TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2014-12-05, n. 201406374
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N. 06374/2014 REG.PROV.COLL.
N. 05038/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5038 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
R A, rappresentato e difeso dall'avv. F S E, con domicilio ex lege in Napoli, Segreteria T.A.R. Campania – Piazza Municipio;
contro
Comune di Vico Equense, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. M P, con domicilio ex lege in Napoli, Segreteria T.A.R. Campania, p.zza Municipio;
per l'annullamento,
quanto al ricorso introduttivo:
dell’ordinanza n.331 del 29.5.2007, con la quale è stata ordinata al ricorrente la demolizione delle opere realizzate alla piazza Montechiaro n. 18, consistenti nella realizzazione di una tettoia avente una superficie di 47 mq, composta da travi di legno che sorreggono un tetto a due falde realizzato con tegole di tipo portoghese, chiusa con muratura sul lato nord, in aderenza ad un preesistente fabbricato sul lato ovest, addossata ad un terrapieno sul lato est, al grezzo con predisposizione dell’impianto elettrico e dell’impianto di riscaldamento e nella manutenzione straordinaria del preesistente manufatto cui è addossata la predetta tettoia per ricavarne un bagno a servizio dello stesso, al grezzo, con predisposizione dell’impianto idrico ed elettrico;
quanto al ricorso per motivi aggiunti:
del provvedimento n. 25942 in data 21 settembre 2007, recante il diniego della richiesta di permesso di costruire in sanatoria presentata in data 27 agosto 2007 per le opere abusive oggetto dell’ordine di demolizione impugnata con il ricorso introduttivo;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Vico Equense;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2014 la dott.ssa Diana Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso notificato in data 18 luglio 2007 e depositato il successivo 14 settembre 2007 R A ha impugnato l’ordinanza ex art. 31 D.P.R. 380/01 a firma del capo servizio del settore urbanistico del Comune di Vico Equense, n. 331 del 29.5.2007, con la quale gli è stata ingiunta la demolizione delle opere realizzate, in assenza di permesso di costruire e di nulla osta paesaggistico,
in piazza Montechiaro n. 18 (consistenti nella realizzazione di una tettoia avente una superficie di 47 mq, composta da travi di legno che sorreggono un tetto a due falde realizzato con tegole di tipo portoghese, chiusa con muratura sul lato nord, in aderenza ad un preesistente fabbricato sul lato ovest, addossata ad un terrapieno sul lato est, al grezzo e con predisposizione dell’impianto elettrico e dell’impianto di riscaldamento e nella manutenzione straordinaria del preesistente manufatto cui è addossata la predetta tettoia, per ricavarne un bagno a servizio della stessa, al grezzo, con predisposizione dell’impianto idrico ed elettrico).
2. A sostegno del ricorso ha articolato, in due motivi, le seguenti censure:
1) Eccesso di potere per carenza di istruttoria;erroneità nei presupposti di fatto e di diritto;carenza di interesse pubblico;carenza di motivazione;violazione del principio del giusto procedimento;violazione e falsa applicazione dell’art. 31 D.P.R. 380/01 nonché dell’art. 146 Dlgs. 42/2004;violazione della legge 1150/42 così come modificata dalla legge 765/67.
Assume il ricorrente che il Comune di Vico Equense avrebbe ingiunto la demolizione della tettoia di cui è causa sulla base dell’errroneo presupposto della sua recente realizzazione, laddove la stessa sarebbe antecedente al 1960 e comunque al 1967 per cui, trattandosi di interventi realizzati fuori dal centro abitato, nel vigore della legge n. 1150/42, così come modificata dalla legge 765/1967, non era necessario il rilascio della concessione edilizia.
Deduce che la preesistenza della tettoia si ricaverebbe da un rilievo aerefotogrammetrico del 1974, nonché da un’istanza presentata al Comune nel 2004, volta alla riparazione di alcune tegole.
Lamenta in ogni caso il difetto di motivazione, in considerazione della risalenza del manufatto di cui è causa, dovendo il Comune - laddove vengano in rilievo opere eseguite da notevole lasso di tempo - in considerazione dell’affidamento ingenerato nell’interessato, motivare in ordine alle ragioni di prevalenza dell’interesse pubblico alla demolizione.
2) Eccesso di potere per genericità del provvedimento;violazione del principio del giusto procedimento;carenza di motivazione;violazione e falsa applicazione art. 31 D.P.R. 380/01 in relazione agli artt. 22 e 37 D.P.R. 380/01.
Assume il ricorrente l’illegittimità del gravato provvedimento nella parte intesa a sanzionare genericamente anche gli intereventi di manutenzione straordinaria del preesistente manufatto, con l’indicazione peraltro anche della recente realizzazione del manufatto medesimo;interventi in ogni caso non sanzionabili con l’ingiunzione di demolizione, in quanto realizzabili a mezzo della semplice presentazione di d.i.a. .
3. Si è costituito il Comune resistente, con memoria depositata in data 9 ottobre 2007, eccependo preliminarmente l’improcedibilità del ricorso, per avere il ricorrente presentato istanza di accertamento di conformità, ex art. 36 D.P.R. 380/01, in relazione agli abusi contestati, ed instando in ogni caso nel merito per il rigetto del medesimo, non avendo il ricorrente provato la preesistenza del manufatto al 1967 e rappresentando l’intervento di cui è causa, complessivamente considerato, una trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio (ex art. 3 e 10 D.P.R. 380/01) necessitante di permesso di costruire.
4. Con atto ritualmente notificato e depositato in data 29 novembre 2007 il ricorrente ha altresì impugnato il provvedimento n. 25942 in data 21 settembre 2007, recante il diniego della richiesta di permesso di costruire in sanatoria presentata in data 27 agosto 2007 per le opere abusive oggetto dell’ordine di demolizione impugnato con il ricorso introduttivo, deducendo avverso detto provvedimento, in quattro ulteriori motivi di ricorso, le seguenti censure:
1) Eccesso di potere sotto il profilo della erroneità dei presupposti di fatto;carenza di istruttoria;carenza o contraddittorietà di motivazione;violazione e falsa applicazione art. 36 D.P.R. 380/01 in relazione agli artt. 17 e 40 della legge 47/85.
Il ricorrente insiste nella prospettazione secondo la quale il manufatto di cui è causa sarebbe di antichissima edificazione, risalendo a data antecedente il 1967, per cui non era necessario il rilascio della concessione edilizia per la sua realizzazione;assume un ogni caso che l’Amministrazione non avrebbe svolto alcuna attività istruttoria per confutare le dichiarazioni del ricorrente circa la sua epoca di realizzazione.
Lamenta inoltre che l’Amministrazione non avrebbe neanche motivato in ordine all’istanza volta almeno alla salvezza degli interventi manutentivi, con obbligo di riportare il manufatto nei limiti planovolumetrici preesistenti.
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 del Dlgs. 157/06;violazione del principio del giusto procedimento.
Parte ricorrente deduce di avere limitato la richiesta di sanatoria all’intervento manutentivo del preesistente manufatto, per cui illegittimo doveva intendersi il richiamo contenuto nel provvedimento gravato all’art. 27 Dlgs. 157/06, in quanto relativo alla realizzazione di nuove volumetrie.
3) Eccesso di potere sotto il profilo dell’assoluta carenza di motivazione;genericità della motivazione addotta;carenza di istruttoria;violazione e falsa applicazione art. 36 D.P.R. 380/01 anche in relazione all’art. 3 l. 241/90.
Nella prospettazione attorea il provvedimento di diniego di sanatoria sarebbe altresì illegittimo per la genericità della motivazione relativa alla non conformità urbanistica delle opere di cui è causa, in quanto contenente un mero rinvio alle prescrizioni dell’art. 35 del P.R.G. .
4)Violazione e falsa applicazione art. 3,5,7 ed 8 della L. 241/90 in relazione all’art. 36 D.P.R. 380/01. Eccesso di potere sotto il profilo della carenza e genericità della motivazione;violazione del principio del giusto procedimento.
Deduce il ricorrente altresì la mancata motivazione in ordine all’interesse pubblico all’adozione dell’atto, in considerazione del lungo lasso di tempo trascorso dalla realizzazione delle opere.
5. La causa è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza pubblica del ruolo straordinario del 23 ottobre 2014.
6. In via preliminare va affermata la procedibilità del ricorso introduttivo relativo all’impugnazione dell’ordinanza di demolizione, nonostante l’avvenuta presentazione dell’istanza di accertamento di conformità di cui all’art. 36 D.P.R. 380/01.
6.1 Da ciò l’infondatezza dell’eccezione articolata dal Comune resistente.
6.2. Ed invero, secondo l’orientamento giurisprudenziale di recente seguito dalla Sezione la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità determina la mera sospensione dell’ordinanza di demolizione che si consolida e riacquista efficacia a seguito del rigetto tacito - per formarsi del silenzio rigetto al decorso del termine di sessanta giorni dalla presentazione dell’istanza, ex art. 36 D.P.R. 380/01 - ovvero, come nell’ipotesi di specie, espresso, sull’istanza medesima, senza che all’occorrenza sia necessaria l’adozione di una nuova ordinanza di demolizione (che nella specie non è infatti stata adottata) (ex multis T.A.R. Campania, Napoli, VII, 28.10.2013, n. 4508 secondo cui “ L'inutile decorso del prescritto termine comporta dunque, inesorabilmente, la reiezione dell'istanza del privato (T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 13.12. 2011, n. 5759) e in mancanza di impugnativa del silenzio provvedimentale ovvero della prova di tale reazione processuale, l'atto tacito di rigetto della domanda di sanatoria si consolida e diviene inoppugnabile, con conseguente piena riespansione dell'efficacia dell'ingiunzione di demolizione, non occorrendo in alcun modo a tali effetti la reiterazione comunale dell'ordine demolitorio (cfr T.A.R. Campania, Napoli, III, 7.11.2011, n. 5157) ”
Questo orientamento è stato di recente espresso dal Consiglio di Stato con sentenza n. 02307 del 6 maggio 2014, nella quale il Supremo Consesso, esprimendosi in senso contrario a quanto ritenuto dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione VIII, 9 ottobre 2013, n. 4525, ha affermato che “ la consolidata giurisprudenza cui fa riferimento la sentenza impugnata si è formata in tema di condono edilizio (Cons. Stato VI, 26 marzo 2010, n. 1750), ossia di richiesta che trova il suo fondamento in una norma di carattere legislativo, che, innovando alla disciplina urbanistica vigente, consente, a determinate condizioni e per un limitato periodo di tempo, la sanatoria degli abusi commessi.
Quei principi non possono trovare applicazione al caso di specie, in cui il ricorrente ha formulato istanza ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ossia ai sensi di una norma che, prevedendo quella che, sinteticamente, si definisce doppia conformità, limita la valutazione dell’opera sulla base di una disciplina preesistente.
Sostenere, come affermato dalla sentenza impugnata, che, nell’ipotesi di rigetto, esplicito o implicito, dell’istanza di accertamento di conformità, l’amministrazione debba riadottare l’ordinanza di demolizione, equivale al riconoscimento in capo a un soggetto privato, destinatario di un provvedimento sanzionatorio, il potere di paralizzare, attraverso un sostanziale annullamento, quel medesimo provvedimento.
La ricostruzione dell’intero procedimento nei termini suddetti non può essere effettuata in via meramente interpretativa, ponendosi essa al di fuori di ogni concezione sull’esercizio del potere, e richiede un’esplicita scansione legislativa, allo stato assente, in ordine ai tempi e ai modi della partecipazione dei soggetti del rapporto ”.
6.3.Da ciò (vale ribadirlo) la piena procedibilità del ricorso introduttivo, nonostante la successiva presentazione dell’istanza di accertamento di conformità, poi rigettata con l’atto oggetto di impugnativa con ricorso per motivi aggiunti, non avendo tra l’altro il Comune resistente rinnovato l’ingiunzione di demolizione.
7. Nell’analizzare le censure poste a base del ricorso introduttivo il Collegio procederà in ordine logico, con delibazione prioritaria delle censure di carattere assorbente e con accorpamento delle censure connesse, in quanto fondate sui medesimi presupposti.
8. Ciò posto, va senza dubbio analizzata prioritariamente la censura, articolata nel primo motivo, con cui il ricorrente contesta la sussistenza dei presupposti per l’adozione dell’ordine di demolizione, ex art. 31 D.P.R. n. 380/2001 cit., sulla base dell’assunto che le opere di cui è causa sarebbero antecedenti al 1967 e non necessiterebbero pertanto di concessione edilizia.
L’assunto è infondato in quanto il ricorrente, cui incombeva il relativo onere probatorio in virtù del principio della vicinanza della prova ( cfr ., Corte di Cassazione – Sezioni Unite Civili – 30 ottobre 2001, n. 13533), non ha fornito alcun principio di prova in ordine alla risalenza del manufatto a data antecedente il 1967, essendosi limitato a presentare perizia del tecnico di parte dalla quale risulterebbe semmai la sua risalenza a data antecedente il 1974, come da aerofotogrammetria risalente a tale data.
8.1. Da ciò la piena legittimità dell’ordinanza di demolizione, in ordine ad un intervento di rilevante consistenza planovolumetrica, integrante nuova costruzione ex art. 31 D.P.R. 380/01, eseguito in assenza di permesso di costruire e di nulla osta paesaggistico, in zona gravata da vincolo paesaggistico.
8.2. Né può attribuirsi rilievo a quanto dedotto da parte ricorrente circa la necessità di una motivazione specifica sulla prevalenza dell’interesse pubblico alla demolizione in considerazione del notevole lasso di tempo trascorso dalla realizzazione delle opere.
Ad avviso del Collegio infatti, facendo proprio il consolidato indirizzo giurisprudenziale concernente i punti controversi (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. V, 9 settembre 2013, n. 4470;sez. VI, 5 agosto 2013, n. 4086;sez. II, 26 giugno 2013, n. 649/13;sez. VI, 4 marzo 2013, n. 1268;sez. IV, 15 febbraio 2013, n. 915;sez. VI, 8 febbraio 2013, n. 718;sez. IV, 2 febbraio 2012, n. 615, Cass. pen., sez. fer., 1 settembre 2011, n. 33267;Cass. pen., sez. III, 26 giugno 2013, n. 42330;Consiglio di Stato, sez. V, sent. 28/04/2014 n. 2196):
I) l’ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare;
II) a fronte della motivazione in re ipsa che incontra l’ordine di demolizione all’esito dell’accertamento dell’abuso edilizio, il lasso temporale che fa sorgere l’onere di una motivazione rafforzata in capo all’amministrazione - ma sempre in presenza di circostanze eccezionali rigorosamente provate da chi le invoca (come non verificatosi nel caso di specie) - non è quello che intercorre tra il compimento dell’abuso e il provvedimento sanzionatorio, ma quello che intercorre tra la conoscenza dell’illecito e il provvedimento sanzionatorio adottato: in mancanza di conoscenza della violazione da parte dell’amministrazione non può consolidarsi in capo al privato alcun affidamento giuridicamente apprezzabile, il cui sacrificio meriti di essere adeguatamente apprezzato in sede motivazionale;
III) peraltro il Collegio ritiene, rifacendosi al proprio orientamento giurisprudenziale che laddove, come nella specie, le opere abusive insistano su zona paesaggisticamente vincolata, e su zona del demanio marittimo, la prevalenza dell’interesse pubblico sull’interesse privato deve considerarsi in re ipsa , in considerazione del rilievo costituzionale del paesaggio, ex art. 9 comma 2 Cost., assurgente a principio fondamentale, con conseguente primazia su gli altri interessi, pubblici e privati, del pari considerati dalla Costituzione, ma non annoverati fra i principi fondamentali (come afferma la Consulta, la demolizione si impone, nelle zone vincolate, stante la “ straordinaria importanza della tutela «reale» dei beni paesaggistici ed ambientali ” (cfr., C. Cost. ord.za 12/20 dicembre 2007 nr. 439).
E' dunque per tali ragioni che, “in relazione appunto ai vincoli paesaggistici, non possono trovare spazio applicativo i peculiari principi in base ai quali la giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. di Stato sez. IV, n° 2705 del 6.6.2008;Cons. di Stato sez. V, n° 883 del 4.3.2008;Cons. di Stato sez. IV, n° 2441 del 14.5.2007;Cons. di Stato sez. V, n° 247 del 12.3.1996;T.A.R. Liguria n° 4127 del 31.12.2009;T.A.R. Calabria Catanzaro n° 1026 del 6.10.2009;T.A.R. Piemonte n° 2247 del 4.9.2009;T.A.R. Campania Napoli n° 504 del 29.1.2009) ha individuato una posizione di affidamento tutelabile (quanto meno con il richiedersi nel provvedimento sanzionatorio una motivazione specifica, ulteriore rispetto a quella fondata sul mero perseguimento di un ripristino della legalità, in ordine alla necessità della demolizione dei manufatti e al connesso sacrificio dell'interesse privato) per colui che, pur avendo posto in essere abusi edilizi, abbia visto trascorrere un lungo lasso di tempo dalla loro commissione con inerzia dell'Amministrazione preposta alla vigilanza” (T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, Sent., 14-06-2010, n. 14156, cui si rinvia).
9. Del pari priva di pregio si rileva la censura, contenuta nel secondo motivo di ricorso, circa la genericità e l’illegittimità di quella parte dell’ingiunzione di demolizione riferita agli interventi di manutenzione straordinaria del preesistente manufatto - attiguo alla tettoia chiusa di rilevanti dimensioni - volti alla realizzazione di un bagno a servizio della stessa.
9.1.Ed invero il Comune non ha inteso sanzionare gli interventi manutentivi in sé, ma una pluralità di opere edilizie complessivamente considerate, determinanti mutamento dell’assetto edilizio ed urbanistico del territorio ed assurgenti a nuova costruzione.
9.2. Il Comune infatti ha sanzionato con l’ingiunzione di demolizione anche detti interventi manutentivi in quanto volti alla creazione di una pertinenza a servizio della predetta consistenza planovolumetrica realizzata sine titulo , come evincibile dalla circostanza che lo stesso ha specificato che con detti interventi era stato realizzato un bagno a servizio del predetto manufatto;pertanto tali interventi, in quanto determinanti un cambio di destinazione d’uso del preesistente manufatto, per adibirlo a pertinenza di una unità immobiliare abusiva, non può non seguire le sorti, anche quanto a sanzione, delle opere abusive principali, realizzate sine titulo e volte alla creazione di una nuova consistenza planovolumetrica, assurgente senza dubbio a nuova costruzione.
9.3. Risulta inoltre evidente che laddove vengano rilievo intereventi che complessivamente considerati determinano un aumento di volume e superficie, non possa procedersi ad una considerazione atomistica degli stessi, dovendo valutarsi nel suo complesso l’intervento realizzato, in quanto comportante una funzionalizzata, unitaria e complessiva trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.
10. Parimenti infondato è il ricorso per motivi aggiunti.
11. Quanto al primo e all’ultimo motivo di ricorso, circa la preesistenza del manufatto di cui è causa a data antecedente il 1967 e circa il difetto di motivazione del gravato provvedimento, in quanto relativo ad opere risalenti nel tempo, è sufficiente rinviare a quanto al riguardo osservato in relazione alla prima censura del ricorso introduttivo, non senza evidenziare come non pertinente si rileva il richiamo a quell’orientamento giurisprudenziale riferito alla necessità di una motivazione sulla prevalenza dell’interesse pubblico laddove vengano in rilievo opere risalenti nel tempo – orientamento peraltro disatteso dal Collegio, in considerazione della sussistenza del vincolo paesaggistico nella zona interessata dagli interventi, secondo quanto innanzi evidenziato – in quanto detto orientamento è riferito all’ordinanza di demolizione, laddove oggetto del ricorso per motivi aggiunti è per contro il diniego di accertamento di conformità, il quale assurge ad atto rigorosamente vincolato, il cui esisto è determinato dalla presenza o meno della doppia conformità urbanistica ed edilizia (all’epoca della realizzazione dell’intervento ed all’epoca della presentazione dell’istanza, secondo il dettato dell’art. 36 D.P.R. 380/01), ferma restando in ogni caso l’impossibilità di sanatoria ex art. 36 D.P.R. 380/01 laddove vengano in rilievo interventi determinanti aumenti di superficie o volume, stante l’impossibilità di rilascio del titolo paesaggistico in via postuma, ai sensi dell’art. 167 comma 4 del Dlgs. 42/2004, costituente necessario atto presupposto del permesso di costruire in sanatoria.
Da ciò, in sintesi, la non necessità di alcuna ulteriore motivazione del provvedimento di diniego, laddove risulti impossibile il rilascio del nulla osta paesaggistico in via postuma o nel caso in cui l’intervento non possieda comunque i caratteri della doppia conformità urbanistica ed edilizia.
Non meritevole di accoglimento è poi la deduzione di parte ricorrente secondo la quale il Comune non avrebbe motivato in ordine alla sua istanza tesa alla conservazione degli interventi manutentivi, con eliminazione della nuova consistenza planovolumetrica, in primis in quanto l’atto gravato è stato adottato in relazione all’istanza di accertamento di conformità prodotta in atti relativa a tutti gli interventi sanzionati con l’ingiunzione di demolizione;in secondo luogo in quanto, laddove venga in rilievo un’istanza di accertamento di conformità, il Comune non può che pronunciarsi ex post sulle opere come effettivamente realizzate, senza che possano assumere rilievo eventuali modifiche progettuali, volte anche alla riqualificazione dell’intervento, al contrario di quanto previsto, in un’ottica derogatoria di favore, dalla disciplina del condono in forza del Protocollo d'Intesa per il coordinamento delle funzioni in materia di sanatoria degli interventi edilizi realizzati in aree soggette al vincolo paesaggistico ambientale della Provincia di Napoli, sottoscritto dalla Soprintendenza e dalla Regione Campania in data 25 luglio 2001, disciplina questa che, in quanto di carattere eccezionale, non è estensibile analogicamente.
12. Ciò posto, del tutto infondata si appalesa la censura articolata nel secondo motivo di ricorso, intesa a contestare quella parte motivazionale del gravato provvedimento fondata sull’impossibilità di rilascio del titolo paesaggistico in via postuma, ai sensi del dettato dell’art. 27 Dlgs. 157/06 – che ha modificato il dettato dell’art. 167 comma 4 Dlgs. 42/2004 – in quanto il ricorrente ha richiesto la sanatoria per tutte le opere sanzionate con l’ingiunzione di demolizione, senza fornire alcuna prova della legittimità urbanistica e paesaggistica della nuova consistenza planovolumetrica (cui accedono anche le richiamate opere pertinenziali), per cui del tutto legittimo si rileva il richiamo contenuto nel gravato provvedimento al dettato dell’art. 27 del Dlgs. 157/06 che, nel modificare il dettato dell’art. 167 comma 4 Dlgs. 42/2004, ha posto il divieto del rilascio del titolo paesaggistico in via postuma in relazione ad interventi comportanti aumento di volume o superficie.
13. Stante l’autosufficienza della motivazione del gravato provvedimento relativa alla impossibilità del rilascio del titolo paesaggistico in via postuma, alcun interesse parte ricorrente vanta allo scrutinio del terzo motivo del ricorso, inteso a censurare la parte motivazionale del gravato provvedimento riferita alla non conformità edilizia ed urbanistica degli interventi di cui è causa.
13.1. E’ noto infatti come in presenza di atto plurimotivato anche la legittimità di una delle motivazioni è da solo idonea a sorreggerlo, con la conseguenza che alcun rilievo avrebbero le ulteriori censure volte a contestare gli ulteriori profili motivazionali (giurisprudenza costante, cfr T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 17 gennaio 2011, n. 63 secondo cui “Per un atto c.d. "plurimotivato", anche l'eventuale fondatezza di una delle argomentazioni addotte non potrebbe in ogni caso condurre all'annullamento dell'impugnato provvedimento sindacale, che rimarrebbe sorretto dal primo versante motivazionale risultato immune ai vizi lamentati;T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 14 gennaio 2011 , n. 139 secondo cui “Nel caso di provvedimento di esclusione da una gara d'appalto "plurimotivato", la riconosciuta legittimità di una delle ragioni dell'atto è sufficiente a reggere il provvedimento di estromissione”;T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 14 gennaio 2011 , n. 164 secondo cui “Nel caso in cui il provvedimento impugnato sia fondato su di una pluralità di autonomi motivi (c.d. provvedimento plurimotivato), il rigetto della doglianza volta a contestare una delle sue ragioni giustificatrici comporta la carenza di interesse della parte ricorrente all'esame delle ulteriori doglianze volte a contestare le altre ragioni giustificatrici atteso che, seppure tali ulteriori censure si rivelassero fondate, il loro accoglimento non sarebbe comunque idoneo a soddisfare l'interesse del ricorrente ad ottenere l'annullamento del provvedimento impugnato, che resterebbe supportato dall'autonomo motivo riconosciuto sussistente”).
14. In considerazione di tali rilievi sia il ricorso introduttivo che il ricorso per motivi aggiunti vanno rigettati.
15. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.