TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2018-10-31, n. 201806372

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2018-10-31, n. 201806372
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201806372
Data del deposito : 31 ottobre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/10/2018

N. 06372/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01977/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1977 del 2018, proposto da
G D C, rappresentato e difeso dall'avvocato S M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Santa Maria La Carità non costituito in giudizio;

nei confronti

D E non costituito in giudizio;

per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

1) dell’atto di diniego al permesso di costruire in variante per la costruzione di un complesso sportivo alla via Pontone, in variante al permesso al permesso di costruire n° 43/2013, formalizzato con la determina n° 2285, datata 13 febbraio 2018, notificata in data 16 febbraio 2018, con modalità telematiche, presso il recapito PEC del sottoscritto Difensore, a firma dell'Arch. Pasquale Aprea, Dirigente del IV° Settore del medesimo Ente Locale;

2) di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale comunque lesivo per il ricorrente, ancorché da esso non conosciuto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2018 la dott.ssa C C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - Il sig. G D C, in qualità di proprietario di un fondo censito al catasto al fg. 7, p.lle nn. 1192, 1198, 1194 del Comune di Sanata Maria La Carità, ha impugnato l’atto di diniego di variante al permesso di costruire n. 43/2013 per la costruzione di un complesso sportivo, in località Pontone.

Ha premesso che il fondo ricade in zona tipizzata dal P.R.G. vigente Verde e Sport “F3”, a cui si applicano le previsioni dell’art. 14 delle N.T.A.

Ha esposto di aver ottenuto il permesso di costruire n. 43/2013 per la realizzazione di un complesso piscina, con edificio di servizio di circa mt.

2.154 e di aver stipulato, come atto propedeutico al rilascio del titolo edilizio, ai sensi dell’art. 14 delle N.T.A., una convenzione con il Comune assumendo una serie di obblighi riferiti alla gestione dell’impianto sportivo, volti anche al perseguimento del pubblico interesse sotteso alla realizzazione dell’impianto.

Ha evidenziato la necessità della variante, essendo emerso nel procedimento per l’accreditamento alla Federazione italiana nuoto, il sottodimensionamento delle superfici minime necessarie alle dotazioni di attrezzature igienico sanitarie (spogliatoi e locali tecnici) rispetto alla normativa CONI, approvata con Delibera di Giunta n. 149 del 6.5.2008.

Ha riferito di aver presentato, pertanto, in data 24 aprile 2017, istanza di permesso di costruire in variante.

Ha sostenuto che, in data 4 ottobre 2017, si sarebbe formato il silenzio assenso, all’esito dell’istruttoria procedimentale comprensiva di preavviso di diniego e osservazioni trasmesse in riscontro.

Ha impugnato il provvedimento contenente il rigetto espresso della richiesta variante, con il quale il Comune ha escluso la formazione del provvedimento tacito di assenso, in quanto le modifiche all’intervento assentito comporterebbero il superamento dell’indice volumetrico indicato dall’art 14 delle N.T.A. del PRG.

2. - Avverso il suddetto provvedimento di diniego ha dedotto:

2.1. - l’eccezione di incompetenza relativa per essere stato il provvedimento sottoscritto dal dirigente del IV Settore, essendo l’edilizia privata con decreto 40/2018, dall’ 1.1.2018 riservata al V settore e non al IV a cui sarebbero riservate le grandi opere e la pianificazione urbanistica;

2.2. - la violazione dell’art. 20 del d.p.r. 380/2001 e dell’art. 21 nonies della l. 241/1990, essendo stato il provvedimento adottato dopo 4 mesi dalla formazione del silenzio assenso, momento in cui il Comune avrebbe potuto intervenire solo con provvedimento di revoca in autotutela;

2.3. – la violazione dell’art. 10 bis l. 241/1990 per non avere l’ente locale tenuto conto delle osservazioni inviate in riscontro al preavviso di rigetto, fornendo esplicito riscontro alle medesime;
dell’art 14 N.T.A., con particolare riferimento all’ultimo comma, in cui ammette “ i parametri di edificabilità volumetrici occorrenti per conseguire la conformità delle opere da realizzare eventualmente indoor, alle relative norme di settore, nel rispetto del PUT” . Il ricorrente contesta l’interpretazione della norma fornita dal Comune che la limiterebbe alla sola possibilità di realizzare coperture.

Ha evidenziato in proposito che intende realizzare un piscina e spazi accessori che debbono necessariamente essere coperti e creare assetto dimensionale aggiuntivo rispetto a quello originariamente assentito.

