TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2020-09-17, n. 202003874
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Pubblicato il 17/09/2020
N. 03874/2020 REG.PROV.COLL.
N. 01616/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1616 del 2012, proposto da
B A, rappresentato e difeso dall'avvocato L A, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, viale Gramsci n.16;
contro
Comune di Sant'Agnello, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G E, con domicilio eletto presso lo studio Emilio Paolo Salvia in Napoli, via S.Brigida,79;
per l'annullamento
per l'annullamento dell'ordinanza prot. 1414/11/ab reg.ord. 6/2010 del 10/01/2012, con cui il Comune di S. Agnello ingiunge la demolizione, con esecuzione in danno decorsi 90 gg, delle opere abusive.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Sant'Agnello;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 16 giugno 2020 il dott. D D F;
Ritenuto che l’udienza si è svolta da remoto, ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del D.L. n.18/2020 convertito con modificazioni dalla L. n. 27/2020 e del D.P. n.14/2020/Sede, mediante l’utilizzo del software Microsoft Teams, individuato nelle indicazioni impartite dal Segretario Generale della G.A. e dal Servizio per l’Informatica della G.A;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato in data 26 marzo 2012 e depositato il successivo 12 aprile, il sig. B A espone di essere proprietario nel Comune di Sant’Agnello di una villetta bifamiliare circondata da terrazzamenti degradanti verso mare per circa 1.000 mq e impugna, chiedendone l’annullamento previa sospensione degli effetti, l’ordinanza n. 6 del 10 gennaio 2012 (notificata il successivo 23 gennaio) con cui il predetto Comune gli ha ingiunto la demolizione e la riduzione in pristino delle opere realizzate nel terreno di cui sopra.
In particolare, nella gravata ordinanza il Comune, a seguito del sopralluogo effettuato dai propri tecnici in data 28 novembre 2011, ha rilevato la realizzazione in assenza di titoli edilizi abilitativi “ di un impalcato con struttura portante costituita dal telaio metallico e sovrastante tavolato in legno lamellare con inserita, al centro, una piscina costituita da elementi prefabbricati metallici bullonati tra loro e fissati al suolo con getto conglomerato cementizio . La dimensione complessiva dell’opera realizzata è di circa mq 142.80 (ml. 21.00xm.6.80) con un’altezza dal calpestio di m. 1.90 circa ”.
Avverso tale provvedimento e il verbale di sopralluogo, il sig. Acampora ha proposto le seguenti censure.
I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 e ss. della l. n. 241/1990;violazione del giusto procedimento;difetto di motivazione;assenza di istruttoria. Contraddittorietà;eccesso di potere;violazione della l.r. n. 35/1987 art. 17 e ss.;contrasto con i precedenti.
L’ordine di demolizione sarebbe illegittimo per mancata indicazione delle disposizioni violate, con conseguente difetto di motivazione, aggravato dalla mancata descrizione degli interventi e delle caratteristiche dei luoghi che, grazie alle opere contestate, sarebbero divenuti più fruibili.
II) Violazione e falsa applicazione degli artt. 27, 33 e 36 del d.P.R. 380/2001;eccesso di potere;difetto di istruttoria;violazione del principio di proporzionalità;violazione art. 3, co. 1, lett. b) d.P.R. n. 380/2001;mancata valutazione della tipologia e delle caratteristiche e pertinenzialità delle opere.
Le opere abusive sarebbero state descritte in modo impreciso e generico laddove potevano farsi rientrare tra quelle di cui all’art. 3, co. 1, lett. b) del d.P.R. n. 380/2001 (interventi di manutenzione straordinaria), non alterando minimamente l’ambiente circostante.
III) Violazione degli artt. 31-37 d.P.R. n. 380/2001 co. 2 e 3;eccesso di potere;difetto di istruttoria;violazione e falsa applicazione artt. 22 e 27 d.P.R. n. 380/2001;violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della l.r. n. 19/2001;violazione dell’art. 6 del d.P.R. n. 380/2001;eccesso di potere per difetto di istruttoria;falsa applicazione del d.lgs. n. 42/2004.
