TAR Salerno, sez. I, sentenza 2021-03-30, n. 202100823
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Pubblicato il 30/03/2021
N. 00823/2021 REG.PROV.COLL.
N. 01466/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1466 del 2016, proposto da L T S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati M F e F P, con domicilio eletto presso lo studio M F in Salerno, via SS. Martiri Salernitani, 31;
contro
Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Salerno, domiciliataria
ex lege
in Salerno, corso Vittorio Emanuele n.58;
Comune di Castellabate in persona del Sindaco pro tempore non costituito in giudizio;
nei confronti
Sistema Cilento Scpa non costituito in giudizio;
per l'annullamento, previa sospensione, del decreto n.0003387 del 3/6/16 del Ministero dello Sviluppo Economico con cui si dispone la revoca delle agevolazioni concesse alla società ricorrente in data 09/02/2006;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 marzo 2021 il dott. F D L e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 25, comma 2, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137;
1. La società L T s.r.l. ha proposto ricorso per l’annullamento, previa sospensiva degli effetti, del decreto direttoriale n. 3387 in data 3 giugno 2016, avente ad oggetto la revoca delle agevolazioni erogate ai sensi dell’alt. 2, commi 203 e ss., della legge n. 662/1996. nell'ambito del Patto Territoriale “del Cilento”, nonché di tutti gli atti propedeutici al predetto decreto, ivi compresa la nota prot. n. 33195 del 7 aprile 2016, di comunicazione dell’avvio del procedimento. In particolare, con Decreto del 3.6.16 è stato revocato il finanziamento ottenuto nel 2004 da L T S.r.L. in base al citato Patto Territoriale, la cui prima parte del finanziamento è stata erogata in data 9.2.2006. L T S.r.L. ha allegato che tuttavia i lavori sono rimasti bloccati per le lungaggini dei procedimenti amministrativi avviati per ottenere i titoli abilitativi, mentre è stato possibile iniziare ad effettuare gli investimenti limitatamente all’importo di euro 1.205.731,93, cioè solo per la parte degli interventi non richiedenti i previ titoli abilitati. L T S.r.L. ha allegato che tuttavia nel 2013 è intervenuto un primo provvedimento di revoca del finanziamento motivato sulla base del mancato avanzamento dei lavori, in virtù dell’art. 29 c. 2 dl 83/2012 (entrato in vigore il 26.6.12): « Al fine di conseguire la definitiva chiusura dei procedimenti relativi alle agevolazioni di cui al comma 1, di quelle di cui alla legge 1° marzo 1986, n. 64, nonché di quelle concesse nell'ambito dei patti territoriali e dei contratti d'area, qualora alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge non sia stata avanzata alcuna richiesta di erogazione per stato di avanzamento, il Ministero dello sviluppo economico, entro novanta giorni dalla predetta data, accerta la decadenza dai benefici per l'insieme delle imprese interessate con provvedimento da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ». Tale revoca è stata tuttavia annullata da questo Tar con sentenza n. 2124 del 16.12.2014 per violazione dell’art. 7 l. 241/90. Dopo circa un anno da tale annullamento, è stato avviato un nuovo ed identico procedimento di revoca, culminato con il provvedimento n. 3387 in data 3 giugno 2016 impugnato nel presente giudizio.
Si è costituito il Ministero dello Sviluppo Economico, eccependo il difetto di giurisdizione e nel merito chiedendo il rigetto del ricorso.
2. Va disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione. Infatti il Collegio evidenzia la particolarità della materia in cui si inserisce la presente controversia, relativa a un Patto Territoriale, e aderisce all’orientamento secondo cui « La cognizione della controversia relativa all'impugnazione di un provvedimento di revoca del beneficio finanziario, accordato ad una società per la realizzazione di un investimento produttivo in sede di approvazione di un Patto territoriale, appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo » (Cass. civ., sez. un., 27/10/2014, n. 22747;conf. Cass. civ., sez. un., 12/4/2019, n. 10377). Tale orientamento peraltro è stato recepito anche dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui « Appartengono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi, oggi prevista dall'art. 133, 1° comma lett. a) n. 2 del c.p.a. (in precedenza, dall' art. 11, 5° comma, della l. 7 agosto 1990 n. 241 ), le controversie relative ai finanziamenti concessi nell'ambito di un patto territoriale ex art. 2 commi 203 ss., l. 23 dicembre 1996 n. 662 e, in particolare, alla revoca dei detti finanziamenti intervenuta anche in sede esecutiva del rapporto di contribuzione » (T.A.R. Toscana, sez. I, 26/02/2020, n. 256).
3. Con il primo motivo, L T S.r.L. ha lamentato la carenza dei presupposti della revoca, in quanto i lavori non sono iniziati non già per inerzia dell’impresa, ma per la mancata conclusione dei procedimenti avviati per ottenere i titoli abilitativi.
In particolare, il fondamento normativo su cui è basata la revoca è l’art. 29 c. 2 dl 83/2012 (entrato in vigore il 26.6.12): « Al fine di conseguire la definitiva chiusura dei procedimenti relativi alle agevolazioni di cui al comma 1, di quelle di cui alla legge 1° marzo 1986, n. 64, nonché di quelle concesse nell'ambito dei patti territoriali e dei contratti d'area, qualora alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge non sia stata avanzata alcuna richiesta di erogazione per stato di avanzamento, il Ministero dello sviluppo economico, entro novanta giorni dalla predetta data, accerta la decadenza dai benefici per l'insieme delle imprese interessate con provvedimento da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ». A fronte della mancata richiesta di erogazione per SAL, l’amministrazione ha ricavato l’inerzia dell’impresa nell’iniziare e proseguire i lavori, conseguendone la revoca del contributo.
Secondo la ricostruzione di L T S.r.L., invece, il termine per iniziare le opere oggetto del finanziamento non è mai iniziato a decorrere, in quanto i titoli abilitativi non sono stati ancora autorizzati, sebbene richiesti subito dopo aver ottenuto il finanziamento. In particolare, secondo L T S.r.L. occorre richiamare l’art. 12 ter c. 2 DM 320/00: « Per i programmi d'investimento, relativi ad iniziative agevolate a valere sui Patti Territoriali e sui Contratti d'Area, superiori a 1,5 milioni di euro, la cui realizzazione comporta complessità tali da richiedere più articolati e specifici procedimenti autorizzativi, i quarantotto mesi o, in caso di rimodulazione, i ventiquattro mesi di cui al comma 1 decorrono dalla data di rilascio da parte delle amministrazioni competenti dell'ultima autorizzazione necessaria a dichiarare l'inizio dei lavori ». Quindi, premesso che tale norma è invocabile nel caso in esame in quanto l’investimento per cui è causa supera la somma di un milione e mezzo di euro, secondo la ricorrente tale decadenza ha carattere sanzionatorio, conseguendone che l’impresa non può essere sanzionata in quanto il mancato inizio dei lavori è dipeso dalla mancata conclusione allo stato dei procedimenti incardinati per ottenere i titoli abilitativi;insomma, in base al citato art. 12 ter c. 2 DM 320/00, dato che i titoli abilitativi non sono stati ancora emessi, il termine per iniziare i lavori non è ancora iniziato a decorrente, per cui il finanziamento non può essere revocato.
Il Collegio ritiene che occorre esaminare la lettera del citato art. 12 ter c. 2 DM 320/00, secondo cui « i ventiquattro mesi di cui al comma 1 decorrono dalla data di rilascio da parte delle amministrazioni competenti dell'ultima autorizzazione necessaria a dichiarare l'inizio dei lavori ». La norma presuppone che i lavori non possano avere inizio in mancanza di tutte le autorizzazioni, e solo in tale ipotesi il termine iniziale non decorre;all’evidenza, la norma non può trovare applicazione nel caso in cui, in tutto o in parte i lavori possono iniziare senza che occorrano autorizzazioni, in quanto in tale ipotesi il termine iniziale inizia a decorrere fin da subito. Nel caso in esame, nel ricorso introduttivo L T S.r.L. ha espressamente dichiarato quanto segue: « La ricorrente, a dimostrazione della correttezza ed effettiva volontà di attuare l’iniziativa in oggetto, ha già posto in essere, invece, tutti gli investimenti per i quali non era necessario un formale titolo abilitativo. Tali opere hanno comportato spese, funzionali al raggiungimento degli obiettivi prefissati e coerenti con l’intervenuto decreto di ammissione, per una somma pari ad € 1.205.731,93 ». Ebbene, sono state già effettuate opere per la consistente cifra di € 1.205.731,93, in quanto non richiedenti titoli abilitativi, per cui non è invocabile il citato art. 12 ter , conseguendone che il termine iniziale è già iniziato a decorrere a prescindere dal rilascio dei titoli abilitativi.
Ad abundantiam , va inoltre osservato che la colpevole inerzia di L T S.r.L. sussiste anche per un secondo profilo. Infatti il procedimento per i titoli abilitativi è stato incardinato nel 2004, e alla data della revoca, cioè nel 2016, non risulta concluso, a distanza di 12 anni. Eppure L T S.r.L. non ha documentato solleciti o ricorsi giudiziari per costringere la PA alla definizione del procedimento in tempi ragionevoli.
Quindi è infondato il primo motivo di ricorso.
4. Dalla infondatezza del primo motivo di ricorso consegue anche quella del secondo motivo, con il quale L T S.r.L. ha evidenziato che l’art. 29 c. 2 dl 83/2012 richiederebbe un accertamento anche in merito alla imputabilità dell’eventuale inerzia, mentre con il provvedimento impugnato l’amministrazione non avrebbe condotto alcun accertamento in ordine a tale profilo.
Il Collegio rileva invece che il citato art. 29 c. 2 non presuppone una valutazione di imputabilità dell’inerzia, ma solo un oggettivo riscontro del fatto che alla data di entrata in vigore del decreto legge non sia stata presentata alcuna richiesta di erogazione per stato di avanzamento lavori. Peraltro, ad abundantiam , pur se volesse recepirsi l’affermazione di L T S.r.L. secondo cui la norma richiederebbe una verifica di imputabilità, il motivo di ricorso ugualmente sarebbe infondato, in quanto, per i motivi illustrati con riguardo al primo motivo di ricorso, l’inerzia nel caso in esame è imputabile.
5. Con il terzo motivo L T S.r.L. ha lamentato che il provvedimento impugnato avrebbe natura di annullamento d’ufficio, per cui avrebbe dovuto essere emesso negli stringenti termini previsti dall’art. 21 nonies l. 241/90 a tutela dell’affidamento.
Il Collegio ritiene che il motivo di ricorso è infondato per due ragioni, ciascuna idonea a sorreggere autonomamente il rigetto del motivo. In primo luogo nel caso in esame la revoca è intervenuta non a fronte di un vizio originario del riconoscimento del finanziamento, ma per una condotta successiva del beneficiario, la quale si colloca semmai nella fase di adempimento degli obblighi assunti, per cui il richiamo all’annullamento d’ufficio non è calzante. In secondo luogo, la fattispecie normativa invocabile è la norma speciale di cui al citato art. 29 c. 2, la quale disciplina una decadenza e non un annullamento d’ufficio, e non prevede alcun termine analogo a quello dell’art. 21 nonies l. 241/90 invocato da L T S.r.L..
6. Per motivi identici a quelli illustrati con riferimento al terzo motivo, non può essere accolto neppure il quarto motivo di ricorso, con il quale L T S.r.L. ha affermato che troverebbe applicazione l’art. 1 c. 136 l. 311/04, in base al quale « Al fine di conseguire risparmi o minori oneri finanziari per le amministrazioni pubbliche, può sempre essere disposto l'annullamento di ufficio di provvedimenti amministrativi illegittimi, anche se l'esecuzione degli stessi sia ancora in corso. L'annullamento di cui al primo periodo di provvedimenti incidenti su rapporti contrattuali o convenzionali con privati deve tenere indenni i privati stessi dall'eventuale pregiudizio patrimoniale derivante, e comunque non può essere adottato oltre tre anni dall'acquisizione di efficacia del provvedimento, anche se la relativa esecuzione sia perdurante ». Il Collegio ribadisce anche con riguardo al quarto motivo che il provvedimento impugnato non ha natura di annullamento d’ufficio, costituendo piuttosto una decadenza per mancata attuazione del finanziamento, e che la norma invocabile è solo quella speciale di cui al citato art. 29 c.