TAR Roma, sez. I, sentenza 2019-06-18, n. 201907866

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2019-06-18, n. 201907866
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201907866
Data del deposito : 18 giugno 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/06/2019

N. 07866/2019 REG.PROV.COLL.

N. 05630/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5630 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
M G e G I, rappresentati e difesi dagli avvocati S I e F L, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via G. P. Da Palestrina, 47;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia “ex lege” in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

A D B, non costituito in giudizio;

per l'annullamento, previa sospensione,

1) per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- dell'avviso riportante “esito delle prove preselettive” e degli esiti stessi, per la partecipazione alle successive prove concorsuali, relativo al concorso pubblico, per titoli ed esami, a n. 800 posti di assistente giudiziario”, pubblicato sul sito istituzionale del Ministero della Giustizia, in data 07/06/2017;

- del bando di concorso pubblico, per titoli ed esami, a 800 posti a tempo indeterminato per il profilo professionale di assistente giudiziario, Area funzionale seconda, fascia economica F2, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia – Amministrazione giudiziaria, indetto dal Ministero della Giustizia, pubblicato in Gazzetta Ufficiale – 4^Serie speciale “concorsi ed esami” del 22/11/2016 n. 92 e specificatamente dell'art. 8, rubricato “prove preselettive” ed in particolare del comma 9 che recita: “ saranno ammessi alle prove scritte i candidati classificatisi, in base al punteggio, tra i primi 3.200 (4 volte i posti a concorso), nonché i candidati che abbiano riportato lo stesso punteggio del concorrente classificato all'ultimo posto utile ”;

- del provvedimento del Direttore Generale del Personale e della Formazione del Ministero della Giustizia nel quale è contenuto il “diario delle prove selettive del concorso pubblico, per titoli ed esami, a 800 posti a tempo indeterminato per il profilo professionale di assistente giudiziario, Area funzionale seconda, fascia economica F2, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia – Amministrazione giudiziaria pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4^ Serie speciale “Concorsi ed Esami” del 4/04/2017, n. 26 e specificatamente dell'art. 3, comma 8, il quale recita “ saranno ammessi alle prove scritte i candidati classificatisi, in base al punteggio, tra i primi 3.200 (4 volte i posti a concorso), nonché i candidati che abbiano riportato lo stesso punteggio del concorrente classificato all'ultimo posto utile ”;

- delle ricevute di convocazione dei candidati ammessi alle prove scritte previste dall'art. 2, comma 7, del decreto del Direttore generale del Personale e della Formazione del Ministero della Giustizia del 09/06/2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4^ Serie speciale “Concorsi ed esami” del 09/06/2017, n. 43, ove è contenuto il diario delle prove scritte fissate per le date del 26, 27 e 28 giugno pp.vv.;

- di ogni altro atto premesso, connesso e/o consequenziale;

NONCHE' PER L'ACCERTAMENTO E LA CONDANNA EX ART. 30 C.P.A. DELLE AMMINISTRAZIONI INTIMATE

al risarcimento del danno in forma specifica, ai sensi dell'art. 30 c.p.a., mediante l'adozione del relativo provvedimento di convocazione degli odierni ricorrenti alla partecipazione alle prove scritte del Concorso Pubblico, per titoli ed esami, a n. 800 posti di assistente giudiziario, nonché, ove occorra e, comunque in via subordinata, al pagamento del danno subito e subendo, con interessi e rivalutazione, come per legge;

2) per quanto riguarda i motivi aggiunti:

- degli esiti delle prove scritte e del relativo provvedimento del Direttore Generale del Personale e della Formazione in data 06/07/2017;

- dell’esito delle prove orali, e del relativo provvedimento di recepimento da parte dell’Amministrazione, non conosciuto;

- di tutti i verbali della commissione esaminatrice;

