Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-01-19, n. 202400635

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-01-19, n. 202400635
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202400635
Data del deposito : 19 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/01/2024

N. 00635/2024REG.PROV.COLL.

N. 00686/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 686 del 2021, proposto da
Radiotaxi 3570 soc. coop., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G B, L F, G M R e R F, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G M R in Roma, via

XXIV

Maggio, n. 43;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

Mytaxi Italia s.r.l., cooperativa Samarcanda a r.l., cooperativa Prontotaxi 6645 - Società cooperativa, non costituite in giudizio;

per la revocazione

della sentenza del Consiglio di Stato - Sezione VI n. 7991/2020, resa tra le parti.


Visti il ricorso per revocazione e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2023 il Cons. G P e uditi per la parte ricorrente gli avvocati G B, L F e R F;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso in esame, la società Radiotaxi 3570 soc. coop., impugna la sentenza di questo Consiglio di Stato, sez. VI, n. 7991/2020, chiedendone la revocazione.

2. La ricorrente espone che:

- con provvedimento n. 27244 del 27 giugno 2018, l’AGCM ha deliberato che le società Radiotaxi 3570 Società cooperativa, cooperativa Pronto Taxi 6645 Società cooperativa, Samarcanda Società cooperativa hanno posto in essere intese restrittive della concorrenza, con riferimento alla previsione, negli atti che disciplinano i rapporti tra le predette società e i tassisti aderenti, di clausole che individuano specifici obblighi di non concorrenza, che, nel loro insieme, per le ragioni indicate in motivazione, sono suscettibili di produrre effetti anticoncorrenziali impedendo od ostacolando l’ingresso sul mercato di nuovi operatori;

- Radiotaxi 3570 ha impugnato il suddetto provvedimento dinanzi al Tar per il Lazio che con sentenza n. 5358/2019 ha accolto il ricorso;

- AGCM e Mytaxi hanno impugnato la sentenza di primo grado rispettivamente con ricorso in appello e appello incidentale autonomo;

- con sentenza n. 7991/2020, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello dell’Autorità e l’appello incidentale di Mytaxi.

3. Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti motivi di revocazione:

I. Errore revocatorio derivante da travisamento degli atti in relazione alla definizione di un unico mercato rilevante del prodotto, comprensivo sia delle chiamate radiotaxi tradizionali sia dell’intermediazione via app.

II. Errore revocatorio derivante da travisamento degli atti in relazione all’esistenza di un effetto anticoncorrenziale cumulativo c.d. di blocco, alla portata assoluta delle clausole di esclusiva e all’assenza del c.d. gioco concorrenziale sul mercato rilevante.

III. Errore revocatorio derivante da travisamento degli atti in relazione all’applicabilità dell’art. 2527, co. 2, c.c..

IV. Errore revocatorio derivante da travisamento degli atti in relazione all’applicabilità dell’art. 101, par. 3, TFUE.

3.1 Esposte le ragioni volte a consentire nella fase rescindente la revocazione della sentenza, la ricorrente, in rescissorio, insiste per il rigetto dell’appello dell’AGCM e dell’appello incidentale di Mytaxi, e per la conferma della sentenza di primo grado.

4. Si è costituita l’AGCM chiedendo il rigetto del ricorso.

5. All’udienza del 14 dicembre 2023 il ricorso per revocazione è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso per revocazione è inammissibile.

2. Conviene preliminarmente ricordare alcuni principi costantemente ribaditi dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato:

- l'errore di fatto revocatorio è configurabile solo con riferimento all'attività ricognitiva di lettura e di percezione degli atti acquisiti al processo, quanto a loro esistenza e a loro significato letterale, non coinvolgendo la successiva attività di ragionamento e apprezzamento, effettuata dal giudice al fine dell'elaborazione del proprio convincimento (Cons. Stato, Sez. VI, 04/02/2021, n. 1031);

- l'errore di fatto revocatorio consiste nel c.d. abbaglio dei sensi, cioè nel travisamento delle risultanze processuali dovuto a mera svista, che conduca a ritenere come inesistenti circostanze pacificamente esistenti o viceversa, non essendo in linea di principio ravvisabile nel caso in cui si lamenta una presunta erronea valutazione delle risultanze processuali o una anomalia del procedimento logico, in quanto ciò si traduce in un errore di giudizio (Cons. Stato, Sez. VI, 27/01/2023, n. 953);

- ai fini della revocazione, l'errore deve apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche (Cons. Stato, Sez. IV, 13 dicembre 2013, n. 6006);

- l'errore di fatto revocatorio è configurabile nell'attività preliminare del giudice, relativa alla lettura ed alla percezione degli atti acquisiti al processo quanto alla loro esistenza ed al loro significato letterale, ma non coinvolge la successiva attività d'interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni, ai fini della formazione del convincimento. Insomma, l'errore di fatto, eccezionalmente idoneo a fondare una domanda di revocazione, è configurabile solo riguardo all'attività ricognitiva di lettura e di percezione degli atti acquisiti al processo, quanto a loro esistenza e a loro significato letterale, per modo che del fatto vi siano due divergenti rappresentazioni, quella emergente dalla sentenza e quella emergente dagli atti e dai documenti processuali;
ma non coinvolge la successiva attività di ragionamento e apprezzamento, cioè di interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande, delle eccezioni e del materiale probatorio, ai fini della formazione del convincimento del giudice (Cons. Stato, Sez. V, 01/08/2023, n. 7441);

- nel processo amministrativo il rimedio della revocazione ha natura straordinaria e l'errore di fatto, idoneo a fondare la domanda di revocazione, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 106 c.p.a. e 395 n. 4 c.p.c., deve rispondere a tre requisiti: a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l'organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto fattuale, ritenendo così un fatto documentalmente escluso, ovvero inesistente un fatto documentalmente provato;
b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato;
c) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò di un rapporto di causalità tra l'erronea presupposizione e la pronuncia stessa. Inoltre, l'errore deve apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche;
esso è configurabile nell'attività preliminare del giudice, relativa alla lettura ed alla percezione degli atti acquisiti al processo quanto alla loro esistenza ed al loro significato letterale, ma non coinvolge la successiva attività di interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni, ai fini della formazione del convincimento;
in sostanza l'errore di fatto, eccezionalmente idoneo a fondare una domanda di revocazione è configurabile solo riguardo all'attività ricognitiva di lettura e di percezione degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza ed al loro significato letterale, per modo che del fatto vi siano due divergenti rappresentazioni, quella emergente dalla sentenza e quella emergente dagli atti e dai documenti processuali;
ma non coinvolge la successiva attività di ragionamento e apprezzamento, cioè di interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande, delle eccezioni e del materiale probatorio, ai fini della formazione del convincimento del giudice (Cons. Stato, sez. IV, 09/06/2023, n. 5671).

3. Nel caso di specie, nessuno dei profili rappresentati dalla ricorrente integra l’errore di fatto revocatorio ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c. perché: i) non ci troviamo di fronte ad un “abbaglio dei sensi” che abbia indotto il giudice ad assumere una decisione sulla base di un falso presupposto fattuale;
ii) i profili di cui si denuncia l’omesso esame riguardano punti controversi su cui la decisione ha motivato.

