TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2022-11-21, n. 202215409
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Testo completo
Pubblicato il 21/11/2022
N. 15409/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00417/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 417 del 2018, proposto da-OMISSIS- rappresentato e difeso dall'avvocato C V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Parma, via Garibaldi 57;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento del provvedimento di diniego della cittadinanza.
Visti il ricorso e i relativi allegati.
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno.
Visti tutti gli atti della causa.
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm..
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 24 ottobre 2022 la dott.ssa Ida Tascone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato in data 26 maggio 2017 e depositato in data 23 giugno 2017 il ricorrente, cittadino bengalese, ha impugnato il decreto n. -OMISSIS- del 29 dicembre 2016, notificato in data 28 marzo 2017, con il quale il Ministero dell’Interno ha respinto l’istanza presentata in data 8 ottobre 2014, volta alla concessione della cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 9 comma 1 lett. f) della l. n. 91 del 05 febbraio 1992.
Per quanto di interesse ai fini del presente giudizio, nell’ambito dell’istruttoria prodromica alla definizione del richiesto provvedimento concessorio, il Ministero ha rilevato la presenza di un pregiudizio penale consistente nella un procedimento penale per il reato di lesioni personali (art. 582 c.p.) e truffa (art. 640 c.p.) ancora pendente innanzi al Tribunale di -OMISSIS- al momento della definizione dell’attivato procedimento concessorio.
Sulla base di tali presupposti, all’esito di rituale sub-procedimento ai sensi dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, il Ministero ha denegato il richiesto provvedimento concessorio, sulla scorta di un giudizio di non coincidenza tra l’interesse del ricorrente a conseguire la cittadinanza italiana e quello pubblico ad ampliare, con il suo ingresso, la platea della comunità nazionale.
Il decreto è stato quindi gravato, unitamente agli atti ad esso presupposti, dall’odierno gravame, articolato in un unico motivo ove il ricorrente evidenzia che il pregiudizio posto alla base del contestato provvedimento diniego era venuto meno in data 21 marzo 2017 in forza di apposita remissione di querela da parte del relativo esponente e, sulla base di tale presupposto fattuale, lamenta il vizio di eccesso di potere per insufficiente ed inadeguata motivazione, insussistenza delle ragioni ostative all’acquisizione della cittadinanza italiana e manifesta illogicità e travisamento dei fatti.
Ciò anche sulla base della mancata valutazione da parte del Ministero degli ulteriori elementi indici di completa integrazione nel tessuto sociale italiano, comprovati dall’assenza di ulteriori pregiudizi penali, dal reddito percepito e dichiarato, dall’acquisito di un immobile adibito a residenza propria e del nucleo familiare nonché dalla frequenza da parte dei figli minori delle istituzioni scolastiche italiane.
All’udienza pubblica del 24 ottobre 2022 – celebratasi secondo le speciali modalità previste dall’art. 17, comma 6, del D.L. n. 80 del 09 giugno 2021 - la causa è stata introitata per la decisione.
Il ricorso è infondato.
In via preliminare, è opportuno ripercorrere gli approdi cui è giunta la giurisprudenza amministrativa in subiecta materia, la quale appare ormai granitica nell’affermare:
- che l’amplissima discrezionalità dell’Amministrazione in questo procedimento si esplica in un potere valutativo che “si traduce in un apprezzamento di opportunità circa lo stabile inserimento dello straniero nella comunità nazionale, sulla base di un complesso di circostanze, atte a dimostrare l'integrazione del soggetto interessato nel tessuto sociale, sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della condotta” (Cons. Stato, Sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913;Cons. Stato, Sez. VI, n. 52 del 10 gennaio 2011;Cons. Stato, Sez. VI, n. 282 del 26 gennaio 2010;Tar Lazio, Sez. Seconda - quater n. 3547 del 18 aprile 2012);
- che “l'interesse pubblico sotteso al provvedimento di concessione della particolare capacità giuridica, connessa allo status di cittadino, impone, infatti, che si valutino, anche sotto il profilo indiziario, le prospettive di ottimale inserimento del soggetto interessato nel contesto sociale del Paese ospitante” (Tar Lazio, Sez. Seconda - quater n. 5565 del 4 giugno 2013);
- che “trattandosi di esercizio di potere discrezionale da parte dell’amministrazione, il sindacato sulla valutazione compiuta dall'Amministrazione, non può che essere di natura estrinseca e formale;non può spingersi, quindi, al di là della verifica della ricorrenza di un sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell'esistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole” (Consiglio di Stato Sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913;Tar Lazio, Sez. Seconda - quater n. 5665 del 19 giugno 2012).
In particolare, il Collegio osserva quanto segue in merito alla natura del provvedimento di concessione della cittadinanza alla luce della giurisprudenza in materia, di recente sintetizzata dalla Sezione (TAR Lazio, sez. V bis, n. 2943, 2944, 2947, 3018, 3471, 5130 del 2022).
L'acquisizione dello status di cittadino italiano per naturalizzazione è oggetto di un provvedimento di concessione, che presuppone un'amplissima discrezionalità in capo all'Amministrazione, come si ricava dalla norma, attributiva del relativo potere, contenuta nell’art. 9, comma 1, della L. n. 91/1992, ai sensi del quale la cittadinanza “può” essere concessa.
L’ampia discrezionalità in questo procedimento si esplica, in particolare, in un potere valutativo in ordine al definitivo inserimento dell'istante all'interno della comunità nazionale, in quanto al conferimento dello status civitatis è collegata una capacità giuridica speciale, propria del cittadino, che comporta non solo diritti – consistenti, sostanzialmente, nei “diritti politici” di elettorato attivo e passivo (che consente, mediante l’espressione del voto alle elezioni politiche, la partecipazione all’autodeterminazione della vita del Paese di cui si chiede di entrare a far parte), e nella possibilità di assunzione di cariche pubbliche – ma anche doveri nei confronti dello Stato-comunità, con implicazioni d’ordine politico-amministrativo;si tratta infatti di determinazioni che rappresentano un'esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini (cfr. Consiglio di Stato, AG, n. 9/1999 del 10.6.1999;sez. IV n. 798/1999;n. 4460/2000;n. 195/2005;sez, I, 3.12.2008 n. 1796/08;sez. VI, n. 3006/2011;Sez. III, n. 6374/2018;n. 1390/2019, n. 4121/2021;TAR Lazio, Sez. II quater, n. 10588 e 10590 del 2012;n. 3920/2013;4199/2013).
Pertanto, l'interesse dell'istante a ottenere la cittadinanza deve necessariamente coniugarsi con l'interesse pubblico a inserire lo stesso a pieno titolo nella comunità nazionale.
E se si considera il particolare atteggiarsi di siffatto interesse pubblico, avente natura “composita”, in quanto teso alla tutela della sicurezza, della stabilità economico-sociale, del rispetto dell’identità nazionale, è facile comprendere il significativo condizionamento che ne deriva sul piano dell’agire del soggetto (il Ministero dell’Interno) alla cui cura lo stesso è affidato.
In questo quadro, pertanto, l’Amministrazione ha il compito di verificare che il soggetto istante sia in possesso delle qualità ritenute necessarie per ottenere la cittadinanza, quali l’assenza di precedenti penali, la sussistenza di redditi sufficienti a sostenersi, una condotta di vita che esprima integrazione sociale e rispetto dei valori di convivenza civile.
La concessione della cittadinanza deve rappresentare il suggello, sul piano giuridico, di un processo di integrazione che nei fatti sia già stato portato a compimento, la formalizzazione di una preesistente situazione di “cittadinanza sostanziale” che giustifica l’attribuzione dello status giuridico.
In tal modo, l'inserimento dello straniero nella comunità nazionale può avvenire (solo) quando l'Amministrazione ritenga che quest'ultimo possieda ogni requisito atto a dimostrare la sua capacità di inserirsi in modo duraturo nella comunità, mediante un giudizio prognostico che escluda che il richiedente possa successivamente creare problemi all’ordine e alla sicurezza nazionale, disattendere le regole di civile convivenza ovvero violare i valori identitari dello Stato (cfr., ex multis, TAR Lazio, Roma, Sez. I ter, n. 3227/2021;n. 12006/2021 e Sez. II quater, n. 12568/2009;Cons. St., sez. III, n. 4121/2021;n. 8233/2020;n. 7122/2019;n. 7036/2020;n. 2131/2019;n. 1930/2019;n. 657/2017;n. 2601/2015;Sez. VI, n. 3103/2006;n.798/1999).
Tanto chiarito sulla natura discrezionale del potere de quo, ne deriva che il sindacato giurisdizionale sulla valutazione compiuta dall'Amministrazione – circa il completo inserimento o meno dello straniero nella comunità nazionale – non può spingersi al di là della verifica della ricorrenza di un sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell'esistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole.
Ciò perché la giurisprudenza, dalla quale non vi è motivo per discostarsi, ha costantemente chiarito che, al cospetto dell’esercizio di un potere altamente discrezionale, come quello in esame, il sindacato del giudice amministrativo si esaurisce nel controllo del vizio di eccesso di potere, nelle particolari figure sintomatiche dell’inadeguatezza del procedimento istruttorio, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, arbitrarietà, irragionevolezza della scelta adottata o difetto di motivazione, e non può estendersi all’autonoma valutazione delle circostanze di fatto e di diritto su cui fondare il giudizio di idoneità richiesto per l’acquisizione dello status di cittadino;il vaglio giurisdizionale non può sconfinare, quindi, nell’esame del merito della scelta adottata, riservata all’autonoma valutazione discrezionale dell’Amministrazione (ex multis, Cons. St., Sez. IV n. 6473/2021;Sez. VI, n. 5913/2011;n. 4862/2010;n. 3456/2006;TAR Lazio, Sez. I ter, n. 3226/2021, Sez. II quater, n. 5665/2012, Sez. V bis n. 6254/2022).
Con riferimento al caso di specie, il Collegio ritiene che l’Amministrazione abbia valutato in maniera procedimentalmente corretta e non manifestamente illogica la complessiva situazione del ricorrente, attribuendo valenza ostativa alla presenza di un pregiudizio penale, oltretutto di non secondario allarme sociale, il cui accertamento da parte dell’autorità giurisdizionale ordinaria era ancora in corso al momento del perfezionamento dell’instaurato procedimento amministrativo.
In tal senso la circostanza che in data 21 marzo 2017, ovvero successivamente all’adozione dell’impugnato diniego (risalente 29 dicembre 2016), si sia registrato il venir meno di una condizione di procedibilità per l’esercizio dell’azione penale in seguito alla remissione della denuncia-querela che aveva determinato l’insorgere del pregiudizio rileva - tutt’al più - ai fini della riproposizione di una nuova istanza di concessione della cittadinanza.
La suddetta sopravvenienza, infatti, non può inficiare - ex post - la validità di un provvedimento espressione di un potere che, al momento del relativo esercizio, si era connotato per la corretta valutazione della situazione di fatto sottoposta al vaglio dell’autorità procedente.
Né ad una diversa conclusione può addivenirsi fermando la valutazione demandata al Ministero alla sola condizione di integrazione del ricorrente nel tessuto sociale ed economico del paese.
Siffatta circostanza, invero, concorre a formare il complessivo giudizio alla base del rilascio del provvedimento di concessione della cittadinanza, ma non può prevalere (né, tantomeno, assorbire) sulla concomitante valutazione in ordine al rispetto da parte del richiedente delle norme di convivenza su cui si basa il sodalizio sociale;e tale valutazione, al momento in cui si è perfezionata l’istruttoria presupposta al provvedimento al centro del presente gravame, non poteva che essere sfavorevole alla luce delle considerazioni che precedono.