TAR Roma, sez. 3S, sentenza 2022-12-19, n. 202217049

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3S, sentenza 2022-12-19, n. 202217049
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202217049
Data del deposito : 19 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/12/2022

N. 17049/2022 REG.PROV.COLL.

N. 13028/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 13028 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
P M, rappresentato e difeso dall'avvocato D N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero Dell’Istruzione, Dell’Università e della Ricerca, non costituito in giudizio;
Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

M C, non costituito in giudizio;

Concorso dirigenti


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 25 novembre 2022 il dott. Raffaele Tuccillo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con l’atto introduttivo del giudizio la parte ricorrente chiedeva l’annullamento del concorso dirigenti nella parte in cui non inseriva lo stesso ricorrente tra gli idonei al concorso.

Si costituiva l’amministrazione resistente chiedendo rigettarsi il ricorso.

2. Il ricorso proposto non può trovare accoglimento.

2.1. Con un primo motivo di ricorso, la parte contestava la soglia di punteggio utilizzata ai fini della selezione dei docenti.

Per quanto riguarda poi la soglia minima di sbarramento, è da rilevare anzitutto, che la giurisprudenza è concorde nel ritenere la conformità dell’espletamento delle procedure preselettive ai principi di buona organizzazione, efficienza e razionalità dell’azione della Pubblica Amministrazione.

In particolare, con riferimento ad altro concorso ma con principi applicabili anche al caso di specie, è stato precisato che la previsione, a scopi di semplificazione ed accelerazione dell’iter concorsuale, della necessità di sottoporre i candidati ad una prova preliminare preordinata ad accertare il possesso da parte loro di requisiti culturali di base non appare irragionevole;
essa, infatti, consente di ridurre il numero dei partecipanti alle prove scritte, con conseguente riduzione della complessità e dei tempi della procedura, attraverso un meccanismo semplice e tale da garantire la parità di trattamento degli interessati (cfr. sent. 12982/2015, Tar Lazio).

La previsione della prova preselettiva nell'ambito di una procedura concorsuale è un modulo organizzativo che l'Amministrazione può adottare laddove il numero di domande di partecipazione sia esorbitante o comunque tale da determinare delle sensibili lungaggini procedimentali.

Questi principi sono stati poi recepiti anche nel decreto concretezza che, proprio ai fini del conseguimento della semplificazione, le procedure concorsuali possono prevedere “1 ) la facoltà di far precedere le prove di esame da una prova preselettiva, qualora le domande di partecipazione al concorso siano in numero superiore a due volte il numero dei posti banditi;
2) la possibilità di svolgere prove preselettive consistenti nella risoluzione di quesiti a risposta multipla, gestite con l'ausilio di enti o istituti specializzati pubblici e privati e con possibilità di predisposizione dei quesiti da parte degli stessi
” (comma 6).

La previsione per cui l’accesso alle prove scritte è consentito a un numero di candidati pari al doppio dei posti disponibili, oltre a essere conforme alla legge, non è neppure particolarmente rigorosa e rientra nella sfera, assai ampia, di discrezionalità rimessa al Ministero resistente, funzionale all’esigenza di compiere, anche in questo caso, una semplificazione dell’iter procedimentale, riducendo così la complessità dei tempi delle procedure e ottenendo, inoltre, una semplificazione dell’organizzazione della procedura.

In particolare, il d.m. 30 settembre 2011 all’art. 6 prevedeva che “ la prova di accesso è predisposta da ciascuna università e si articola in: a) un test preliminare;
b) una o più prove scritte ovvero pratiche;
c) una prova oral
e”, e per il comma 4 del medesimo articolo “ è ammesso alla prova, ovvero alle prove di cui al comma 2 lettera b) (cioè le prove scritte), un numero di candidati, che hanno conseguito una votazione non inferiore a 21/30 nella prova di cui al comma 3, pari al doppio dei posti disponibili per gli accessi ”.

Il d.m. 92/2019 ha eliminato la necessità del conseguimento della votazione non inferiore a 21/30, stabilendo che “ è ammesso alla prova, ovvero alle prove di cui all'articolo 6 comma 2, lettera b) del DM sostegno, un numero di candidati pari al doppio dei posti disponibili nella singola sede per gli accessi. Sono altresì ammessi alla prova scritta coloro che, all'esito della prova preselettiva, abbiano conseguito il medesimo punteggio dell'ultimo degli ammessi ”.

