TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2019-04-03, n. 201901844

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2019-04-03, n. 201901844
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201901844
Data del deposito : 3 aprile 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/04/2019

N. 01844/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00936/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 936 del 2014, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato P M, domiciliata in via digitale presso la PEC del difensore come risultante da pubblici registri;

contro

Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, Ufficio Scolastico Regionale per la Campania non costituiti in giudizio;

nei confronti

-OMISSIS- non costituita in giudizio;

per l'annullamento

degli atti relativi al concorso per il reclutamento di dirigenti scolastici, indetto con D.D.G.

MIUR

13.7.2011 e nello specifico: a) dei verbali redatti dalla Commissione esaminatrice relativi all'esame orale sostenuto dall'odierna ricorrente in data 7/11/2013, nella parte in cui attribuiscono alla stessa un punteggio inferiore ai 21/30 per la prova orale ed il conseguente giudizio di mancato superamento della prova orale del concorso de quo;
b) della griglia di valutazione della prova orale sostenuta dalla ricorrente, con i singoli punteggi parziali attribuiti ai vari indicatori ed il punteggio finale attribuito, nonché del giudizio sintetico espresso dalla Commissione sulla prova;
c) del verbale n. 79, del 21 dicembre 2012, della Commissione giudicatrice, integrata, con decreti del Direttore Generale USR Campania, dai membri aggiunti per Informatica e Lingue Straniere, e nominata per il "Concorso pubblico per titoli ed esami, per il reclutamento di Dirigenti Scolastici per la scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado e per gli istituti educativi", per la regione Campania, di cui all'avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale - 4° Serie Speciale - "Concorsi" n. 56 del 15.07.2011, per la Regione Campania, nella parte in cui si stabiliscono le modalità di svolgimento della prova orale, per i motivi appresso specificati;
d) del medesimo verbale n. 79, nella parte in cui, vengono deliberati, all'unanimità, i criteri di valutazione ed attribuzione del punteggio, con la relativa griglia di valutazione della prova orale del concorso, per motivi appresso specificati;
e) del verbale n. 80 del 04 gennaio 2013, con il quale i Componenti subentranti, prof. Ettore Cantile e prof. Salvatore Aviani, hanno preso visione del verbale n. 79 redatto il 21 dicembre 2012 e ne hanno approvato il contenuto;
f) di ogni atto preordinato, consequenziale o connesso, in quanto lesivo;

nonché in via gradata:

a) del Decreto del Direttore Generale dell'USR Campania, prot. n. AOODRCA/R.0 n. 13599, del 06 ottobre 2011, con il quale viene costituita la commissione giudicatrice del concorso per esami e titoli per il reclutamento dei dirigenti scolastici della Regione Campania, per la scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado e per gli istituti educativi;
b) del Decreto del Direttore Generale dell'USR Campania, prot. n. AOODRCA/R.U/3, del 03 gennaio 2012, con il quale viene integrata la Commissione giudicatrice del concorso per esami e titoli per il reclutamento dei dirigenti scolastici per la scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado e per gli istituti educativi, costituita con DDG AOODRCA/R.0 n. 13599 del 6 ottobre 2011, nella parte in vengono nominati i seguenti componenti: 1) dott.ssa A S - Dirigente scolastico presso la scuola secondaria di I grado "Giovanni Verga" di Napoli (componente della Prima Sottocommissione);
2) dott.ssa A M - dirigente tecnico presso YUSR per la Campania (componente della Seconda Sottocommissione);
3) dott.ssa G B - dirigente scolastico presso l'ISIS "U. Nobile" di Nola;
4) dott.ssa A T - dirigente tecnico presso il MIUR(componente della Terza Sottocommissione);
c) di tutti gli atti e verbali della Commissione giudicatrice del concorso per esami e titoli per il reclutamento dei dirigenti scolastici per la scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado e per gli istituti educativi, costituita con DDG AOODRCA/ R.0 n. 13599 del 6 ottobre 2011, e successivamente integrata con Decreto del Direttore Generale dell'USR Campania, prot. n. AOODRCA/R.U/3, del 03 gennaio 2012;

nonché, se e per quanto occorra, per l'annullamento dei seguenti ulteriori provvedimenti:

a) del decreto prot. n.

AOODRCA.

6789 del 09/09/2013, del Direttore Generale dell'USR Campania, con il quale si dispone la sostituzione della dimissionaria D.S. M C C, componente della Commissione Base, con la D.S. D R;
b) del decreto prot. n.

AOODRCA.

7298 del 24/09/2013, del Direttore Generale dell'USR Campania, con il quale si dispone la sostituzione del dimissionario D.S. Salvatore Aviani, membro effettivo di Informatica della Commissione Base (già subentrato alla prof.ssa Mariarosaria Arcella), con il D.S. Fiorenzo Gargiulo;
inoltre, con il medesimo decreto, a seguito delle dimissioni presentate dalla prof.ssa Giuseppina Alessandrella, membro effettivo di informatica della Terza Sottocommissione, è stato nominato il dott. Giovanni Monda;
ed, infine, a seguito delle dimissioni presentate dalla prof.ssa Giuliana Battimiello, membro effettivo di Lingua Francese della Terza Sottocommissione, è stato nominata la prof.ssa Nelly Chantal Claudine Priour;
c) del decreto, prot. n.

AOODRCA.

7562 del 02/10/2013, del Direttore Generale dell'USR Campania, con il quale si dispone la sostituzione del dimissionario prof. Salvatore Esposito Falco, componente della Prima Sottocommissione, con il dott. Celestino Testa;
d) del decreto, prot. n.

AOODRCA.

7569 del 02/10/2013, del Direttore Generale dell'USR Campania, con il quale si dispone la sostituzione del dimissionario D.S. Antonio Lepre, membro effettivo della Terza Sottocommissione per la Lingua Inglese, con la D.S. Laura Orsola Patrizia Nicolella;
e) del decreto, prot. n.

AOODRCA.

8262 del 23/10/2013, del Direttore Generale dell'USR Campania, con il quale si dispone la sostituzione, a seguito di dimissioni, della dott.ssa A T, omponente della Terza Sottocommissione, con il Prof. Aurelio Pane;
f) del decreto, prot. n.

AOODRCA.

8332 del 25/10/2013, con il quale si dispone la sostituzione, a seguito di dimissioni, del prof. Aurelio Pane, appena nominato, con il prof. Federico Torneo;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 13 marzo 2019 il dott. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con bando pubblicato sulla G.U.R.I., IV Serie Speciale, n. 56 del 15 luglio 2011, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca indiceva una procedura concorsuale per esami e titoli per il reclutamento di dirigenti della scuola primaria, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado e degli istituti educativi, per n.

2.386 posti complessivi, di cui n. 224 per la Regione Campania.