- del provvedimento del Ministero della Giustizia del 14/11/2017, con il quale è stata approvata la graduatoria generale definitiva di merito, unitamente a quella dei vincitori (allegati 1 e 2 e parte integrante del decreto), del “concorso pubblico per titoli ed esami, a 800 posti a tempo indeterminato per il profilo professionale di Assistente giudiziario, Area funzionale seconda, fascia economica F2, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia – Amministrazione giudiziaria”, pubblicato nella G.U.R.I., IV° Serie Speciale - n. 87 del 14/11/2017.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto il decreto cautelare presidenziale monocratico n. 3070/2017 del 20.6.17:

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, con la relativa documentazione;

Vista l’ordinanza cautelare di questa Sezione n. 3762/2017 del 20.7.17;

Vista l’ordinanza cautelare della Sezione Quarta del Consiglio di Stato n. 3899/2017 del 15.9.17;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica dell’8 maggio 2019 il dott. I C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con rituale ricorso a questo Tribunale, i dott.ri M G e G I chiedevano l’annullamento, previe misure cautelari, dei provvedimenti in epigrafe, concernenti la loro esclusione dalle fasi concorsuali relative alla procedura, pure in epigrafe indicata.

In particolare, i due ricorrenti evidenziavano che l’Amministrazione aveva disposto l’effettuazione di due prove “preselettive”, come previsto dall’art. 8 del relativo bando, consistenti in complessivi cinquanta quesiti con risposta “a scelta multipla”, di cui venticinque su elementi di diritto amministrativo e venticinque su elementi di diritto pubblico, e che l’art. 3 del provvedimento del Direttore Generale del Personale e della Formazione del Ministero della Giustizia n. 92/2016, prevedeva l’ammissione alle prove scritte dei soli candidati classificatisi, in base al punteggio, tra i primi 3.200 (corrispondenti a quattro volte i posti a concorso), nonché dei candidati che avessero riportato lo stesso punteggio del concorrente classificato all’ultimo posto utile.

All’esito di tali prove “preselettive”, i ricorrenti – che avevano rispettivamente conseguito il punteggio di 48,65/50 (Giglio) e 41,90/50 (Iacuzzo) - non risultavano collocati in posizione utile di graduatoria, risultando “ammessi” 6.176 candidati, corrispondenti a tutti quelli che avevano riportato una valutazione pari a 50/50.

Erano quindi proposte, in sintesi, le seguenti doglianze.

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 7 DEL D.P.R. N. 487 DEL 1994;
VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 35 E 70 DEL D.LGS. N. 165 DEL 2001;
VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DEL FAVOR PARTECIPATIONIS;
VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLE DISPOSIZIONI DI CUI AL BANDO DI CONCORSO;
ECCESSO DI POTERE PER ARBITRARIETA’, IRRAGIONEVOLEZZA DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA, SVIAMENTO E ILLOGICITA’;
VIOLAZIONE DEGLI ART. 3 E 97 DELLA COSTITUZIONE
.”

I ricorrenti contestavano la disposizione di “contingentamento” degli ammessi di cui all’art. 8 del bando, che risultava in contrasto con il precedente 6, il quale prevedeva che le prove scritte si intendevano superate dai candidati che avessero riportato una votazione di almeno “22,50 su 30”, pari a 7,50 su 10.

L’ammissione dei candidati alle successive prove scritte era stata determinata, quindi, esclusivamente attraverso l’utilizzo di un criterio “quantitativo” e non tramite la verifica della piena idoneità dei candidati a sostenere le successive prove scritte, ai sensi del d.p.r. n. 487/1994, generando un “doppio sbarramento” e determinando, in concreto, una “scrematura” ingiustificata per l’ammissione alle successive prove, dato che analogo risultato di selezione – proprio delle prove “preselettive” - poteva ben legittimamente raggiungersi nel caso in cui fosse stata individuata, “ex ante”, la soglia di idoneità analoga a quella prevista per il superamento delle prove scritte selettive, di cui al richiamato art. 6.

Per i ricorrenti, una lettura costituzionalmente orientata della disciplina regolante la materia dei concorsi, faceva emergere chiaramente la volontà del legislatore di attribuire anche alla preselezione la funzione di strumento di verifica dell’”idoneità assoluta” dei candidati a sostenere le prove successive, garantendo l’accesso alle prove scritte a tutti coloro i quali fossero risultati sufficientemente preparati e costituiva anch’essa parametro su cui misurare l’idoneità del candidato.

