TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2013-11-11, n. 201309545
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N. 09545/2013 REG.PROV.COLL.
N. 02310/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2310 del 2007, proposto da:
T A, rappresentato e difeso dagli Avv. ti Roberto Righi e R T, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Carducci, 4;
contro
Comune di Montalto di Castro, in persona del Sindaco p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli Avv. ti M M ed E Q, con domicilio eletto presso lo studio degli stessi in Roma, via Nicolò Porpora, 16;
Agenzia del Territorio - Direz. Reg.Le Lazio - Uff. Prov. Viterbo, in persona del Direttore in carica, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Soc Dalmazia Trieste Srl, in persona del legale rappresentante p.t., costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli Avv. ti Marcello Mole' ed E Q, con domicilio eletto presso lo studio degli stessi in Roma, via Nicolò Porpora, 16;
Soc Enel Real Estate Spa - Gruppo Enel Spa;
per l'annullamento
del decreto dirigenziale del Comune di Montalto di Castro n.1 del 28 dicembre 2006 recante l'acquisizione delle aree occupate senza titolo per la realizzazione di alloggi in località “Pescia Romana” e la determinazione del risarcimento del danno,
nonché degli atti connessi, tra cui, in particolare:
- la delibera di G.C. n. 330 del 27 ottobre 2005,
- la determinazione dirigenziale n. 426 del 6 dicembre 2006 e la relazione di stima dell’Agenzia del Territorio di Viterbo prot. n. 8256 del 18 ottobre 2006,
nonché
per l’accertamento del diritto del ricorrente a vedersi riconosciuto il maggiore giusto indennizzo delle aree già di sua proprietà,
e per la condanna
del Comune di Montalto di Castro e/o dell’Enel Real Estate s.p.a – Gruppo Enel s.p.a. (poi Dalmazia Trieste s.r.l., oggi Enel Servizi s.r.l.), ovvero in solido tra loro, al pagamento nei confronti del ricorrente di tale indennizzo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Montalto di Castro, della Soc. Dalmazia Trieste s.r.l. (oggi Enel Servizi s.r.l.) e dell’Agenzia del Territorio - Direz Reg.Le Lazio - Uff. Prov. Viterbo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 giugno 2013 il dott. F A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in epigrafe il signor A T ha impugnato il d.d. n. 1 del 28 dicembre 2006, con il quale il Comune di Montalto di Castro:
- ha disposto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 43 del D.P.R. n. 327/2001, l’acquisizione di un’area di proprietà dello stesso sita in località Pescia Romana e identificata in catasto al Foglio 15 part. 36, a seguito di occupazione sine titulo per la realizzazione di alloggi ERP;
- ha liquidato il danno nella misura complessiva pari a Euro 355.914, 38.
Unitamente a detta determinazione parte ricorrente ha impugnato gli atti connessi, presupposti e conseguenziali indicati in epigrafe.
Il ricorrente ha chiesto l’accertamento del proprio diritto al maggiore “giusto indennizzo” e la conseguente condanna del Comune di Montalto di Castro e/o dell’E.N.E.L. S.p.A. (cui è succeduta la Dalmazia Trieste s.r.l, ora Enel servizi s.r.l.) al pagamento di detto indennizzo nella maggior misura da determinarsi in giudizio.
2. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Montalto di Castro, la Soc. Dalmazia Trieste Srl (oggi Enel Servizi s.r.l.) e l’Agenzia del Territorio - Direz Reg.Le Lazio - Uff. Prov. Viterbo, resistendo al ricorso.
3. Con l’ordinanza collegiale n. 6572/2012, il Tribunale ha disposto lo svolgimento di una consulenza tecnica d’ufficio.
A seguito di una proroga e del successivo deposito della relazione del consulente tecnico d’ufficio, il ricorso è stato nuovamente chiamato per la discussione all’udienza pubblica del 20 giugno 2013 e quindi trattenuto in decisione.
4. Va anzitutto esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione formulata dalla difesa del Comune di Montalto di Castro e della controinteressata costituita.
L’eccezione si fonda (in sintesi) sulle seguenti considerazioni:
- il ricorrente non ha censurato in questa sede l’acquisizione dell’immobile, la quale è stata disposta ex art. 43 del D.P.R. n. 327/2001 a seguito della scadenza del periodo di occupazione legittima e della mancata conclusione del procedimento espropriativo;
- la sopravvenuta declaratoria di incostituzionalità del predetto articolo 43 (di cui alla sentenza Corte cost. n. 293/2010) non incide su detta acquisizione, trattandosi di un rapporto esaurito per questo aspetto;
- il thema decidendum del presente giudizio è quindi circoscritto alla questione del maggiore giusto indennizzo, non potendosi rimettere in discussione la spettanza alla P.A. della proprietà del bene (considerate inoltre sia l’implicita rinuncia da parte del ricorrente alla restituzione del bene in natura, sia l’avvenuta usucapione ventennale da parte dell’Amministrazione, a decorrere dalla trasformazione irreversibile del bene);
- detta questione andrebbe quindi attribuita al giudice ordinario alla stregua dell’art. 133, comma 1, lettera g) cod. proc. amm..
4.1 Ad avviso del Collegio, va anzitutto rilevato che nella specie è vero che l’effetto acquisitivo della proprietà a favore del Comune di Montalto di Castro si è ormai consolidato ed esaurito, non essendo stato impugnato, per questo aspetto, il relativo provvedimento. Pertanto, ciò impedisce che a questo riguardo venga in rilievo la sopravvenuta declaratoria di incostituzionalità dell’art. 43 del D.P.R. n. 327/2001.
Ma il provvedimento è stato comunque impugnato e censurato nella parte relativa alla liquidazione del danno.
Per definire il giudizio sul punto, tuttavia, non è più possibile applicare il richiamato art. 43 del testo unico degli espropri, dichiarato incostituzionale. Occorre quindi rifarsi al nuovo art. 42 - bis , che ha sostituito la precedente normativa: e infatti il relativo comma 8 ne afferma coerentemente l’applicabilità ai fatti anteriori;mentre l’intervenuto consolidamento degli effetti giuridici della disposta acquisizione rende superflua un’ulteriore attività valutativa della p.a. al riguardo, ai fini dell’adozione di un nuovo provvedimento o di un accordo di cessione col privato (attività che il medesimo comma richiede espressamente - e comprensibilmente - con riferimento al caso in cui vi sia già stato un provvedimento di acquisizione successivamente ritirato o annullato).
Ora, il Collegio ben conosce la giurisprudenza secondo cui, a seguito dell’entrata in vigore del richiamato art. 42 - bis del D.P.R. n. 327/2001, le questioni inerenti alla congruità dell'indennizzo fissato nel decreto di acquisizione non possono costituire oggetto di giudizio innanzi al giudice amministrativo, risultando esse sottoposte alla giurisdizione del g.o., ai sensi dell'art. 133 comma 1 lett. g) cod.proc. amm., dovendo le stesse essere ricondotte alle ipotesi - ivi previste - di determinazione e di corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa, dato che il legislatore, infatti, dopo la caducazione dell'art. 43 del t.u. approvato con d.P.R. 327 del 2001 ha correlato l'adozione del provvedimento di acquisizione sanante dell'immobile non più a una misura risarcitoria ma indennitaria, con conseguente sussistenza al riguardo della giurisdizione ordinaria (cfr. da ultimo Consiglio di Stato, sez. IV, 29 agosto 2013, n. 4318).
Ma nella specie occorre fare applicazione della perpetuatio jurisdictionis , disciplinata dall’art. 5 c.p.c., sulla base delle seguenti considerazioni:
a) il ricorso è stato correttamente incardinato innanzi al giudice amministrativo, avuto riguardo al petitum sostanziale azionato in giudizio, dato che la giurisdizione sulle pretese risarcitorie in caso di occupazione sine titulo , nelle ipotesi in cui non manchi la dichiarazione di pubblica utilità, è stata ritenuta spettare al giudice amministrativo (cfr. ad es., di recente, Consiglio di Stato, sez. IV, 10 giugno 2013, n. 3167);
b) il mutamento del titolo formale della pretesa (da risarcitorio - come correttamente va qualificato, al di là del nomen juris adoperato, l’oggetto della domanda originariamente proposta - a indennitario) non osta all’applicazione dell’art. 5 c.p.c., avuto riguardo sia alla necessità di qualificare l’azione (art. 32 c.p.a.) come sostanzialmente rivolta a ottenere il dovuto ristoro economico a seguito della privazione della proprietà del bene, sia all’irrilevanza dei mutamenti di fatto e di diritto successivi alla proposizione della domanda ai fini del radicamento della giurisdizione (mentre per converso lo jus superveniens rimane applicabile proprio ai fini della trattazione della domanda nel merito, senza che ciò configuri violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato: Cass. Civ., sez. I, 15 ottobre 2002, n. 14664);
c) neppure osta a tanto il noto orientamento giurisprudenziale in base al quale non è applicabile l’art. 5 c.p.c. qualora la norma originariamente vigente sia venuta meno per declaratoria di incostituzionalità, in quanto anche indipendentemente da detta norma la giurisdizione amministrativa esclusiva sul ricorso andava ritenuta sussistente ab origine per la ragione indicata al precedente punto a).
Conseguentemente l’eccezione di difetto di giurisdizione deve essere respinta.
5. La difesa del Comune e della controinteressata ha eccepito anche la prescrizione del diritto al risarcimento dei danni.
L’eccezione è infondata, in quanto il diritto al risarcimento (e adesso all’indennità prevista dal vigente art. 42 - bis del D.P.R. n. 327/2001) nasce al momento dell’acquisizione della proprietà da parte del Comune sulla base dell’apposito provvedimento, che nella specie è stato adottato nel 2006, mentre il ricorso è stato proposto nel 2007.
In tal senso si è infatti espressa la giurisprudenza, secondo cui a seguito dell'entrata in vigore dell'istituto dell'acquisizione sanante di cui all'art. 43 d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, in caso di occupazione sine titulo a fini espropriativi, l'illecito permane fino alla restituzione dell'immobile ovvero al sopravvivere di un formale atto di acquisizione, con la conseguenza che fino a tale momento non inizia a decorrere il termine di prescrizione dell'azione di risarcimento del danno sofferto (cfr. ex multis T.A.R. Lazio, sez. II, 10 gennaio 2011, n. 72;con riferimento all’art. 42 - bis e alle relative pretese indennitarie cfr. T.A.R. Toscana, sez. I, 23 ottobre 2012, n. 1707).
6. Venendo al merito della controversia, il Collegio ritiene anzitutto di condividere gli snodi fondamentali del percorso argomentativo risultante dagli esiti della consulenza tecnica, e in particolare:
A) il fatto che l’area debba essere considerata edificabile ai fini che qui interessano, in quanto la giurisprudenza prevalente ritiene:
- che ove la zona oggetto del piano non fosse già prevista come zona di espansione destinata ad edilizia residenziale, come nel caso che essa avesse destinazione agricola nel Piano regolatore generale, l'approvazione del P.e.e.p. costituisce un provvedimento a duplice effetto, in quanto è ad un tempo approvazione di variante allo strumento urbanistico fondamentale o di secondo livello (Piano regolatore generale o Piano di fabbricazione) ed approvazione di piano di zona attuativo di terzo livello (v. L. n. 167 del 1962, art. 8;L. n. 865 del 1971, art. 33, L. n. 10 del 1977. artt. 2 e 13);- che nella valutazione della natura edificabile del terreno secondo diritto, a fini espropriativi, non è quindi sufficiente fare riferimento al P.r.g. nella sua originaria formulazione nel quale il terreno in questione sia collocato in zona agricola (come nel caso di specie), ma occorre anche tenere presente la destinazione che quel terreno abbia assunto nel P.c.c.p. che del P.r.g. o del P.d.f. costituisce variante, ed in base ad esso verificarne la natura edificatoria e valutarne le caratteristiche (Cassazione civile, sez. I, 28 maggio 2010, n. 13087);
B) l’adozione del metodo del “prezzo di trasformazione” per il calcolo del valore venale dell’area, basato sulla congiunta considerazione dei ricavi realizzabili dalla vendita degli alloggi e dei costi necessari per realizzarlo;
C) la considerazione non solo del noto valore ambientale dell’area, che è un dato per così dire “di sfondo”, ma soprattutto del concreto atteggiarsi della domanda e dell’offerta in relazione alle caratteristiche tipologiche e insediative degli edifici realizzati: edifici che non risultano né essere particolarmente attrattivi sul mercato turistico della Bassa Maremma né oggetto di domanda interna notevole e/o in aumento, alla stregua delle condivisibili e motivate argomentazioni risultanti dalla relazione del consulente tecnico di ufficio.
7. Su due punti la relazione del consulente si esprime tuttavia in termini problematici.
7.1 Il primo di essi riguarda il rilievo da dare al fatto che con due convenzioni in forma pubblica amministrativa del 1984 e del 1987 sarebbe stato costituito in favore di Enel (ora Enel Servizi s.r.l. per quanto qui interessa) il diritto di superficie sui mq. 10.050 di terreno appartenenti all’odierno ricorrente.
Secondo la tesi del perito di parte di Dalmazia Trieste (ora Enel Servizi s.r.l.), in capo alla quale sono stati trasferiti i diritti e gli obblighi originariamente in capo a ENEL (tesi condivisa dal perito del Comune), dette convenzioni, pur riguardando terreni non ancora espropriati, tuttavia costituirebbero atti di acquisto a non domino del diritto di superficie, regolarmente trascritti;il che, unitamente all’avvenuta realizzazione degli edifici con l’ animus del titolare del diritto di superficie da parte di ENEL, configurerebbe, trascorso il decennio di cui all’art. 1159 c.c., l’usucapione di tale diritto (dal 27.6.1997): circostanza decisiva ai fini della valutazione dell’indennizzo nella specie.
Il perito del ricorrente invece ritiene che il diritto di superficie rappresenti ordinariamente il regime in base al quale l’amministrazione utilizza l’area successivamente all’esproprio e non può dunque incidere sul valore dell’area a fini espropriativi.
Il Collegio ritiene - pronunciandosi in via incidentale sulla questione, ai sensi dell’art. 8, comma 1 cod.proc.amm. - che la ricostruzione del consulente di parte resistente vada disattesa per un’assorbente ragione: le convenzioni del 31.5.1984 e del 28.5.1987, volte all’assegnazione delle aree ex L. n. 167/1962, contenevano solamente l’impegno del Comune a concedere il diritto di superficie, rimandando per il perfezionamento dell’atto definitivo ai sei mesi successivi alla futura acquisizione della proprietà delle aree da parte del Comune medesimo.
E’ vero che la Sezione V della Cassazione (sent. 30 giugno 2010, n. 15447) ha ritenuto che nella specie la concessione allo IACP delle aree attribuisse allo stesso il diritto di superficie con i connessi oneri d’imposta. Ma siffatta valutazione deve essere effettuata caso per caso secondo i normali canoni di ermeneutica degli atti giuridici. Ne discende che nel caso in esame - alla stregua del tenore delle clausole delle summenzionate convenzioni - deve rilevarsi l’inesistenza di un “titolo idoneo a trasferire” il diritto di superficie, da intendersi come titolo civilisticamente efficace e rilevante ai sensi dell’art. 1159 c.c.;e questo anche a prescindere della questione della buona fede dell’ente concessionario.
Ne consegue che delle due ipotesi formulate in via alternativa nella relazione del consulente tecnico d’ufficio deve essere considerata valida solamente quella basata sulla non sussistenza del diritto di superficie.
7.2 La seconda questione attiene all’esatta individuazione della superficie dell’area da prendere come riferimento per i conseguenti calcoli.
Il perito del ricorrente ritiene che la superficie di 10.050 mq. risultante dagli atti vada integrata con quella delle parti residuali inutilizzabili ai fini costruttivi e di fatto già possedute da ENEL, le quali ammonterebbero a 1.394 mq..
Le controparti ritengono che si tratterebbe di parti di terreno non comprese nel compendio della controversia e costituenti accesso alla porzione di terreno residuale della proprietà Tocci.
Il CTU si è attenuto nei propri calcoli al compendio originariamente individuato, pur sottolineando la problematicità della questione.
Il Collegio ritiene che in questa sede occorra occuparsi solamente dell’immobile di cui è controversia: ossia dell’area di cui al mappale 36 del Foglio 15, di 10.050 mq., oggetto del provvedimento di acquisizione non contestato in questa sede, rimanendo impregiudicate le questioni relative ad altre porzioni di terreno.
8. La difesa del Comune e della controinteressata chiede l’applicazione dell’art. 55 del D.P.R. n 327/2001, che disciplina le occupazioni senza titolo anteriori al 30 settembre 1996;ma nella specie occorre ribadire, a parte ogni altra questione, l’imprescindibilità dell’avvenuta acquisizione dell’area al patrimonio comunale mediante l’apposito provvedimento non contestato in parte qua ;con la conseguenza che occorre procedere ai necessari adempimenti volti al ristoro economico del ricorrente, alla stregua dell’art. 42 - bis del medesimo testo unico.
9. Una volta definite nei suesposti termini le questioni rilevanti, deve infine concludersi - alla stregua delle condivisibili conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio - che il ricorso deve essere accolto, con la condanna del Comune di Montalto di Castro (che ha adottato il provvedimento di acquisizione, non contestato, dal quale sorgono gli obblighi di indennizzo) a pagare la somma spettante all’odierno ricorrente ai sensi dell’art. 42 - bis T.U. Espr., la quale ammonta a Euro 973.800 (di cui 424.000 Euro per il valore venale dell’area, 465.000 Euro a titolo risarcitorio per il periodo di occupazione legittima ai sensi del comma 3, e 84.800 Euro quale indennizzo del pregiudizio non patrimoniale ai sensi del comma 5 della medesima disposizione).
Da tale importo vanno detratte le somme già erogate al proprietario, maggiorate dell'interesse legale (art. 42 - bis , comma 8).
10. Le spese del presente ricorso possono essere compensate in considerazione della complessità della vicenda, ad eccezione del compenso del consulente tecnico di ufficio, che va posto a carico del Comune di Montalto di Castro e che va liquidato avuto riguardo all’impegno del professionista e all’importanza della prestazione (art. 38 del D.M. Giustizia 20.7.2012, n. 140), nella misura indicata in dispositivo.