TAR Milano, sez. I, sentenza 2023-06-16, n. 202301543

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. I, sentenza 2023-06-16, n. 202301543
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 202301543
Data del deposito : 16 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/06/2023

N. 01543/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00443/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 443 del 2019, proposto da
-OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato R P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Milano, via Freguglia, 1 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

- del decreto del Questore di Varese divisione p.a.s.i. Prot. -OMISSIS- notificato in data 22 febbraio 2019, con il quale il Questore ha decretato “la licenza per la conduzione dell’esercizio pubblico denominato “-OMISSIS-” sito a Busto Arsizio (VA), in via -OMISSIS-, è sospesa per giorni 10 (dieci) a decorrere dalla data di notifica del presente provvedimento…”, nonché di ogni atto connesso;

nonché

per l’annullamento

- del diniego di accesso contestato con istanza proposta ex art. 116 cpa.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 30 maggio 2023 il dott. F F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1) Con provvedimento n. Prot. -OMISSIS- e notificato in data 22 febbraio 2019, il Questore di Varese sospendeva per giorni dieci, ai sensi dell’art. 100 TULPS, la licenza per la conduzione del pubblico esercizio intestata a -OMISSIS- s.r.l. relativa al locale “-OMISSIS-” sito in Busto Arisizio, via -OMISSIS-.

Suddetto provvedimento si basava su una serie di fatti dai quali desumersi che il locale costituiva una fonte di pericolo per l’ordine pubblico.

In particolare:

- In data 7 marzo 2016 un soggetto – tale -OMISSIS- -OMISSIS- – denunciava di aver subito un’aggressione il 2 marzo 2016 da parte degli addetti alla sicurezza dello “-OMISSIS-”;

- In data 25 febbraio 2017 interveniva il personale in servizio di radiomobile della locale Compagnia Carabinieri in quanto degli avventori segnalavano di essere stati malmenati dagli addetti alla sicurezza del locale;

- In data 4 marzo 2017 in via Meucci a Busto Arsizio, interveniva la Polizia di Stato a seguito di un’aggressione da parte di avventori dello “-OMISSIS-” nei confronti di altri soggetti;

- In data 9 ottobre 2017, gli agenti della Polizia di Stato intervenivano perché, nei pressi del locale, era stata segnalata una lite;

- In data 17.12.2017 gli agenti del Commissariato di pubblica sicurezza intervenivano in quanto alcuni avventori nordafricani avevano scagliato delle bottiglie contro gli addetti alla sicurezza dello “-OMISSIS-”;

- In data 1 gennaio 2018, alle ore 2.37, personale del servizio radiomobile del locale Comando dei Carabinieri interveniva presso l’esercizio, individuando, all’esterno dello stesso, un gruppo di persone che presentava vistosi segni di colluttazione e alito alcolico, riferendo di essere stati picchiati dai buttafuori;

- In data 28 aprile 2018 si rendeva necessario l’intervento di una volante della Polizia di Stato a causa di una lite scoppiata tra due giovani frequentatori dello “-OMISSIS-”;

- In data 9 settembre 2018 gli agenti della Polizia di Stato intervenivano per tre volte nei pressi del locale, per tre distinti episodi di violenza: la prima volta perché un giovane era stato spinto contro un palo da un addetto alla sicurezza, la seconda perché una donna era stata derubata del cellulare nonché di 30 euro in contanti;
la terza per una lite tra alcuni avventori e gli addetti alla sicurezza;

- In data 28 ottobre 2018 i Carabinieri intervenivano perché alcuni giovani lamentavano di essere stati aggrediti dagli addetti alla sicurezza, uno dei quali, all’arrivo delle volanti si era nascosto dietro una macchina venendo poi individuato. Al termine delle attività di indagine, quattro addetti alla sicurezza venivano denunciati all’Autorità giudiziaria per lesioni in concorso.

- In data 22 dicembre 2018, alle ore 4.00, alcuni agenti del Commissariato intervenivano per sedare una lite con gli addetti alla sicurezza, identificando vari soggetti che manifestavano atteggiamenti riconducibili all’abuso di alcolici.

Dai vari controlli effettuati dalla forza pubblica, emergeva che il locale era frequentato da soggetti con precedenti penali.

2) In via preliminare, deve essere dichiarata l’inammissibilità della domanda d’accesso formulata ai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.a., in quanto la parte ricorrente non ha prodotto in atti la prova dell’avvenuta notifica, come prescritto dall’art. 116, comma 1, c.p.a e l’amministrazione resistente non si è costituita nel giudizio sull’accesso.

Il difensore di parte ricorrente ha chiesto che gli venissero concessi termini per produrre la documentazione probatoria.

Sul punto, si osserva che l’art. 73 comma 1 bis del codice del processo amministrativo – introdotto dall’art. 17, comma 7, lettera a), del D.L. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2021, n. 113 – dispone che “Il rinvio della trattazione della causa è disposto solo per casi eccezionali, che sono riportati nel verbale di udienza”.

Nel caso di specie, la parte ricorrente non ha addotto alcuna ragione per giustificare il mancato deposito della prova dell’avvenuta notifica, la quale doveva essere fornita entro il termine ultimo costituito dall’udienza del 30 maggio 2023, nella quale è stata sollevata d’ufficio la questione di ammissibilità della domanda.

Inoltre, l’istanza di accesso è risalente nel tempo, essendo stata proposta nel marzo del 2019, pertanto, in questo lasso di tempo, la ricorrente avrebbe potuto verificare il difetto di notifica anche alla luce della mancata costituzione da parte del Ministero dell’Interno.

Per tali ragioni, la richiesta di rinvio deve essere respinta e l’istanza di accesso deve essere dichiarata inammissibile.

3) Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

3.1) Non sussiste la dedotta violazione delle garanzie procedimentali.

A tal proposito, l’orientamento consolidato in giurisprudenza afferma che l’art. 21 octies co. 2 l. 241/90 debba essere interpretato nel senso di evitare che l’amministrazione sia onerata in giudizio di una prova diabolica, e cioè della dimostrazione che il provvedimento non avrebbe potuto avere contenuto diverso in relazione a tutti i possibili contenuti ipotizzabili;
pertanto, si deve porre a carico del privato quanto meno l’onere di allegare gli elementi conoscitivi che, se introdotti in fase procedimentale, avrebbero potuto influire sul contenuto finale del provvedimento.( ex plurimis Cons. Stato Sez. III, 12 maggio 2017, n. 2218;
Cons. Stato, sez. VI, 4 marzo 2015, n. 1060;
T.A.R. Roma, (Lazio) sez. IV, 04/03/2022, n.2596;
T.A.R. Torino, (Piemonte) sez. I, 08/06/2021, n.599).

Nel caso di specie, la ricorrente si è limitata a contestare genericamente l’insussistenza delle ragioni di urgenza che consentono all’amministrazione di omettere la comunicazione di cui all’art. 7 l. 241/90.

-OMISSIS- s.r.l., invece, non ha indicato alcun elemento conoscitivo che avrebbe introdotto nel procedimento se fosse stata notiziata dell’avvio dello stesso.

Non è stata fornita alcuna prova che la mancata partecipazione abbia impedito alla ricorrente di introdurre elementi tali da incidere sul provvedimento finale, con la conseguenza che la censura è infondata e deve essere respinta.

3.2) Anche le altre censure, da trattare congiuntamente perché strettamente connesse sul piano logico e giuridico, non possono essere condivise.

L’art. 100 del T.U.L.P.S. attribuisce alla pubblica amministrazione il potere discrezionale di “sospendere la licenza di un esercizio, anche di vicinato, nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini”.

La norma in esame soddisfa una funzione cautelare in quanto mira a tutelare l’ordine e la sicurezza pubblica giustificandosi quando, indipendentemente da una personale responsabilità del titolare, il locale oggetto della licenza sia teatro di fatti che pongono in pericolo l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica. (Cons. Stato Sez. III, 31.07.2018, n. 4728;
TAR Lombardia Milano Sez. I, 29.01.2018, n. 241).

La giurisprudenza amministrativa a tal proposito afferma che “L’art. 100 citato, nel prevedere tale possibilità non svolge funzione sanzionatoria, ma di prevenzione generale, quindi cautelare con riferimento a fatti che possono nuocere alla pubblica e privata incolumità;
di conseguenza, detto provvedimento resta valido ed efficace a prescindere dalla personale responsabilità del titolare del locale entro cui avviene la somministrazione o dell’esercente detta specifica attività. (T.A.R. Trieste, (Friuli-Venezia Giulia) sez. I, 20/01/2020, n.34)

Si aggiunge che “deve essere considerato, in proposito, che la misura della sospensione della licenza di esercizio ... risponde alla ratio di produrre un effetto dissuasivo sui soggetti ritenuti pericolosi, i quali da un lato sono privati di un luogo di abituale aggregazione e dall’altro sono resi avvertiti della circostanza che la loro presenza in detto luogo è oggetto di attenzione da parte delle autorità preposte, indipendentemente dalla responsabilità dell’esercente, non necessitando quindi di specificata e aggravata motivazione" (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, n. 857 del 2014;
T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, n. 1913 del 2022).

Alla luce di ciò, è irrilevante che, con riferimento agli episodi contestati alla ricorrente, non siano stati avviati dei procedimenti penali a carico del gestore del locale, in quanto la sospensione della licenza è una misura preventiva, non sanzionatoria, che mira a scongiurare l’insorgere o il protrarsi di situazioni che possono pregiudicare l’ordine pubblico e la sicurezza.

Il provvedimento impugnato, poi, descrive in maniera minuziosa una lunga serie di episodi che si sono verificati a partire dal 2016 e che si sono ripetuti fino al 2019.

La ricorrente lamenta che i fatti posti a fondamento del provvedimento di sospensione non sarebbero provati in quanto l’amministrazione non ha prodotto i verbali che accertano gli episodi contestati.

Essa, inoltre, afferma che dovrebbe operare il principio di non contestazione in quanto l’amministrazione ha sostanzialmente taciuto a fronte delle censure mosse avverso la ricostruzione dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato.

Sul punto la giurisprudenza amministrativa specifica che “una volta che la parte abbia adempiuto al suo onere di allegazione, la non contestazione fa assurgere a prova piena quanto dedotto dal ricorrente, senza che al riguardo al giudice sia consentito di fare ricorso ai suoi poteri acquisitivi per accertare quanto non oggetto di contestazione”. (T.A.R. Catanzaro, (Calabria) sez. I, 09/03/2023, n. 393).

Pertanto, affinché operi il principio di non contestazione è necessario che la parte, quanto meno, alleghi una ricostruzione alternativa del fatto, rispetto a quella fornita dall’amministrazione.

Nel caso di specie, non può operare il principio sancito dall’art. 64 c.p.a.

Ciò in quanto a fronte delle precise e puntuali affermazioni contenute nel provvedimento del Questore, la ricorrente si è limitata a contestare genericamente la ricostruzione dei fatti senza introdurre alcun elemento idoneo a smentirli, senza fornire una versione alternativa delle vicende che hanno giustificato la sospensione della licenza.

Alla luce di ciò, dunque, è irrilevante che l’amministrazione non abbia prodotto i verbali che attestano gli interventi della forza pubblica, non essendo stato introdotto alcun elemento che porti a dubitare della veridicità dei fatti indicati nel provvedimento impugnato e non essendo stati forniti elementi fattuali diversi, tali da rendere plausibile una differente ricostruzione degli avvenimenti.

Si osserva infine che, data la gravità ed il cospicuo numero di episodi violenti che hanno interessato il locale, l’amministrazione ha posto in essere una valutazione scevra da vizi logici e proporzionata alla gravità dei fatti.

Diversamente da quanto sostenuto nel ricorso introduttivo, gli avvenimenti posti a fondamento della sospensione sono tutti riconducibili allo -OMISSIS-”, poiché essi hanno coinvolto tanto i frequentatori del locale, quanto il personale addetto alla sicurezza.

Inoltre, gli interventi della Forza Pubblica al di fuori dell’esercizio sono stati effettuati in zone limitrofe allo stesso e i fatti turbativi dell’ordine pubblico sono stati originati dal riunirsi di persone dedite all’abuso dell’alcool presso il locale, i quali una volta usciti e allontanatisi, dando in escandescenza, costituivano un pericolo per l’ordine pubblico tanto da richiedere, in varie occasioni, l’intervento degli operanti.

Emerge, dunque, come lo “-OMISSIS-” fosse una fonte di pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza cittadina, per via dei ripetuti episodi di violenza che si sono verificati in un arco di tempo ristretto di appena tre anni.

La ricorrente, infine, non ha contestato la circostanza secondo cui il locale era un ritrovo di soggetti pregiudicati e gravati da precedenti di polizia.

Insomma, il provvedimento risulta ragionevole e proporzionato alle finalità cautelari che mira a perseguire, oltre che adeguatamente motivato, in quanto l’amministrazione ha dato atto puntualmente di una serie di fatti turbativi della quiete pubblica senza che la ricorrente abbia introdotto alcun elemento idoneo a far ritenere che vi sia stato un travisamento dei fatti.

Alla luce di quanto sin qui esposto, il ricorso deve essere rigettato.

4) In definitiva, l’impugnazione proposta ex art. 116 cpa è inammissibile, mentre il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Le spese seguono le regole della soccombenza nella misura indicata nel dispositivo.

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