Le censure, ancorché presentate sotto le sembianze dell’errore revocatorio, cercano in realtà di mettere in discussione il ragionamento che il Consiglio di Stato ha svolto sui fatti di causa, al fine di ottenere un ulteriore esame (il terzo) sui molteplici aspetti controversi, nel tentativo di ottenere una inammissibile riedizione del giudizio d’appello.

4. Di seguito le censure sollevate seguite, a loro volta, dalle ragioni che inducono a ritenerle infondate.

5.1 Nel primo motivo di ricorso che fa riferimento all’individuazione del mercato rilevante, la società Radiotaxi 3570 soc. coop sostiene che:

- nei propri atti difensivi Radiotaxi 3570 ha contestato l’impostazione dell’AGCM relativa alla definizione di un unico mercato rilevante del prodotto, senza distinzione tra il mercato di intermediazione per la prenotazione del servizio taxi tramite app e quello della intermediazione operata mediante metodi tradizionali (e.g. radiotaxi);

- Radiotaxi 3570 ha specificamente evidenziato una serie di elementi fattuali, attinenti alle distinte funzionalità oggettive delle due modalità di intermediazione, idonei a differenziarle ed a ricondurle a due distinti mercati rilevanti del prodotto, quali inter alia : (a) la geolocalizzazione;
(b) la possibilità di pagamento tramite app;
(c) il rilascio di documento contabile sulla corsa effettuata, (d) la possibilità per il cliente di memorizzazione i dati informativi inerenti alle chiamate e alle corse effettuate, (e) l’acquisizione di dati informativi da parte dell’app nonché (f) il rating di qualità del tassista;

- con specifico riferimento alla possibilità di pagare tramite app, l’Autorità non ha nemmeno tenuto conto del fatto che la stessa Mytaxi in un comunicato stampa aveva affermato che “ [l]a possibilità di aggiungere diversi metodi di pagamento nella App, così da poter scegliere il preferito per pagare il proprio Mytaxi direttamente dallo smartphone, è l’innovazione più apprezzata da parte dei nostri utenti ”;

- inoltre, come spiegato dal General Manager di Mytaxi Italia, “ [s]ul totale delle corse effettuate a bordo di Mytaxi, l’85% viene, infatti, pagata tramite App, mentre il restante 15% in contanti, opzione comunque garantita dalla piattaforma ”. L’app Mytaxi, con riferimento alle corse c.d. “ al volo ”, prevede una specifica funzione di pagamento che prescinde nella maniera più assoluta dal servizio di intermediazione: circostanza questa che avvalora ulteriormente la distinzione del mercato delle applicazioni di ride hailing dal segmento dei servizi di intermediazione di chiamata mediante centrale radiotaxi;

- tali elementi fattuali sono stati erroneamente e superficialmente considerati nella sentenza;

- la sentenza ha trascurato la rilevanza degli elementi di fatto apportati da Radiotaxi 3570: la circostanza che il servizio taxi sia soggetto a uniforme regolamentazione amministrativa non assume alcuna rilevanza rispetto ai differenti elementi e funzionalità che nei fatti caratterizzano i due servizi;
parimenti, lo studio KPMG evocato dalla sentenza non contiene alcuna puntuale analisi empirica rispetto all’intercambiabilità dei servizi di intermediazione di cui trattasi, limitandosi unicamente a richiamare l’esistenza di un fenomeno di evoluzione tecnologica;

- benché l’AGCM abbia riconosciuto la presenza di elementi di vischiosità nell’utilizzo delle diverse modalità di procacciamento della domanda, nondimeno nel provvedimento afferma la sostanziale sostituibilità fra i diversi vari canali. A suo dire, tali elementi di vischiosità, ricadendo nella sola sfera del consumatore, sarebbero irrilevanti ai fini del procedimento atteso che oggetto di quest’ultimo sarebbero i soli comportamenti che ricadono prioritariamente sul versante dei tassisti e non dei consumatori finali (cfr. par. 204-207 del provvedimento);

- inoltre, trovandoci in un tipico “ mercato a due versanti ”, si è sottolineato che se una quota significativa (e crescente) di utenti considera l’app come lo strumento preferenziale, come tale non fungibile (o poco fungibile) con la chiamata via call center , una tale distinzione ha un inevitabile impatto anche sul versante dei tassisti: in un mercato a due versanti, infatti, i tassisti non potranno ignorare le preferenze degli utenti con la conseguenza che, se vogliono entrare in contatto con la clientela che predilige l’app, dovranno anch’essi utilizzare preferenzialmente tale strumento: ciò che vale di per sé a distinguerlo rispetto ad altri strumenti di intermediazione (come il call center );

- anche tale profilo fattuale è stato del tutto ignorato nella sentenza;

- si tratta di un errore significativo, e in realtà decisivo, atteso che, laddove il Consiglio di Stato avesse correttamente apprezzato gli elementi fattuali a supporto di una distinzione dei mercati rilevanti, avrebbe dovuto concludere nel senso che Mytaxi detiene una posizione primaria nel mercato dell’intermediazione taxi via app e che dunque non sarebbe possibile ipotizzare alcuna forma di effetto escludente riconducibile alle clausole statutarie delle cooperative radiotaxi.

5.2 Nel secondo motivo di ricorso che fa riferimento alla quota parte di mercato bloccata dai contratti di esclusiva di Radiotaxi 3570, la società Radiotaxi 3570 soc. soop sostiene che:

- il procedimento I801 era teso ad accertare l’idoneità delle clausole di non concorrenza contenute negli statuti delle cooperative radiotaxi a configurare intese verticali tra tali piattaforme ed i singoli tassisti ad essi aderenti, ed essere dunque suscettibili di determinare un effetto escludente cumulativo di natura anticoncorrenziale, limitando dunque la concorrenza orizzontale rispetto a piattaforme di intermediazione nuove entranti;

- le clausole statutarie di esclusiva (e/o non concorrenza) contestate - che pacificamente non solo non costituiscono infrazioni c.d. per oggetto, ma sono assistite da una presunzione di legittimità - possono assumere rilevanza ai sensi dell’art. 101, par. 1, TFUE, solo qualora sia provato che, in ragione del contesto economico-giuridico in cui operano, siano suscettibili di causare effetti anticompetitivi sensibili;

- in tal senso, dunque, l’Autorità, al fine di poter vietare siffatte clausole avrebbe dovuto: - verificare se: (a) un tale effetto anticompetitivo, nella specie un effetto di foresclosure , sussistesse;
e (b) se fosse riconducibile alla clausola in questione, secondo un nesso di causalità adeguato;
- acquisire prova precisa, coerente ed univoca al riguardo;

- come dimostrato nel corso del procedimento, così come nell’ambito del giudizio di primo e secondo grado, mediante la produzione di rilevanti ed inequivocabili elementi di fatto, tali accertamenti e dimostrazioni sono assenti nel provvedimento;

- al contrario, Radiotaxi 3570 ha dimostrato, mediante la presentazione di coerenti evidenze fattuali, che: - dall’entrata nel mercato di Mytaxi, le quote di tassisti contendibili con Mytaxi (c.d. quote contrattabilizzabili) oltre ad essere più ampie di quelle prospettate dall’Autorità, abbiamo conosciuto un netto incremento proprio nel corso del procedimento;
- in un arco temporale estremamente circoscritto Mytaxi, così come altre piattaforme nuove entranti, ha ottenuto una crescita esponenziale che le ha consentito di affermarsi sul mercato del Comune di Roma;
- l’asserita mancata adesione dei tassisti a Mytaxi non è riconducibile alle clausole di non concorrenza quanto piuttosto alla politica commerciale adottata dalla piattaforma;

- tali elementi di fatto, pur essendo rilevanti, ed in realtà decisivi, ai fini del quid demonstrandum (i.e. l’esistenza di un effetto di foreclosure sul mercato), sono stati del tutto ignorati dalla sentenza di cui si chiede la revocazione.

