TAR Brescia, sez. II, sentenza 2022-10-31, n. 202201048

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. II, sentenza 2022-10-31, n. 202201048
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 202201048
Data del deposito : 31 ottobre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/10/2022

N. 01048/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00964/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 964 del 2021, proposto da
M A e Remo Società Agricola S.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato E E, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Agea - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, Ader - Agenzia delle Entrate - Riscossione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Brescia, via S. Caterina, 6;

per l'annullamento:

– dell'Intimazione di pagamento dell'Agenzia delle Entrate – Riscossione competente per la provincia di Mantova, con allegato “Modulo di pagamento” Pago PA, notificata all'azienda agricola ricorrente a mezzo PEC dall'indirizzo “notifica.acc.lombardia@pec.agenziariscossione.gov.it il 12 ottobre 2021, indentificata con Documento n. 06420219000148016/000”, con la quale è stato richiesto, se non già effettuato, il pagamento, entro 5 giorni dalla notifica, della somma di Euro 21.042,64 in riferimento alla Cartella AGEA n. 30020150000008403000 ( nuovo numero di riferimento 06420207150110353000)notificata il 16/03/2015;

- nonché di ogni altro atto comunque connesso, presupposto e/o conseguente, compreso l'atto di pignoramento dei crediti verso terzi (codice identificativo del fascicolo 64/2021/691 e codice identificativo della procedura esecutiva: 06484202100000044001) e il “residuo ruolo” emesso da AGEA ex decreto legge n. 27/2019, convertito con modificazioni dalla Legge n. 44/2019, ed ai sensi del Decreto del Decreto del Ministero delle Finanze del 22 gennaio 2020, anche se non conosciuto al momento della notifica del presente ricorso, nella parte in cui detti atti, anche se non conosciuti, incidono nella sfera giuridica dell'azienda agricola ricorrente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Agea - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura e di Ader - Agenzia delle Entrate - Riscossione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2022 il dott. Massimo Zampicinini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

L’azienda agricola ricorrente ha impugnato l’intimazione di pagamento n. 06420219000148016/000, con la quale è stato chiesto il pagamento della somma di € 21.042,64 relativa alla presupposta cartella di pagamento n. 30020150000008403000, notificata il 16/03/2015, a titolo di prelievo supplementare e interessi per le campagne 1995/1996 e 1996/97.

Si riportano, qui di seguito, i motivi di ricorso, per come sintetizzati dallo stesso ricorrente nell’atto introduttivo:

- “(motivo I) è palesemente nulla o comunque inesistente, stante la nullità insanabile della notifica (anche degli atti presupposti), siccome eseguita da in indirizzo PEC non risultante dai pubblici registri e quindi non riferibile all’Agenzia delle Entrate – Riscossione;

- (v. motivo II) riguarda debiti per prelievi supplementare del latte conteggiati dall’amministrazione italiana in aperta violazione dei regolamenti comunitari in materia (v., ex multis, Consiglio di Stato Sentenza n. 1311/2021, TAR Veneto, Sentenza n. 996/2020 e, da ultimo, TAR per l’Emilia Romagna – Bologna, Sentenza n. 865/2021 pubblicata il 18.10.2021):

- sia per effettuazione di compensazioni eseguite in violazione della normativa comunitaria, come ora definitivamente confermato dalla Corte di Giustizia UE con le sentenze 27 giugno 2019 in causa C-348/18 (doc. 4) e 11 settembre 2019 in causa C-46/18 (doc. 5) - v. motivo I -1;

- sia perché presuppongono illegittimamente l’esistenza di un debito certo, liquido ed esigibile per prelievo latte, nonostante lo Stato italiano non sia mai stato in grado di verificare l’effettivo superamento della quota nazionale (v. Sentenza Tribunale dell’Unione Europa del 2 dicembre 2014 in causa T-661/11 – Repubblica italiana / Commissione, doc. 6) e, addirittura, che in sede penale (v. doc. 7) sia stato accertato che la produzione italiana è sempre stata inferiore alla quota attribuita in sede UE - v. motivo I -2;

(v. motivo III) attiene ad una procedura di recupero per la quale AGEA risulta decaduta ai sensi dell’art. 25, comma 1, lett. c), D.P.R. n. 602/73;

(v. motivo IV) riguarda comunque debiti per prelievo latte ampiamente prescritti;

(v. motivo V) è stata emessa in base ad un ruolo totalmente illegittimo, posto che in base alle disposizioni che sovraintendono alla procedura esecutiva in materia di prelievo supplementare l’unico ruolo ammesso ai fini delle procedure di recupero del debito, è quello che deriva dall’iscrizione nel Registro Debitori (v. art.

8-ter, 8-quater e 8-quinquies,

L. n. 33/09), mentre AGEA non ha utilizzato quel ruolo, ma ad altro ruolo, all’evidenza illegittimamente duplicato, sul quale non risultano conteggiati i recuperi PAC effettuati all’azienda ricorrente per il pagamento anche dei debiti intimati;
inoltre si tratta di somme già trattenute e versate dal primo acquirente.

