TAR Bari, sez. III, sentenza 2017-04-26, n. 201700410

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. III, sentenza 2017-04-26, n. 201700410
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201700410
Data del deposito : 26 aprile 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/04/2017

N. 00410/2017 REG.PROV.COLL.

N. 01534/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1534 del 2015, proposto da:
A B titolare impresa individuale Edil Marmi, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato G R N, con domicilio eletto presso lo studio Gennaro Notarnicola in Bi, via Piccinni, n. 150;

contro

Comune di Castellana Grotte, in persona del Sindaco legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato N D M, con domicilio eletto presso il suo studio in Bi, via Abate Gimma, n. 189;

Regione Puglia - Osservatorio Abusivismo Edilizio, U.T.G. - Prefettura di Bi non costituiti in giudizio;

per l'annullamento,

previa sospensiva dell’efficacia,

- della nota del Responsabile V Settore del Comune di Castellana Grotte, prot. n. 13533 del 29.9.2015, notificata il 30.9.2015, recante diniego di permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 D.P.R. n. 380/2001, in relazione all’istanza prot. 16470 del 16.9.2011 avente ad oggetto lavori di ampliamento dell’attività artigianale esistente a piano terra e seminterrato presso l’immobile sito in Castellana Grotte alla S. C. Nitti/Contrada Scardamella, distinto in Catasto al fg. 14 p.lla 657;

- della nota a firma del Responsabile V Settore prot. n. 16101 del 17.11.2015, recante comunicazione ai sensi dell’art. 41, comma 3, D. P. R. 308/2001, nonché di tutti gli atti ai predetti presupposti, connessi e/o conseguenti ancorché non conosciuti, ed in particolare della nota prot. n. 17874 del 22.10.2014 recante preavviso di diniego ex art. l0- bis , L. n. 241/1990;

- dell’ordinanza di demolizione n. 28 del 29.6.2011;

- del verbale di accertamento di inadempienza spontanea all’ordine di demolizione, redatto a seguito di sopralluogo in data 28.4.2015;

- della delibera di G.C. n. 43 dell’8.5.2015 e della determina dirigenziale del Responsabile V Settore n. 59 del 22.5.2015.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Castellana Grotte;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 marzo 2017 la dott.ssa C C;

Uditi per le parti i difensori come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. - Il sig. A B è proprietario di un suolo, sito in agro del Comune di Castellana Grotte, distinto in catasto al fg. 14, p.11a 657, e del fabbricato, su esso ubicato, composto da piano seminterrato e piano terra, destinati all'esercizio di attività artigianale di lavorazione di materiali lapidei, e da un primo piano in cui egli riferisce di abitare.

2. - Con ricorso, notificato il 25.11.2015 e depositato il successivo 3.12.2015, ha impugnato il diniego di permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 d.p.r. 380/2001, avente ad oggetto l’ampliamento dell’attività artigianale esistente a piano terra e al seminterrato;
l’ordinanza di demolizione n. 28 del 29.6.2011, oltre alla nota prot. n. 16101 del 17.11.2015, con cui il Dirigente dell'U.T.C. ha richiesto l'attivazione della procedura prevista dall'art. 41 comma 3 del T.U. Edilizia, per l’esecuzione coattiva dell'ordinanza n. 28 del 28.6.2011.

3. - Costituiscono motivi di ricorso:

3.1. - Violazione degli artt. 3 e 6 co. 1, lett. a) e b), 1. n. 241/1990 anche in relazione all'art. 34- bis NTA PRG e dell'art. 10- bis , 1. n. 241/1990. Violazione del principio del giusto procedimento. Difetto assoluto di motivazione. Eccesso di potere per erronea presupposizione, omessa e/o insufficiente istruttoria, ingiustizia manifesta.

Il ricorrente contesta la motivazione del diniego di sanatoria fondata sul richiamo dell’art. 34 – bis, lett. a) e d) delle N.T.A. del PRG. Sostiene che non siano state specificate le ragioni che hanno condotto l'amministrazione a ritenere l'intervento proposto a sanatoria non conforme alla disciplina richiamata. Lamenta, in particolare, il difetto di istruttoria circa la reale consistenza dell’abuso, in considerazione dell'evidenziata notevole differenza tra la superficie accertata come abusiva con l'ordinanza di demolizione e la rappresentazione grafica fornita a corredo della domanda di sanatoria.

Contesta, altresì, la genericità del riferimento all’inosservanza della distanza dai confini e alla violazione dell’art. 34 – bis lett. a), richiamata nel provvedimento definitivo, ma non nel preavviso di rigetto, da cui sarebbe derivato un vulnus per le garanzie partecipative.

3.2. - Violazione ed erronea applicazione dell'art. 34-bis. lett. a) e d) delle NTA del PRG, in relazione all'art. 36 D.P.R. n. 380/2001. Violazione del principio del giusto procedimento. Difetto assoluto di motivazione. Eccesso di potere per erronea presupposizione, omessa e/o insufficiente istruttoria, ingiustizia manifesta.

Il ricorrente sostiene l’insussistenza nel merito dell’asserita violazione dei parametri prescritti dalle lett. a) e d) del menzionato art. 34 – bis delle N.T.A.

Richiama la tav. 4 del progetto nella quale sarebbe riportata, oltre alla rappresentazione grafica delle superfici oggetto di sanatoria, la verifica dei dati in relazione al parametro contenuto nella lett. a), e dalla quale si desumerebbe che la superficie complessiva (relativa cioè al seminterrato e al piano terra) realizzata in ampliamento è pari a mq. 103,50, che rispetto alla superficie coperta pari a mq 337,00, sarebbe conforme al limite del 50 % previsto dalla lett. a) della suddetta norma, oltre a quello del 70% della superficie dell’intero lotto, che nel caso in esame è pari a mq. 1.500,00.

Quanto alla presunta violazione della lett. d) ai sensi della quale “" qualora la nuova costruzione non sorgesse sul confine già edificato ne deve essere distanziata di almeno m. 5,00 ", afferma che la costruzione esistente occupa già i confini e per questo ritiene che anche l’ampliamento potesse essere realizzato sul confine.

Censura il diniego di sanatoria, in via subordinata, ritenendo che esso abbia erroneamente indicato le opere abusive, come descritte nell’ordinanza di demolizione n. 28/2011 per una superficie complessiva di circa mq. 230,00.

Lamenta, più specificamente, l’omessa considerazione che il vano sub lett. E, di superficie pari a mq. 102,35 sia stato sanato con il condono. Analogo errore sarebbe stato commesso dal Comune con riferimento al vano piano terra, della superficie di circa mq. 40.

3.3. - Con riferimento alla nota del Dirigente V Settore prot. n. 16101 del 17.11.2015, il ricorrente deduce la violazione ed erronea applicazione dell'art. 41, anche in relazione agli artt. 36 e 31, D.P.R. n. 380/2001. Violazione del principio del giusto procedimento. Eccesso di potere per erronea presupposizione, omessa e/o insufficiente istruttoria, ingiustizia manifesta. Illegittimità diretta e derivata.

Contesta al Dirigente dell'U.T.C. di aver dato corso alla procedura di demolizione d'ufficio delle opere in questione in difetto di nuovo provvedimento sanzionatorio, in conseguenza del diniego ex art. 36, D.P.R. n. 380/2001. In ogni caso sostiene che la procedura coattiva di esecuzione d'ufficio è stata attivata prima del decorso dei 90 giorni di cui all'art. 31, co. 3, T.U. Edilizia, termine che si sarebbe semmai dovuto far decorrere dalla notifica del diniego di sanatoria, avvenuta il 30.9.2015.

3.4. - Con riferimento all'ordinanza di demolizione n. 28 del 28.6.2011, il ricorrente deduce la violazione ed erronea applicazione dell'art. 31 D.P.R. n. 380/2001 e del principio del giusto procedimento. Difetto assoluto di motivazione. Eccesso di potere per erronea presupposizione. Omessa e/o insufficiente istruttoria, ingiustizia manifesta.

Contesta che, all'esito negativo del procedimento di accertamento di conformità, l'efficacia dell'ordinanza n. 28/2011 si sia riespansa e che non fosse necessaria l'adozione di un nuovo provvedimento sanzionatorio. Ritiene che esso sia inficiato, in via derivata, dai vizi già dedotti a carico del provvedimento di diniego di sanatoria.

Ribadisce che la procedura coattiva di esecuzione d'ufficio è stata attivata prima del decorso del termine di 90 giorni di cui all'art. 31, co. 3, T.U. Edilizia.

3.5. – Censura, infine, gli ulteriori provvedimenti gravati in quanto viziati per illegittimità derivata.

4. – Il Comune di Castellana Grotte si è costituito in giudizio il 16.12.2015 per resistere al ricorso. L’ente locale ha, innanzitutto, eccepito la tardività dell’impugnativa avverso l’ordinanza di demolizione n. 28 del 28.06.2015, oltre all’inammissibilità del gravame avverso il diniego di sanatoria per non essere rivolto avverso tutte le argomentazioni addotte dal provvedimento. Ha ribadito la legittimità dell’operato dell’amministrazione con riferimento alla questione della distanza dell’immobile dal confine, negando che agli atti del Comune risulti un valido titolo relativo all’acquisto di una fascia di terreno sul confine di proprietà. Ha specificato che sull’area in questione esiste una zona inedificata e che, pertanto, la distanza dei 5 mt. deve essere rispettata da entrambi i confinanti. Ha replicato agli ulteriori motivi di ricorso. Ha riferito che il ricorrente ha presentato anche un’istanza integrativa per tentare di superare gli ostacoli che hanno impedito l’accoglimento della domanda di sanatoria, a riprova della consapevolezza di tali ostacoli, a cui, peraltro, non ha fatto cenno nel ricorso e che le attività successive svolte dalla p.a. sarebbero tutte vincolate, tanto da resistere alle censure avanzate.

5. - Con ordinanza n. 66 del 28.1.2016 è stata accolta l’istanza cautelare di sospensione delle misure sanzionatorie conseguenti al diniego di sanatoria.

6. – Le parti hanno successivamente prodotto documenti, ivi compreso l’atto di compravendita registrato il 20.04.2016 del terreno identificato al catasto al fg. 14, p.lla 1582 (parte ex 339) e l’aggiornamento della planimetria catastale. Il Comune, con memoria del 24.02.2017, ha ribadito che, quando gli interventi oggetto di sanatoria sono stati realizzati, è stata violata la distanza dei 5 mt e che il successivo atto di compravendita prodotto in giudizio depone a conferma della legittimità del diniego di sanatoria.

Il ricorrente ha replicato con atto depositato l’8.03.2017, sia all’eccezione di tardività del gravame avverso l’ordinanza di demolizione, che a quella di inammissibilità per asserita mancata impugnazione di alcune delle motivazioni addotte a sostegno del diniego di sanatoria, che a quella di infondatezza nel merito.

7. – All’udienza pubblica del 29.03.2017, sentita la difesa delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

8. –Deve essere preliminarmente scrutinata l’eccezione di tardività del gravame avverso l’ordinanza di demolizione sollevata dal Comune di Castellana Grotte.

L’eccezione è infondata.

Per giurisprudenza consolidata, in caso di rigetto dell’istanza di sanatoria, il provvedimento sanzionatorio a suo tempo adottato riacquista la sua efficacia, che non era definitivamente cessata, ma solo sospesa in attesa della conclusione del nuovo iter procedimentale (cfr. TAR Abruzzo, L’Aquila, n.396/2015).

Questa Sezione ha più volte stabilito che “ la presentazione dell’istanza di accertamento produce il duplice effetto di sospendere l’efficacia dell’ordinanza di demolizione (Consiglio di Stato, sez. IV, 15/6/2012, n. 3534) ) e di avviare il procedimento che si concluderà inevitabilmente con un nuovo provvedimento ” e che “ Il provvedimento di rigetto, espresso o tacito, determinerà certamente la riespansione dell’efficacia dell’ordinanza di demolizione, ma non per questo potrà ritenersi sussistente l’interesse al ricorso finché non sarà impugnato detto provvedimento negativo il quale, seppure sopravvenuto, costituisce, evidentemente, il presupposto lesivo dell’ordinanza di demolizione” (T.A.R. Bi, sez. III, sent. 323 del 10.03.2016) e ancora che “ l’interesse del ricorrente, venuto meno in corso di causa per effetto della sospensione dell’efficacia dell’ordinanza di demolizione conseguente alla presentazione dell’istanza ex art. 36 d.P.R. n. 380/01, tornerà concreto e attuale nei confronti del provvedimento di rigetto che avrà concluso il relativo procedimento (Tar Bi sez. III 19 marzo 2014 n. 363)” (T.A.R. Bi, sez. III, sent. n. 742 del 17.06.2014).

Ne consegue che, nel caso in esame, il dies a quo per l’impugnativa dell’ordinanza di demolizione decorre dalla data di notifica del provvedimento espresso recante il diniego di permesso di costruire in sanatoria (30.09.2015).

La riespansione dell’efficacia dell’ordinanza di demolizione concorre, al contempo, al superamento delle doglianze del ricorrente (v. motivi nn. 3 e 4) circa la violazione dell’art. 31 comma 3 D.P.R. 380/2001 e avverso l’ordinanza di demolizione, sui quali si avrà modo di soffermarsi nel prosieguo.

9. – Il Collegio ritiene di poter prescindere dall’esame dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione di una delle motivazioni del diniego, più specificamente, quella riferita al cambio di destinazione d’uso di parte dei locali posti a piano terra, in quanto il ricorso è infondato nel merito e deve, pertanto, essere respinto.

9.1. – Il diniego definitivo di sanatoria si fonda, infatti, su di una pluralità di motivazioni, tra le quali, il mancato rispetto delle condizioni di cui alle lettere a) e d) dell'art. 34- bis delle NTA al PRG vigente.

Tale norma prevede, in particolare:

- alla lett. a), che " l'ampliamento è consentito limitatamente ad un'area pari al 50% dell 'attuale superficie coperta e comunque non oltre il 70% della superficie dell'intero lotto ";

- alla lett. d), che " qualora la nuova costruzione non sorgesse sul confine già edificato ne deve essere distanziata di almeno m. 5,00".

9.2. - Dirimente è la questione relativa alla distanza dal confine, di cui alla lett. d).

Dalle planimetrie versate in atti emerge che l’intervento oggetto di contestazione è stato edificato su due lati posti sulla linea di confine, occupando parti di essa prima non edificate.

Parte ricorrente sostiene che il fatto che parte dell’edificio esistente sul confine fosse stato oggetto di precedente condono, gli consentirebbe di proseguire nell’edificazione. Il Comune avversa tale tesi, richiamando la formulazione letterale della lett. d) dell’art. 34 bis N.T.A. suindicato, per affermare che rispetto al confine non edificato occorre che la nuova costruzione sia distanziata almeno di 5 mt.

9.3. - La questione del rispetto delle distanze nel caso di nuova edificazione, più specificamente, di quella in ampliamento di edificio preesistente, è oggetto di consolidati principi più volte ribaditi dalla Cassazione, secondo cui “ se i regolamenti edilizi stabiliscono espressamente la necessità di rispettare determinate distanze dal confine, vietando la costruzione sullo stesso, non può trovare applicazione il principio della prevenzione ” (Cass. Sez. II, sent. n. 11899 del 07-08-2002).

Nel caso di ampliamento di un fabbricato, inoltre, si è in più occasioni ribadito che le distanze dai confini e fabbricati sono inderogabili secondo il D.M. n. 1444/68, e le N.T.A. comunali possono stabilire soltanto delle distanze più "restrittive".

Ne consegue che qualora le NTA comunali non consentano di edificare "a confine" o ne circoscrivano la possibilità occorre rispettare inderogabilmente la distanza minima prevista.

9.4. - Dai principi richiamati emerge che la tesi del ricorrente non possa trovare favorevole apprezzamento.

La previsione dell’art. 34 – bis lett. d) delle N.T.A. non lascia margini di dubbio circa la sua portata e la sua riferibilità alle ipotesi di nuova costruzione sulla linea di confine anche per la parte di edificio realizzata in ampliamento di quella preesistente.

Nel corso dell’istruttoria relativa all’istanza di sanatoria, il Comune ha reso tempestivamente edotto il ricorrente della questione relativa all’inosservanza della distanza dei confini, attraverso la comunicazione di preavviso di rigetto di cui alla nota prot. 17874 del 22.10.2014, e il sig. A B ha tentato di superarla, come riferito dalla civica amministrazione, proprio in quanto elemento ostativo alla favorevole conclusione del procedimento, comunicando l’acquisto di una fascia di terreno, posta dopo la linea di confine, di larghezza superiore ai 5 mt.

Tale atto, tuttavia, come riferito espressamente nel gravato provvedimento non è stato prodotto nei termini, pur dilazionati, entro cui il procedimento relativo alla sanatoria si è concluso (29.9.2015).

Né l’atto di compravendita depositato dal ricorrente in data 16.02.2017 risulta idoneo ad inficiare il diniego opposto dall’ente locale.

Il trasferimento di proprietà della porzione del terreno in questione, infatti, è stato perfezionato con atto del 18.04.2016, in data successiva, dunque, alla conclusione del procedimento relativo alla sanatoria.

Ne consegue che, tale elemento, in quanto sopravvenuto non può incidere sul provvedimento gravato, inficiandone la legittimità.

Sono, pertanto, destituite di fondamento le censure di difetto di motivazione, in quanto il diniego di sanatoria si fonda proprio sulla mancanza di un “ titolo valido relativo all’acquisto di una fascia di terreno sul confine di proprietà riferito dal sig. Bletta, con nota del 7 agosto 2015 prot. 11606 ”.

Trattandosi di atto plurimotivato, il superamento delle doglianze aventi ad oggetto la violazione delle distanze di cui all’art. 34 bis lett.d) N.T.A. determina l’infondatezza del ricorso avverso tale provvedimento.

Secondo la consolidata giurisprudenza ( ex pluribus , Cons. Stato, VI, 17 luglio 2008, n. 3609;
V, 6 giugno 2011, n. 3382;
V, 21 ottobre 2011, n. 5683;
IV, 6 luglio 2012, n. 3970), quando un provvedimento amministrativo negativo è fondato su una pluralità di motivi, tra loro autonomi, proprio come nel caso in esame, è sufficiente che resti dimostrata, all’esito del giudizio, la fondatezza di uno solo di questi perché ne derivi la consolidazione dell’atto, stante l’impossibilità di disporne l’annullamento giurisdizionale.

A fronte di un atto c.d. "plurimotivato", l'eventuale fondatezza di una delle argomentazioni addotte, infatti, non potrebbe in ogni caso condurre all'annullamento del provvedimento impugnato, in quanto esso rimarrebbe sorretto dal primo versante motivazionale risultato immune ai vizi lamentati (T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, sent. n. 63 del 17 gennaio 2011).

10. – Il Collegio, per completezza, aggiunge che sono comunque destituite di fondamento anche le doglianze avverso la presunta violazione dell’art. 34- bis NTA, lett. a) e il superamento del limite coperto consentito in ampliamento. In proposito è sufficiente osservare che non può trovare accoglimento la tesi sostenuta dal ricorrente che, in replica, all’eccezione della civica amministrazione riferita all’ampliamento dei seminterrati, elevati in altezza, nega che si debba computare la sopraelevazione.

Secondo principi giurisprudenziali consolidati e condivisi dal Collegio, infatti, per sopraelevazione si intende qualsiasi costruzione che si elevi al di sopra di un preesistente fabbricato. La sopraelevazione comporta sempre un aumento della volumetria e va, pertanto, considerata a tutti gli effetti (anche ai fini delle distanze) come “nuova costruzione”.

Nel caso di sopraelevazione di un fabbricato preesistente, deve essere rispettata la distanza prescritta dalla normativa comunale, anche se il fabbricato preesistente è posto a una distanza inferiore a quella prescritta.

La sopraelevazione, inoltre, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, incide anche sulla superficie coperta, in quanto quest’ultima è costituita dalla risultante dalla proiezione sul piano orizzontale del fabbricato, ossia, dalla somma delle superfici di tutti i piani dei fabbricati comprese nel profilo esterno delle pareti perimetrali e rappresenta la misura degli spazi agibili rilevante ai fini della dotazione dei carichi urbanistici.

Ne consegue che ogni ulteriore questione, ivi compresa, quella relativa alla distinzione della parte dell’immobile oggetto di precedente condono, non risulta comunque idonea a superare le ragioni legittimamente poste a fondamento del diniego.

10.1. - Analogamente è a dirsi sulla questione del cambio di destinazione d’uso, per cui è noto che la giurisprudenza amministrativa, pacificamente, esclude la necessità di titolo abilitativo solo allorquando, con le modifiche apportate, resti immutata e conservata la originaria destinazione d'uso, e non siano modificate la collocazione e le caratteristiche fisiche identificative dell'originario manufatto anche con riferimento al regime del carico urbanistico stimato che non deve risultare in ogni caso aggravato per effetto della nuova destinazione impressa. Diversamente avviene nei casi in cui il mutamento di destinazione d’uso, come quello in oggetto, determina un sicuro incremento del carico urbanistico (Cfr. T.A.R. Napoli, sez. VI, sent. 1544 del 21.03.2017).

10.2. - Prive di pregio si rivelano, pertanto, anche le doglianze con cui parte ricorrente lamenta la violazione delle garanzie di partecipazione al procedimento, ex legge 241/1990.

L’infondatezza della censura in esame discende, invero, come già ripetutamente affermato dalla giurisprudenza (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, sent. n. 666 del 4 febbraio 2013 e n. 1277 del 5 marzo 2010;
T.A.R. Napoli, sez. VI, sentenze n. 1847 del 30 marzo 2011 e n. 8776 del 25 maggio 2010), dalla ineluttabilità dei provvedimenti adottati dal Comune, sicché alcuna alternativa sul piano decisionale si poneva all’Amministrazione procedente.

11. – Gli ulteriori provvedimenti impugnati (tra i quali, in particolare, l’ordinanza di demolizione e la comunicazione di mancata demolizione da parte del responsabile dell’abuso) sono atti necessariamente conseguenti e vincolati.

Va, in proposito, ricordato che in tema di edilizia, nel modello legale di riferimento, non vi è spazio per apprezzamenti discrezionali, atteso che l’esercizio del potere repressivo mediante applicazione della misura ripristinatoria costituisce atto dovuto.

11.1. - Quanto alla violazione dei termini di cui all’art. 31 comma 3 d.p.r. 380/2001, in caso di diniego di accoglimento della domanda avente per oggetto il permesso in sanatoria, avendo già acclarato che l’originaria ingiunzione demolitoria riprende vigore, come sostenuto da condivisa giurisprudenza anche della Sezione, “ l’unico aspetto che va riconsiderato è quello del conteggio del termine concesso per l'esecuzione spontanea della demolizione che dovrà decorrere dal momento in cui il diniego perviene a conoscenza dell'interessato anche nella forma del silenzio rigetto previsto dalla normativa richiamata ” (v. T.A.R. Bi, sez. III, sent. 749 del 9.06.2016, che richiama T.A.R. Campania, Napoli, VII, 28.7.2014, n. 4352, nonché T.A.R. Campania, sez. 2, sent. n. 1336 del 9.03.2016).

Nel caso di specie il diniego di sanatoria è stato notificato il 30.09.2015 e, dunque, da tale data è decorso il nuovo termine di gg. 90 (con scadenza a dicembre 2015) entro il quale i ricorrenti avrebbero potuto spontaneamente demolire i manufatti abusivi.

Tuttavia, in mancanza di allegazione e prova di tale adempimento, non può il ricorrente invocare l’obbligo in capo all’Amministrazione di rinnovare l’accertamento dell’inottemperanza. Il presupposto giuridico dell’acquisizione de iure è, dunque, rappresentato dal fatto dell'inottemperanza all'ingiunzione a demolire, scaduto il termine di novanta giorni per provvedere in tal senso. Ne consegue, pertanto, che l’effetto costitutivo dell'istituto acquisitivo discende direttamente dall'inutile scadenza del predetto termine, laddove la constatazione dell'inottemperanza si pone necessariamente alla stregua di un mero atto ricognitivo, con efficacia dichiarativa ed a contenuto vincolato (cfr. C.d.S., sez. V, 12 dicembre 2008, n. 617, T.A.R. Basilicata, sez. 1, sent. 3/7/15 n. 370). La giurisprudenza sul punto ha anche sostenuto che « il verbale di accertamento di inottemperanza redatto dalla Polizia Municipale non è suscettibile di autonoma impugnazione, poiché, limitandosi a rappresentare l'attuale stato dei luoghi rispetto all'ingiunzione precedentemente spedita, costituisce un atto endoprocedimentale avente contenuto di accertamento ed esplicante una funzione meramente preparatoria e strumentale, occorrendo che la competente autorità amministrativa ne faccia proprio l'esito attraverso un formale atto produttivo degli effetti previsti dall'art. 31, comma 4, del d.P.R. n. 380/2001 (tra le più recenti, T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 15 maggio 2015, n. 2686;
T.A.R. Lazio, Roma, sez. I quater, 25 maggio 2015, n. 7441)
”. (T.A.R. Campania, sez. 2, sent. 1336 del 9.3.2016).

Nel caso in esame, il formale accertamento dell’effetto acquisitivo collegato all’inottemperanza del provvedimento di demolizione non è stato compiuto, costituendo la nota del 7.11.2015 una mera comunicazione endoprocedimentale. Né alcun aggiornamento è stato fornito, in corso di causa, circa il compimento degli atti conseguenti all’ingiunzione di demolizione e produttivi degli effetti previsti dall’art. 31 comma 4 del d.p.r. 380/2001.

Da qui il rigetto anche di tale doglianza.

12. – Per tutto quanto esposto il ricorso deve essere respinto.

13. – Il Collegio ritiene, tuttavia, sussistenti eccezionali ragioni per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite, attesa la peculiarità della vicenda oggetto della controversia.

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