La società ricorrente si sofferma, quindi, sui seguenti elementi.

A. Sulla quota c.d di blocco di tassisti vincolati e la quota di tassisti effettivamente “contrattualizzabili” da Mytaxi.

Si sostiene che:

- nel provvedimento l’AGCM ha erroneamente considerato che la quota di tassisti vincolati dalla clausola di esclusiva contenuta negli statuti delle tre cooperative radiotaxi si attestasse al [60-75]% e fosse rimasta tale nel corso di tutto il periodo di osservazione (par. 236 del provvedimento);

- tale dato non risponde tuttavia alla realtà dei fatti, atteso che non tiene minimamente conto del fatto che, già nel corso del procedimento istruttorio, una quota significativa, pari al 70%, dei tassisti soci della cooperativa Prontotaxi 6645 (circa 700 tassisti su un totale di 950 tassisti iscritti), si era nel frattempo iscritta ed utilizzasse la piattaforma di Mytaxi;

- la sentenza ha omesso di pronunciarsi sulla questione sottopostagli e ciò in ragione di una percezione del tutto erronea dei fatti e delle risultanze processuali;

- il giudice ha erroneamente basato le proprie valutazioni su un dato di fatto (i.e. quello del 75%) perfino superiore a quello erroneamente individuato dall’AGCM nel provvedimento (i.e. 63%), così riducendo di gran lunga la quota di tassisti realmente “contrattualizzabili” da Mytaxi;

- il provvedimento si basa sull’errato presupposto fattuale che la quota di tassisti indipendenti - seppur, come riconosciuto dalla stessa Autorità, rappresentasse un “numero significativo”, pari a circa il 37% dei tassisti nel Comune di Roma - non potesse essere considerata contendibile atteso che “ [t]ale categoria di tassisti, [quindi], non ha interesse a operare stabilmente attraverso il canale delle piattaforme ” (par. 241 del provvedimento);

- tale considerazione si pone in aperto contrasto con la realtà dei fatti posto che il numero di tassisti dichiarati nel corso del procedimento da Mytaxi (i.e. 2.300) doveva necessariamente tener conto di almeno parte della quota di tassisti indipendenti (i.e. [2.800-2.900]);

- l’errore di fatto della sentenza revocanda consiste nell’aver considerato tale quota di tassisti come risorsa non contendibile sulla base di una mera supposizione, che risulta palesemente in contraddizione rispetto agli stessi dati forniti da Mytaxi sulle proprie affiliazioni: considerate le quote di mercato dei radiotaxi coinvolti nel procedimento e la quota dei tassisti indipendenti, infatti, è evidente che la quota tassisti dichiarata da Mytaxi comprende necessariamente non solo la quota dei tassisti indipendenti, ma, inevitabilmente, anche una parte della quota dei tassisti c.d. vincolati;
- sulla base di tali considerazioni, è dunque evidente che la quota di tassisti vincolati rappresentata nella sentenza è oggettivamente errata;

- se il Consiglio di Stato avesse tenuto conto degli elementi di fatto illustrati dall’appellata avrebbe dovuto necessariamente concludere nel senso che nel mercato di Comune di Roma non vi fosse alcun effetto di blocco, ma risorse sufficienti per i soggetti nuovi entranti cui attingere per svolgere in maniera efficace i propri servizi, circostanza questa provata dall’evoluzione positiva registrata da Mytaxi e dall’ingresso di altri operatori nuovi entranti.

B. Sulla crescita di Mytaxi e sulla presenza di nuovi operatori di intermediazione taxi nel Comune di Roma.

Si sostiene che:

- nel corso del giudizio di appello, Radiotaxi 3570 ha ampiamente dimostrato come, in un arco temporale estremamente circoscritto (poco più di due anni), Mytaxi abbia ottenuto una crescita esponenziale che le ha consentito di affermarsi sul mercato come secondo player in termini di network di tassisti, superando di gran lunga anche secondo operatore sul mercato, Pronto Taxi 6645 (Mytaxi ha dichiarato l’affiliazione di 2.300 tassisti mentre a quanto consta dal provvedimento i tassisti iscritti al Prontotaxi sarebbero 950);

- Mytaxi, non solo è riuscita ad entrare nel mercato del Comune di Roma, ma ha altresì ottenuto risultati imprenditoriali che, anziché avvalorare la tesi accusatoria mossa nel provvedimento, si pongono nei fatti agli antipodi con qualsivoglia effetto di foreclosure ;

- i significativi dati di crescita registrati da Mytaxi sono ulteriormente corroborati dai risultati di bilancio (illustrati in sede di udienza pubblica dinanzi al Consiglio di Stato il 3 dicembre 2020), da cui emerge un impressionante incremento dei ricavi. Dal 2017 al 2018 i “ricavi da prestazione” di Mytaxi (i.e. le commissioni percepite da Mytaxi per il servizio di segnalazione) sono più che raddoppiati, passando da 1.234.312 Euro a ben 2.669.192 Euro, elementi questi che smentiscono in maniera radicale supposti, ma nei fatti, inesistenti effetti di preclusione o ostacolo all’ingresso sul mercato da parte di Mytaxi;

- la sentenza trascura del tutto tali evidenze fattuali;

- il giudice è incorso in errore di fatto nella misura in cui: da un lato, ha totalmente omesso di pronunciarsi con riguardo alle evidenze prodotte da Radiotaxi 3570 nel corso del giudizio in merito alla crescita di Mytaxi, e segnatamente con riguardo agli ultimi bilanci di quest’ultima;
dall’altro, ha erroneamente ritenuto che il provvedimento abbia dimostrato come la presenza di clausole di non concorrenza avrebbe effettivamente comportato una riduzione della quantità e qualità del servizio erogato all’utenza, oltre che un aumento dei prezzi di acquisto del servizio intermediato, nella misura in cui una siffatta dimostrazione nel provvedimento è totalmente assente e ciò sia con riferimento alla qualità del servizio reso dai radiotaxi che ai loro prezzi;

- se il giudice avesse preso in considerazione gli elementi forniti da Radiotaxi 3570 sul trend di crescita di Mytaxi certamente avrebbe dovuto escludere la sussistenza di un effetto, anche minimo di foreclosure ;

- in ogni caso, anche a voler ammettere che il provvedimento fosse teso non già a verificare la capacità di un operatore concorrente di raggiungere i propri obiettivi, quanto piuttosto a verificare la quantità/quantità del servizio reso dai radiotaxi e l’aumento dei prezzi del servizio ( quod non), la sentenza incorre in un chiaro errore di fatto, atteso che il provvedimento non contiene alcuna valutazione in merito a tali profili;

- Radiotaxi 3570 ha altresì fatto valere come nel mercato del Comune di Roma siano nel frattempo subentrate con successo nuove piattaforme di intermediazione, quali Wetaxi. Si tratta di un profilo fattuale che conferma con ogni evidenza che operatori mediamente efficienti hanno fatto ingresso e sono penetrati con successo nel mercato di Roma, così come in altri comuni italiani. L’ascesa di tale app è peraltro confermata dalla circostanza che la stessa, creata solo 2017, ha rapidamente conquistato tassisti e clienti e, in un anno e mezzo, è riuscita a superare i 100mila download . Inoltre, a dicembre 2019, la startup ha annunciato un nuovo aumento di capitale di oltre 2 milioni di euro;
- anche a questo riguardo, la sentenza rimane silente, ignorando del tutto elementi di fatto che si dimostrano decisivi al fine di dimostrare che non sussiste alcun effetto pregiudizievole per la concorrenza.

C. Sull’esercizio del diritto di recesso.

Si sostiene che:

- la sentenza incorre in un grave errore di fatto e omette di considerare la circostanza che il diritto di recesso nel caso di specie sia stato concretamente esercitato più volte;

- Radiotaxi 3570 ha dimostrato empiricamente come a partire dal 2016 (anno in cui Mytaxi, ha iniziato a operare nel Comune di Roma) abbia subito un aumento di recessi pari ad oltre il 150% anno su anno;

- se il giudice ne avesse tento conto avrebbe pacificamente riconosciuto come la risorsa-tassista è a tutti gli effetti una risorsa contendibile che può liberamente ed in ogni momento esercitare il proprio diritto di recesso;

- si tratta di un elemento di fatto, del tutto trascurato dalla sentenza, che non fa che confermare l’assenza di alcun effetto di blocco riconducibile alle clausole di esclusiva contestate nel provvedimento.

D. Sul nesso causale tra le clausole di non-concorrenza e l’effetto di chiusura del mercato.

Si sostiene che:

- Radiotaxi 3570 ha provato come l’asserito mancato raggiungimento degli obiettivi di performance perseguiti di Mytaxi debba necessariamente essere imputato alla politica commerciale adottata da quest’ultima;

- Radiotaxi 3570 ha evidenziato nei propri atti che, mentre dal lato consumatori Mytaxi si è prodigata in una incessante politica di sconti e promozioni, dal lato dei tassisti essa ha imposto invece una significativa commissione percentuale pari al 7% per singola corsa;

- Radiotaxi 3570 ha altresì evidenziato come, ancor di recente, tale commissione sia stata addirittura aumentata unilateralmente al 10% su ogni corsa assegnata ed evasa attraverso la piattaforma Mytaxi;

- si tratta di elementi di fatto che evidenziano come: - se solo Mytaxi avesse voluto, avrebbe potuto attuare una riduzione (anche solo a scopo promozionale) della commissione richiesta al tassista, così da favorire l’appetibilità e l’utilizzo dell’applicazione Mytaxi da parte dei tassisti, anche grazie alla possibilità di recesso libero da parte dei soci delle cooperative;
- l’aumento della commissione al 10% rappresenta un indice evidente di un soggetto che non riscontra difficoltà di ingresso, ma che anzi, proprio grazie alla crescita registrata sul mercato, riesce a modificare le proprie condizioni economiche al fine di massimizzare i propri ricavi;

- la sentenza omette di pronunciarsi su detti elementi fattuali, la cui decisività è tuttavia palese;

- se il Consiglio di Stato avesse correttamente considerato tali elementi avrebbe dovuto inevitabilmente rilevare che le asserite (ma in realtà insussistenti) difficoltà di Mytaxi a mantenere una quota di tassisti che operi stabilmente con la piattaforma sono riconducibili unicamente alla sua politica commerciale, e non hanno nulla a che vedere con le clausole statutarie di non concorrenza delle cooperative radiotaxi.

E. Sulla capacità produttiva dei tassisti soci delle Cooperative radiotaxi.

Si sostiene che:

- nel giudizio di appello, richiamando quanto enunciato nella sentenza sui radiotaxi di Milano, l’AGCM aveva sostenuto che l’organizzazione delle piattaforme c.d. chiuse come quella utilizzata dalle cooperative radiotaxi aumenterebbe la probabilità che un tassista non ottimizzi la sua produttività in termini di capacità utilizzata;

- in proposito nella sentenza sui radiotaxi di Milano si leggeva “presso i radiotaxi non [è] impiegata l’intera capacità produttiva esprimibile da ciascun tassista (fino a 3150 corse annuali), registrandosi una quota di detta capacità rimasta inutilizzata e, quindi, vincolata sebbene non necessaria al radiotaxi di appartenenza”;

- il dato relativo alle 3.150 corse medie annue menzionato nello studio non era affatto conferente, atteso che questo si riferiva ad una stima ipotizzata per lo scenario c.d. “full”, vale a dire l’ipotesi “estrema” in cui i radiotaxi siano gli unici sistemi di intermediazione della chiamata operanti sul mercato (scenario di pieno potenziale), e tutti gli operatori siano al picco della loro carriera lavorativa e che pertanto operino in piena efficienza, nonché che il tasso di corse inevase sia ai minimi storici;
ipotesi questa che nel nostro caso pacificamente non ricorre atteso che nel mercato di Roma operano almeno tre nuovi operatori;

- il dato che avrebbe dovuto essere preso in considerazione è quello relativo alle 1.650 corse medie annue individuate per lo scenario c.d. “base”, vale a dire l’ipotesi in cui si assume che il mercato non operi in pieno potenziale per via di fattori che, empiricamente, influenzano la produttività degli operatori e, quindi, dell’intero settore, quali, ad esempio, la stagionalità, la tendenza generale del mercato del lavoro ad un basso ricambio generazionale, finanche il costo medio della licenza;

- il giudice ha omesso di pronunciarsi sulla questione sottopostagli da Radiotaxi 3570 e si è limitato a ribadire pedissequamente quanto già enunciato nelle dianzi citate sentenze radiotaxi di Milano;

- la sentenza è incorsa in un palese abbaglio nella misura in cui ha considerato come accertato il numero di 3.150 ore, quale dato rappresentativo l’intera capacità produttiva dei tassisti soci della cooperativa mentre, al contrario, tale dato non solo non risulta accertato dal citato studio di mercato KPMG, ma risulta nella realtà dei fatti assolutamente inverosimile;

- nel richiamato studio KPMG, l’analisi delle componenti della struttura dei ricavi non viene “accertato” come esistente un preciso, univoco dato di fatto numerico suscettibile di essere individuato come un valore fattuale assoluto e stabile. Al contrario, si espone una semplice stima del numero di corse medio annuo, oscillante tra una forbice che va tra 1.675 e 3.150 corse, sulla base: - di dati storici (e, quindi, non attuali);
- e di alcuni fattori variabili, che possono impattare (e, quindi, modificare) il numero di corse medie effettuate, quali: (i) l’efficienza operativa del singolo tassista, il livello di carriera lavorativa, che non sono dati strutturali e stabili della cooperativa, in quanto correlati alla variabilità nella composizione della compagine societaria;
(ii) il numero di corse inevase e la stagionalità del mercato che, parimenti, non sono dati strutturali e fissi, ma variabili in quanto, per la loro stessa natura, risultano totalmente legati alla casualità dei momenti e delle situazioni;
(iii) altri fattori variabili che lo studio omette di riferire, sottraendoli a qualsivoglia valutazione;

- coerentemente con tale premessa, nello studio viene indicata una tabella con cui lo scenario full di 3.150 corse annue evase viene definito come soltanto “potenziale” e, quindi, non accertato, e menzionato “a titolo esemplificativo ed ipotetico”: e, quindi, non verificato nella realtà dei fatti;

- nello stesso studio, viene – contestualmente - indicata l’esistenza di uno scenario base di 1.675 corse annue evase, nell’ipotesi opposta in cui il mercato risulti improntato dai fattori che, empiricamente, influenzano la produttività degli operatori quali, ad esempio, la stagionalità, la tendenza generale del mercato del lavoro ad un basso ricambio generazionale, il costo medio della licenza;

- se il giudice avesse tenuto conto degli elementi di fatto dinanzi illustrati avrebbe dovuto concludere che il vincolo di esclusiva a portata assoluta ha la funzione di riservare al radiotaxi l’intera capacità produttiva esprimibile dal tassista aderente: contrariamente a quanto rilevato nella sentenza tale clausola risulta pertanto proporzionata e necessaria nella misura in cui i tassisti soci siano, come nel caso che ci interessa, effettivamente impiegati nell’ambito dei rispettivi radiotaxi al massimo della propria capacità produttiva, svolgendo un numero di corse prossimo a quello massimo esigibile da ciascuno di essi.

5.3 Nel terzo motivo di ricorso che fa riferimento alla natura e alla ratio delle clausole di esclusiva, la società Radiotaxi 3570 soc. coop sostiene che:

- la sentenza presuppone che l’attività svolta dai tassisti (in quanto soci della cooperativa di servizi) sia differente rispetto a quella svolta dalla cooperativa e, conseguentemente, estranea all’attività svolta da quest’ultima in concorrenza con il terzo fornitore (i.e. Mytaxi);

- il grave errore di fatto in cui è incorso il giudice consiste nell’aver supposto l’attività svolta dai tassisti, soci della cooperativa di servizi, come distinta e differente rispetto a quella svolta dalla cooperativa dagli stessi costituita e partecipata;

- l’attività svolta dai tassisti, in forma associata tramite la cooperativa, è unica, e consiste nella veicolazione della propria offerta di servizio pubblico taxi verso la domanda, mediante l’interconnessione tecnologica di una piattaforma digitale, svolta in forma associata - tramite la cooperativa di servizi da essi costituita, partecipata e gestita - ai sensi dell’art. 7, lettera b, della legge 15 gennaio 1992 n. 21 e successive modifiche ed integrazioni;

- i tassisti associati alla cooperativa, aderendo anche ad altre piattaforme terzi (quali appunto Mytaxi), svolgono la medesima attività di veicolazione della propria offerta di servizio pubblico taxi, mediante l’interconnessione tecnologica di una piattaforma digitale, ponendosi in un rapporto di concorrenza con la propria cooperativa;

- la differenza non è nell’attività che risulta identica, bensì, nei soggetti giuridici differenti tramite cui è svolta la medesima attività di veicolazione dell’offerta di servizio taxi verso la domanda;

- nel primo caso sono gli stessi titolari dell’offerta che - associandosi nella cooperativa - veicolano e gestiscono direttamente la propria offerta di servizio pubblico verso la domanda. Nel secondo caso, invece, i medesimi titolari dell’offerta - aderendo ad un soggetto terzo, Mytaxi - veicolano indirettamente la propria offerta di servizio pubblico verso la domanda, affidandola alla gestione del soggetto terzo a cui aderiscono, così consentendo che lo stesso svolga attività in palese concorrenza con la cooperativa di cui sono soci e gestori: e, quindi, paradossalmente con sé stessi;

- se il giudice avesse tenuto conto degli elementi di fatto illustrati da Radiotaxi avrebbe dovuto riconoscere che il fondamento giuridico della clausola di non concorrenza debba essere individuato nell’art. 2527, co. 2, e conseguentemente riconoscerne la piena legittimità;

- le considerazioni sopra riportate valgono anche in relazione all’omesso rinvio della questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE richiesta da Radiotaxi in via subordinata;
richiesta cui la sentenza ha ritenuto di non dare seguito sull’erroneo presupposto dell’inapplicabilità dell’art. 2527, co 2, c.c., alla presente fattispecie.

5.4 Nel quarto motivo di ricorso che fa riferimento alla valutazione di esentabilità dell’intesa ai sensi dell’art. 101, co. 3, TFUE, la società Radiotaxi 3570 soc. coop. sostiene che:

- il Consiglio di Stato ha accolto il gravame proposto da Mytaxi in merito all’inapplicabilità dell’esenzione ai sensi dell’art. 101, par. 3, TFUE;

- l’errore di fatto in cui è incorso il giudice consiste nell’aver omesso di pronunciarsi sugli elementi di fatto presentati da Radiotaxi 3570 in merito alla sussistenza di tutte le condizioni necessarie per l’applicazione dell’esenzione di cui all’art. 101, par. 3, TFUE;

- la sentenza si limita ad assumere che le clausole di non concorrenza oggetto del giudizio non abbiano arrecato benefici al servizio e promosso il progresso tecnico o economico, siano pregiudizievoli rispetto agli interessi dei consumatori e violino il principio di proporzionalità, elementi fattuali questi la cui sussistenza non è stata oggetto di valutazione nel provvedimento;

- Radiotaxi 3570 ha ampiamente illustrato: - con riguardo al miglioramento della produzione o la distribuzione del servizio ed alla promozione del progresso tecnico o economico (I condizione di applicazione dell’art. 101, par. 3, TFUE), come siffatte clausole di non concorrenza, per la loro natura mutualistica, consentano ad una compagine di lavoratori autonomi di autoprodurre, finanziandoli in comune, taluni servizi fra cui segnatamente quelli di intermediazione delle corse, in forma tradizionale ( call center ) o evolutiva (app). A ciò si aggiunga che tale cooperazione ha consentito anche la promozione di formule innovative, quale l’app ItTaxi, strumento usato con soddisfazione crescente da parte dell’utenza. Tali sforzi e investimenti sono stati invero finanziati dai lavoratori autonomi riuniti in cooperativa, senza alcuna possibilità di traslarne l’onere sui prezzi al cliente: è un fatto che le tariffe taxi sono regolamentate e non sono certo variate per tenere conto dei costi di sviluppo della piattaforma ItTaxi o di altre innovazioni;
- con riguardo alla capacità di apportare benefici ai consumatori finali (II condizione di applicazione dell’art. 101, par. 3, TFUE), che tali clausole di non concorrenza, oltre che a vantaggio dei lavoratori autonomi, soci cooperatori, vanno altresì a vantaggio dei consumatori in quanto: (i) migliorano significativamente le condizioni di fruibilità del servizio di trasporto taxi riducendo i tempi di attesa del cliente e il rischio di indisponibilità delle corse;
(ii) tali vantaggi, derivanti dai sistemi di intermediazioni via a via messi in opera dalla cooperativa non sono stati pagati dai consumatori nel senso che questi ultimi non hanno supportato alcuno specifico incremento di costo;
il corrispondente onere è stato in realtà sopportato dai lavoratori, soci cooperatori, che hanno potuto finanziarlo proprio grazie all’opportunità di ricavo addizionale che tali strumenti generano all’interno della cerchia dei lavoratori cooperanti;
- con riguardo al principio di proporzionalità (III condizione di applicazione dell’art. 101, par. 3, TFUE), che le clausole di non concorrenza sono necessarie e proporzionate rispetto ai legittimi obiettivi di efficienza perseguiti, coerentemente con quanto previsto dall’art. 2527, co. 2, c.c.. È chiaro che qualora i soci dovessero acquisire i servizi prestati dalla cooperativa altrove ciò renderebbe inutile, e comunque ridondante, l’investimento comune. Così, nella specie, se una quota rilevante di tassisti cooperatori si avvalesse di sistemi di intermediazione diversi da quelli realizzati con l’investimento comune, l’investimento medesimo risulterebbe sproporzionato e appunto ridondante, mettendo in discussione la continuità stessa dell’iniziativa comune. Inoltre, il livello di “fedeltà” richiesto è minimale, atteso che la possibilità di uscita è comunque garantita mediante l’esercizio del diritto di recesso, in qualsiasi momento, de jure e de facto ;
- infine, con riguardo all’impossibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei servizi, da un riscontro puramente fattuale del mercato, che le clausole di concorrenza di cui trattasi non hanno certo impedito a operatori terzi di entrare nel mercato e di affermarvisi in tempi brevissimi. È chiaro quindi che tale sistema non conduce certo alla evizione di altre forme di concorrenza;

- se il giudice avesse tenuto conto degli elementi di fatto illustrati da Radiotaxi avrebbe dovuto concludere per l’applicabilità dell’art. 101, par. 3, TFUE e conseguentemente la legittimità delle clausole statutarie di cui si discute.

6. Come si è anticipato, le critiche sollevate (poc’anzi sunteggiate) non integrano i presupposti per l’accoglimento del ricorso in revocazione.

6.1 Inammissibile è il primo motivo di ricorso per revocazione relativo alla definizione del mercato rilevante.

La ricorrente in revocazione chiede di dare peso ad alcuni elementi di fatto: le distinte funzionalità oggettive delle due modalità di intermediazione;
la possibilità di aggiungere diversi metodi di pagamento nella App;
l’asserita irrilevanza della circostanza che il servizio taxi sia soggetto a uniforme regolamentazione amministrativa rispetto ai differenti elementi e funzionalità che nei fatti caratterizzano i due servizi;
asseriti limiti dello studio KPMG;
le caratteristiche dei “mercati a due versanti”.

Tali elementi sono stati pienamente compresi dal Consiglio di Stato e attentamente considerati, trattandosi proprio di profili controversi del giudizio di appello sui quali il giudice amministrativo si è espressamente pronunciato.

L’intera sezione 7 della sentenza è dedicata al tema della definizione del mercato rilevante e ai numerosi e complessi aspetti che in tale tema confluiscono.

Dopo avere verificato se l’Autorità avesse correttamente approfondito la sostituibilità del servizio dal lato dei tassisti, la sentenza ha attentamente esaminato se tale approfondimento fosse stato svolto anche dal lato dei consumatori concludendo che, alla luce delle prove raccolte nel procedimento: « 7.9 L’esistenza di un sufficiente grado di intercambiabilità deve essere affermata anche con riferimento al lato del consumatore finale, come correttamente rilevato dall’Autorità. In particolare, avuto riguardo all’uso del prodotto, entrambe le piattaforme tendono a soddisfare il medesimo bisogno, integrato dalla necessità di trasporto pubblico non di linea ».

Nel paragrafo 7.11 della sentenza si legge: « giova evidenziare come nella definizione del mercato rilevante, debba essere accertato un sufficiente grado di intercambiabilità, non richiedendosi una totale intercambiabilità dei prodotti ». Da questo deriva (par. 7.12): « che l’Autorità non è chiamata a verificare se l’acquisto dei servizi in comparazione sia indifferente per la totalità dei consumatori e, quindi, determini un’integrale sostituzione della domanda al miglioramento di taluna delle condizioni di vendita del prodotto concorrente: la stessa Commissione europea, nell’ambito della Comunicazione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell'applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza, discorre di “sufficiente” sostituzione della domanda (punto 18), nozione compatibile con quella di sufficiente grado di intercambiabilità accolta dalla giurisprudenza di questo Consiglio ».

Nell’effettuare questa valutazione, uno dei punti esaminati dalla sentenza riguarda proprio gli elementi che la ricorrente oggi invoca. Nel paragrafo 7.17, infatti, si legge: « Benché ciascuna piattaforma sia in condizione di assicurare al consumatore finale, in ragione delle rispettive caratteristiche tecniche, servizi diversificati, afferenti (ad esempio) alla modalità di localizzazione, alle modalità di pagamento, alla contabilizzazione della corsa effettuata, al rating di qualità del tassista, detti servizi – ad avviso del Collegio, sulla base del contesto giuridico ed economico di riferimento, compiutamente ricostruito nel provvedimento antitrust – devono ritenersi accessori, in quanto rivolti ad un’utenza che, accedendo ad un servizio pubblico standardizzato in ragione del regime amministrativo cui è assoggettato, si presenta come indifferenziata e, quindi, titolare di un bisogno (trasporto individuale o di piccoli gruppi di persone)realizzabile secondo modalità parimenti uniformi. La diversa tecnologia impiegata nell’attività di intermediazione (radiotaxi o applicazioni digitali) e i correlati servizi aggiunti dalla stessa forniti non consentono, quindi, di escludere l’integrazione di un sufficiente grado di intercambiabilità, anche dal lato del consumatore finale, tra il servizio radiotaxi e il servizio di intermediazione con applicazione digitale ».

La sentenza non ha trascurato di considerare gli elementi invocati dalla ricorrente. Al contrario li ha analizzati attentamente pervenendo a conclusioni coerenti anche se non sono quelle che la ricorrente in revocazione auspicherebbe

6.2 Inammissibile è il secondo motivo di ricorso per revocazione relativo alla quota parte di mercato bloccata dai contratti di esclusiva di Radiotaxi 3570.

Più che indicare il c.d. abbaglio dei sensi che vizierebbe la sentenza in esame, la ricorrente si duole del giudizio che il Consiglio di Stato ha svolto sui fatti di causa ripensamento.

Le attuali doglianze della ricorrente riguardano altrettante questioni controverse sulle quali il Consiglio di Stato si è espressamente pronunciato, dedicandovi un’intera sezione della sentenza (parr. 8 – 8.21), in cui tutti gli elementi rilevanti sono stati correttamente presi in considerazione e valutati, in un’ottica sistematica, al fine di verificare la legittimità della ricostruzione alla base del provvedimento.

6.2.1 Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non dirimente è la percentuale di tassisti vincolata da clausole di esclusiva.

Nel provvedimento l’Autorità ha fatto riferimento ad una forcella di valori compresa tra il 60% e il 75% che, anche a voler considerare la quota di tassisti di Prontotaxi che (a detta della ricorrente) si sono iscritti a Mytaxi, non cambierebbe, attestandosi il valore dei tassisti vincolati da clausola di esclusiva sempre oltre la soglia del 60% - valore considerato dal Consiglio di Stato – e sempre ben al di sopra della metà delle licenze disponibili. L’osservazione della ricorrente non è idonea a minare la valutazione del giudice, che ha preso a riferimento la forcella di valori indicata nel provvedimento che è in ogni caso corretta.

La quota di tassisti di Prontotaxi che si sarebbe iscritta a Mytaxi indicata nel ricorso rappresenta un dato meramente enunciato ed indimostrato da parte della ricorrente e, trattandosi di un dato relativo alle “affiliazioni”, esso risulta in sé inidoneo a mettere in discussione la correttezza dell’analisi dell’Autorità, avvalorata dal Consiglio di Stato, prestandosi al più a confermare che i tassisti vorrebbero usare Mytaxi, non già che l’abbiano effettivamente usata.

6.2.2 Per quel che riguarda la contendibilità della quota dei tassisti indipendenti bisogna osservare che il ruolo e la rilevanza dei tassisti indipendenti ai fini della valutazione sulla contendibilità del mercato rappresentano un punto controverso, su cui il giudice ha ampiamente motivato in un diverso capo della sentenza, illustrando le ragioni per cui ha ritenuto, sulla scorta degli argomenti presentati dall’Autorità, che questi non giocassero un ruolo determinante. Il Consiglio di Stato, ha chiarito in modo coerente con il quadro fattuale quale fosse il ruolo dei tassisti indipendenti ai fini della contendibilità del mercato. Nel paragrafo 8.10 della sentenza si legge: « anche ipotizzando la disponibilità di tutti i tassisti non vincolati da obblighi di esclusiva ad usufruire di servizi di intermediazione forniti da piattaforme in concorrenza con i radiotaxi parti del procedimento, deriverebbe la non contendibilità del mercato rilevante, per manifesta insufficienza di una di una percentuale di tassisti disponibili su cui potere fareaffidamento per lo smistamento della domanda di servizio taxi ».

6.2.3 Per quel che riguarda la crescita di Mytaxi, mette conto notare che il tasso di sviluppo di Mytaxi, o di eventuali altri operatori, è stato preso in considerazione dall’organo giudicante per poi essere ritenuto non rilevante nei termini proposti dalla ricorrente. La sentenza si è pronunciata sul punto nel paragrafo 8.4: « l’Autorità non ha inteso il danno concorrenziale come incapacità di un nuovo operatore di raggiungere il tasso di sviluppo imprenditoriale atteso o come necessaria diffusione di nuove tecnologie reputate più efficienti, né ha svolto alcuna attività regolatoria, bensì –nell’esercizio del potere di accertamento e repressione di illeciti anticoncorrenziali di cui è attributaria – ha verificato se la presenza di clausole di esclusiva, suscettibili di impedire l’ingresso nel mercato od ostacolare l’attività di nuovi operatori, comportasse una riduzione della quantità e qualitàdel servizio erogato all’utenza, oltre che un aumento dei prezzi di acquisto del servizio intermediato - anche alla stregua del contributo istruttorio fornito dall’Autorità di regolazione dei trasporti;
il che costituisce l’oggetto del danno alla concorrenza rilevante alla stregua della disciplina antitrust
».

La sentenza ha preso in considerazione i dati rappresentati dalla ricorrente, ritenendo tuttavia che non fossero pertinenti rispetto alla configurazione della condotta illecita descritta nel provvedimento.

6.2.4 Anche per quel che attiene l’esercizio del diritto di recesso, non possono essere accolte le tesi di parte ricorrente.

Nel paragrafo 8.12 della sentenza si legge: « La portata anticoncorrenziale delle clausole di esclusiva, inoltre, non può ritenersi controbilanciata dalla previsione del diritto di recesso, dovendosi valutare – sotto tale profilo – non soltanto la giuridica possibilità dello scioglimento dal vincolo negoziale, ma anche l’effettiva praticabilità del rimedio sotto un profilo economico. Al riguardo, devono essere valutate le condizioni nelle quali si sviluppa il gioco della concorrenza sul mercato di riferimento, tenuto conto del numero e della dimensione dei produttori presenti sul mercato, del grado di saturazione del mercato e della fedeltà dei consumatori agli operatori esistenti. A fronte di un mercato saturo caratterizzato dalla fedeltà dei consumatori a un piccolo numero di grandi operatori emergono rilevanti economie di rete, che dissuadono gli appartenenti alla rete dallo sciogliersi dal relativo vincolo giuridico, per il timore di perdere i benefici economici derivanti dalla possibilità di operare con una clientela fidelizzata ».

Il Consiglio di Stato ha analizzato il tema del diritto di recesso, ritenendo che l’astratta possibilità di recedere non è idonea a controbilanciare la presenza di clausole di esclusiva.

Tale conclusione è ribadita nel paragrafo 8.13 della sentenza: « nel periodo 2016-2017 le condizioni di concorrenza nel mercato rilevante non sono mutate, avendo i tre principali operatori conservato l’affiliazione di oltre il 70 % dei tassisti abilitati ad operare nell’ambito territoriale romano. Appare, quindi, evidente che le dimensioni (grandi imprese) e il numero (tre)degli operatori attestano un alto grado di saturazione del mercato e la fedeltà di un’ampia parte sia dei tassisti aderenti, che non sono significativamente mutati nel tempo, sia dei consumatori finali che, continuando ad usufruire dei relativi servizi di intermediazione, hanno permesso ai radiotaxi di mantenere sostanzialmente immutata la propria posizione di mercato (valutazione che, in quanto fondata sui sopra richiamati elementi istruttori, per essere formulata, non richiedeva la necessaria estensione dell’istruttoria ai tassisti). A fronte di tali condizioni di mercato, il recesso dal radiotaxi determinerebbe a carico del tassista la perdita dei benefici derivanti dall’appartenenza ad una rilevante rete economica, in grado di assicurare lo smistamento di un considerevole numero di domande di servizio taxi provenienti da una clientela fidelizzata ».

L’eventuale esercizio del diritto di recesso da parte di alcuni tassisti non impatta significativamente sul quadro descritto e sull’esistenza delle economie di rete considerate dirimenti dal giudice. Il fatto che la società abbia avuto più recessi nel 2017 che nel 2016 non cambia gli esiti dell’analisi contenuta del provvedimento e avallata dalla sentenza, considerando che il totale dei recessi denunciati dall’operatore resta comunque estremamente modesto rispetto al numero dei tassisti da lui stesso vincolati così come rispetto al complesso della rete di operatori complessivamente in esclusiva sul mercato rilevante (poco più di 200 su quasi 5000 operatori, pari quindi a circa il 4%).

6.2.5 Inammissibili sono anche le censure relative all’impatto delle commissioni applicate da MyTaxi ai tassisti.

Il tema è stato analizzato nel paragrafo 8.13 della sentenza: « difficilmente - a prescindere dalle politiche economiche eventualmente attuabili da nuovi operatori di intermediazione intenzionati a fare ingresso nel mercato - le condizioni di mercato (preesistenti all’ingresso di Mytaxi) permetterebbero al tassista di recedere dal radiotaxi, senza perdere rilevanti benefici da economie di rete suscettibili di influire sui ricavi della propria attività d’impresa (nel significato rilevante in materia antitrust) ».

Per quel che riguarda il tema della capacità produttiva dei tassisti, si deve rilevare che lo studio di KPMG è stato condotto sui mercati di Roma e Milano e, pertanto, è stato correttamente richiamato in relazione alla condotta posta in essere dalla ricorrente. Tale studio, peraltro, esprime soltanto il limite massimo di corse potenzialmente effettuabili da ciascun tassista secondo tale studio, essendo richiamato soltanto in questo senso dal giudice.

In ogni caso nel paragrafo 8.19 della sentenza si afferma: « Né la parte appellata ha dimostrato diversamente, non avendo provato – a fronte degli elementi istruttori correttamente valorizzati dall’Autorità, idonei a fondare il provvedimento impugnato in primo grado – la necessità di impiegare l’intera capacità produttiva dei propri tassisti per assicurare il buon funzionamento della cooperativa ».

6.3 Inammissibile è il terzo motivo di ricorso per revocazione relativo alla rilevanza dell’art. 2527 del codice civile.

La ricorrente ripropone l’argomento per cui tale norma precluderebbe lo svolgimento da parte dei soci di attività lavorativa in concorrenza con quella della cooperativa di appartenenza nel tentativo di giustificare le clausole di esclusiva in questione alla stregua della disciplina codicistica.

Ma il profilo in questione ha costituito un punto controverso del giudizio sul quale il Consiglio di Stato si è espressamente pronunciato, dedicando allo stesso il paragrafo 8.14 della sentenza: « Le clausole di esclusiva non possono neanche giustificarsi alla stregua della disciplina codicistica invocata. L’art. 2527, comma 2, c.c, nel disciplinare i requisiti di ammissione alla cooperativa, richiama espressamente il rapporto di concorrenza come causa ostativa all’assunzione dello status di socio, non potendo “divenire soci quanti esercitano in proprio imprese in concorrenza con quella della cooperativa”. Affinché possa integrarsi la violazione del divieto di cui all’art. 2527, comma2, c.c., occorre, dunque, che due o più imprenditori svolgano contemporaneamente, in un ambito territoriale potenzialmente comune, attività di produzione di beni e servizi intercambiabili, in quanto funzionali al soddisfacimento con modalità analoghe del medesimo bisogno di mercato;
operando, per l’effetto, in concorrenza tra di loro. La violazione del divieto de quo, dunque - come, in particolare, dedotto dall’appellante incidentale -, non è rinvenibile allorquando il socio acquisti servizi forniti da operatori economici esercenti attività in concorrenza con quella della cooperativa di adesione, tenuto conto che in siffatte ipotesi il rapporto di concorrenza (vietato dall’art. 2527, comma 2, c.c.) si instaura tra la cooperativa e il terzo fornitore, ma non tra la cooperativa e il socio, che agisce nello svolgimento di un’attività differente. Ne deriva che le clausole di esclusiva, oggetto del provvedimento antitrust per cui è controversia, precludendo ai tassisti di acquistare servizi di intermediazione forniti da piattaforme in concorrenza con quelle di adesione, non sono riproduttive del divieto sancito dall’art. 2527, comma 2, c.c., bensì sono state convenute nell’esercizio dell’autonomia negoziale delle parti, ponendo precetti convenzionali preclusivi di attività economiche altrimenti consentite dall’ordinamento
».

Nel successivo paragrafo 18.5 si afferma: « Tanto è stato correttamente rilevato dall’Autorità nell’ambito del provvedimento impugnato in prime cure, in cui si dà atto, innanzitutto, che “l’articolo 2527, comma 2 - il quale vieta ai soci di svolgere attività in diretta concorrenza con quella della cooperativa - non appare violato dal tassista socio di una cooperativa che, affiliandosi a Mytaxi, non ne diventa socio, ma si limita a svolgere il solo servizio di trasporto”. Le clausole di esclusiva in esame, difatti, non si limitano a vietare lo svolgimento, in proprio, di un’attività di intermediazione in concorrenza con quella della cooperativa di appartenenza - effettivamente preclusa ai sensi e per gli effetti dell’art. 2527, comma 2, c.c. - bensì impediscono ai tassisti, altresì, di acquistare servizi di intermediazione forniti da altri operatori, vietando il compimento di atti negoziali posti in essere dai tassisti nello svolgimento della propria attività di trasporto pubblico non di linea, che non può ritenersi in concorrenza con quella di intermediazione espletata dalla cooperativa ».

Il Consiglio di Stato si è pronunciato sulla questione sollevata dalla ricorrente e nel farlo ha dimostrato di ritenere irrilevanti le circostanze che invece secondo Radiotaxi il giudice amministrativo avrebbe dovuto considerare.

6.4 Inammissibile è il quarto motivo di ricorso per revocazione relativo alla valutazione di esentabilità dell’intesa ai sensi dell’art. 101, co. 3, TFUE.

Il tema dell’eventuale liceità degli accordi di cui si discute sulla base dell’art. 101, par. 3, TFUE è stato oggetto di valutazione nell’apposita sezione della sentenza ad esso dedicato.

Nella sezione 9.5 della sentenza si legge: « Infine, come già evidenziato nei precedenti della sezione, non potrebbe neanche sostenersi la liceità degli accordi de quibus sulla base dell’art. 101, par. 3, TFUE, tenuto conto che, alla stregua delle considerazioni supra svolte, le intese producono un significativo effetto anticoncorrenziale, impedendo od ostacolando l’ingresso di nuove piattaforme di intermediazione, con conseguente pregiudizio sia per i tassisti che per i consumatori finali.

Pertanto, posto che le intese, per le ragioni esaminate: - non apportano benefici alla produzione o alla distribuzione dei servizi, né promuovono il progresso tecnico o economico;
- sono pregiudizievoli per gli interessi dei consumatori;
- risultano violative del principio di proporzionalità, non essendo neanche necessarie per consentire, nell’ambito dei negozi giuridici in cui sono inserite, di conseguire i legittimi obiettivi sottesi alla loro previsione;
- eliminano la concorrenza per una parte sostanziale del mercato rilevante;
non risultano integrate neanche le condizioni di applicazione dell’art. 101, par.

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