(v. motivo VI) indicano a debito somme che risultano erroneamente iscritte a ruolo, per soli interessi, non dovuti perché ai sensi dell’art. 10, comma 34, L. n. 119/2003 per tutte le annate dal 1995/1996 al 2001/2002, non sono dovuti gli interessi sui debiti per “prelievo latte” e perché AGEA ha già recuperato per compensazione con i premi PAC liquidati all’azienda agricola ricorrente le corrispondenti somme;

(v. motivo VII) riguarda somme iscritte a ruolo sulla base di provvedimenti presupposti per i quali è mancata la notifica ovvero la notifica è radicalmente nulla;

(motivo VIII) risulta viziata (nullità per mancanza dei requisiti essenziali) per mancata indicazione della data in cui il “residuo ruolo” formato da AGEA ex D.L. 27/19 è stato reso esecutivo;

(motivo IX) comunque manca dei requisiti essenziali, indica a debito somme non dovute, anche per interessi di mora e “Oneri di riscossione”, e comunque già pagate, e risulta totalmente illegittima anche per difetto di motivazione, anche in ordine alla quantificazione degli interessi, anche di mora, e degli “Oneri di Riscossione” ed alla data in cui è stato reso esecutivo il “residuo ruolo” formato da AGEA ex D.L. n. 27/2019, convertito con modificazioni dalla L. n. 44/2019.

L’intimata AGEA si è costituita in giudizio per resistere al ricorso, deducendone l’infondatezza nel merito e, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per violazione del principio del ne bis in idem: essendo, infatti, intervenute tra le medesime parti la Sentenza n. 6224/ 2011 del Tar Lazio e la Sentenza n. 1216/2015 del Consiglio di Stato, le questioni sollevate con il presente ricorso sarebbero coperte dal giudicato.

In vista dell’udienza di discussione le parti hanno altresì prodotto documenti e presentato memorie.

Rispetto alla memoria di replica presentata da Agea, parte ricorrente ne eccepisce la inammissibilità posto che la stessa “contiene argomentazioni esplicative dei documenti dalla stessa depositati in data 1/9/22 (argomentazioni che, invece, dovevano essere contenute nella memoria conclusiva) ed osservazioni alle deduzioni della ricorrente presenti nel ricorso introduttivo, in tema di prescrizione e interessi, che potevano già essere formulate nella memoria di costituzione”.

La causa, infine, è stata chiamata alla pubblica udienza del 19 ottobre 2022 in seno alla quale il Collegio ha rilevato d’ufficio, ai sensi e per gli effetti dell’art. 73, co. 3 c.p., una possibile causa di irricevibilità del ricorso rispetto a tutti i motivi che ineriscono la cartella di pagamento presupposta.

Nelle medesime circostanze di tempo il Collegio ha rilevato d’ufficio, sempre ai sensi e per gli effetti del richiamato art. 73, co. 3, c.p.a. una possibile causa di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse rispetto alla parte del motivo IX concernente la asserita non debenza degli interessi di mora alla luce del fatto che l’ammontare degli stessi indicato dall’amministrazione sarebbe pari a 0 (zero).

Sviluppato sui punti sollevati d’ufficio il contraddittorio tra le parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Va, in via preliminare, analizzata la questione di inammissibilità della memoria di replica depositata da Agea ex art. 73, co. 1, c.p.a.

L’eccezione è infondata.

Invero, la memoria in questione contiene argomentazioni che avrebbero potuto essere sviluppate anche in seno alla successiva Udienza pubblica, motivo per cui il Collegio ritiene che Agea non sia incorsa in alcuna decadenza.

Chiarita l’ammissibilità degli atti a mezzo dei quali le parti hanno esercitato il loro diritto a contraddire, va preliminarmente scrutinata l’eccezione di inammissibilità del gravame sollevata da AGEA e correlata, come si è evidenziato nella parte in fatto, alla circostanza per cui i fatti oggetto della presente causa, a seguito dell’intervento della Sentenza n. 1216/2015 del Consiglio di Stato che ha confermato la Sentenza n. 6224/ 2011 del Tar Lazio, sarebbero coperti dal giudicato.

L’eccezione è fondata, seppur con alcune precisazioni.

Invero, posto che la Sentenza n. 6224/ 2011 del Tar Lazio ha ad oggetto la “comunicazione AIMA (ora AGEA) di assegnazione alla ricorrente della quota latte (QRI), ricevuta in data 12 maggio 1998 (n. 8667151089)” ed il “provvedimento di compensazione di cui alla comunicazione AIMA dell’8 settembre 1999”, che, quindi, la situazione di debito/credito tra il ricorrente ed AGEA in relazione alla campagna qui di interesse, che si tratta di sentenza non in rito (la stessa, infatti, ha scrutinato nel merito la pretesa dell’ente creditore), che la stessa è passata in giudicato (intervenuto a seguito della Sentenza n. 1216/2015), al Collegio non resta che dare atto della inammissibilità del ricorso sotto i profili coperti dalla richiamata pronuncia, pena la violazione del principio del ne bis idem.

Alla luce di quanto evidenziato deve reputarsi inammissibile il secondo motivo di ricorso.

La fondatezza dell’eccezione non esclude che il Collegio debba esaminare tutte quelle questioni estranee al giudicato che si è formato, salvo che le stesse non siano, sotto altri profili, inammissibili.

Al riguardo, va osservato che l’intimazione di pagamento è atto autonomo e distinto, ancorché collegato, rispetto alla presupposta cartella di pagamento, motivo per cui la prima può essere impugnata solamente per vizi propri;
i motivi di ricorso che ineriscono alla cartella di pagamento e non all’intimazione presupponente sono infatti inammissibili, ancorché non abbiano trovato, nel ricorso che ha originato la richiamata Sentenza n. 6224/ 2011 del Tar Lazio, veste in un motivo di gravame.

Sebbene, infatti, non operi nel processo amministrativo la regola di stampo processual-civilista per cui la statuizione del Giudice compre il dedotto ed il deducibile, il rigido sistema di termini decadenziali che governa il D. Lgs 104/2010, in piena armonia con i principi di certezza del diritto nonché della ragionevole durata del processo, non consente di far valere i motivi di ricorso che avrebbero potuto essere sollevati avverso l’atto presupposto in occasione dell’impugnazione dell’atto presupponente;
l’atto presupponente, pur adottato sulla base di quanto statuito da un pregresso provvedimento, non eredita i vizi di quest’ultimo dovendosi ritenere gli stessi, qualora all’epoca non impugnati, “sanati” dal decorso del tempo.

La conseguenza in diritto è la inammissibilità del motivo di ricorso che pretende di far valere il vizio, ormai sanato, del presupposto provvedimento in occasione dell’impugnazione del consequenziale atto presupponente, non potendosi rimettere in discussione all’infinito le situazioni ormai consolidate.

Cadono, quindi, sotto la scure dell’inammissibilità i motivi III, V e VI.

Passando all’esame dei restanti motivi di ricorso si procederà seguendo l’ordine indicato dal ricorrente.

Infondato risulta il motivo di ricorso n. I. con il quale il ricorrente fa valere l’inesistenza e conseguente insanabilità della notifica consequenziale al fatto che il notificante utilizza un indirizzo di posta elettronica certificata non risultante da pubblichi elenchi.

Sul punto risulta sufficiente richiamare l’orientamento del Consiglio di Stato, rispetto al quale non vi è ragione di discostarsi, per il quale risulta “opinabile l’orientamento – invocato dall’appellante - che fa discendere la nullità della notifica nel caso di provenienza da un indirizzo diverso. Infatti, alla luce del disposto dell’art. 156, comma 3, c.p.c., “la nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato”. Così è laddove venga impugnata direttamente la cartella esattoriale, la cui notifica è caratterizzata dal vizio in oggetto, poiché l’impugnazione del citato provvedimento è idoneo sostanzialmente a neutralizzare irrimediabilmente l’eccezione sollevata” (Consiglio di Stato, Sez. III, Sent. 4627 del 10 novembre 2020).

Quanto al motivo di ricorso n. IV, con il quale il ricorrente eccepisce l’intervenuta prescrizione del credito, il Collegio lo ritiene infondato.

Al riguardo il Collegio da un lato precisa che il termine prescrizionale applicabile è quello decennale, trattandosi di somme dovute a seguito di specifici accertamenti (v. TAR Lazio Sez. II 30 gennaio 2020 n. 1320), e dall’altro lato che il dies a quo di decorrenza dello stesso è rappresentato dalla data di notificazione della presupposta cartella di pagamento.

Il Collegio, infatti, nell’analizzare il motivo di ricorso deve concentrarsi sull’arco temporale successive alla cartella di pagamento;
eventuali prescrizioni, peraltro non riscontrabili nel caso di specie, rispetto a periodi pregressi, dovevano essere fatti falere impugnato tempestivamente la cartella di pagamento, emessa nel lontano 2015, rilevando nel presente giudizio, in cui si impugna l’intimazione di pagamento, solamente la prescrizione successiva all’atto interruttivo rappresentato dalla cartella presupposta (vds. Cassazione civile, sez. VI, Ord. N. 3005 del 07/02/2020).

Infondato risulta anche il motivo di ricorso n. VIII, con il quale la ricorrente, sul presupposto per cui “con l’intimazione qui impugnata, quindi, è stata solo formalmente riattiva la precedente cartella AGEA, in quanto, in realtà, la stessa AdER, da atto, nella sezione intitolata “Dettaglio del debito” che viene modificato il numero della precedente cartella e che l’intimazione di basa su un nuovo ruolo, ossia sul “residuo ruolo” formato da AGEA ex D.L. 27/2019”, sarebbe stato violato l’art. 25, comma 2-bis, D.P.R. 602/73 per il quale “La cartella di pagamento contiene anche l’indicazione della data in cui è ruolo è stato reso esecutivo”.

Invero, questo Collegio ha già avuto modo di precisare che l’indicazione di un ruolo specifico dell’AGEA all’interno della cartella di pagamento è un passaggio procedimentale che ha essenzialmente un’utilità pratica, e non contraddice il valore di iscrizione a ruolo attribuito dall’art.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi