TAR Venezia, sez. I, sentenza 2022-10-31, n. 202201658

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. I, sentenza 2022-10-31, n. 202201658
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202201658
Data del deposito : 31 ottobre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/10/2022

N. 01658/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00587/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 587 del 2021, proposto da
Claudio D'Angelo, rappresentato e difeso dall'avvocato Innocenzo D'Angelo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Istituto Nazionale della Previdenza Sociale - INPS, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A T e S A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo sede in Venezia, Dorsoduro 3500/D;
Ministero della Difesa e Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, rispettivamente in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentanti e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio legalmente eletto nella sede, in Venezia, San Marco 63.

per l'annullamento

dell’atto di liquidazione del TFS Prot. 68820, pratica 002201800059002, fascicolo 201500159634TF del 23/04/2018, nella parte in cui non venivano riconosciuti al ricorrente i 6 scatti stipendiali previsti dall'art. 6 bis DL 387 del 1987;

nonché per l’accertamento del diritto del ricorrente al riconoscimento dei suddetti emolumenti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – INPS, del Ministero della Difesa e del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2022 il dott. Nicola Bardino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente, Generale dell’Arma dei Carabinieri, è stato congedato a domanda, successivamente al compimento di 55 anni di età, e con oltre trentacinque anni di servizio utile contributivo. Deduce, in questa sede, di aver ricevuto il trattamento di fine servizio in misura inferiore a quello che sarebbe spettato per legge.

In particolare il ricorrente ritiene che la base di calcolo per la determinazione del trattamento di fine servizio avrebbe dovuto includere la maggiorazione di sei scatti stipendiali prevista dall’art. 6 bis del decreto legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito in legge 20 novembre 1987, n. 472, come introdotto dall’articolo 21, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 232. Dette somme non risultano tuttavia riconosciute dall’Istituto, come può desumersi dal prospetto di liquidazione contestato in questa sede (all. 2).

Con il ricorso in epigrafe il ricorrente impugna tale prospetto e chiede l’accertamento del diritto ad ottenere i benefici economici derivanti da un corretto calcolo dell’importo dovuto a titolo di trattamento di fine rapporto.

2. Si è costituito in giudizio l’INPS che ha eccepito la prescrizione del credito e sostenuto di essersi attenuto ai conteggi ricevuti dall’Amministrazione di appartenenza, rilevando, con riguardo alla norma invocata dal ricorrente, che l’art. 4 del d.lgs. 30 aprile 1997 n. 165 ha in effetti inteso armonizzare il trattamento tra le varie categorie con l’attribuzione di sei aumenti periodici di stipendio in caso di cessazione dal servizio per qualsiasi causa, ma tale attribuzione deve intendersi limitata alla sola determinazione del trattamento pensionistico, senza alcun effetto con riguardo alla determinazione del trattamento di fine servizio. L’Istituto osserva che, in ogni caso, il ricorrente sarebbe decaduto dal diritto a tale attribuzione in quanto avrebbe dovuto presentare domanda entro e non oltre il 30 giugno dell'anno nel quale erano maturate entrambe le predette anzianità (anagrafica e di servizio). La domanda giudiziale, infine, sarebbe stata proposta allorché il credito azionato sarebbe ormai risultato prescritto.

Si sono altresì costituiti in giudizio il Ministero della Difesa e il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri – che hanno chiesto la propria estromissione -, ritualmente chiamati in causa dal ricorrente in adempimento a quanto disposto dal Tribunale con ordinanza collegiale n. 642 del 2022.

3. Alla pubblica udienza del 13 luglio 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

4. In via preliminare deve essere disposta l’estromissione dal giudizio del Ministero della Difesa e del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, in quanto privi di legittimazione passiva. Rivisitando il proprio precedente orientamento, il Collegio ritiene di dover aderire all’indirizzo giurisprudenziale, ormai divenuto prevalente, secondo cui “ l'unico soggetto obbligato a corrispondere l'indennità di buonuscita è il competente Ente previdenziale (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 6/9/2010, n. 6465, Cons. Stato, sez. VI, 31 gennaio 2006, n. 329), nei cui esclusivi confronti, quindi, doveva essere ritualmente instaurata la controversia ” (Cons. Stato, Sez. III, 22 febbraio 2019, n. 1231 e T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 28 gennaio 2022, n. 193).

5. Nel merito, il ricorso deve essere accolto, salvo doversi escludere il cumulo tra interessi legali e rivalutazione monetaria, legalmente precluso. Può prescindersi dall’esame del rilievo di tardività formulato dal ricorrente in merito alla deduzione dell’eccezione di decadenza, esposta dall’Istituto con memoria, essendo la stessa infondata (vd. punto 6.2).

5.1 L’INPS afferma in sostanza che la maggiorazione della base di calcolo spetta solo in caso di cessazione dal servizio per età o per inabilità permanente al servizio ovvero ancora per decesso, ma non per l’ipotesi di dimissioni volontarie.

Tale assunto non può essere condiviso, perché il comma 2 dell’art. 6 bis del sopra menzionato decreto legge n. 387 del 1997, espressamente dispone che “ le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile ”. Anche la giurisprudenza ha avuto modo di sottolineare che il predetto comma 2 prevede una fattispecie aggiuntiva e concorrente rispetto a quanto dispone il comma 1 (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 22 febbraio 2019, n. 1231).

La maggiorazione spetta pertanto anche in caso di dimissioni volontarie al ricorrere dei requisiti di anzianità anagrafica e di servizio richiesti dalla norma.

5.2 Con un secondo argomento, l’INPS sostiene che il richiamato articolo 6 bis non può trovare applicazione in favore del ricorrente perché appartenuto all’Arma dei Carabinieri, ritenendo che la norma si applichi solamente in favore degli ex appartenenti della Polizia di Stato.

Anche questa tesi non merita condivisione, in quanto tale disposizione trova applicazione non solo in favore del “ personale della Polizia di Stato appartenente ai ruoli dei commissari, ispettori, sovrintendenti, assistenti e agenti, al personale appartenente ai corrispondenti ruoli professionali dei sanitari e del personale della Polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o tecnica ”, ma anche in favore del “ personale delle forze di polizia con qualifiche equiparate ”. Ed a chiarire che alla predetta disposizione deve essere data una lettura estensiva è intervenuto anche l’art. 1911 del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, il quale ha disposto che a tutto il “ personale delle Forze di polizia a ordinamento militare continua ad applicarsi l'articolo 6- bis , del decreto legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 1987, n. 472 ”.

Pertanto, in adesione della prevalente giurisprudenza, deve affermarsi che la disposizione invocata dal ricorrente trova applicazione non solo in favore degli appartenenti alla Polizia di Stato, ma anche in favore degli appartenenti all’Arma dei Carabinieri (cfr. la già citata sentenza T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 13 maggio 2021, n. 1184, T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 23 aprile 2021, n. 133;
T.R.G.A. Alto Adige, Bolzano, 4 novembre 2021, n. 308. In particolare, secondo C.G.A.R.S., n. 776 del 2022, cit., la nozione “forze di polizia”, richiamata dal menzionato articolo 6- bis , va interpretata “ anche in ragione della funzione del d.l. n. 387/1987, delineata dall’art. 1 nel senso di disporre l’estensione dei benefici economici previsti del d.P.R. 10 aprile 1987 n. 150, di attuazione dell'accordo intervenuto in data 13 febbraio 1987 tra il Governo e i sindacati del personale della Polizia di Stato, all'Arma dei carabinieri, al Corpo della guardia di finanza, al Corpo degli agenti di custodia e al Corpo forestale dello Stato, che, del resto, compongono le forze di polizia ai sensi dell’art. 16 della legge 1 aprile 1981 n. 121 ”).

6. Ciò premesso in ordine alla fondatezza della pretesa sostanziale rivendicata dal ricorrente devono essere esaminate le eccezioni (di prescrizione e decadenza) sollevate dall’INPS.

6.1 Sotto un primo profilo, l’Istituto afferma che il credito sarebbe prescritto per decorso del termine quinquennale di cui all’art. 2498 cod. civ. L’assunto non può essere condiviso, in quanto il ricorso è stato notificato il 24 maggio 2021, ossia entro il termine di cinque anni decorrente dalla data in cui si è perfezionato l’avversato provvedimento di liquidazione del trattamento di fine servizio (24 aprile 2018).

6.2 Sotto un secondo profilo, l’Istituto sostiene che il ricorrente sarebbe comunque decaduto dall’esercizio del diritto in quanto l’art. 6 bis , comma 2, del decreto legge n. 387 del 1987 dispone che “ la domanda di collocamento in quiescenza deve essere prodotta entro e non oltre il 30 giugno dell'anno nel quale sono maturate entrambe le predette anzianità ”.

Sul punto il Collegio ritiene sufficiente osservare che il mancato rispetto del termine previsto da una norma non comporta effetti decadenziali quando la norma non contenga un’esplicita previsione in tal senso. Come è stato condivisibilmente osservato con riguardo al sopra citato art. 6 bis , comma 2, “ proprio l’ambiguità della disposizione, evidenziata dai rilievi appena formulati, non consente di far discendere, dal mancato rispetto del termine di presentazione della domanda di collocamento in quiescenza di cui al citato art. 6 bis, comma 2, secondo periodo D.L. n. 387/1987, alcuna conseguenza decadenziale, la quale presuppone evidentemente la chiarezza e perspicuità dei relativi presupposti determinanti ” (in questi termini la già citata pronuncia del Consiglio di Stato, n. 1231 del 2019).

Contrariamente a quanto sostiene l’INPS, deve quindi ritenersi che nel caso in esame non si sia verificato alcun effetto decadenziale.

7. Pertanto, ritenuta l’infondatezza delle eccezioni di prescrizione e decadenza sollevate dall’INPS, il ricorso deve essere accolto nel merito con conseguente accertamento del diritto del ricorrente ai benefici economici contemplati dall'art. 6 bis del decreto legge n. 387 del 1987, e quindi con l’obbligo dell’Amministrazione di provvedere alla rideterminazione dell'indennità di buonuscita mediante l'inclusione, nella relativa base di calcolo, dei sei scatti stipendiali. In ogni caso, sulle relative somme dovranno essere corrisposti soltanto gli interessi legali, senza cumulo con la rivalutazione monetaria, ai sensi dell’art. 16, comma 6, della legge n. 412 del 1991 e dell’art. 22, comma 36, della legge n. 724 del 1994 (cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., 2 luglio 2020, n. 13624).

8. Le spese di giudizio, tenuto conto della non univocità degli orientamenti giurisprudenziali circa la corretta interpretazione delle norme rilevanti ai fini della controversia, devono essere integralmente compensate tra le parti del giudizio.

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