Pertanto, pur avendo eliminato la necessità di una votazione superiore alla sufficienza per poter partecipare al corso in questione, rimane il sistema di preselezione diretto a limitare la partecipazione alle prove scritte di un numero di candidati che non superi il doppio dei posti disponibili, infatti per poter accedere alle prove scritte è comunque necessario aver conseguito un punteggio che non sia inferiore a quello dell’ultimo degli ammessi.

Inoltre, l’ammissione di un numero superiore a due volte il numero dei posti banditi, non può essere ritenuta illogica, posto che, come detto, anche il decreto concretezza individua questo numero come soglia ai fini dell’ammissione dei concorsi.

Il motivo di ricorso non può quindi trovare accoglimento.

2.2. Con un secondo e un terzo motivo di ricorso ha contestato che l’amministrazione non gli abbia consentito di beneficiare della riserva prevista per gli orfani dei caduti per fatto di guerra.

In realtà, in conformità con la normativa concretamente applicabile l’amministrazione ha rappresentato di aver consentito al ricorrente di beneficiare della citata riserva, inserendolo al primo posto tra i soggetti con parità di punteggio. L’art. 5, comma 4, del DPR n. 487 del 1994 (Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi) prevede al comma 4 che “Le categorie di cittadini che nei pubblici concorsi hanno preferenza a parità di merito e a parità di titoli sono appresso elencate. A parità di merito i titoli di preferenza sono…:6) gli orfani dei caduti per fatto di guerra; ”. Nel caso di specie, come si può notare dalla graduatoria approvata con DD 1229/2019 il ricorrente ricopre la posizione n. 3319, a pari merito con altri 9 concorrenti che hanno riportato il suo stesso voto. Non risulta quindi corrispondente al vero che l’Amministrazione non abbia applicato la preferenza dichiarata di “orfano di caduto in guerra”. Infatti il ricorrente risulta essere il primo di ben 10 concorrenti che, a parità di merito, avrebbero dovuto essere a lui preferiti in ragione della più giovane età. Nessun beneficio ulteriore avrebbe potuto essere concesso al prof. M – in mancanza dello stato di disoccupazione – per il possesso di tale titolo di preferenza.

Il regolamento di esecuzione della legge numero 68 del 1999, d.p.r. numero 333 del 2000, all’articolo 1, disciplina l’iscrizione negli elenchi del collocamento obbligatorio. La disposizione prevede che, in attesa di una disciplina organica del diritto al lavoro per le categorie protette, possono essere iscritti negli elenchi del collocamento obbligatorio per le persone disabili anche i soggetti di cui all’articolo 18, comma 2, della legge numero 68 del 1999, nonché quelli di cui alla legge numero 407 del 1998, questi ultimi anche se non in possesso dello stato di disoccupazione.

La norma regolamentare, quindi, ad eccezione delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, tutelate dalla legge numero 407 del 1998, per le quali non è necessario lo stato di disoccupazione, sembrerebbe richiedere lo stato di disoccupazione, quale requisito di iscrizione negli elenchi del collocamento obbligatorio, per tutte le altre categorie protette, compresa quella cui appartiene il controinteressato, costituita da orfani e vedove dei caduti per causa di servizio.

Per beneficiare della citata riserva occorre la permanenza dello stato di disoccupazione come stabilito dalla consolidata giurisprudenza formatasi in sede di interpretazione della L. n.482 del 1968 e della successiva L. n.68 del 1999, ai fini dell’applicazione del beneficio della riserva dei posti nei pubblici concorsi, è indispensabile lo stato obiettivo di disoccupazione dell’interessato (Cfr., al riguardo, C.S., VI^, 18.4.2007 n.1780;
Id., 22.3.2005 n.1142). Tale principio è stato confermato dalla Corte Costituzionale, la quale nella sentenza 11.3.2006 n.190 ha affermato che, di regola, “anche dopo l’entrata in vigore della legge 12 marzo 1999, n.68, le quote di riserva nelle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni presuppongono lo stato di disoccupazione dell’interessato …”Ai medesimi orfani non è applicabile né l’art. 7, comma 2 della l. n. 68 del 1999, né il successivo art. 16, comma 2, in materia di riserva nei concorsi pubblici, perché riservati alla categoria dei disabili e non richiamati dal predetto art. 18, comma 2, della l. n. 68 del 1999, né applicabili per analogia, trattandosi di norme di carattere speciale. Di conseguenza, il collocamento obbligatorio diretto non è applicabile alla fattispecie in esame, atteso che l’art. 4 della l. n. 68 del 1999, nell’indicare i “Criteri di computo della quota di riserva”, stabilisce che “agli effetti della determinazione del numero di soggetti disabili da assumere, sono computati di norma tra i dipendenti tutti i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato. Ai medesimi effetti, non sono computabili: i lavoratori occupati ai sensi della presente legge, i lavoratori occupati con contratto a tempo determinato di durata fino a sei mesi, i soci di cooperative di produzione e lavoro, i dirigenti, i lavoratori assunti con contratto di inserimento, i lavoratori occupati con contratto di somministrazione presso l'utilizzatore, i lavoratori assunti per attività da svolgersi all'estero per la durata di tale attività, i soggetti impegnati in lavori socialmente utili assunti ai sensi dell' articolo 7 del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81 , i lavoratori a domicilio, i lavoratori che aderiscono al programma di emersione, ai sensi dell' articolo 1, comma 4-bis, della legge 18 ottobre 2001, n. 383 , e successive modificazioni. Restano salve le ulteriori esclusioni previste dalle discipline di settore. Ai medesimi effetti, non sono computabili” tra l’altro “i dirigenti”. Quindi, in base a tale disposizione, l’esclusione dei dirigenti dal computo della base numerica da utilizzare per il calcolo della percentuale di lavoratori da assumere in via privilegiata comporta l’automatica estromissione della categoria dal collocamento stesso.

In questo senso il Consiglio di Stato, con orientamento pienamente condivisibile (Cons. Stato 5361/2014) ha ritenuto che “enonché, il collocamento obbligatorio diretto non è applicabile alla fattispecie in esame, atteso che l’art. 4 della l. n. 68 del 1999, nell’indicare i “ Criteri di computo della quota di riserva ”, stabilisce che “ Agli effetti della determinazione del numero di soggetti disabili da assumere, sono computati di norma tra i dipendenti tutti i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato. Ai medesimi effetti, non sono computabili: i lavoratori occupati ai sensi della presente legge, i lavoratori occupati con contratto a tempo determinato di durata fino a sei mesi, i soci di cooperative di produzione e lavoro, i dirigenti, i lavoratori assunti con contratto di inserimento, i lavoratori occupati con contratto di somministrazione presso l'utilizzatore, i lavoratori assunti per attività da svolgersi all'estero per la durata di tale attività, i soggetti impegnati in lavori socialmente utili assunti ai sensi dell' articolo 7 del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81 , i lavoratori a domicilio, i lavoratori che aderiscono al programma di emersione, ai sensi dell' articolo 1, comma 4-bis, della legge 18 ottobre 2001, n. 383 , e successive modificazioni. Restano salve le ulteriori esclusioni previste dalle discipline di settore. Ai medesimi effetti, non sono computabili ” tra l’altro “ i dirigenti ”.

Quindi, in base a tale disposizione, la esclusione dei dirigenti dal computo della base numerica da utilizzare per il calcolo della percentuale di lavoratori da assumere in via privilegiata deve ritenersi che comporti l’esclusione della loro categoria dal collocamento stesso.

A nulla vale che il bando aveva previsto l’applicabilità delle riserve di legge senza prevedere l’esibizione dell’iscrizione nelle liste di collocamento e aveva previsto la necessità di uno stato di occupazione qualificata, potendo l’appartenenza alla categoria dare titolo alla preferenza a parità di merito e di titoli e non potendo comunque dette clausole comportare alcuna deroga alla normativa primaria applicabile alla fattispecie.

Quanto all’applicabilità al concorso della normativa sulle categorie protette imposta dall’art. 5 del d.PR n. 487 del 1994, va rilevato che tale norma va interpretata in combinato disposto con le altre disposizioni di legge che si sono succedute in materia e cui prima è stato fatto cenno, che nel complesso escludono la fondatezza della pretesa dell’appellante.

In altri termini, la pretesa dell’appellante non risulta fondata neanche con riferimento alla normativa applicabile in materia di collocamento obbligatorio, poiché questo non riguarda i dirigenti, ai sensi del sopra riportato art. 18, comma 2, della legge n. 68 del 1999”.

Ne discende il rigetto dei motivi di ricorso formulati. Il rigetto dei citati motivi e le argomentazioni precedenti determinano anche il rigetto delle ulteriori argomentazioni della parte articolate nel ricorso introduttivo e nei ricorsi per motivi aggiunti.

Con riferimento all’omessa comunicazione o pubblicazione della graduatoria è sufficiente segnalare che alcuna lesione essa determina nella posizione del ricorrente e, comunque, si tratta di vizio non invalidante, ma semmai idoneo a determinare una rimessione in termini del ricorrente in caso di tardiva impugnazione.

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