comportamento a dir poco negligente dell’avvocato cui si era tempestivamente rivolta per la tutela dei propri diritti e interessi - costituisce un istituto di carattere eccezionale, in quanto in deroga al principio fondamentale di perentorietà dei termini di impugnazione ed è pertanto di stretta interpretazione, applicabile in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto, dal momento che un uso eccessivamente ampio della discrezionalità giudiziaria, che esso presuppone, lungi dal rafforzare l'effettività della tutela giurisdizionale, potrebbe comportare un grave vulnus del pariordinato principio di parità delle parti relativamente al rispetto dei termini perentori stabiliti dalla legge processuale ( ex multis tra le più recenti, Cons. Stato, sez. V, 20 dicembre 2021, n. 8458;
3 giugno 2021, n. 4257;
6 aprile 2021, n. 2764;
sez. IV, 2 novembre 2021, n. 7292;
16 novembre 2020, n. 7042;
28 agosto 2018, n. 5066).

In particolare esso è stato ritenuto ammissibile nel caso di contrasti di giurisprudenza su una determinata questione giuridica (Cons. Stato, sez. II, 5 febbraio 2021, n. 1111) ovvero in presenza di una obiettiva ambiguità in relazione alla esatta consistenza dell’onere processuale in ordine al quale si è verificata la decadenza (Cons. Stato, sez. IV, 28 giugno 2018, n. 3973).

E’ stato ritenuto che non costituisca caso fortuito, né tanto meno forza maggiore, la semplice mancanza di diligenza del difensore nell’adempimento del mandato, aggiungendosi che non è sostenibile che, laddove vi sia un errore del difensore nell’interpretazione della legge, ciò possa configurare una causa legittima di rimessione in termine, in quanto la falsa rappresentazione della realtà da ciò indotta, era evitabile con la normale attenzione (Cass. Pen. Sez. IV, 15 novembre 2017, n. 9171);
ugualmente non suscettibile di rimessione in termine è stato ritenuto l’errore del difensore nel computo dei termini per proporre impugnazione, situazione evitabile con l’uso della normale diligenza professionale (Cass. Pen. III, 12 luglio 2012, n. 2757).

6.2. Sulla scorta del delineato e convincente substrato giurisprudenziale, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, non sussistono nel caso di specie i presupposti per il riconoscimento dell’errore scusabile e per la rimessione in termine, come peraltro correttamente ritenuto dal Tribunale, con motivazione sintetica, ma corretta.

7. L’appello deve essere respinto, ma la peculiarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

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