Secondo il ricorrente le opere del tipo di quelle contestate avrebbero potuto essere realizzate mediante SCIA, mentre, sotto il profilo paesaggistico, le opere in questione sarebbero sostanzialmente irrilevanti;il Comune avrebbe dovuto evitare soluzioni rigoristiche, potendo semmai applicare una sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria adottata.
V) Erroneità dei presupposti in fatto e in diritto;eccesso di potere per violazione del giusto procedimento;omessa istruttoria;difetto assoluto di motivazione e mancato contemperamento tra pubblico interesse spesa pubblica e interessi privati;falsa applicazione del d.lgs. n. 42/2004;mancata valutazione dell’impatto paesaggistico.
Parte ricorrente adduce che la realizzazione della piscina interrata e della pavimentazione non potrebbe alterare i valori paesaggistici perché non costituenti verticalizzazioni in pregiudizio di visuali e visioni prospettiche che alterino il contesto ambientale.
Si è costituito il Comune di Sant’Agnello depositando documenti.
Con successiva memoria, parte ricorrente ha premesso di aver proposto richiesta di accertamento di conformità (prot. 7020 del 19 aprile 2012) al Comune di S. Agnello ex art.37 d.P.R. n. 380/2001 e ha chiesto la declaratoria di improcedibilità del ricorso, sull’asserito presupposto che l’accertamento richiesto varrebbe a rendere inefficace l’ordine di demolizione impugnato. Con successiva memoria parte ricorrente ha poi insistito nelle censure proposte con il ricorso e all’udienza pubblica straordinaria per lo smaltimento dell’arretrato del 16 giugno 2020 la causa è stata introitata per la decisione.
Deve preliminarmente esaminarsi l’eccezione di sopravvenuto difetto di interesse proposta da parte ricorrente.
Secondo il sig. Acampora la proposizione della domanda di accertamento di conformità produrrebbe l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse.
L’assunto attoreo non è condivisibile.
Il Collegio aderisce a quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui la presentazione di una istanza di sanatoria dopo che l’amministrazione abbia ingiunto la demolizione di opere abusive non rende inefficace l’ordine di demolizione ma produce un mero effetto sospensivo della possibilità della sua esecuzione in pendenza di procedura di sanatoria (Consiglio di Stato , sez. VI , 10 febbraio 2018, n. 6954;TAR Campania, sez. VI, 7 luglio 2020, n. 2907;TAR Campania, Napoli , sez. III , 3 gennaio 2019 , n. 26). Ne consegue che la domanda di accertamento, che nella specie è stata poi respinta, non è idonea di per sé stessa ad incidere sugli effetti del provvedimento demolitorio.
In definitiva il Collegio ritiene che il ricorso sia procedibile.
Può dunque passarsi allo scrutinio delle censure di merito che, per la loro obiettiva connessione, possono essere esaminate congiuntamente.
Esse sono complessivamente infondate per le ragioni che di seguito si espongono.
Quanto al preteso difetto di motivazione, la giurisprudenza dominante e condivisibile, afferma che l’ordinanza di demolizione, in quanto atto dovuto e rigorosamente vincolato, non necessita di particolare motivazione, potendosi ritenere adeguata e autosufficiente la motivazione quando già solo siano rinvenibili la compiuta descrizione delle opere abusive, la constatazione della loro esecuzione in assenza o difformità dal permesso di costruire e l’individuazione della norma applicata, come ravvisabile nel caso di specie in cui la gravata ordinanza indica i profili dimensionali delle opere abusive, ogni altra indicazione, esulando dal contenuto necessario del provvedimento (cfr. ex multis da ultimo TAR Campania, sez. II, 27 dicembre 2019, n. 6158;TAR Campania, Sez. VIII, 30 maggio 2017 n. 2870 e 28 gennaio 2016 n. 538;TAR Campania, Sez. VI, 23 gennaio 2012 n. 315). Inoltre, si rileva che i provvedimenti di repressione degli abusi edilizi sono atti dovuti con carattere essenzialmente vincolato e privi di margini discrezionale, per cui è da escludere la necessità di una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico concreto ed attuale o di una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati;ne discende che i provvedimenti repressivi di abusi edilizi sono sufficientemente motivati con riguardo all’oggettivo riscontro dell’abusività delle opere ed alla sicura assoggettabilità di queste al regime dei titoli abilitativi edilizi e del corrispondente trattamento sanzionatorio, non rivelandosi necessario alcun ulteriore dettaglio motivazionale.
Del resto il riferimento alle norme violate è contenuto nel preambolo dell’ordinanza di demolizione che rinvia alle disposizioni fondamentali in materia;mentre non vi è spazio per l’Amministrazione comunale di apprezzare eventuali elementi estetici dell’opera abusiva, atteso che una tale valutazione è preclusa dal divieto di realizzazione delle opere in assenza del necessario titolo edilizio abilitativo, con una valutazione operata ex ante dal Legislatore.
Pure infondata è la terza censura con cui parte ricorrente lamenta che la piscina avrebbe carattere pertinenziale e non richiederebbe il permesso di costruire.
E infatti, giova richiamare anche sul punto l’orientamento dominante della giurisprudenza amministrativa secondo cui la realizzazione di una piscina non può essere attratta alla categoria urbanistica delle mere pertinenze, in quanto non è necessariamente complementare all'uso delle abitazioni e non è solo una attrezzatura per lo svago, ma integra gli estremi della nuova costruzione, in quanto dà luogo ad una struttura edilizia che incide invasivamente sul sito di relativa ubicazione, e postula, pertanto, il previo rilascio dell'idoneo titolo ad aedificandum , costituito dal permesso di costruire (TAR Campania, Napoli, sez. III, 7 gennaio 2020, n. 42;TAR Campania, Salerno, sez. II, 18 aprile 2019, n.642).
Riguardo alla pavimentazione della “spiazzo di forma circolare di superficie circa mq. 350” ed al “livellamento dello spiazzo di terreno livellato di superficie di circa 250 mq.”, basta il richiamo alla giurisprudenza che si condivide, per la quale: “ L'intervento edilizio, consistente nella pavimentazione di tutta l'area di pertinenza dell'intero stabile con cemento nonché la contestuale realizzazione di una scala e di una parte di pavimentazione in cotto, integrano trasformazione urbanistica ed edilizia, tendenzialmente permanente ed alterazione dell'assetto del territorio da qualificare correttamente come intervento di nuova costruzione in ossequio al disposto dell'art. 3, comma 1, lett. e), d.P.R. n. 380 del 2001, e conseguentemente subordinato a permesso di costruire in forza dell'art. 10, comma 1, lett. a) dello stesso decreto (T.A.R. Napoli, (Campania) sez. III, 20/02/2018, n.1093);Le opere di scavo, di sbancamento e di livellamento del terreno, finalizzate ad usi diversi da quelli agricoli, in quanto incidono sul tessuto urbanistico del territorio, sono soggette a titolo abilitativo edilizio e sono quindi illegittime se eseguite in mancanza di autorizzazioni ” (T.A.R. Napoli, (Campania) sez. IV, 25/10/2018, n. 6218).
Pertanto, è da escludere che, nella fattispecie, possano trovare applicazione le normative invocate con le censure che prevedono titoli di autoamministrazione (s.c.i.a.) compatibili unicamente con la conservazione delle preesistenze, in funzione della tutela del diritto di proprietà senza alcuna “innovazione” sul territorio e la cui mancanza è sanzionabile solo pecuniariamente.
Non appare poi corretta l’affermazione di parte ricorrente secondo cui la realizzazione di una piscina e la sostituzione del suolo agricolo con pavimentazione non immuti lo stato dei luoghi e non abbia impatto paesaggistico, tenuto conto che si tratta di modifiche sostanziali alla configurazione del territorio sul quale tali opere insistono;sotto questo profilo la circostanza che la piscina interrata e la pavimentazione non si sviluppino in verticale, non esclude che esse alterino la consistenza dei suoli e costituiscano interventi edilizi sostanzialmente innovativi e modificativi dell’assetto edilizio del territorio, senza che, come detto, residui alcun margine di ponderazione tra interessi pubblici e privati, come, invece, preteso da parte attrice.
In definitiva tutte le censure sono infondate e il ricorso deve conseguentemente essere respinto.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.