L’operato dell’Amministrazione, poi, appariva illegittimo, non risultando rispettato anche il principio del “favor partecipationis”, di derivazione comunitaria, a cui l’operato stesso deve uniformarsi, nel senso di restringere in maniera inopinata il novero dei partecipanti al concorso, secondo un orientamento giurisprudenziale ampiamente riportato.

I ricorrenti concludevano la loro esposizione, proponendo anche domanda di risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 30 c.p.a., in forma specifica, con la riammissione alle fasi concorsuali, ovvero per equivalente.

Con il decreto monocratico in epigrafe era respinta la domanda ex art. 56 c.p.a., non sussistendone i presupposti.

Si costituiva in giudizio il Ministero della Giustizia, affidando a memoria per la camera di consiglio l’illustrazione delle tesi orientate a rilevare l’infondatezza del ricorso e la sua inammissibilità per tardiva impugnazione della norma di bando.

Anche i ricorrenti depositavano una memoria illustrativa, a confutazione delle eccezioni di parte resistente e insistendo sulle proprie posizioni.

Con l’ordinanza in epigrafe, questa Sezione respingeva motivatamente anche la domanda cautelare ex art. 55 c.p.a.

Su appello dei ricorrenti, la Sezione Quarta del Consiglio di Stato, con l’ordinanza in epigrafe, riformava la statuizione, considerando la comparazione degli interessi contrapposti e la sussistenza del danno grave e irreparabile, e, conseguentemente, ordinava al Ministero resistente di ammettere “con riserva” alle prove scritte i ricorrenti, secondo quanto anche poi disposto in sede di ottemperanza.

Con rituali motivi aggiunti, i ricorrenti chiedevano l’annullamento anche degli ulteriori provvedimenti in epigrafe, concernenti le fasi ulteriori della procedura concorsuale e l’approvazione della graduatoria definitiva, riproponendo per “illegittimità derivata” le medesime censure di cui al ricorso introduttivo e concludendo anche nel senso di dichiarare il silenzio fino ad allora mantenuto dall’Amministrazione Giudiziaria oltre i termini di legge e, conseguentemente, di ordinare alla stessa di consentire l’accesso agli atti del concorso, al fine di far valere ulteriori profili di censura, con successivi motivi aggiunti.

Rinviate due pubbliche udienze su istanza di parte ricorrente, in prossimità delle quali parte resistente e gli stessi ricorrenti avevano comunque depositato scritti difensivi, per la nuova udienza pubblica dell’8 maggio 2019 risultavano depositate da entrambe le parti costituite ulteriori memorie (anche “di replica”) nei termini utili, ove erano anche riportati aggiornamenti di fatto legati al superamento delle prove scritte e orali dei due ricorrenti, in seguito all’ammissione “con riserva” in sede cautelare, ma nel loro non inserimento nella graduatoria per l’assegnazione delle sedi, nelle more della decisione di questo Tribunale.

I ricorrenti, pertanto, nei loro ultimi scritti difensivi, insistevano nel rilevare che il superamento di tutte le prove aveva fatto sì che essi si dimostrassero muniti delle capacità e competenze richieste, per cui si poteva considerare assorbita sul piano sostanziale la precedente determinazione negativa (qual era il mancato superamento della prova preselettiva), essendo sopravvenuta una circostanza pienamente dimostrativa della loro “idoneità sostanziale”, con conseguente cessazione della materia del contendere, dovendosi considerare realizzata, per effetto del “principio dell’assorbimento”, una “sanatoria legale” dell’esito negativo delle prove “preselettive” per i ricorrenti, con conseguente integrale soddisfazione dell’interesse da loro azionato.

L’Amministrazione, dal canto suo, non condivideva tale conclusione, ricordando di essersi limitata a prestare ottemperanza all’ordinanza n. 3899/17 del Consiglio di Stato e la conseguente ammissione con riserva dei ricorrenti alle fasi del concorso non poteva configurarsi come espressione di una nuova volontà di provvedere in via di autotutela, anche perché nessun ulteriore effetto sostanziale poteva derivare dalla suddetta ammissione allo svolgimento delle prove scritte, secondo quanto indicato dallo stesso Consiglio di Stato in sede cautelare.

Alla suddetta udienza pubblica dell’8 maggio 2019, quindi, la causa, dopo discussione orale, era trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il Collegio, preliminarmente, non ritiene condivisibile l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardiva impugnativa della clausola del bando di cui all’art. 8 e comunque degli atti prodromici dell’intera procedura, in quanto la lesività di tale clausola e l’applicazione dei restanti provvedimenti si è concretizzata per i ricorrenti solo in seguito alla comunicazione dell’esito della prova “preselettiva” e del mancato inserimento definitivo nell’elenco degli ammessi alla prova susseguente, non comportando la clausola suddetta alcun effetto escludente immediato che riguardasse loro e che ne imponeva una immediata reazione in sede giurisdizionale.

Passando ad esaminare il merito dell’impugnativa, il Collegio, anche al non più sommario esame della fase cautelare, ritiene di confermare il suo orientamento, rilevando l’infondatezza del gravame in relazione alla domanda di annullamento, ritenendo sufficiente la documentazione depositata in giudizio senza necessità di provvedere, quindi, sul sollecito dei ricorrenti ad assumerne altra.

Ebbene, la questione sulla legittimità dell’art. 8 del bando e sull’applicazione datane dal Ministero resistente è stata più volte esaminata da questo Tribunale e non si rinvengono ragioni per discostarsi dalle relative conclusioni, nonostante i pur suggestivi sforzi argomentativi delle parti ricorrenti.

Basti ricordare che, in relazione alle censure di altra candidata la quale – in punto di diritto - aveva ugualmente rilevato la contraddittorietà con altre norme del bando in relazione alla funzione di “scrematura” propria delle prove “preselettive” e che – in punto di fatto - avendo superato con il massimo punteggio le prove scritte chiedeva di dare luogo all’applicazione del c.d. “principio dell’assorbimento”, come normativamente codificato, questa Sezione aveva già rilevato che all’Amministrazione è riconosciuta una ben ampia discrezionalità nella formulazione dei criteri delle prove “preselettive”, le quali, proprio per la funzione di “scrematura” – o meglio, meramente deflattiva, essendo la fase di selezione “dei migliori” rinviata alle successive “prove selettive”, come confermato dalla ininfluenza del punteggio riportato nelle prove “preselettive” sulla valutazione finale (v. TAR Lazio, Sez. I, 24.10.16, n. 10553) - non possono essere ricondotte nell’alveo delle prove di concorso in quanto tali, cui fanno riferimento esclusivo gli artt. 6, 7 e 8 d.p.r. n. 487/94 cit. e, nel caso di specie, l’art. 6 del bando.

Nella normativa prevista dalla “lex specialis”, quindi, non era stata fissata una soglia minima numerica predeterminata e “assoluta” di punteggio per il superamento di tale prova “preselettiva”, ma un “numero-limite” di candidati ammessi, ragionevolmente proporzionato alla peculiarità della procedura concorsuale e all’alto numero di partecipanti – anche al fine di una ragionevole durata della procedura concorsuale stessa in cui avevano presentato domanda di partecipazione più di trecentomila aspiranti - che comunque ha consentito di selezionare un’amplissima schiera di candidati di elevato profilo, i quali hanno ottenuto infatti il punteggio massimo previsto (TAR Lazio, Sez. I, 21.5.18, n. 5618;
22.3.18, n. 3190).

Per quanto riguarda l’ulteriore argomento legato alla circostanza di fatto del superamento, in virtù dell’ammissione “con riserva”, delle prove scritte e orali, il Collegio richiama pure il suo recente orientamento “in termini”, proprio sulla procedura in esame, secondo il quale l’invocato principio generale, ispirato alla tutela dell'affidamento, della “sanatoria legale” nei casi di “ammissione con riserva”, detto anche “principio dell'assorbimento”, come desumibile dall'art. 4, comma 2- bis, del d.l. n. 115/2005, conv. in l. n. 168/2005 (secondo il quale conseguono ad ogni effetto l'abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d'esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l'ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela), non è applicabile a procedura di tipo concorsuale come quella in esame ma soltanto a procedure di tipo “idoneativo”, finalizzate appunto alla verifica della idoneità dei partecipanti allo svolgimento di una professione il cui esercizio - o l'accesso alla quale - risultino regolamentati nell'ordinamento interno, ma non riservati ad un “numero chiuso” di professionisti (TAR Lazio, Sez. I, n. 5618/18 cit. e TAR Veneto, Sez. I, 18.11.10, n. 6071).

A ciò si aggiunga che, precedentemente alla codificazione del suddetto principio con il richiamato art. 4, comma 2 bis, d.l. n. 115/2005, la giurisprudenza lo aveva ritenuto applicabile solo per selezioni relative a corsi di studi scolastici o universitari, in assenza di posizioni e aspettative di altri partecipanti in selezioni a “numero chiuso” (Cons. Stato, Sez. IV, 6.5.04, n. 2767 e TAR Abruzzo, Aq, 14.7.16, n. 429).

Per tale ragione non può trovare applicazione analogica nel presente contenzioso la giurisprudenza invocata da parte ricorrente (V. TAR Lazio, Sez. III bis, 15.2.19, n. 2118), perché relativa a procedura non sovrapponibile a quella in esame e perché contenente motivazione non idonea a superare le osservazioni ora riportate, a cui il Collegio – come detto – ritiene di aderire.

Non può, poi, non rilevarsi come il Consiglio di Stato, nell’ammettere i ricorrenti “con riserva”, aveva precisato esplicitamente che questa era disposta “… con l’esclusione di qualunque eventuale effetto ulteriore di costituzione del rapporto nel caso di conclusione favorevole della procedura selettiva, ove intervenuta prima della definizione del presente giudizio ” (Sez. IV, ord. n. 3899/17 cit.).

Vi è da evidenziare, comunque, che in senso generale la giurisprudenza ha precisato come il c.d. “principio dell’assorbimento” non sia utilizzabile nel caso di concorso per titoli ed esami, in cui l'accertamento di determinati requisiti di “ingresso” alla fase concorsuale non si sovrappone a quello orientato alla verifica delle capacità e del rendimento dei candidati ammessi dopo il superamento della “preselezione” (Cons. Stato, Sez. IV, 14.2.05, n. 438).

Analogamente si è ritenuto che il superamento delle prove scritte ed orali di un concorso, al quale il candidato è stato ammesso “con riserva”, non assorbe l'esito negativo della “preselezione”, la quale costituisce solo un presupposto indispensabile per l'espletamento del concorso stesso (TAR Lazio, Sez. II quater, 5.6.18, n. 6227;
TAR Puglia, Le, Sez. II, 10.12.12, n. 1970).

Deve, quindi, ribadirsi il carattere strumentale dell’ordinanza di “sospensiva”, che nel caso di specie ha assunto una natura provvisoria ed interinale ed era da intendersi unicamente al fine di evitare che la protrazione del giudizio si risolvesse in un danno irreversibile per i ricorrenti, sicché essa era destinata “naturaliter” a perdere efficacia al momento della conclusione del giudizio.

Ne consegue che il gravame, alla luce di quanto dedotto, si palesa infondato e pertanto non può trovare accoglimento per quanto riguarda la domanda di annullamento.

Analogamente deve concludersi per la collegata domanda risarcitoria, dato che manca il presupposto dell’illegittimità dei provvedimenti impugnati sulla base dei quali i ricorrenti rilevavano il porsi in essere di un danno nei loro confronti.

La peculiarità e novità della fattispecie nonché l’esito della fase cautelare globalmente considerata consentono di compensare eccezionalmente le spese di lite.

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