Ha lamentato anche il difetto di istruttoria e violazione dell’art. 20, comma 3. T.U.E. per non avere chiesto il Comune documentazione integrativa sul progetto.

3. - Il Comune di Santa Maria La Carità non si è costituito in giudizio.

4. - Alla pubblica udienza del 24 ottobre 2018, sentita la parte, la causa è stata trattenuta in decisione.

5. - Deve preliminarmente essere superata l’eccezione di incompetenza relativa del Dirigente che ha sottoscritto il diniego gravato.

Il dedotto vizio, infatti, si rivela insussistente, in quanto il provvedimento in questione è stato adottato dal Dirigente del 4° Settore – Edilizia Convenzionata. E’ il medesimo ricorrente che ammette di aver assunto impegni con il Comune attraverso la sottoscrizione di una convenzione, propedeutica al rilascio del permesso di costruire oggetto poi di richiesta di variante, a cui è seguito il diniego impugnato. Copia della convenzione rep. 8/2013 è stata depositata (allegato n. 15 del ricorso introduttivo). Ne consegue che gli atti relativi all’intervento edilizio, oggetto anche di convenzione, appaiono correttamente adottati dal Responsabile del Settore di Edilizia convenzionata.

6. - Infondata è anche la pretesa del ricorrente circa la formazione silenzio assenso sulla richiesta di variante al titolo edilizio.

Secondo la prospettazione di parte ricorrente ai sensi dell’art. 20, comma 8, del d.P.R. n. 380 del 2001, si sarebbe formato il titolo edilizio tacito a seguito dell’inerzia serbata dal Comune sull’istanza da lui presentata in data 24.4.2017, oltre i 90 giorni previsti dall’ordinamento;
con la conseguenza che il diniego impugnato sarebbe illegittimo perché la P.A. sarebbe potuta intervenire soltanto esercitando i diversi poteri di autotutela ad essa spettanti su un provvedimento ormai esistente.

Tuttavia, risulta dagli atti che l’istanza è stata presentata in data 24.4.2017, il preavviso di rigetto è stato comunicato in data 21.6.2017, nel quale oltre alla volumetria si fa riferimento ad elementi di cui sarebbe priva la proposta progettuale. Nel riscontrare il suddetto atto, mediante l’invio di osservazioni in data 4.7.2017, il sig. D C, nel contestare le pretese dell’amministrazione, non risulta che abbia presentato la documentazione richiesta, limitandosi ad auspicare l’apertura di un confronto con l’amministrazione.

Il medesimo ricorrente, nel rivendicare, il mancato avvio di confronto con l’amministrazione fa espresso riferimento a documentazione integrativa rispetto al progetto e all’istanza di variante presentata.

La giurisprudenza (cfr. T.A.R. Campania-N n. 1100 del 29.2.2016) ha chiarito che la formazione del silenzio assenso previsto dall’art. 20 D.P.R. 380/2001 si ha solo laddove l’Amministrazione sia stata messa in grado dall’interessato di conoscere nella sua completezza tutti gli elementi necessari al fine di valutare l’assentibilità dell’intervento richiesto, in particolare mediante produzione di tutta la documentazione all’uopo occorrente.

E’ stato, altresì, precisato, che “secondo noti principi, la formazione del silenzio-assenso sulla domanda di permesso di costruire postula, non soltanto l’avvenuta presentazione dell’istanza e il decorso del termine di conclusione del procedimento normativamente previsto, ma pure che l'istanza sia assistita da tutti i presupposti previsti per il suo accoglimento, e, in particolare, che essa sia conforme agli strumenti urbanistici vigenti (da ultimo, TAR Piemonte, II, 3 gennaio 2018, n. 12).

Da tale principio consegue che l’operatività dell’istituto del silenzio-assenso nella materia edilizia deve ritenersi confinata all’ipotesi in cui la richiesta del privato abbia ad oggetto il rilascio di un permesso di costruire “ordinario”, in relazione al quale l’amministrazione si limita a verificare la conformità del progetto edilizio alla normativa di settore e alla strumentazione urbanistica vigente, attraverso un’attività sostanzialmente vincolata nei propri contenuti, avendo l’amministrazione già esaurito la propria discrezionalità in sede pianificatoria, all’atto di redigere lo strumento urbanistico”. (TA.R. Torino sez. II, sent. 270 del 28.2.2018).

Nel caso in esame, alla luce di quanto esposto, la formazione del silenzio assenso deve essere esclusa, sia perché i motivi ostativi sono stati comunicati entro i 60 gg con evidenziazione dei documenti mancanti che non risultano depositati, sia perché l’intervento non appare conforme alla disciplina di zona.

7. – Con riferimento alla dedotta violazione dell’art. 14 N.T.A., infatti, occorre rilevare che tale norma fissa indice fondiario massimo 0.20 mc/mq e conclude: “ sono ammessi aggiuntivamente i parametri di edificabilità volumetrici occorrenti per conseguire la conformità delle opere da realizzare eventualmente indoor, alle relative norma di settore”.

Richiamando proprio tale ultima disposizione, il Comune nel diniego ha evidenziato che, a fronte di un volume consentito di 0,2 mc/mq in base al terreno disponibile pari a mc 359,20, è stato progettato in variante un volume di 1,11 mc/mq pari a mc 2.035,64.

Il Comune ha, per questo, ritenuto il progetto in contrasto con la norma urbanistica.

7.1. - Il Collegio ritiene legittima la valutazione effettuata dall’ente locale, atteso l’eccessivo scostamento della volumetria nel progetto in variante rispetto al consentito.

Le rilevanti dimensioni dello scostamento emergono ictu oculi dall’esame della tavola relativa al raffronto tra il progetto originario e quello in variante (all. 5 della produzione documentale depositata unitamente al ricorso).

La previsione dell’ammissibilità di parametri volumetrici di edificabilità aggiuntivi per conseguire la conformità delle opere da realizzare alle relative norme di settore, di cui all’ultimo comma dell’art. 14 delle N.T.A., su cui si fonda essenzialmente la pretesa del ricorrente, non può ritenersi idonea a legittimare qualunque volumetria in eccedenza, senza limiti. Trattasi di previsione derogatoria e, come tale, di stretta interpretazione rispetto all’ordinario regime di zonizzazione. A ciò si aggiunge l’ulteriore dirimente considerazione per cui le esigenze di conformità alle norme di settore debbono comunque essere valutate in conformità alla disciplina urbanistica vigente. Un’interpretazione dell’art. 14, ultima parte, delle N.T.A. come volta a consentire qualunque volumetria aggiuntiva deve ritenersi senz’altro sproporzionata e contraria alle prioritarie esigenze di ordinato assetto del territorio.

Tanto induce il Collegio a ritenere esente da vizi il provvedimento gravato.

L’esigenza di tutela del territorio non può mai ritenersi recessiva, dovendosi semmai procedere ad un complessivo ripensamento del progetto precedentemente assentito, in modo da conciliare, in applicazione dei criteri di proporzionalità e ragionevolezza, le esigenze di rispetto della normativa in materia edilizio -urbanistica, con quelle specifiche del settore sportivo.

8. – Da tutto quanto esposto deriva l’infondatezza del ricorso, potendosi prescindere dall’esame delle ulteriori questioni trattate dal ricorrente, in quanto ritenute comunque non idonee a fondare un diverso esito del giudizio.

Il provvedimento gravato si configura, infatti, come atto plurimotivato.

Secondo consolidata giurisprudenza ( ex pluribus, Cons. Stato, VI, 17 luglio 2008, n. 3609;
V, 6 giugno 2011, n. 3382;
V, 21 ottobre 2011, n. 5683;
IV, 6 luglio 2012, n. 3970), quando un provvedimento amministrativo negativo è fondato su una pluralità di motivi, tra loro autonomi, proprio come nel caso in esame, è sufficiente che resti dimostrata, all’esito del giudizio, la fondatezza di uno solo di questi perché ne derivi la consolidazione dell’atto, stante l’impossibilità di disporne l’annullamento giurisdizionale (T.A.R. Bari sez. III, sent. n. 410 del 26.4.2017).

A fronte di un atto c.d. " plurimotivato", l'eventuale fondatezza di una delle argomentazioni addotte, infatti, non potrebbe in ogni caso condurre all'annullamento del provvedimento impugnato, in quanto esso rimarrebbe sorretto dal primo versante motivazionale risultato immune ai vizi lamentati (T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, sent. n. 63 del 17 gennaio 2011).

9. – In definitiva, il ricorso deve essere respinto.

10. - La mancata costituzione in giudizio del Comune intimato impedisce una pronuncia sulle spese basata sul criterio della soccombenza.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi