TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2011-08-04, n. 201104207

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2011-08-04, n. 201104207
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201104207
Data del deposito : 4 agosto 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01529/2010 REG.RIC.

N. 04207/2011 REG.PROV.COLL.

N. 01529/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso n. 1529 del 2010 proposto dal PESSETTI VALERIA, rappresentata e difesa dagli Avvocati C C e Giro P S nel cui studio è elettivamente domiciliata in Napoli, via S. Lucia n.123,come da procura a margine del ricorso;

contro

Comune di Napoli in persona del Sindacopro tempore,autorizzato a stare in giudizio come da deliberazione della Giunta Municipale n. 494 del 18 marzo 2010, rappresentato e difeso dagli Avvocati G T, Barbara Accattatis Chalons d’Oranges, A A, E C, B C, A C, A I F, G P, A P, B R, G R, con i quali è elettivamente domiciliato in Napoli, piazza Municipio - Palazzo S. Giacomo, presso l’Avvocatura Municipale, come da procura a margine dell’atto di costituzione in giudizio;

per l'annullamento

- della disposizione dirigenziale n.743 del 3 dicembre 2009, recante l’ordine di riduzione in pristino dello stato dei luoghi per opere edilizie in via Caravita n.29;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Vista l’ordinanza collegiale istruttoria n. 818\2010;

Vista l’ordinanza cautelare n. 1402\2010;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2011 il dott. Achille Sinatra e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato il 19 febbraio 2010 e depositato il successivo 18 di marzo, la signora Valeria P ha impugnato l’atto in epigrafe, recante l’ordine di riduzione in pristino dello stato dei luoghi per opere edilizie ritenute abusive, realizzate in via Caravita n. 29, consistenti, secondo gli atti gravati, nella traslazione di un abbaino edificato sul tetto di copertura dello stabile, sul lato corrispondente a via Toledo, e nel suo ampliamento volumetrico, nonchè in una tettoia ed in una veranda su di un balcone prospiciente via Caravita.

La ricorrente sviluppa contro il provvedimento impugnato sette motivi d’impugnazione, ponendo alla base di ciascuno di essi il medesimo assunto in punto di fatto: la disposizione dirigenziale gravata afferma di basarsi sul verbale di sopralluogo della Polizia Municipale n. 62682\1302\ED del 13 febbraio2009, ma, in realtà, in quella data alcun accesso sarebbe stato effettuato –per quanto a conoscenza della proprietaria- nell’appartamento interessato.

Invece, unico sopralluogo da parte del personale comunale sarebbe avvenuto il precedente 5 febbraio, ed in quell’occasione l’immobile sarebbe stato sottoposto a sequestro da parte della Polizia giudiziaria;
ma tale provvedimento restrittivo non è stato convalidato dal Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli, il quale non ha ravvisato modifiche di sagome o di volumetria, nè per il tetto dell’immobile, nè quanto alla veranda presente sul balcone.

La ricorrente, inoltre, precisa che sia l’unità abitativa di sua proprietà che l’intero fabbricato erano stati interessati da una d.i.a. presentata il 18 aprile 2007, relativa, fra l’altro, alla sostituzione delle lastre di copertura del tetto e della tettoia prospiciente via Caravita;
e che su tale d.i.a. il Competente servizio comunale aveva ritenuto congrui i chiarimenti richiesti agli interessati.

I motivi d’impugnazione sono rubricati come segue:

1) e 4) Violazione di legge, eccesso di potere, inesistenza del sopralluogo contestato;

2) Violazione di legge, eccesso di potere, illogicità manifesta del sopralluogo contestato, contraddittorietà;

3) Violazione di legge, eccesso di potere, inesistenza del materiale contestato;

5) Violazione di legge, eccesso di potere, totale mancanza e pedissequa difformità delle misurazioni;

6) Violazione della L. n. 241\1990, eccesso di potere;

7) Violazione di legge, eccesso di potere, intervenuta declaratoria di conformità e chiusura del procedimento, contraddittorietà.

Sulla scorta di tali censure la ricorrente ha chiesto l’annullamento dell’atto gravato,previa sospensione cautelare, nonchè il risarcimento dei conseguenti danni asseritamente patiti.

Con ordinanza n. 810\2010 il Collegio ha richiesto chiarimenti sui fatti di causa al Comune di Napoli, e con ordinanza n. 1402\2010 è stata accolta l’istanza cautelare proposta dalla ricorrente.

Il Comune di Napoli si è costituto in giudizio per resistere al ricorso, chiedendone il rigetto con memoria.

Memorie illustrative ha prodotto anche la ricorrente.

Alla pubblica udienza dell’otto giugno 2011 il ricorso è stato posto in decisione.

DIRITTO

1. – Il ricorso in esame reca l’impugnazione della disposizione dirigenziale con cui il competente Servizio del Comune di Napoli ha intimato alla ricorrente di ridurre in pristino l’immobile sito in via Caravita n. 29, nel quale, secondo l’atto impugnato, sarebbe stata realizzata la traslazione (con aumento di volumetria) di un abbaino posto sul tetto di copertura dall’interno sino al limite dell’estradosso che sporge su via Toledo, nonchè la realizzazione di una veranda e di una tettoia sul balcone posto al servizio dell’appartamento della ricorrente.

Quest’ultima, tuttavia, contesta gli stessi fatti storici rappresentati nel provvedimento impugnato, basando le proprie censure sulla circostanza secondo la quale il sopralluogo della Polizia Municipale del 13 febbraio 2009, cui la determinazione dirigenziale fa espresso riferimento, non sarebbe mai avvenuto;
un accesso del personale comunale, invece, si sarebbe registrato il precedente 5 febbraio 2009, ma in quell’occasione gli incaricati non avrebbero svolto misurazioni –di cui, invece, l’atto impugnato dà conto con dovizia di particolari-, pur avendo sottoposto a sequestro penale –poi non convalidato dal GIP- l’immobile in questione.

Il ricorso è infondato, e va respinto.

2. – Dagli atti di causa emerge che, in effetti –come sostenuto dalla ricorrente- nella data del 13 febbraio 2009 alcun sopralluogo fu effettuato, da parte della Polizia municipale di Napoli, nell’immobile di via Caravita n. 29;
e che, certamente, un sopralluogo fu effettuato unicamente il precedente giorno 5.

Pertanto, l’atto impugnato reca un evidente errore materiale, laddove, nelle premesse, riporta ad un “verbale di sopralluogo redatto dagli Agenti di Polizia municipale dell’USOAE n. 62682\1402\ED del 13\02\09”.

In data 13 febbraio 2009, invece, fu redatta (e si rinviene in atti) unicamente una comunicazione inviata dal Servizio autonomo polizia locale a numerosi uffici interessati, a vario titolo, agli abusi edilizi, tra cui il Servizio antiabusivismo edilizio che ha emesso la determinazione impugnata.

3. - Ritiene, tuttavia il Collegio che tale errore materiale non possa inficiare la legittimità del provvedimento impugnato sotto alcuno dei profili sollevati dalla signora P nei motivi di censura.

Va in primo luogo evidenziato che la citata comunicazione del 13 febbraio 2009 riporta il testo del verbale di sopralluogo del 5 febbraio 2009, cui fa riferimento la medesima ricorrente a più riprese.

Tale atto, inoltre, rappresenta il medesimo stato dei luoghi poi descritto nella determinazione impugnata, con le relative misurazioni.

Infine, a parere del Collegio carattere dirimente riveste la relazione istruttoria del 30 aprile 2010, depositata in giudizio il 5 maggio 2010, la quale dà conto di altra circostanza di fatto, essenziale ai fini del decidere.

Narra tale relazione, che altra ed autonoma segnalazione dei presunti abusi edilizi oggetto della determinazione impugnata verso il Comune era stata effettuata dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Napoli e provincia con nota prot. 16095 dell’otto luglio 2009;
e che, a sua volta, l’Organo ministeriale aveva ricevuto impulso da un esposto di terzi, corredato da ampia documentazione fotografica, anche di carattere storico.

E da tale documentazione è emerso che, in precedenza, l’abbaino in questione si presentava “arretrato rispetto al filo del prospetto su via Toledo” e con una copertura a falda unica (e non a doppia falda, quale adesso si palesa).

Secondo la medesima relazione è altresì emerso, a seguito di rilievi e confronti tra le proporzioni degli elementi raffigurati in alcune foto di fine ottocento (tra cui una magnifica prospettiva Alinari di via Toledo: doc. 7 della produzione del Comune datata 5 maggio 2010), che in passato l’abbaino in questione aveva un’altezza di circa un metro e sporgenza verso via Toledo pari a circa un metro e mezzo.

4. – Da quanto sopra deriva, innanzitutto, l’infondatezza dei motivi di ricorso primo, secondo, terzo e quarto e quinto, nei quali, sotto diversi aspetti, la ricorrente evidenzia l’inesistenza del sopralluogo del 13 febbraio 2009 e di misurazioni prese in loco da personale comunale: è infatti evidente che, malgrado l’errore materiale di cui si è detto, l’atto impugnato deriva da sufficienti approfondimenti istruttori, sebbene questi ultimi, per la parte relativa all’esame della nota soprintendentizia e dei suoi allegati, non sia stato menzionato nella disposizione dirigenziale.

A fronte degli approfondimenti istruttori operati su tale materiale, infatti, non ha rilievo alcuno sottolineare, come fa la ricorrente, che nell’unico sopralluogo (quello del 5 febbraio 2009) la Polizia municipale non avrebbe effettuato misurazioni di sorta.

Peraltro, tale verbale riporta, in realtà, analitiche rilevazioni della consistenza e delle misure dei manufatti oggetto di contestazione, che non sono stati però oggetto di querela di falso da parte dell’interessata, e che fanno, così, piena prova dei fatti ivi rappresentati.

Ciò in quanto, come noto, il verbale redatto e sottoscritto dagli agenti della Polizia Comunale a seguito di sopralluogo, attestante l'esistenza di manufatti abusivamente realizzati su terreno di proprietà privata, costituisce atto pubblico, fidefaciente fino a querela di falso, ai sensi dell'art. 2700 c.c. delle circostanze di fatto in esse acclarate (T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 25 ottobre 2010 , n. 21436).

5. Egualmente infondato è il sesto motivo, con cui la ricorrente assume la violazione dell’obbligo di avvio del procedimento sanzionatorio.

In disparte la considerazione per cui è pacifico che, prima dell’emissione dell’atto impugnato, il Comune indirizzò alla ricorrente una richiesta di chiarimenti sulle opere effettivamente eseguite a seguito della d.i.a. presentata, e che la signora P riscontrò tale richiesta mediante il proprio tecnico di fiducia, si deve osservare che, anche per consolidata giurisprudenza della Sezione, gli atti di repressione degli abusi edilizi hanno natura urgente e strettamente vincolata (essendo dovuti in assenza di titolo per l'avvenuta trasformazione del territorio), con la conseguenza che, ai fini della loro adozione, non sono richiesti apporti partecipativi del soggetto destinatario e quindi non devono essere necessariamente preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 13 gennaio 2011, n. 84;
17 novembre 2010 , n. 25190).

6. – Infine, non sussiste neppure la asserita contraddittorietà nell’attività amministrativa di cui narra il settimo motivo, che va, quindi, respinto.

E’ vero, infatti, che con nota prot. 174 del 28 gennaio 2010 il Comune aveva sostanzialmente ritenuto esaustivi i chiarimenti forniti dall’interessata sulle opere realizzate a seguito di d.i.a.;
ma è altrettanto vero che tale comunicazione si colloca, cronologicamente, dopo l’emissione dell’atto impugnato, sulla cui legittimità, quindi, non può avere refluenza alcuna.

7. – Il ricorso, dunque, va respinto nella sua parte demolitoria, siccome infondato.

La rilevata legittimità della determinazione impugnata, inoltre, spoglia di fondatezza anche la-peraltro generica- domanda risarcitoria, non assistita dal nesso di causalità tra i pretesi danno-evento e danno-conseguenza, e, inoltre, radicalmente sprovvista del requisito dell’antigiuridicità del danno che deve sorreggere il conseguente diritto al risarcimento.

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