2. L’art. 8 della lex specialis stabiliva che i candidati che avessero superato una prova preselettiva di carattere culturale e professionale avrebbero dovuto sostenere due prove scritte ed una prova orale, secondo quanto stabilito dall’art. 9;
la medesima disposizione stabiliva che la selezione avrebbe compreso la valutazione dei titoli, oltre all’espletamento di un periodo obbligatorio di formazione e tirocinio per i candidati utilmente collocati nelle graduatorie generali di merito e dichiarati vincitori entro i limiti dei posti messi a concorso.

Più in dettaglio, l’art. 10 stabiliva che le due prove scritte avrebbero accertato la preparazione dei candidati sotto il profilo teorico ed operativo in relazione alla funzione di dirigente scolastico: la prima consisteva nella redazione di un elaborato su una o più delle aree tematiche di cui all’art. 8;
mentre la seconda riguardava la risoluzione di un caso pratico di gestione dell’istituzione scolastica. Per essere ammessi alla prova orale occorreva ottenere un punteggio minimo di 21/30 punti in ciascuna delle prove scritte.

La prova orale, invece, consisteva in un colloquio interdisciplinare sulle aree tematiche di cui all’art. 8, comma 9, con eventuali riferimenti ai contenuti degli elaborati scritti;
oggetto di valutazione era anche la capacità di conversazione su tematiche educative su una lingua straniera prescelta dal candidato. Anche in questo caso, per superare la prova occorreva un punteggio non inferiore a 21/30 punti.

Le aree tematiche di cui all’art. 8, comma 9, del bando erano le seguenti:

a) Unione Europea, le sue politiche ed i suoi programmi in materia di istruzione e formazione, i sistemi formativi e gli ordinamenti degli studi in Italia e nei Paesi dell’Unione Europea, con particolare riferimento al rapporto tra le autonomie scolastiche e quelle territoriali ed ai processi di riforme ordinamentali in atto;

b) gestione dell’istituzione scolastica, predisposizione e gestione del piano dell’offerta formativa nel quadro dell’autonomia delle istituzioni scolastiche ed in rapporto alle esigenze formative del territorio;

c) area giuridico-amministrativo-finanziaria, con particolare riferimento alla gestione integrata del piano dell’offerta formativa e del programma annuale;

d) area socio-psicopedagogica, con particolare riferimento ai processi di apprendimento, alla valutazione dell’apprendimento e dell’istituzione scolastica, alla motivazione, alla difficoltà di apprendimento, all’uso dei nuovi linguaggi multimediali nell’insegnamento e alla valutazione del servizio offerto dalle istituzioni scolastiche;

e) area organizzativa, relazionale e comunicativa, con particolare riguardo alla integrazione interculturale e alle varie modalità di comunicazione istituzionale;

f) modalità di conduzione delle organizzazioni complesse e gestione dell’istituzione scolastica, con particolare riferimento alle strategie di direzione;

g) uso a livello avanzato delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche diffuse;

h) conoscenza di una tra le seguenti lingue straniere a livello B1 del quadro comune europeo di riferimento: francese, inglese, tedesco, spagnolo.

3. Con d.d.g. 6 ottobre 2011, prot. n. AOODRCA/RU 13599, veniva nominata la commissione giudicatrice.

4. Dopo l’espletamento della prova preselettiva, il 14 e 15 dicembre 2011 si svolgevano le prove scritte.

5. Con d.d.g. 3 gennaio 2012, prot. n. AOODRCA/RU/3, la commissione giudicatrice veniva integrata, dando vita ad una commissione base e tre sottocommissioni.

6. Alla procedura concorsuale partecipava la ricorrente, la quale, dopo aver superato la prova scritta, non superava la prova orale.

7. La medesima ricorrente, col ricorso in epigrafe, impugnava i seguenti atti, relativi alla sopra illustrata procedura concorsuale: - in via principale: -- verbali della commissione giudicatrice, concernenti il mancato superamento della prova orale sostenuta, avendo riportato un punteggio inferiore a 21/30;
-- griglie di valutazione della prova orale;
-- verbale della commissione giudicatrice n. 79 del 21 dicembre 2012 (ove si stabiliscono le modalità di svolgimento della prova orale e vengono approvati le griglie di valutazione e i criteri di attribuzione del punteggio);
-- verbale della commissione giudicatrice n. 80 del 4 gennaio 2013 (ove viene ribadito il contenuto del verbale n. 79 del 21 dicembre 2012);
- in via gradata: -- d.d.g. dell’Ufficio scolastico regionale della Campania, prot. n. AOODRCA/RU 13599, del 6 ottobre 2011 (recante la costituzione della commissione giudicatrice);
-- d.d.g. dell’Ufficio scolastico regionale della Campania, prot. n. AOODRCA/RU/3, del 3 gennaio 2012, (recante integrazione della commissione giudicatrice con la nomina, quali ulteriori componenti, di Sellitto Anna, Monda Alessandra, B Giuseppina e Tartaglia Antonietta);
-- tutti i verbali della commissione giudicatrice;
nonché ogni altro atto collegato o connesso.

8. Formulava a sostegno del gravame le seguenti censure:

A) Sulle prove orali:

1) violazione dell’art. 12 del d.p.r. n. 487/1994 e omessa applicazione dell’art. 3, comma 1, della legge n. 241/1990, eccesso di potere sub specie delle figure sintomatiche dell’arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità, contraddittorietà, violazione degli artt. 3 e 97 Cost.;

2-3) violazione degli artt. 3 e 97 Cost., violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del d.p.r. n. 487/1994, violazione della par condicio dei concorrenti, eccesso di potere, illogicità, sviamento, difetto di motivazione;

4) violazione del d.p.r. n. 487/1994;
eccesso di potere sub specie delle figure sintomatiche dell’arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità e contraddittorietà;
violazione degli artt. 3 e 97 Cost.;

B) Sulle griglie di valutazione:

5) Violazione dell’art. 12 del d.p.r. n. 487/1994, e omessa applicazione dell’art. 3 comma 1 della legge n. 241/1990;

C) Sulla composizione della Commissione Esaminatrice

6) violazione dell’art. 35, comma 3, lett. e, del d.lgs. n. 165/2001;
violazione del d.p.r. n. 487/1994;
violazione degli artt. 3 e 97 Cost.;

7-8) violazione dell’art. 11 del d.p.r. n. 487/1994;
violazione degli artt. 3 e 97 Cost.;

9) violazione dell’art. 11 del d.p.r. n. 487/1994;
violazione degli artt. 3 e 97 Cost.;
violazione dell’art. 51 cod. proc. civ.;

10) violazione del d.p.r. n. 140/2008 (Disciplina del reclutamento dei dirigenti scolastici);
violazione degli artt. 3 e 97 Cost.

11) Violazione dell’art. 9 del d.p.r. n. 487/1994;
violazione degli artt. 3 e 97 Cost.;

9. L’intimata amministrazione scolastica non si è costituita in giudizio.

10. Il ricorso in epigrafe veniva chiamato all’udienza del 13 marzo 2019 e trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso si palesa infondato.

Il Collegio rileva in primo luogo che, stante l’infondatezza del ricorso, anche alla luce dei numerosi precedenti riferiti allo stesso concorso, e per ragioni di economia processuale, il Collegio ritiene di poter soprassedere sul profilo di possibile improcedibilità per mancata impugnativa dell'approvazione della graduatoria concorsuale.

