TAR Venezia, sez. II, sentenza 2024-07-02, n. 202401689

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. II, sentenza 2024-07-02, n. 202401689
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202401689
Data del deposito : 2 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/07/2024

N. 01689/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01393/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1393 del 2018, proposto da
G s.r.l.s., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati P P, G S, F Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio F Z in Mestre, via Cavalloti n. 22;

contro

Comune di San Martino Buon Albergo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato M G M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giorgio Pinello in Venezia, San Polo Calle De Mezo 3080/L;

per l’annullamento

previa sospensione dell’efficacia

dell’ordinanza n. 110 del 4 ottobre 2018, ad oggetto “ demolizione e rimessione in pristino dello stato dei luoghi degli immobili realizzati in Via Palù – ditta G srls ”;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di San Martino Buon Albergo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 giugno 2024 il dott. A R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La G s.r.l.s. è proprietaria nel Comune di San Martino Buon Albergo di un terreno catastalmente censito al foglio 38 (già foglio IX, sez. “B” Marcellise) al mappale n. 642 (ex mappale n. 26/a, poi mappale n. 206) su cui è stato costruito un capannone abusivo, distinto al catasto fabbricati con il mappale n. 643;
la società è altresì proprietaria di ulteriori particelle catastali: mappale n. 276 (ex m.n.122/i), mappale n. 294 (ex mappale n.176/a) e mappale n. 624 (ex mappale n.26/b, poi mappale n. 207), sulle quali sono stati abusivamente realizzati percorsi stradali e manufatti abusivi vari.

Il terreno in questione ricade in una zona del territorio comunale che è stata sottoposta a vincolo di tutela paesaggistica con d.m. 18 novembre 1971, e che, in quanto coperta da bosco, è altresì soggetta a vincolo ex lege , in forza dell’art. 142, primo comma, lett. g), d.lgs. 42/2001.

Il PAT comunale include detto terreno (classificato dal previgente PRG come “ZTO E agricola”) nella rete ecologica locale, indicandolo come area nucleo, disciplinata dall’art. 13.1 delle relative norme tecniche;
il PI classifica il terreno come area a destinazione forestale soggetta all’art. 15 delle NTO.

1.1. Nel mese di agosto 2017, il Comune ha ricevuto la segnalazione di interventi edilizi eseguiti senza titolo su tale area.

A seguito di detto esposto, la stessa amministrazione ha effettuato approfondite ricerche d’archivio da cui è risultato, tra l’altro, che nel 2006 il signor A F aveva presentato (in qualità di legale rappresentante della Felix Group s.r.l., all’epoca proprietaria dei terreni) una DIA in sanatoria per lavori di asserito miglioramento fondiario.

Tali lavori erano stati avviati nonostante il parere negativo del servizio forestale e in assenza di autorizzazione ambientale, tanto da determinare il divieto della loro prosecuzione con ordinanza n. 124/2006 recante l’ingiunzione del ripristino dello stato dei luoghi anche mediante rimboschimento;
nel mese di settembre 2010 (dopo che nel precedente mese di aprile il servizio forestale regionale aveva segnalato che il ripristino dei luoghi non risultava ancora completato), il Comune ha proceduto ad un apposito sopralluogo per rilevare lo stato dei luoghi.

Il Comune ha quindi effettuato un’ispezione ipotecaria telematica per individuare il nome del proprietario catastale;
da tale ispezione (ampliata nel 2018) è emerso quanto segue:

(i) le particelle catastali (indicate nell’atto impugnato) facevano parte di un vasto appezzamento di terreni, che, nel 1979, era stato diviso e donato dalla signora D C, vedova N, ai propri figli tra cui la signora Renza N Felisi (madre di A F e di I F);
con detto atto le particelle sono state donate a due zii di A ed I F: il signor Dino N (che ha acquisito il mappale n. 26/b) e la signora Maria Teresa N (che ha acquisito il mappale n. 26/a, il mappale n. 122/i e il mappale n. 176/a);

(ii) nel 1981 la signora Maria Teresa N ha donato al fratello Dino N i propri terreni, compresi i mappali sopra indicati;

(iii) nel 2005, il signor Dino N ha alienato al nipote A F (in qualità di amministratore unico e legale rappresentante della Felix Group s.r.l.) vari terreni, tra cui quelli in argomento e cioè i mappali n. 206 (ex 26/a), n. 207 (ex 26/b), n. 276 (ex 122/i) e n. 294 (ex 176/a);

(iv) nel dicembre 2014, il signor A F (in qualità di legale rappresentante della citata società, Felix Group s.r.l.) ha proceduto, a mezzo di un tecnico di fiducia all’inserimento in mappa del fabbricato, insistente sul mappale n. 642 del catasto terreni (già mappale n. 206) e all’accatastamento nel NCEU di detto fabbricato (mappale n. 643), classificandolo come magazzino (C/2): nell’apposito modello Docfa, il tecnico incaricato ha attestato che il magazzino era stato ultimato nel novembre 2014;

(v) dopo l’accatastamento, con atto rogato in data 16 dicembre 2014, il signor A F (nella predetta qualità di legale rappresentante della Felix Group s.r.l.) ha venduto alla sorella, I F, sia il menzionato fabbricato (mappale n. 643) – dichiarandolo antecedente al 1967 – sia il terreno acquistato dallo zio nel 2005, comprensivo dei mappali n. 276, n. 294 e n. 624, senza menzionare l’esistenza di qualsivoglia manufatto sui mappali da ultimo citati;

(vi) con successivo atto di compravendita rogato in data 10 aprile 2017, la signora I F ha rivenduto i medesimi beni alla società G s.r.l.s., all’epoca amministrata da un cittadino rumeno, a cui è succeduto nel 2018 l’attuale amministratore, il signor E S;

(vii) nel luglio 2017, i due atti di compravendita da ultimo menzionati (quello del 16 dicembre 2014 e quello del 10 aprile 2017) sono stati oggetto di azione revocatoria ex art. 2901 c.c., con cui la Unicredit s.p.a. ha chiesto al Tribunale civile di Verona di dichiarare detti atti inefficaci nei propri confronti, in quanto ritenuti lesivi delle proprie ragioni di credito.

1.2. Con avviso prot. n. 20422 del 3 ottobre 2017, il Comune ha informato dell’avvio del procedimento la società ricorrente, chiedendo alla stessa di potere accedere agli immobili, senza ottenere né riscontro alla nota comunale né l’espresso consenso all’accesso.

Il sopralluogo è stato quindi effettuato solamente il 12 marzo 2018, in forza di un decreto dell’autorità giudiziaria e con l’assistenza della forza pubblica;
hanno presenziato alle operazioni di verifica dello stato dei luoghi il legale di fiducia della società e il signor A F, qualificatosi come conduttore dei terreni.

Come risulta dalla relazione stesa in data 26 marzo 2018 prot. n. 6890, è stata rilevata la consistenza e la destinazione dei fabbricati realizzati senza il previo titolo comunale e in assenza di autorizzazione paesaggistica e forestale:

(i) nel mappale n. 643 è stata constatata la presenza di un capannone in legno, avente una superficie di mq 94, come da planimetria catastale allegata al Docfa;

(ii) nel mappale n. 624 è stata rilevata la presenza di una tettoia/stalla con recinto per animali;

(iii) nei mappali n. 276 e n. 294 è stata constatata la presenza di una piscina fuori terra, realizzata in cemento rivestito in legno e pietre, con antistante area pavimentata in ghiaino e cordoli laterali in pietra, nonché di due piccoli manufatti, uno in legno e l’altro in sasso;

(iv) nel mappale n. 624 (e nel mappale n. 625 appartenente ad un terzo) è stata constatata la realizzazione di un ingresso carraio, con cancello in ferro e di una recinzione in ferro su muretto in pietra con antistante pavimentazione in ciottoli;

(v) nei mappali n. 624, n. 276 e n. 294 è stata constatata la realizzazione di percorsi stradali pavimentati in ghiaino e cordoli laterali in pietra (necessari a raggiungere i manufatti sopra descritti e quelli rilevati sulla proprietà Felisi) nonché di terrazzamenti con muri di sostegno in sasso.

1.3. Il Comune, in esito alla sopra descritta istruttoria, ha accertato che gli interventi edilizi rilevati sulla proprietà della società ricorrente, eseguiti con disboscamento in area protetta, erano posteriori al 1967 e al 1971 (anno in cui l’area è stata sottoposta a vincolo ambientale);
conseguentemente, verificata l’inesistenza di titoli edilizi e di autorizzazioni paesaggistiche e forestali, che ne legittimassero la costruzione, ha avviato il procedimento sanzionatorio, dandone avviso alla G s.r.l.s. con apposita comunicazione prot. n. 7520 del 4 aprile 2018.

Successivamente, lo stesso ente locale, non avendo ricevuto dalla società ricorrente alcuna osservazione, con l’ordinanza n. 110 del 4 ottobre 2018, notificata il 9 ottobre 2018, ha disposto la demolizione e il ripristino dell’antecedente stato dei luoghi, assegnando il termine di novanta giorni per il suo adempimento.

1.4. Avverso la menzionata ordinanza, la società, con atto introduttivo notificato il 29 novembre 2018 e depositato il 10 dicembre 2018, ha proposto ricorso chiedendone l’annullamento previa adozione di misure cautelari.

Nella circostanza, sono state formulate le censure così rubricate: (i) violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e ss. legge 241/1990;
omessa comunicazione dell’avvio del procedimento;
violazione art. 97 Cost.;
eccesso di potere per carenza dei presupposti;
sviamento dell’azione amministrativa;
(ii) eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti;
violazione dell’art. 31 legge 1150/1942;
eccesso di potere per insufficiente motivazione;
(iii) eccesso di potere per carenza di istruttoria;
violazione degli artt. 29 e 31 d.P.R. 380/2001;
(iv) eccesso di potere per erroneità dei presupposti per manifesta sproporzionalità tra fatto contestato e sanzione irrogata;
violazione art. 31 d.P.R. 380/2001.

2. Il Comune, con atto depositato in data 14 dicembre 2018, si è costituito in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso ed eccependo l’insussistenza dei presupposti di legge per l’accoglimento dell’istanza cautelare.

Nella successiva memoria depositata in data 14 gennaio 2019, l’ente ha poi dato conto dell’avvenuto rigetto dell’analoga domanda cautelare avanzata dalla signora I F nel parallelo ricorso di cui al numero 1309 del r.g. 2018.

Nell’occasione, è stato precisato che, a seguito di tale provvedimento, la società ricorrente, con istanza presentata il 21 dicembre 2018, aveva chiesto, congiuntamente alla citata signora I F, la sanatoria dei percorsi stradali ritenuti abusivi dall’ordinanza comunale.

3. All’udienza camerale del 17 gennaio 2019, su accordo delle parti oggetto di verbalizzazione, il Presidente del Collegio ha disposto la cancellazione del ricorso dal ruolo delle sospensive.

4. All’udienza pubblica del 6 giugno 2024, prima della quale è avvenuto il deposito di altri atti – istanza di riunione ricorsi, istanza di fissazione udienza ex art. 82 c.p.a., documenti (tra i quali, il “ Verbale di accertamento di ottemperanza ordinanze di demolizione e rimessa in pristino dei luoghi n. 108/18 del 26/09/2018 e 110/18 del 04/10/2018 ”), memorie e repliche –, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente occorre esaminare l’eccezione di improcedibilità in parte qua sollevata dall’amministrazione resistente, derivante dall’asserita sopravvenuta carenza di interesse a coltivare il ricorso per effetto della presentazione dell’istanza di sanatoria dei percorsi stradali.

L’eccezione è infondata.

Secondo un indirizzo giurisprudenziale, a seguito della presentazione della domanda di sanatoria ex art. 36 d.P.R. 380/2001, il ricorso proposto avverso l’ordinanza di demolizione non diventa improcedibile atteso che, se sull’istanza si forma il silenzio rigetto ovvero viene adottato un provvedimento di diniego espresso, la detta ordinanza di demolizione riprende la propria efficacia e, di conseguenza, è astrattamente idonea a fungere da atto presupposto e da causa giustificativa dell’atto di acquisizione gratuita e dell’immissione in possesso (Cons. Stato, sez. IV, 26 giugno 2019, n. 4377).

2. Possono ora esaminarsi le questioni di merito.

3. Con il primo motivo di gravame la ricorrente lamenta che il Comune, nel corso del sopralluogo compiuto nel mese di marzo 2018, ha verificato che l’area in argomento era nella disponibilità del signor A F nella sua qualità di conduttore della stessa.

Pertanto, l’amministrazione avrebbe dovuto notificare l’avviso di inizio del procedimento, diretto all’accertamento e alla verifica di violazione alle norme in materia urbanistica, anche a quest’ultimo e non solo alla società proprietaria che sarebbe estranea ai presunti abusi.

Il signor A F, utilizzando da sempre l’area, avrebbe potuto partecipare attivamente al procedimento fornendo la documentazione ed i chiarimenti necessari volti a dimostrare la legittimità di quanto contestato.

3.1. La prima censura è palesemente infondata.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato è consolidata nel ritenere l’ordine di demolizione un provvedimento a contenuto vincolato che non necessita né di comunicazione di avvio del procedimento né di particolare motivazione.

Significative, tra le molte, risultano due recenti pronunce che si attagliano al caso in esame. La prima ha statuito il principio secondo cui l’ordinanza di demolizione di un immobile abusivo ha natura di atto dovuto e rigorosamente vincolato, con la conseguenza che essa è dotata di un’adeguata e sufficiente motivazione se contiene la descrizione delle opere abusive e le ragioni della loro abusività (Cons. Stato, sez. II, 8 febbraio 2024, n. 1299);
la seconda ha precisato che l’ordine di demolizione, come gli altri provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto dovuto e non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, in quanto si tratta di una misura sanzionatoria per l’accertamento dell’inosservanza di disposizioni urbanistiche, regolamentata rigidamente dalla legge (Cons. Stato, sez. VI, 2 gennaio 2024, n. 22).

Ne deriva che se l’atto impugnato era suscettibile di essere adottato senza la comunicazione di avvio del procedimento nei riguardi del soggetto proprietario, a fortiori , non è predicabile la sua illegittimità basata sulla mancata comunicazione nei confronti di un soggetto terzo conduttore dell’area, i cui eventuali contributi non avrebbero potuto determinare diversamente gli esiti di un’approfondita e documentata attività istruttoria.

4. Con il secondo motivo di gravame la ricorrente deduce che, sull’area in parola, da tempo immemorabile e comunque prima del 1967, erano stati realizzate strutture prefabbricate funzionali alla conduzione del fondo agricolo.

In tali fabbricati venivano ricoverati, dal nonno del conduttore del fondo, le macchine agricole, gli attrezzi, le sementi e tutto ciò che era necessario per coltivare le campagne

La preesistenza sarebbe attestata, oltre che dai contratti di fornitura dei servizi di energia elettrica, dalla copia di un documento relativo all’acquisto, avvenuto nel febbraio 1966, di strutture prefabbricate.

Di contro, gli elementi raccolti dal Comune non sarebbero rilevanti: (i) la dichiarazione del tecnico formulata in sede di accatastamento non avrebbe valore in quanto l’accatastamento costituisce adempimento con funzione fiscale-tributaria che fa stato ad altri fini;
(ii) il tecnico avrebbe rappresentato in modo dettagliato solo una parte dell’area di intervento riportandosi per il resto alle risultanze delle mappe catastali;
(iii) le fotografie prodotte con l’istanza di sanatoria del 2006 non sarebbero significative in quanto relative ad angoli ottici non riguardanti i manufatti;
(iv) le ortofoto del Corpo forestale non sarebbero utili in quanto, nel 2003 e 2006, la vegetazione del bosco copriva la presenza dei manufatti già esistenti tra loro collegati da appositi percorsi stradali necessari per lo svolgimento delle attività agricole.

4.1. La seconda censura non è fondata.

Gli elementi raccolti dall’amministrazione comunale, a dispetto di quanto sostenuto dalla ricorrente, sono prove oggettive che vanno a confutare in modo evidente la tesi dell’anteriorità delle opere al 1967.

Sul punto, sebbene su alcuni rilievi si possa convenire, valga su tutti la finalità dell’accatastamento operata dal tecnico, è indiscutibile che gli esiti degli accertamenti condotti dal Comune sono univocamente convergenti verso la realizzazione degli interventi in tempi relativamente recenti.

Di converso, la tesi della ricorrente è supportata da dati documentali di scarsa consistenza ed è ovviamente portata avanti al fine di escludere la necessità della licenza edilizia per la costruzione di fabbricati, al di fuori dei centri abitati, prima dell’entrata in vigore della legge 765/1967 (c.d. Legge Ponte).

Significativa, al riguardo, è anche l’ulteriore considerazione che la fornitura, addotta dal ricorrente, di alcuni prefabbricati nel 1966, nulla dimostra in ordine al loro utilizzo nel complesso abusivo, in mancanza di qualunque dimostrazione di coincidenza per dimensioni e localizzazione.

Sulla base di tali presupposti, che gli apporti documentali successivi della ricorrente non hanno scalfito, deve confermarsi la natura abusiva delle opere realizzate in un’epoca in cui occorreva, per la proprietà, munirsi dei previsti titoli edilizi.

5. Con il terzo motivo di gravame la ricorrente deduce che il Comune era a conoscenza, ben prima di notificare l’ordinanza di demolizione, della sua estraneità agli abusi poi contestati.

Il verbale del sopralluogo contiene una foto che testimonia la presenza dei quattro manufatti sicuramente prima del 2011, mentre la società ricorrente è divenuta proprietaria dell’area solo nel 2017 senza averne mai avuta la disponibilità rimasta sempre in capo al signor A F.

Sul punto, si richiama genericamente la giurisprudenza che consente di notificare solo al proprietario provvedimenti repressivi di abusi edilizi quando il soggetto autore dell’abuso è ignoto e viene offerta una lettura combinata degli artt. 29 e 31 d.P.R. 380/2001 che consentirebbe di qualificare diversamente la responsabilità dei soggetti coinvolti giuridicamente.

In breve, la posizione del proprietario incolpevole, quale è quella della società ricorrente, non potrebbe essere trattata in modo identico a quella del proprietario colpevole, soprattutto quando è evidente chi sia l’autore del presunto abuso, ma sia stato senza ragione estromesso dal procedimento.

5.1. La terza censura è infondata.

La giurisprudenza amministrativa ha ripetutamente affermato che “ il presupposto per l’adozione di un’ordinanza di demolizione non è l’accertamento di responsabilità nella commissione dell’illecito, bensì l’esistenza di una situazione dei luoghi contrastante con quella prevista nella strumentazione urbanistico-edilizia: il soggetto passivo dell’ordine di demolizione viene, quindi, individuato nel soggetto che ha il potere/dovere di rimuovere concretamente l’abuso, potere/dovere (di natura reale) che compete indubbiamente al proprietario, anche se non responsabile in via diretta. Pertanto, affinché il proprietario di una costruzione abusiva possa essere destinatario dell’ordine di demolizione, non occorre stabilire se egli sia responsabile dell’abuso, poiché la stessa disposizione – art. 31, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001 – si limita a prevedere la legittimazione passiva del proprietario non responsabile all’esecuzione dell’ordine di demolizione, senza richiedere l’effettivo accertamento di una qualche sua responsabilità ” (Cons. St., sez. I, 23 settembre 2022, n. 1512).

Nel caso di non coincidenza del proprietario con l’autore dell’abuso edilizio occorre accertare, preliminarmente, se il conduttore sia il soggetto responsabile degli abusi edilizi e, poi, allegare le circostanze idonee ad imputare al medesimo l’effettiva realizzazione dei contestati abusi, con una puntuale motivazione.

Mentre per il proprietario il rapporto che lo lega alla res trova fondamento nel diritto reale per eccellenza, nel diverso caso di abuso realizzato da soggetto diverso dal proprietario non sussiste lo stesso rapporto giuridico con la res , potendo detto rapporto trovare fondamento sia in un diverso diritto reale sia in un mero diritto di godimento.

Pertanto è illegittimo il provvedimento di demolizione se il Comune non allega alcuna circostanza idonea ad imputare al soggetto non proprietario l’effettiva realizzazione dei contestati abusi, né tantomeno motiva con una puntuale indicazione dei relativi presupposti in fatto e in diritto.

Nella fattispecie concreta, al di là di una chiara qualificazione della natura abusiva delle opere, gli accertamenti dell’amministrazione non hanno condotto ad individuare con certezza l’autore degli interventi stigmatizzati ma solo l’ulteriore figura del conduttore dei terreni.

Ne consegue che, anche sotto questo profilo, non può dubitarsi della legittimità dell’ordinanza gravata che è stata correttamente notificata alla società proprietaria, ossia al soggetto che ha il rapporto di maggiore intensità con la res .

6. Con il quarto motivo di gravame la ricorrente lamenta, oltre alla violazione dell’art. 31 d.P.R. 380/2001, l’eccesso di potere, nelle figure sintomatiche dell’erroneità dei presupposti e della manifesta sproporzionalità tra fatto contestato e sanzione irrogata, per aver il Comune contestato con la propria ordinanza anche la realizzazione di una tettoia per animali, una piscina e due piccoli annessi.

Per quanto concerne la tettoia, della stessa non sarebbe stata verificata la natura precaria non essendo infissa al suolo;
per quanto riguarda la piscina, la medesima è solo appoggiata al suolo, ha pareti che si ripiegano su stesse ed è facilmente rimuovibile.

6.1. Anche la quarta e ultima censura è infondata.

Come osserva l’amministrazione comunale, i terreni della società ricorrente costituiscono un’area assoggettata a vincolo paesaggistico in forza sia del d.m. 18 novembre 1971 sia dell’art. 142 d.lgs. 42/2004 per effetto del quale l’assenza di qualsivoglia titolo relativo ai manufatti edilizi, a maggior ragione se non precari, rende gli stessi abusivi.

Gli elementi offerti dalla ricorrente non consentono di desumere in modo evidente la natura precaria di tutti i manufatti di cui si discute specie se raffrontati a quelli prodotti dal Comune a mezzo della relazione stesa a seguito del sopralluogo effettuato il 12 marzo 2018. In particolare, i rilievi fotografici che connotano quest’ultimo documento sono particolarmente esplicativi e raffigurano una realtà che non si palesa precaria, fatta salva la particolarità di alcuni di essi ovvero la possibilità di una valutazione positiva dell’istanza di sanatoria.

L’ordinanza gravata, pertanto, anche sotto questo profilo, deve ritenersi legittima.

7. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso va rigettato.

8. Le spese di lite seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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