TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2021-10-04, n. 202110124

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2021-10-04, n. 202110124
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202110124
Data del deposito : 4 ottobre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/10/2021

N. 10124/2021 REG.PROV.COLL.

N. 07384/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7384 del 2012, proposto da
A N, rappresentato e difeso dall'avvocato G A, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A D G in Roma, via di San Basilio, 61;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi l.r.p.t. rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la condanna

delle amministrazioni convenute alla ricostruzione di carriera, con corresponsione degli arretrati o, in via subordinata, al risarcimento del danno causato dall’illegittimità dei provvedimenti di esclusione dal concorso per allievi agenti della polizia di Stato, bandito il 28 novembre 2008;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno, Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 settembre 2021 il dott. A A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso notificato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero dell’interno e al Ministero dell’economia e delle finanze il 9 luglio 2012, depositato il 25 settembre 2012, il ricorrente chiede la condanna delle amministrazioni convenute alla ricostruzione di carriera, con corresponsione degli arretrati o, in via subordinata, al risarcimento del danno causato dall’illegittimità dei provvedimenti di esclusione dal concorso per allievi agenti della polizia di Stato, bandito il 28 novembre 2008 che, seppure annullati con sentenza del Tar del Lazio numero 2790 del 2011, avrebbero determinato un ingiusto ritardo nell’ammissione al corso per allievi agenti della polizia e, di conseguenza, nell’inquadramento con la qualifica di agente della polizia di Stato.

Le amministrazioni statali resistenti eccepiscono il difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’economia e delle finanze e, nel merito, l’infondatezza del ricorso, per mancanza di prova della effettività del danno, in quanto il ricorrente, all’atto della proposizione del ricorso, non aveva ancora concluso il corso di formazione per allievo agente e quindi non avrebbe potuto avere certezza della nomina ad agente della polizia di Stato;
inoltre, l’interessato non avrebbe impugnato l’atto di nomina, con conseguente intangibilità della decorrenza giuridica ed economica dell’inquadramento;
infine, non sarebbero stati provati tutti i presupposti della responsabilità per danni e, in particolare, il danno non patrimoniale sarebbe completamente sprovvisto di prova.

Nella memoria di replica, parte ricorrente insiste nella domanda risarcitoria specificando che il ritardo nella assunzione è rilevabile dal fatto che il 177º corso allievi agenti, cui avrebbe dovuto partecipare il ricorrente, qualora non ne fosse stato illegittimamente escluso, è iniziato il 29 dicembre 2009, mentre il 184º corso allievi agenti, cui ha effettivamente partecipato l’interessato, ha avuto inizio solo il 30 dicembre 2011.

Il ricorso è trattato nel merito all’udienza del 28 settembre 2021, venendo in decisione.

DIRITTO

La vicenda contenziosa trae origine dalla illegittima esclusione del ricorrente dal concorso per allievi agenti della polizia di Stato, indetto con bando pubblicato il 28 novembre 2008.

Il provvedimento di esclusione era stato impugnato dall’interessato con ricorso a questo Tribunale amministrativo regionale.

Il Tar del Lazio, dopo aver sospeso in sede cautelare l’efficacia del provvedimento di esclusione con l’ordinanza numero 1437 del 26 marzo 2010, confermata, in appello, dal Consiglio di Stato con l’ordinanza cautelare numero 4447 del 20 luglio 2010, aveva accolto definitivamente il ricorso, annullando il provvedimento di esclusione dal concorso con la sentenza numero 9780 del 15 dicembre 2011.

Nelle more della definizione di tale giudizio, l’interessato aveva più volte diffidato l’amministrazione dell’interno a dare esecuzione all’ordinanza cautelare del Tribunale amministrativo regionale, ma il Ministero si era limitato ad inserire, con riserva, il ricorrente nella graduatoria concorsuale, senza consentirgli la partecipazione al corso di formazione per allievi agenti della polizia di Stato.

Soltanto dopo la pubblicazione della sentenza di accoglimento del ricorso, l’interessato è stato ammesso al corso di formazione per allievi agenti della polizia di Stato che ha avuto inizio il 30 dicembre 2011, con circa 2 anni di ritardo sul corso iniziato il 29 dicembre 2009, al quale avrebbe avuto titolo a partecipare qualora non fosse stato estromesso dalla graduatoria.

Con il ricorso che viene in decisione, l’interessato chiede la condanna delle amministrazioni convenute alla ricostruzione di carriera o, in via subordinata, al risarcimento del danno ingiusto cagionato dall’esecuzione del provvedimento di illegittima esclusione dal concorso, articolato nelle voci del danno patrimoniale e del danno non patrimoniale.

Preliminarmente deve essere accolta l’eccezione sul difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’economia e delle finanze, trattandosi di pubbliche amministrazioni del tutto estranee alla controversia, che, pertanto, devono essere estromesse dal processo.

Nel merito, si deve considerare che la condotta tenuta dall’amministrazione dell’Interno, nelle more della definizione del giudizio amministrativo sul provvedimento di esclusione dal concorso, si presenta come oggettivamente illecita, essendo stato accertato, con sentenza passata in giudicato, che il provvedimento di esclusione dal concorso presentava vizi di legittimità.

Sebbene tale provvedimento fosse stato immediatamente sospeso in sede cautelare dal giudice amministrativo e l’interessato avesse tempestivamente e reiteratamente invitato l’amministrazione a riammetterlo alla procedura di assunzione, la P.A. si è limitata a mantenere il ricorrente in una posizione di riserva nella graduatoria dei vincitori e degli idonei, senza la prosecuzione della procedura di reclutamento, consistente nell’ammissione al corso di formazione per allievi agenti.

In tal modo, essendo stata inutilmente attesa la conclusione del processo, nonostante l’efficacia di un’ordinanza cautelare confermata in appello dal Consiglio di Stato, sono decorsi 2 anni da quando l’interessato avrebbe potuto iniziare la carriera di allievo agente della polizia di Stato fino a quando egli è stato effettivamente ammesso al corso di formazione.

Così ricostruita la vicenda, si deve innanzitutto escludere la fondatezza della domanda principale proposta in ricorso, per la ricostruzione della carriera.

Il fatto che il ricorrente non abbia impugnato il provvedimento di inquadramento non gli consente di contestare la decorrenza giuridica ed economica dell’inizio della propria carriera, ormai inoppugnabile.

Di conseguenza deve essere respinta la domanda del ricorrente per la retrodatazione della nomina ad agente di polizia, con la corresponsione delle conseguenti differenze retributive.

In via subordinata, peraltro, il ricorrente chiede il risarcimento del danno a titolo di responsabilità da contatto sociale qualificato o a titolo di responsabilità extra contrattuale.

Riguardo la responsabilità da contatto sociale qualificato, si ritiene che la domanda risarcitoria per lesione dell’affidamento riposto nella correttezza dell’azione amministrativa possa sorgere solo in presenza di un rapporto tra la pubblica amministrazione ed il privato che con essa sia entrato in relazione inquadrabile nella responsabilità di tipo contrattuale, secondo lo schema della responsabilità relazionale, inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni ex art. 1173 c.c.

Nella fattispecie non è ravvisabile un rapporto paritario tra PA e privato, trattandosi di un partecipante a un procedimento amministrativo concorsuale dal quale il candidato è stato illegittimamente escluso.

Peraltro, se fosse ipotizzabile tale responsabilità da contatto sociale qualificato, la cognizione sulla causa spetterebbe all’Autorità giudiziaria ordinaria (cfr. da ultimo e tra le tante, Cassazione Civile, SS.UU., 15 gennaio 2021, n. 615).

Esclusa la possibilità di inquadrare nella categoria civilistica del contatto sociale qualificato la vicenda del ricorrente, si deve accertare se sussistono i presupposti per la condanna dell’amministrazione dell’interno a titolo di responsabilità da fatto illecito.

Si è già visto che la condotta tenuta dall’amministrazione dell’interno è da ritenersi contraria alla legge, integrando anche l’elemento soggettivo della colpa dell’apparato amministrativo, perché il Ministero, esitando ad eseguire l’ordinanza cautelare del Tar, ha omesso di disporre l’ammissione, con riserva, dell’interessato al primo corso utile di formazione per allievi agenti.

Affinché, peraltro, il ricorrente possa conseguire il risarcimento del danno, è necessario che egli fornisca la dimostrazione della effettività del danno subito, oltre che del nesso di causalità tra la condotta illecita e il pregiudizio lamentato.

Nel ricorso, così come precisato nelle memorie conclusionali, la difesa del ricorrente allega, nel periodo compreso tra agosto 2011 e gennaio 2012, una unica esperienza lavorativa, nella qualità di centralinista precario, con un compenso limitato a 6350 € lordi complessivi, da cui discenderebbe il danno patrimoniale corrispondente al mancato conseguimento della retribuzione di allievo agente della polizia di Stato e, in seguito, di agente della polizia, per il biennio di cui si tratta.

Con riferimento al danno non patrimoniale, parte ricorrente lamenta le conseguenze psicofisiche e morali della inattività e della occupazione precaria quale centralinista, con effetti di ansia, irritabilità, instabilità emotiva.

Richiamando la costante giurisprudenza amministrativa, si deve escludere il risarcimento del danno non patrimoniale, di natura meramente emotiva e interiore, non oggettivamente accertabile e che il lavoratore non abbia provato (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I quater, 27/06/2019, n. 8361).

Nel caso specifico, nessuna prova è stata allegata dalla difesa di parte ricorrente per dimostrare l’esistenza di tale danno non patrimoniale, per cui deve essere respinta la domanda risarcitoria per questa voce di danno.

Per quanto attiene, invece, alla voce di danno patrimoniale da "ritardata assunzione in servizio", anche di recente la giurisprudenza ha rammentato che, nel caso di ritardata costituzione di un rapporto di impiego conseguente all'illegittima esclusione dalla procedura di assunzione, non può riconoscersi all'interessato il diritto alla corresponsione delle retribuzioni relative al periodo di ritardo nell'assunzione. Ciò in quanto detto diritto, in ragione della sua natura sinallagmatica, presuppone necessariamente l'avvenuto svolgimento dell'attività di servizio, con l'effetto che non sono dovute le spettanze economiche (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I quater, sentenza 15-06-2020, n. 6555).

Relativamente a detto periodo, tuttavia, l'interessato ha diritto al risarcimento del danno ingiusto patito in conseguenza delle illegittimità risalenti agli atti o ai comportamenti dell'amministrazione (cfr. in questo senso T.A.R. Lazio, Roma Sez. I bis, 05/03/2020, n. 2966).

Nel caso in esame, il Collegio ritiene di ravvisare tutti gli elementi della responsabilità da fatto illecito: condotta, colpa, evento, nesso di causalità e danno, essendo dimostrato che il ricorrente avrebbe voluto eseguire la propria prestazione lavorativa alle dipendenze delle forze di polizia, fin dalla data di inizio del corso per allievi agenti del dicembre 2009 e che non gli è stato consentito di intraprendere il proprio servizio per 2 anni, fino al dicembre 2011, con perdita della relativa retribuzione che senz’altro gli sarebbe stata corrisposta, avendo egli dimostrato la propria idoneità alle funzioni mediante il superamento del corso di formazione cui è stato tardivamente ammesso.

La somma di denaro risarcibile, peraltro, come già accennato, non può corrispondere integralmente alle retribuzioni relative al periodo di mancato impiego.

Tale importo, difatti, presuppone "l'avvenuto perfezionamento del rapporto di lavoro e la relativa azione ha natura contrattuale" (Cass. civ., Sez. Lav., n. 13940/2017).

In altri termini, il danno non può identificarsi direttamente nella mancata erogazione della retribuzione e della contribuzione al dipendente, perché queste, comunque, presuppongono l'avvenuto espletamento della prestazione lavorativa, trattandosi di emolumento che, sinallagmaticamente, presuppone l'avvenuto svolgimento dell'attività di servizio (Cons. Stato, Sez. IV, 12/09/2018, n. 5350;
Cons. Stato, sez. V, 30 gennaio 2017, n. 370;
Cons. Stato, sez. III, 28 dicembre 2016, n. 5514).

Ai fini della quantificazione del danno risarcibile, quindi, l'entità della mancata percezione della retribuzione in capo al ricorrente può costituire solo uno, per quanto il principale, dei criteri di determinazione. Si rende, infatti, necessario operare un passaggio ulteriore ed individuare l'ammontare del danno sofferto mediante parametri aggiuntivi di natura equitativa, che la giurisprudenza ha opportunamente individuato al fine di adeguare la cifra alla gravità della condotta della P.A. e alle modalità con cui il richiedente ha speso il proprio tempo nel periodo in cui non ha prestato servizio.

Va confermato, dunque, il consolidato orientamento della giustizia amministrativa, per cui il danno maturato in fattispecie analoghe di ritardata costituzione del rapporto di impiego (cfr. Cons. Stato Sez. IV, 08 ottobre 2018, n. 5762;
Cons. Stato, sez. IV, 12 settembre 2018, n. 5350;
sez. VI, 17 febbraio 2017, n. 730;
sez. V, 27 marzo 2013, n. 1773;
sez. IV, 11 novembre 2010, n. 8020;
sez. III, 4 giugno 2013, n. 3049) va liquidato in via equitativa e tenendo, altresì, conto del fatto che l'interessato, nel periodo in questione, non avendo svolto attività lavorativa in favore dell'amministrazione che avrebbe dovuto assumerlo, ha risparmiato energie lavorative spendibili presso altro datore di lavoro.

La base di calcolo di detta quantificazione è rappresentata dall'ammontare del trattamento economico netto non goduto per due anni, dapprima come allievo agente e successivamente con la qualifica di agente di polizia (ossia con esclusione di ogni voce retributiva diversa e ulteriore allo stipendio tabellare, in quanto tali voci sono comunque correlate, direttamente o almeno indirettamente, allo svolgimento di quell'attività lavorativa che in effetti non c'è stata) ma tale importo deve essere sottoposto ad una percentuale di abbattimento, la quale non può che essere quantificata equitativamente ai sensi dell'art. 1226, cod. civ. (Cons. Stato, Sez. III, 22/02/2019, n. 1230).

A giudizio del Collegio, dunque, tenuto conto di tutte le circostanze di fatto in precedenza esaminate, compresa la mancata impugnazione del provvedimento di inquadramento, il danno va stimato, in via equitativa, ai sensi dell'art. 1226 c.c., nel 50% della retribuzione (al netto di oneri fiscali e previdenziali) che la parte avrebbe potuto percepire ove fosse stata tempestivamente assunta ed immessa in servizio. Il periodo di riferimento va dalla data in cui il ricorrente avrebbe dovuto prendere servizio fino a quella di effettiva presa di servizio. Alla somma così determinata dovranno essere aggiunti gli interessi compensativi, al tasso legale, da calcolarsi sulla somma anno per anno rivalutata secondo l’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di impiegati e operai.

All'importo risarcitorio va sottratto l'aliunde perceptum derivante da altra attività lavorativa svolta dal ricorrente nel periodo in esame e, a tal fine, il ricorrente è onerato di produrre al Ministero dell'Interno la dichiarazione dei redditi del periodo in questione, che peraltro potrà essere controllata dal Ministero presso l'Amministrazione finanziaria, per integrare, eventualmente, il reddito già dichiarato in questa sede processuale, riferito al lavoro presso un “call center”.

Per quello che riguarda le modalità di liquidazione dell'obbligazione risarcitoria, la Sezione ritiene di poter far ricorso, in mancanza di opposizione delle parti, al meccanismo previsto dall'art. 34, IV comma c.p.a.: il Ministero dell'Interno dovrà pertanto proporre al ricorrente, a titolo di risarcimento del danno ed entro 90 (novanta) giorni dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza, il pagamento di una somma di denaro quantificata secondo i criteri indicati in sentenza.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e devono essere liquidate come da dispositivo.

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