TAR Napoli, sez. II, sentenza 2020-12-17, n. 202006227

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. II, sentenza 2020-12-17, n. 202006227
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202006227
Data del deposito : 17 dicembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/12/2020

N. 06227/2020 REG.PROV.COLL.

N. 05321/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5321 del 2015, proposto da
G P, P P, rappresentati e difesi dall'avvocato F C, con domicilio eletto presso lo studio Emanuele D'Alterio in Napoli, viale Gramsci n.19;

contro

Comune di Giugliano in Campania in persona del Sindaco pro tempore, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato R M, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Cesario Console n. 3;

per l'annullamento

dell'ordinanza di demolizione del Comune di Giugliano in Campania n.18 del 2015


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Giugliano in Campania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 15 dicembre 2020 la dott.ssa Antonella Lariccia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato in data 15.10.2015 i ricorrenti invocano l’annullamento degli atti in epigrafe lamentando:

-VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL D.P.R. 380/2001 - VIOLAZIONE ART. 3 E SEGG. DELLA L. 241/1990 - ECCESSO DI POTERE - ERRONEA VALUTAZIONE DEI PRESUPPOSTI IN FATTO E DIRITTO - CARENZA DI ISTRUTTORIA - DIFETTO DI MOTIVAZIONE – SVIAMENTO;

-VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE ARTT. 31, 36 e 37 DEL D.P.R. 06/06/2001 N. 380 -

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE LEGGE

241/1990 - ECCESSO DI POTERE - ERRONEITA' DEI PRESUPPOSTI IN FATTO E IN DIRITTO - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - DIFETTO DI ISTRUTTORIA;

- VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL'ART. 31 e segg. T.U. 06.06.2001 N. 380 - VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE ART. 7 L. N. 241 del 07.08.1990 - ECCESSO DI POTERE - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO

Espongono i ricorrenti di essere proprietari del terreno ubicato nel Comune di Giugliano in Campania alla via Orsa Maggiore I^ Trav., individuato nel locale catasto alla particella n. 2665 del foglio 77 e che, con la gravata ordinanza n. 18 del 05.05.2015, successivamente notificata, il Comune di Giugliano in Campania, richiamando il verbale di sequestro prot. 751/P.G. AMB./P.M. n. 191S12015 del 24.03.2015 redatto dal Comando Vigili Urbani di Giugliano (NA), ha ingiunto la demolizione di una serie di opere, realizzate in assenza di titolo sul terreno in questione, in relazione alle quali, in ogni caso, i ricorrenti sono in procinto di presentare istanza di accertamento di conformità ai sensi degli artt. 36 e 37 del DPR 380/2001.

Si è costituito in giudizio il Comune di Giugliano in Campania invocando il rigetto del ricorso e, all’udienza di smaltimento del 15.12.2020, celebrata ai sensi dell’art. 25 del d.l. 137/2020, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Ciò posto, osserva il Collegio che il ricorso è infondato e va respinto.

Ed invero, a parere del Tribunale sono in primo luogo destituite di fondamento le doglianze spiegate nell’ultimo motivo di ricorso, con cui il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 7 L. 241/90, non risultando il provvedimento per cui è controversia preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento;
al riguardo osserva il Collegio che tale motivo si palesa infondato alla luce del carattere doveroso del provvedimento impugnato, che esclude, quindi, che possano assumere rilevanza le denunciate violazioni procedimentali, alla luce del chiaro disposto dell’art. 21-octies secondo comma della Legge n° 241/1990 e s.m.i.

Parimenti infondate si palesano le doglianze espresse da parte ricorrente inerenti l’asserita violazione dell’art. 3 della Legge n° 241/1990, in quanto l’ordinanza impugnata non conterrebbe un’adeguata istruttoria e motivazione in ordine al carattere abusivo dell’intervento edilizio realizzato sull’immobile per cui è controversia.

A tale ultimo riguardo, il Tribunale si limita a richiamare la prevalente e condivisibile giurisprudenza amministrativa che afferma che « il provvedimento di repressione degli abusi edilizi (ordine di demolizione e ogni altro provvedimento sanzionatorio) costituisce atto dovuto della p.a., riconducibile ad esercizio di potere vincolato, in mera dipendenza dall’accertamento dell’abuso e della riconducibilità del medesimo ad una delle fattispecie di illecito previste dalla legge;
ciò comporta che il provvedimento sanzionatorio non richiede una particolare motivazione, essendo sufficiente la mera descrizione e rappresentazione del carattere illecito dell’opera realizzata, né è necessaria una previa comparazione dell’interesse pubblico alla repressione dell’abuso, che è in re ipsa, con l’interesse del privato proprietario del manufatto;
e ciò anche se l’intervento repressivo avvenga a distanza di tempo dalla commissione dell’abuso, ove il medesimo non sia stato oggetto di sanatoria in base agli interventi legislativi succedutisi nel tempo»
(cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 20 luglio 2011, n. 4254;
Consiglio di Stato, sez. V, sent. 7 settembre 2009, n. 5229;
Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 14 maggio 2007, n. 2441;
Consiglio di Stato, sez. V, sent. 29 maggio 2006, n. 3270).

Peraltro, la stessa Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha di recente espressamente sancito che: “Il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata che impongano la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino ” (sentenza 17 ottobre 2017 n. 9).

O, considerato che, nella fattispecie che occupa, il provvedimento impugnato contiene l’indicazione delle opere da abbattere, e ritenute abusive perché realizzate in assenza del necessario titolo edilizio, anche tali doglianze appaiono infondate, alla luce del carattere doveroso del provvedimento repressivo per cui è controversia.

Del resto, è stato condivisibilmente osservato che “ nello schema giuridico delineato dall’art. 31 del D.P.R. 380/2001, non vi è spazio per apprezzamenti discrezionali, atteso che l’esercizio del potere repressivo di un abuso edilizio consistente nell’esecuzione di un’opera in assenza del titolo abilitativo (ovvero in difformità totale da esso) costituisce atto dovuto, per il quale è "in re ipsa" l’interesse pubblico alla sua rimozione (cfr. T.A.R. Campania, Sez. IV, 24 settembre 2002, n. 5556;
4 luglio 2001, n. 3071;
Consiglio Stato, sez. IV, 27 aprile 2004, n. 2529)”
(cfr. T.A.R. Campania Napoli, Sez II, n. 1170/2009 cit.) .

Infine, il Tribunale evidenzia come la preannunziata presentazione della domanda di sanatoria non renda affatto improcedibile lo spiegato ricorso per la sopravvenuta inefficacia dell’ordinanza di demolizione, come invece sostenuto da parte ricorrente nello spiegato gravame.

A tale ultimo riguardo, codesto Collegio si limita ad evidenziare da un lato, che la presentazione della domanda di sanatoria viene solo prospettata nel ricorso, e che dall’altro lato secondo il condivisibile orientamento giurisprudenziale, da ultimo ribadito dal Consiglio di Stato, l’inefficacia dell’ordinanza di demolizione quale conseguenza della presentazione di istanza di sanatoria è riconducibile “ solo alle prime domande di condono edilizio, presentate a norma della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (per il nuovo quadro sanzionatorio introdotto da tale legge e da applicare in caso di diniego del titolo abilitativo) ,” mentre invece si ritiene che le istanze di sanatoria ordinaria, proponibili in base all’art. 36 D.P.R. 380/01, “ implichino soltanto la priorità logico-giuridica del relativo esame, rispetto all’esecutorietà del provvedimento repressivo, con conseguente arresto di efficacia dell’ordine di demolizione, fino a pronuncia espressa o tacita dell’Amministrazione (cfr. Cons. Stato, IV, 19 febbraio 2008, n. 849 e VI, 5 aprile 2013, n. 5706) ” (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 175/15).

Conclusivamente, per le ragioni sopra sinteticamente esposte, lo spiegato ricorso è infondato nel merito e va pertanto respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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