2. La Sezione ritiene, ai fini della reiezione del ricorso, di fare proprie le motivazioni già affermate da questa Sezione in analoghi gravami, in relazione alla medesima procedura concorsuale (cfr. n. 3239/2013 3838/2013;
n. 3841/2013;
n. 3863/2013;
n. 3864/2013;
n. 4086/2013;
n. 4087/2013;
n. 4089/2013;
n. 4090/2013;
n. 4517/2013, confermate dal Consiglio di Stato con decisione n. n. 4348/2014;
n. 4789/2014;
n. 4791/2014;
n. 4794/2014), nonché in ultimo ribadite da questa Sezione nelle sentenze nn. 1486/2019;
1488/2019, di cui si riportano in gran parte le argomentazioni.

3. Con riguardo alle materie oggetto del colloquio orale, occorre premettere che, ai sensi dell’art. 10 comma 2 del bando, la prova orale: “consiste in un colloquio interdisciplinare sulle materie indicate nel bando in relazione alle tematiche di cui all’art. 8 e accerta la preparazione professionale del candidato anche con eventuali riferimenti ai contenuti degli elaborati scritti. La prova orale accerta, altresì, la capacità di conversazione su tematiche educative nella lingua straniera prescelta dal candidato”.

La disposizione ripropone il contenuto dell’art. 6 comma 2 del regolamento in tema di reclutamento dei dirigenti scolastici di cui al d.p.r. n. 140/2008, secondo cui: “La prova orale consiste in un colloquio interdisciplinare sulle materie indicate nel bando di concorso in relazione alle tematiche di cui al comma 1 e accerta la preparazione professionale del candidato. La prova orale accerta, altresì, la capacità di conversazione su tematiche educative nella lingua straniera prescelta dal candidato”.

A sua volta l’art. 12 del regolamento sull’accesso ai pubblici impieghi di cui al d.p.r. n. 487/1994, richiamato anch’esso in via residuale dall’art. 23 del bando, dettando norme in tema di trasparenza amministrativa, stabilisce al comma 2 che le commissioni, prima dell’inizio di ciascuna prova orale, determinano i quesiti da porre ai singoli candidati per ciascuna delle materie d’esame e che tali quesiti sono proposti a ciascun candidato previa estrazione a sorte.

La disposizione del bando e la norma regolamentare specifica per il concorso per dirigente scolastico, di cui all’art. 6 del d.p.r. n. 140 cit., identificano l’esame orale con un “colloquio interdisciplinare sulle materie indicate dal bando”.

Parte ricorrente invoca nella specie la violazione dell’art. 12 del regolamento per l’accesso ai pubblici impieghi di cui al d.p.r. n. 487/1994, che, per l’espletamento della prova orale, impone “per ciascuna delle materie di esame” la previa predeterminazione dei quesiti da sottoporre ai candidati

Quest’ultima norma, invero, non impone anche che il concreto svolgimento di ciascun colloquio debba necessariamente estendersi a tutte le materie. Nello stabilire che le domande da sottoporre al concorrente in ciascuna prova orale debbano essere estratte a sorte, esso si pone, anzi, in antitesi rispetto ad un’obbligatoria capillarità di tale esame, mostrando un interesse generale alla trasparenza riferibile all’attenuazione del solo rischio che i quesiti possano essere già noti all’esaminando. E la necessità che il candidato sia comunque preparato a sostenere il colloquio su tutte le aree tematiche oggetto della prova orale rimane assicurata proprio dalla estrazione a sorte, ossia dalla casualità della scelta dei quesiti.

Nella fattispecie in esame la commissione non ha escluso alcuna delle materie previste all’art. 8 del bando dalla rosa di domande predeterminate da sottoporre ai candidati e, pertanto, si è strettamente attenuta al bando.

E infatti, dal contenuto dell’allegato verbale n. 79 del 21.12.2012 emerge che la commissione di base e le tre sottocommissioni (integrate con i componenti di lingua straniera e di informatica) hanno deciso che, ai sensi dell’art. 10 comma 2 del bando, la prova orale sarebbe consistita in un colloquio interdisciplinare sulle materie indicate dal bando in relazione alle tematiche di cui all’art. 8.

In particolare, il candidato avrebbe dapprima sorteggiato la commissione con cui sostenere il colloquio. Poi avrebbe sorteggiato tre delle aree tematiche contrassegnate dalle lettera dalla “a” alla “f “dal comma 2 dell’art. 8 del bando, e, per ciascuna delle tre aree tematiche estratte, avrebbe estratto un quesito argomento tra quelli predisposti dalla commissione in un contenitore per ciascuna di esse. Successivamente il candidato avrebbe estratto un quesito argomento relativo all’area g) relativa all’uso a livello avanzato delle apparecchiature ed applicazioni informatiche, e per la lingua straniera (area “h”) la conversazione si sarebbe svolta su una tematica educativa a scelta tra quelli estratti a sorte.

La commissione, a salvaguardia del carattere interdisciplinare del colloquio, si riservava di chiedere approfondimenti, precisazioni, possibili sviluppi ed elaborazioni personali, allo scopo di saggiare le competenze culturali e professionali del candidato.

Venivano inoltre predisposti dei criteri di valutazione formulati - come per le prove scritte - con indicatori e descrittori di livello.

Per l’area “g”, riguardante l’informatica, l’indicatore richiedeva la verifica della conoscenza dei concetti base dell’ICT e uso delle relative applicazioni nella gestione amministrativa, contabile e didattica.

Correttamente pertanto la commissione ha previsto l’estrazione a sorte in sede di esame da parte del candidato di 3 delle 8 materie contemplate dal bando, cui doveva aggiungersi l’esame di informatica e di lingua inglese.

Premesso che, ai sensi dell’art. 23 del bando, le disposizioni di cui al d.p.r. n. 487/1994 invocato da parte ricorrente valgono solo per quanto non previsto dal bando ed in quanto applicabili, occorre considerare che un’interpretazione letterale della norma del bando e di quella regolamentare di natura “speciale”, in quanto propria del concorso per dirigente scolastico di cui al cit. art. 6, porta a non condividere la prospettazione attorea, dal momento che la disposizione predetta riferisce l’oggetto del colloquio “alle materie” e non a “tutte le materie” previste dal bando. Inoltre l’aggettivazione di “interdisciplinarietà” della prova orale presuppone nel candidato la dimostrazione della capacità di inquadrare gli argomenti di prova in più ambiti indipendentemente dalla materia selezionata. Peraltro le aree tematiche individuate dal bando presentavano delle affinità tali da giustificare la connotazione interdisciplinare del colloquio (cfr. T.a.r. Basilicata 24.07.2012 n.342).

Le pronunce di segno contrario all’interpretazione qui divisata richiamate da parte ricorrente riguardano fattispecie non sovrapponibili a quelle oggetto del presente giudizio. Ed infatti la decisione adottata dal C.d.S sez. V 3-22.04.2009 n. 4073 – resa su appello avverso T.a.r. Sardegna n.1373/2008 - concerne un concorso regionale per posti di funzionario amministrativo: in quel caso la procedura è stata ritenuta illegittima poiché la commissione sia nelle prove scritte che in quelle orali aveva proposto quesiti che non avevano ad oggetto “tutte” le materie previste dal bando, così espungendo del tutto dalle prove di esame alcune delle materie prescritte. Analogamente la decisione, di cui al C.d.S. sez. V 8.01.2007 n. 4, riguarda un concorso per funzionario amministrativo provinciale in cui la commissione aveva completamente omesso per molti candidati di accertare la conoscenza della lingua straniera, ed aveva del tutto omesso di predisporre le domande in alcune delle materie previste dal bando. A sua volta il caso trattato dal T.a.r. Marche 22.11.2012 n.794 relativo ad un concorso per dirigenti scolastici riguardava una fattispecie peculiare in cui la commissione aveva immotivatamente proceduto all’abbinamento in coppia delle materie concorsuali e dai verbali di esame era emerso che i quesiti estratti non inerivano entrambe le materie accorpate.

4. Nemmeno può sostenersi che la commissione non abbia sufficientemente verificato l’uso delle applicazioni informatiche in assenza di computer e la conseguente mancata valutazione pratica della idoneità dei candidati all’uso del computer, pur costituendo questa una specifica area tematica oggetto di prova di esame.

Innanzitutto l’art. 10, secondo comma, del bando non prevedeva affatto che la prova orale dovesse consistere anche in una dimostrazione da parte di ciascun candidato dell’idoneità all’uso del computer o di altre applicazioni informatiche;
invero, l’esame doveva risolversi in un mero colloquio, con esclusione, quindi, di qualsiasi dimostrazione di capacità applicativa, d’altronde ricadente nell’ambito di un prova pratica non prevista nel concorso per cui è giudizio.

Inoltre, per l’area tematica di cui all’art. 8, comma 9, lett. g, del bando (“uso a livello avanzato delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche più diffuse”) relativa all’uso a livello avanzato delle apparecchiature ed applicazioni informatiche più diffuse, la griglia di valutazione prevedeva che il colloquio avrebbe richiesto la verifica della conoscenza dei concetti base dell’ICT e l’uso delle relative applicazioni nella gestione amministrativa, contabile e didattica.

Inoltre, la commissione e le sottocommissioni erano ciascuna integrate dalla presenza del componente esperto di informatica, alla cui competenza in sede di colloquio doveva intendersi rimessa la verifica anche delle applicazioni in questione. Va aggiunto che la formazione come operatore informatico è stata dal bando rimessa alla successiva fase del tirocinio dei vincitori, ai sensi dell’art. 17 e dei punti E ed F dell’allegato tecnico. Le modalità di svolgimento della prova orale così pianificate dalla Commissione non possono ritenersi violative delle prescrizioni del bando né dell’art. 6 del d.p.r. n. 140 cit. richiamato dal bando, che, come si è innanzi anticipato, non richiedevano lo svolgimento dell’esame orale su tutte le materie del concorso.

5. Infondata risulta, altresì, la censura incentrata sulla circostanza che, dopo l’estrazione a sorte dei singoli quesiti da parte dei candidati, gli stessi sarebbero stati rimessi nelle urne, avvantaggiando chi li avesse estratti nuovamente, dopo averne già ascoltato da altri le risposte;
inoltre, rileva che alcuni enti di formazione avrebbero offerto proposto veri e propri ‘pacchetti commerciali’ contenenti le domande già estratte con le relative risposte.

La doglianza innanzitutto risulta generica, essendo stata denunciata un’ipotesi di eccesso di potere per ingiustificata disparità di trattamento di cui non è stata offerta una minima concreta allegazione probatoria. Inoltre, i soli limiti alle modalità di valutazione e svolgimento delle prove orali di un concorso pubblico come quello oggetto di giudizio sono quelli posti dall’art. 12 del d.p.r. n. 487/1994 (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 11 febbraio 2011 n. 916;
sez. IV, 10 agosto 2012, n. 4556), tra cui non figura quello inerente all’astratta riproponibilità di un quesito a più candidati.

La circostanza che un candidato abbia udito uno o più quesiti già sottoposti ad altri concorrenti non si rivela causa di ingiustificato favor, assumendosi che, in ogni caso, per superare la prova, egli debba essere comunque in possesso di una preparazione tale da consentirgli in linea di principio di rispondere a qualsiasi domanda gli venga posta in una determinata materia.

6. Infondata è, altresì, la censura basata sulla circostanza che la commissione, in violazione dei criteri generali stabiliti a monte, avrebbe proceduto all’assegnazione del punteggio per la prova orale non al termine di ogni singolo colloquio, ma per tutti i candidati solo al termine dell’intera seduta (ossia dopo il turno antimeridiano e pomeridiano), così da configurare il rischio non solo di un inadeguato ricordo del rendimento di ciascuna prova, ma anche di un giudizio condizionato dall’andamento complessivo della seduta.

Al riguardo, l’art. 6, comma 6, del d.p.r. n. 487/1994 statuisce che, “al termine di ogni seduta dedicata alla prova orale, la commissione giudicatrice forma l'elenco dei candidati esaminati, con l'indicazione dei voti da ciascuno riportati che sarà affisso nella sede degli esami”.

È la norma stessa, dunque, che impone alla commissione di redigere l’elenco dei candidati con i relativi voti solo al termine di ogni seduta e non prima di tale momento.

A ciò si aggiunga che la paventata, ma indimostrata inosservanza, da parte della commissione giudicatrice, del criterio di immediata assegnazione del voto al termine di ciascun colloquio, stabilito nel verbale n. 79 del 21 dicembre 2012, non si risolve affatto in una lesione del generale principio di imparzialità amministrativa, dal momento che il rischio di nuove valutazioni delle prove o di giudizi che possano risentire dell’andamento complessivo della seduta, così come il possibile oblio del rendimento di alcuni candidati, restano a livello di mere petizioni di principio, tra l’altro rappresentate dalla stessa parte ricorrente in termini di assoluta ipoteticità e genericità.

7. In relazione al motivo di ricorso inerente alle griglie di valutazione delle prove orali, il Collegio osserva che erroneamente parte ricorrente ha dato per presupposto che ad uno dei livelli descrittori debba necessariamente corrispondere un giudizio di “sufficienza” non raggiungibile nel caso di concomitanza di una valutazione omogenea dei descrittori in presenza di un punteggio minimo di 21/30.

In realtà la Commissione ha inteso fare in modo che il giudizio numerico finale attribuito al colloquio fosse la risultante di un concorso di fattori e valutazioni inerenti la padronanza linguistica, la capacità di rielaborazione critica e di analisi del candidato, l’originalità e lo spessore culturale del candidato, con valutazioni numeriche variabili da giudizi di inadeguatezza a ottimo, e eccellente per le aree tematiche ritenute più rilevanti. Nel verbale n. 79 del 21.12.2012 il punteggio veniva ripartito in 26 per le aree tematiche da “a” ad “f” , con valori da 5 a 1 per gli indicatori A,B,C,D, e da 6 a 1 per l’indicatore E, e punti 4 egualmente suddivisi tra le aree G e H. La commissione ha, altresì, adeguatamente motivato le ragioni per cui ha inteso attribuire un livello descrittore di eccellente all’indicatore “E” relativo all’”originalità e spessore culturale e professionale”, poiché il descrittore intendeva evidenziare la rielaborazione da parte del candidato di tutte le aree tematiche di cui all’art. 8 del bando, nonché la capacità di utilizzare le conoscenze nella pratica professionale.

4.2 Non può sostenersi che la Commissione, nella formulazione delle griglia di valutazione, era tenuta alla definizione di un numero di indicatori multiplo di 21 per consentire l’individuazione di un descrittore omogeneo che consentisse il superamento della prova con il punteggio minimo richiesto dal bando.

Gli indicatori sono stati formulati avuto riguardo alle aree tematiche centrali ed alla necessità di verificare la professionalità del candidato con un ampio range di valutazione di livelli descrittori numerici che concorrevano tutti alla formazione del punteggio finale. La rispondenza del colloquio agli indicatori costituisce un dato certamente suscettibile di riscontro oggettivo attraverso la lettura delle griglie di valutazione compilate in ogni parte dalla commissione e completate da un giudizio sintetico.

8. In base al citato articolo, nelle procedure di reclutamento presso amministrazioni pubbliche le commissioni giudicatrici devono essere formate “…esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell'organo di direzione politica dell'amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali”.

Dello stesso tenore è il precetto contenuto nell’art. 8, secondo comma, del D.P.R. 9 maggio 1994 n. 487, che recita: “le commissioni esaminatrici di concorso sono composte da tecnici esperti nelle materie oggetto del concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime e non possono farne parte…coloro che ricoprano cariche politiche o che siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali…”.

La ratio dell’art. 35 (che riprende la formulazione già contenuta nell’art. 8 del D.Lgs. 3 febbraio 1993 n. 29) risiede nell'intento di eliminare il sospetto di condizionamenti nell'assunzione e nell'avanzamento dei pubblici dipendenti da parte di soggetti che rivestono un ruolo decisivo nell'ambito dell'amministrazione che indice il concorso, oppure in generale nell'ambito politico, sindacale e professionale. Tanto in applicazione dei principi costituzionali che governano l’azione amministrativa: difatti, l’art. 97, primo comma, della Costituzione individua nella "imparzialità" dell'amministrazione uno dei principi essenziali cui deve informarsi, in tutte le sue diverse articolazioni, l'organizzazione dei pubblici uffici. Alla salvaguardia di tale principio si collegano anche le norme costituzionali che individuano nel concorso il mezzo ordinario per accedere agli impieghi pubblici (art. 97) e che pongono i pubblici impiegati al servizio esclusivo della Nazione (art. 98).

Secondo quanto statuito dalla Corte Costituzionale (sentenza 15 ottobre 1990 n. 453), nell'insieme delle predette norme costituzionali viene ad esprimersi la distinzione più profonda tra politica e amministrazione, tra l'azione del governo - che, nelle democrazie parlamentari, è normalmente legata agli interessi di una parte politica, espressione delle forze di maggioranza - e l'azione dell’amministrazione - che, nell'attuazione dell'indirizzo politico della maggioranza, è vincolata invece ad agire senza distinzione di parti politiche, al fine del perseguimento delle finalità pubbliche.

Si spiega, dunque, come in questa prospettiva, collegata allo stesso impianto costituzionale del potere amministrativo nel quadro di una democrazia pluralista, il concorso pubblico, quale meccanismo di selezione tecnica e neutrale dei più capaci, resti il metodo migliore per la provvista di organi chiamati a esercitare le proprie funzioni in condizioni di imparzialità ed al servizio esclusivo della Nazione, sempreché questo metodo sia ispirato al rispetto rigoroso del principio di imparzialità.

In base ai suesposti principi, nella formazione delle commissioni il carattere esclusivamente tecnico del giudizio deve risultare salvaguardato da ogni rischio di deviazione verso interessi di parte o comunque diversi da quelli propri del concorso, il cui obbiettivo non può essere altro che la selezione dei candidati migliori. Tale esigenza impone che, nella composizione delle commissioni, la presenza di tecnici o esperti - interni o esterni all'amministrazione, ma in ogni caso dotati di adeguati titoli di studio e professionali rispetto alle materie oggetto di prova - debba essere, se non esclusiva, quanto meno prevalente, tale da garantire scelte finali fondate sull'applicazione di parametri neutrali e determinate soltanto dalla valutazione delle attitudini e della preparazione dei candidati (Corte Costituzionale sent. n. 453/1990 cit.).

Peraltro, è evidente che l’art. 35 del Testo Unico sul pubblico impiego introduce una condizione ostativa per la selezione dei commissari di concorso che, come si è visto, non devono essere esponenti sindacali: trattandosi di disposizione che interferisce con libertà costituzionalmente tutelate (artt. 18, 39 e 49 Cost.), essa va interpretata in maniera strettamente attinente alla finalità perseguita, trattandosi di norma eccezionale, non suscettibile di estensione analogica.

Con specifico riferimento al settore sindacale, dalla chiara lettura dell’art. 35 del D.Lgs. 165/2001 emerge che non possono far parte della commissione esaminatrice i soggetti che: a) svolgano funzioni di rappresentanza sindacale;
b) siano designati da organizzazioni sindacali.

Conviene ora interrogarsi sul significato e, quindi, sull’ambito di applicazione delle ipotesi di incompatibilità.

Partendo dall’ultima nozione (“designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali”), occorre rilevare che essa non pone particolari problemi di carattere interpretativo: la disposizione si riferisce con tutta evidenza ai membri scelti in ragione dell’appartenenza ad una associazione sindacale (Consiglio di Stato, Sez. V, 23 ottobre 2007 n. 5572), piuttosto che nominati in ragione della relativa qualificazione professionale (“ratione officii”).

Al riguardo, la Corte Costituzionale (sentenze 15 ottobre 1990 n. 453 e 23 luglio 1993 n. 333) ha statuito che si appalesa ingiustificata la presenza come membri di commissione di esponenti designati dalle rappresentanze sindacali, i quali sono per definizione espressione di interessi non riconducibili a valori di carattere neutrale e distaccato (cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. V, 3 ottobre 2002 n. 5202 ove si dà rilievo al profilo della mancanza dell’imparzialità necessaria per effettuare una valutazione oggettiva dei candidati). Si è altresì osservato che tale componente sindacale - la cui esclusione dalle commissioni giudicatrici dei concorsi pubblici è stata gradualmente attuata nell'ordinamento legislativo statale fino ad essere totalmente applicata con l’art. 8 del D.Lgs. 29/1993 (riprodotto dall’art. 35 D.Lgs. 165/2001) - si pone in stridente contrasto con il principio di imparzialità, ove si consideri che la designazione dei singoli rappresentanti può riguardare dipendenti di qualsiasi livello, così che può accadere che facciano parte della commissione giudicatrice persone appartenenti a livelli inferiori rispetto a quelli dei candidati o, addirittura, soggetti direttamente interessati al passaggio di livello di cui si tratta.

Quanto ai “rappresentanti sindacali” citati dall’art. 35 del Testo Unico sul pubblico impiego, può utilmente richiamarsi la circolare n. 11 del 2010 del Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri concernente l’applicazione dell’art. 53, comma 1 bis, del D.Lgs. 165 del 30 marzo 2001, in tema di requisiti per il conferimento di incarichi di direzione del personale nelle pubbliche amministrazioni (secondo cui "Non possono essere conferiti incarichi di direzione di strutture deputate alla gestione del personale a soggetti che rivestano o abbiano rivestito negli ultimi due anni cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali o che abbiano avuto negli ultimi due anni rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni.").

Nel definire il concetto di “carica in organizzazioni sindacali”, la circolare ha chiarito che la mera iscrizione quale associato ad un sindacato o ad un partito politico non ha alcun rilievo ai fini dell'applicazione della disposizione. Viceversa, si ritiene coerente con le finalità perseguite dal legislatore attribuire rilievo al ruolo che il soggetto assume e svolge nell'ambito dell'organizzazione sindacale.

Detto ruolo non può essere quello di semplice iscrizione e militanza priva di funzione direzionale: viceversa, sono richiesti la partecipazione alle scelte dell'organizzazione medesima e lo svolgimento di compiti di reale impulso all'attività mediante la decisione, l'adozione e l'esternazione di atti gestionali secondo quanto previsto negli atti costitutivi e negli statuti del sodalizio sindacale.

A sostegno di tale opzione ermeneutica milita l'art. 3, comma 2, del D.Lgs. 16 settembre 1996 n. 564 che, nell'ambito della disciplina relativa alla contribuzione figurativa per le posizioni di aspettativa sindacale e politica, definisce cariche sindacali "quelle previste dalle norme statutarie e formalmente attribuite per lo svolgimento di funzioni rappresentative e dirigenziali a livello nazionale, regionale e provinciale o di comprensorio, anche in qualità di componenti di organi collegiali dell'organizzazione sindacale" (cfr. circolare 11 del 2010).

Tali principi possono essere applicati anche all’art. 35 del D.Lgs. 165/2001 e, pertanto, coerentemente con l'intento sopra enunciato di interpretare la norma in senso stretto, non si ritiene integri il concetto di “rappresentante sindacale” la mera iscrizione o militanza in un sindacato ovvero la circostanza di svolgere attività nell'associazione in mancanza della titolarità delle funzioni sopra indicate, poiché in tal caso risulta assente il potere di assumere decisioni autonomamente rilevanti nell'organizzazione e per l'organizzazione sindacale. La diversa ermeneutica si appalesa eccessivamente discriminatoria e lesiva dei principi costituzionali concernenti la libertà di associazione ex artt. 18, 39 e 49 della Costituzione, poiché finirebbe per penalizzare coloro che, pur essendo in possesso di adeguata professionalità, non potrebbero comporre le commissioni giudicatrici solo perché appartenenti ad una associazione sindacale.

In altri termini, per integrare la causa di incompatibilità in esame, è necessario verificare se il soggetto ricopra incarichi di dirigente sindacale e se agisca, in virtù di un atto formale, in nome e per conto dell'associazione quale funzionario delegato.

Pertanto, rientra nel concetto di rappresentante sindacale (ostativo all’assunzione della qualifica di componente della commissione esaminatrice), l’assunzione dell’incarico di dirigente sindacale nell'ambito delle Rappresentanze Sindacali Aziendali (c.d. R.S.A.) che, nel settore del lavoro pubblico, sono costituite dalle organizzazioni sindacali rappresentative e si presentano come articolazioni periferiche del sindacato (art. 42, secondo comma, del D.Lgs. 165/2001) e di componente della Rappresentanza Sindacale Unitaria (c.d. R.S.U.) costituita a seguito di elezione di candidati in liste presentate dalle organizzazioni sindacali (art. 42, quarto comma, del D.Lgs. 165/2001) ed i cui componenti sono equiparati ai dirigenti delle R.S.A. (art. 42, sesto comma, del D.Lgs. 165/2001).

9. Tanto illustrato in punto di diritto, può procedersi all’esame della posizione contestata in seno alla commissione esaminatrice che riguarda il componente della terza sottocommissione esaminatrice dott.ssa Giuseppina Bonaiuto.

In particolare, non appare comprovato che, al tempo della nomina, quest’ultima versasse nelle condizioni di incompatibilità dettate dall’art. 35. Ebbene, la suddetta componente non può essere qualificata come “designata dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali”, poiché non risulta che la relativa individuazione sia stata effettuata dai sindacati o che sia stata scelta in ragione dell’appartenenza ad una associazione sindacale ma è stata nominata con decreto dirigenziale dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Campania del 3 gennaio 2012 in ragione della relativa qualificazione professionale (“ratione officii”).

Né risulta che il ruolo ricoperto dalla prof. G B nella FLC - CGIL, così come indicato dalla parte ricorrente (referente per l’istruzione tecnico – professionale nella predetta Federazione e componente dell’Osservatorio Regionale di Monitoraggio per la Formazione e l’Aggiornamento del Personale della Scuola), integrasse la qualità di “rappresentante sindacale” ex art. 35 D.Lgs. 165/2001, così come precedentemente tratteggiata.

In altri termini, non risulta documentato che – all’epoca della nomina nella commissione esaminatrice – la prof.ssa B fosse titolare di cariche sindacali attributive del potere di concorrere alle scelte dell’organizzazione sindacale e di assumere decisioni autonomamente rilevanti in nome e per conto del sindacato medesimo ed in favore dei propri iscritti, ad esempio nella contrattazione collettiva di categoria.

10. Quanto, poi, ai rapporti professionali ed alla possibile sussistenza di un vincolo personale di colleganza o collaborazione tra alcuni suoi componenti e determinati candidati ammessi alla prova orale, anche in ragione del rapporto di fiduciario che s’instaura nell’alveo della nuova dimensione datoriale della figura del dirigente scolastico, in quanto espressione dell’autonomia di tali istituti (nella fattispecie la dottoressa G B, dirigente scolastico dell’Istituto Professionale “U. Nobile” e membro della Terza Sottocommissione, sarebbe stata legata per ragioni di incarico presso il suo istituto scolastico a quattro candidati ammessi alla prova orale;
analogamente la dottoressa A S, della Prima Sottocommissione e dirigente scolastico della Scuola Media Statale “Verga” di Napoli, avrebbe rapporti di collaborazione con cinque candidati incaricati presso tale scuola), il Collegio evidenzia che l’art. 11 del d.p.r. 9 maggio 1994 n. 487 stabilisce che «prima dell'inizio delle prove concorsuali la commissione, considerato il numero dei concorrenti, stabilisce il termine del procedimento concorsuale e lo rende pubblico. I componenti, presa visione dell'elenco dei partecipanti, sottoscrivono la dichiarazione che non sussistono situazioni di incompatibilità tra essi ed i concorrenti, ai sensi degli articoli 51 e 52 del codice di procedura civile».

Ne consegue la piena applicabilità ai componenti delle commissioni di concorso delle cause di incompatibilità di cui agli artt. 51 e 52 c.p.c. e, per quanto qui d’interesse, quella di cui al n 5), che impone l’obbligo di astensione nel caso in cui il giudice sia datore di lavoro di una delle parti. Occorre però chiedersi quale sia l’ambito effettivo di operatività della causa di incompatibilità in esame, allorquando sia riferita alla costituzione di una commissione di un concorso pubblico.

Osserva il Collegio che il rapporto di incompatibilità da cui origina il dovere di astensione ha riferimento esclusivo alla persona fisica del giudice e non a questo inteso come ufficio o organo di giurisdizione, potendo una diversa caratteristica riguardare solo la parte processuale, ad esempio una società;
pertanto, trattandosi di norma di stretta interpretazione, in quanto adeguatrice del principio costituzionale del giudice precostituito per legge, la relativa importazione tout court nell’ambito dell’organizzazione amministrativa implica che il vincolo relazionale ostativo alla preposizione al ruolo di componente di commissione deve consistere nell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra il commissario persona fisica, in qualità di datore di lavoro, ed il candidato, come dipendente;
ciò, ovviamente, sul postulato che il rinvio operato dall’art. 11 del d.p.r. 11 maggio 1994 n. 487 all’art. 51 c.p.c. sia volto ad assicurare la terzietà della commissione, intesa, in senso statico, come imparzialità dell’organizzazione amministrativa ai sensi dell’art. 97 Cost., cioè prescindendo dalle modalità e dal risultato finale delle operazioni compiute dal predetto organo.

Ebbene, ritiene il Collegio che i rapporti professionali lavorativi tra i dirigenti scolastici componenti della commissione indicati da parte ricorrente ed alcuni candidati, titolari di incarichi presso gli istituti scolastici al cui vertice sono preposti i primi, non ricadono nella relazione datoriale e di dipendenza propria della citata norma processuale;
ciò, innanzitutto, perché il rapporto di lavoro non intercorre affatto tra il dirigente scolastico ed il candidato titolare di incarico, ma tra l’amministrazione pubblica e quest’ultimo, in ragione della connotazione di immedesimazione organica tipica anche del rapporto di lavoro dirigenziale. Ma, a ben vedere, difetterebbe rispetto alla fattispecie astratta anche la natura di persona fisica del datore di lavoro, così come intesa nell’accezione della norma processualcivilistica, essendosi in presenza di un’amministrazione pubblica e, quindi, di una persona giuridica.

Del resto, nello stesso senso si è espressa recente giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 19 marzo 2013 n. 1606), secondo cui «nei pubblici concorsi i componenti delle commissioni esaminatrici hanno l’obbligo di astenersi solo ed esclusivamente se ricorre una delle condizioni tassativamente previste dall'art. 51 del c.p.c., senza che le cause di incompatibilità previste dalla predetta norma possano essere oggetto di estensione analogica. Pertanto l’appartenenza allo stesso ufficio e il rapporto di subordinazione nel lavoro non sono riconducibili ad alcuno dei casi previsti dalle disposizioni invocate: non alle ipotesi di cui al comma 3 (causa pendente, rapporti di credito e debito, grave inimicizia) e neppure alle ipotesi di cui al comma 5 (tutore, curatore, datore di lavoro di una delle parti)».

Né argomento utile in senso contrario potrebbe trarsi dall’art. 2, primo comma, lettera b) del d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81, secondo cui datore di lavoro è «il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l'organo di vertice medesimo»;
secondo tale norma, infatti, tale qualificazione va intesa come espressamente limitata alla sola applicazione del decreto legislativo in oggetto, disciplinante la materia della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. La sua natura di norma speciale impone, dunque, di escluderne una applicabilità che ecceda i limiti generale della specifica materia considerata e che comunque sia in contrasto con le descritte caratteristiche proprie del rapporto di lavoro alle dipendenze di una amministrazione pubblica.

11. In ordine al motivo di ricorso secondo cui, in violazione degli artt. 35, comma 3, lett. a, del d.lgs. n. 165/2001 e 11, comma 1, del d.p.r. n. 487/1994, nonché del sotteso principio di imparzialità, nella commissione giudicatrice avrebbe figurato, in qualità di componente supplente, A F M, risultato trovarsi in rapporto di coniugio con la candidata -OMISSIS-, e, quindi, in situazione di asserita incompatibilità.

In realtà, il M ha rassegnato le proprie dimissioni, senza che risulti che abbia in precedenza, partecipato, in qualità di supplente designato, ad alcuna delle attività della commissione giudicatrice.

A questo punto, giova evocare il quadro normativo di riferimento in materia di incompatibilità tra componenti della commissione esaminatrice e concorrenti in rapporto di parentela o affinità con i primi.

Innanzitutto, a tenore dell’art. 11, comma 1, del d.lgs. n. 163/2006, i componenti della commissione, “presa visione dell'elenco dei partecipanti, sottoscrivono la dichiarazione che non sussistono situazioni di incompatibilità tra essi ed i concorrenti, ai sensi degli artt. 51 e 52 cod. proc. civ.

Il richiamato art. 51 cod. proc. civ. stabilisce, quindi, che “il giudice ha l'obbligo di astenersi se egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori”.

Ancora, ai sensi dell’art. 433 del d.p.r. n. 297/1994, “non possono far parte delle commissioni giudicatrici di concorso coloro che abbiano relazioni di parentela o affinità entro il quarto grado con uno o più concorrenti”.

Infine, l’art. 6 del d.p.c.m. 28 novembre 2000 (Codice condotta pubblico impiego) stabilisce che “il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri ovvero … di suoi parenti entro il quarto grado o conviventi”.

La disciplina dianzi riportata mira, dunque, ad evitare tutte quelle situazioni in cui, per circostanze oggettive, vi sia il ‘pericolo concreto’ (e non anche la certezza, attesa la natura formale della tutela) che possa essere compromessa la serenità di giudizio dell’organo valutatore. In tale contesto, l'accertamento della incompatibilità, per la sua natura formale, prescinde dall’effettività della compromissione della serenità di giudizio e si risolve in una valutazione prognostica circa la necessità di astenersi dall'espletamento delle funzioni (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 luglio 2004, n. 6912;
TAR Sicilia, Catania, sez. III, 2 aprile 2008, n. 594).

Il Collegio ha, dunque, ben presente che una causa di incompatibilità – quale può essere certamente il rapporto di coniugio con un candidato – è, di per sé, suscettibile di invalidare la composizione dell'intera commissione esaminatrice e, di conseguenza, tutte le operazioni dalla stessa compiute.

Neppure può, tuttavia, ignorare che, per essere tale, la causa di incompatibilità deve investire il ruolo di ‘componente’ del ‘collegio perfetto’ costituito dalla commissione esaminatrice (cfr. Cons. Stato IV, 12 marzo 2007, n. 1218;
TAR Molise, Campobasso, 7 dicembre 2012, n. 745), in modo che, mediando le categorie proprie del diritto penale, il pericolo di lesione del bene protetto dall’ordinamento (ossia dell’imparzialità dell’azione amministrativa), in base ad una prognosi ex post, non rimanga meramente astratto o presunto iuris ed de iure, ma divenga concreto in rapporto al peculiare atteggiarsi della fattispecie.

Ciò posto, a dispetto degli assunti di parte ricorrente, e pena, altrimenti, una eccessiva e ingiustificata generalizzazione del sospetto di imparzialità (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 aprile 2012, n. 2104), alla infirmante situazione di incompatibilità del componente della commissione esaminatrice nell’esercizio delle sue funzioni non è da ritenersi assimilabile quella del supplente che – come il M – giammai abbia svolto attività in seno all’anzidetto organo collegiale, mai giovatosi, in quanto perfetto, né, quindi, potenzialmente ‘contaminato’ dal suo apporto partecipativo.

In questo caso, non può essersi reso ‘concreto’ il pericolo di compromissione della serenità di giudizio prevenuto dalla normativa richiamata, né può essere stata attinta la soglia di tutela dell’imparzialità garantita dalla stessa, con riferimento alle ipotesi in cui il commissario, avendo, ad es., partecipato alla formulazione delle tracce o dei criteri valutativi ovvero alla correzione degli elaborati, si sia trovato nella condizione idonea – sia pure non avveratasi realmente, grazie, ad es., all’assoluto rigore osservato dal commissario – a sviare le attività dell’organo collegiale esaminatore a vantaggio di uno o più candidati.

In altri termini, la circostanza di non aver mai espletato le funzioni di supplente ha precluso in radice la possibilità di inquinare l’operato della commissione esaminatrice, così lasciandone integra l’oggettiva legittimità.

12. Parte ricorrente deduce, altresì, che A M, nominata componente della commissione giudicatrice con d.d.g. dell’Ufficio scolastico regionale della Campania, prot. n. AOODRCA/RU/3, del 3 gennaio 2012, avrebbe svolto attività di docente del corso denominato “Master Mundis” (Master universitario nazionale per la dirigenza negli istituti scolastici) presso l’Università degli studi di Salerno: ciò, in asserita violazione dell’art. 35, comma 3, lett. a, del d.lgs. n. 165/2001 e del sotteso principio di imparzialità, considerato che ai suindicati corsi avrebbero partecipato candidati ammessi alle prove orali del concorso, rispetto ai quali il menzionato commissario si sarebbe, quindi, trovato in situazione di incompatibilità.

In argomento, giova chiarire che il citato Master Mundis è un master universitario di secondo livello (postlaurea), promosso da una rete nazionale composta da Fondazione CRUI, ANP ed atenei, con l’obiettivo di fornire conoscenze di base e specialistiche della funzione dirigenziale della scuola e di sviluppare competenze di leadership e gestione strategica dei contesti organizzativi ad elevata complessità;
non costituisce, cioè, uno specifico corso di preparazione al concorso per dirigenti scolastici.

Conseguentemente, per i relativi contenuti e caratteristiche didattico-organizzativi, nonché per la riconosciuta esclusione del rapporto docente-allievo (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 26 gennaio 2009, n. 354;
TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 6 febbraio 2013, n. 136, 137, 138, 139, 140, 141, 142, 143, 145) – segnatamente, ove instauratosi nell’ambito di corsi postlaurea o di collaborazioni scientifiche (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 8 maggio 2001, n. 2589;
29 luglio 2008, n. 3797, 29 luglio 2008, n. 3797;
17 marzo 2010, n. 1567;
18 luglio 2010, n. 5885;
sez. V, 16 agosto 2011, n. 4782) – esso si rivela insuscettibile di ingenerare il denunciato sospetto che i candidati partecipanti al medesimo siano stati valutati non già in base alle risultanze oggettive della procedura selettiva, bensì in virtù della conoscenza personale con il commissario docente, dovendo tale situazione ritenersi verificata solo se detta conoscenza si fosse tradotta in una comunanza di interessi economico-professionali o di vita ed avesse presentato, quindi, connotati di sistematicità, stabilità, continuatività e intensità (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 8 maggio 2001, n. 2589;
13 febbraio 2004, n. 563;
29 luglio 2008, n. 3797;
22 giugno 2011, n. 3755;
31 maggio 2012, n. 3276).

Ciò, anche in considerazione della natura tassativa delle cause di incompatibilità ex art. 51 cod. proc. civ., le quali, pur essendo estensibili alla materia concorsuale, proprio in virtù della loro prefata natura tassativa, sfuggono ad ogni tentativo di manipolazione analogica, stante l'esigenza di assicurare la certezza dell'azione amministrativa e la stabilità della composizione delle commissioni esaminatrici (cfr. TAR Liguria, Genova, sez. II, 29 maggio 2009, n. 1249;
TAR Sicilia, Catania, sez. III, 26 gennaio 2009, n. 177).

13. Inammissibile per genericità si rivela l’analoga censura formulata a carico della dott.ssa Antonietta Tartaglia - nominata componente della III sottocommissione con decreto d.d.g. dell’Ufficio Scolastico Regionale della Campania, prot. n. AOODRCA/RU/ n.13599 del 6 ottobre 2011 - per aver partecipato quale docente ad un corso di preparazione al concorso per dirigenti scolastici organizzato dall’Enadil Ente Nazionale per l’Addestramento e l’Istruzione dei lavoratori. Al riguardo il motivo non risulta sufficientemente circostanziato, non avendo parte ricorrente addotto elementi certi a comprova dell’effettiva partecipazione della dott.ssa Tartaglia al corso in questione, contestata in atti dall’amministrazione, e non avendo nemmeno qualificato in termini di cointeressenza economica - non riconducibile al mero rapporto docente-alunno - eventuali rapporti non individuati tra la componente della commissione e alcuno dei candidati ammessi agli orali.

14. Circa la scelta dei componenti della Commissione esaminatrice, il Collegio osserva che l’art. 35, comma 3, lettera ‘e’ del Testo Unico sul pubblico impiego dispone che le commissioni di concorso siano composte esclusivamente da “esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime….”.

Analoga disposizione è contenuta nell’art. 9, secondo comma, del D.P.R. 487/1994 secondo cui “Le commissioni esaminatrici di concorso sono composte da tecnici esperti nelle materie oggetto del concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime…..”.

Con specifico riferimento al reclutamento di dirigenti scolastici, l’art. 10 del D.P.R. 140/2008 – richiamato dall’art. 7 del bando di concorso – prevede che: “1. Le commissioni esaminatrici sono nominate con decreto dei competenti direttori generali degli uffici scolastici regionali.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi