TAR Palermo, sez. I, sentenza 2019-02-04, n. 201900328

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. I, sentenza 2019-02-04, n. 201900328
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 201900328
Data del deposito : 4 febbraio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/02/2019

N. 00328/2019 REG.PROV.COLL.

N. 01383/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1383 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato C S Z, con domicilio eletto presso lo studio C S Z in Palermo, p.zza V.E. Orlando 41;

contro

Città Metropolitana di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato R F, con domicilio eletto in Palermo, via Maqueda 100;

e con l'intervento di

ad opponendum:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati G R e D P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Palermo, via Oberdan n. 5, presso lo studio dei predetti difensori.

per l'annullamento

- della Determinazione Dirigenziale n.135 del 19.04.2017, con la quale il Dirigente dell'Ufficio Attività Produttive, Antiusura e Formazione Professionale della Città Metropolitana di Palermo – Direzione Politiche Sociali, Pubblica Istruzione, Politiche Giovanili, Sport – Attività Produttive, Cultura, Turismo, ha revocato “le autorizzazioni n.146 e n. 147, entrambe del 11/05/2001, rilasciate al ricorrente, abilitanti all'esercizio dell'attività di Autoscuola, denominate “-OMISSIS-, entrambe a Palermo”;

- nonché di ogni altro atto presupposto, propedeutico e consequenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Città Metropolitana di Palermo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2018 il dott. G T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso notificato il 25 maggio 2017, e depositato il successivo 1° giugno, il sig. -OMISSIS- ricorrente ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, deducendone l’illegittimità.

Si è costituita in giudizio, per resistere al ricorso, l’amministrazione intimata.

Ha altresì svolto intervento ad opponendum il sig. -OMISSIS-, in qualità di “-OMISSIS-”.

Con ordinanza cautelare n. 921/2017 è stata respinta la domanda di sospensione cautelare degli effetti dei provvedimenti impugnati.

Con ordinanza n. 595 del 2017, il CGA ha accolto l’appello cautelare ai fini della fissazione dell’udienza di merito con la seguente motivazione: “ Considerato che, ferma restando la necessità di approfondire nella opportuna sede del merito il senso e la latitudine dei requisiti di moralità richiesti per l’avvio e l’esercizio dell’attività esercitata dalla parte qui appellante, le esigenze cautelari di parte ricorrente possono essere adeguatamente tutelate con la sollecita fissazione della causa nel merito dinanzi al giudice di primo grado ”.

Alla pubblica udienza del 6 dicembre 2018 il ricorso è stato definitivamente trattenuto in decisione.

2. I provvedimenti impugnati con il ricorso in esame hanno revocato “le autorizzazioni n.146 e n. 147, entrambe del 11/05/2001, rilasciate al ricorrente, abilitanti all'esercizio dell'attività di Autoscuola, denominate “-OMISSIS-, entrambe a Palermo”.

Tali provvedimenti sono stati adottati sul presupposto del venir meno dei requisiti morali per l’esercizio delle suddette attività, a seguito dell’accertamento della penale responsabilità e della conseguente condanna del ricorrente (con sentenza n. 882/2011 del Tribunale di Palermo, sez. IV penale, resa ai sensi degli artt. 444 e 445 cod. proc. pen.), alla pena di anni uno di reclusione per i reati di cui all’art. 81 e 321 cod. pen., in relazione all’art. 319 stesso codice, in quanto “ più volte e con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso consegnava ad un funzionario della Motorizzazione Civile di Palermo indebite somme di denaro per compier atti contrari ai doveri di ufficio e, in particolare, per avere facilitato/garantito il superamento della prova pratica di revisione della patente di guida a due candidati nonché della prova teorica per il conseguimento della patente b di due candidati ”.

Tale sentenza, e l’accertamento fattuale in essa contenuto, hanno indotto l’amministrazione a ritenere non più sussistenti i requisiti morali per l’esercizio dell’attività di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto e di autoscuola.

3. Contro tali provvedimenti la parte ricorrente deduce, con il primo motivo, “Violazione di legge in relazione all’art. 123 del C.d.S. - Violazione della Circolare Prot. n. 78383 del 04.09.2012, dell’Assessorato Regionale delle infrastrutture e della mobilità – Area 6 - Coordinamento Uffici Motorizzazione Civile. Eccesso di potere per carenza di motivazione e per contraddittorietà fra atti”.

La norma attributiva del potere è, nella specie, l’art. 123, comma 9, del codice della strada (d. lgs. 285/1992).

Il ricorrente pretende che i requisiti morali siano necessariamente ricavati dal precedente art. 120 stesso codice (“ non essere stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza e non essere stato sottoposto a misure amministrative di sicurezza personale o alle misure di prevenzione previste dall'articolo 120, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni ed integrazioni ”).

Cita, a proprio sostegno, la Circolare Prot. n. 78383 del 04.09.2012, dell’Assessorato Regionale delle infrastrutture e della mobilità – Area 6 - Coordinamento Uffici Motorizzazione Civile.

Tale prospettazione non può essere condivisa.

L’art. 120 disciplina, letteralmente, i “Requisiti morali per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi di cui all'articolo 116”, vale a dire la “Patente e abilitazioni professionali per la guida di veicoli a motore”.

Il citato art. 123, comma 9, recita invece: “ L'esercizio dell'autoscuola è revocato quando: a) siano venuti meno la capacità finanziaria e i requisiti morali del titolare;
b) venga meno l'attrezzatura tecnica e didattica dell'autoscuola;
c) siano stati adottati più di due provvedimenti di sospensione in un quinquennio
”.

L’unica forma di collegamento fra le due disposizioni è nel senso che i requisiti morali per l’esercizio dell’attività di autoscuola (ed autoconsulenza), funzionale al rilascio di titoli abilitanti alla guida, devono essere (quanto meno) quelli richiesti a chi aspiri al rilascio di tali titoli.

I requisiti morali per il rilascio del titolo di gestore di attività di autoscuola ed autoconsulenza, tuttavia, sono – normativamente - altro rispetto ai presupposti per la revoca di tale titolo per perdita dei requisiti di tipo morale: questi ultimi, infatti, non solo non sono tipizzati dalla norma attributiva del potere di revoca, ma sono anzi correlati – come osservato in giurisprudenza – ad un potere discrezionale dai margini molto ampi (il che corrisponde anche ad una evidente logica, posto che in sede di rilascio del titolo l’accertamento può limitarsi ad una soglia parametrica ben individuata e tipizzata, mentre in sede di esecuzione del rapporto l’inidoneità può manifestarsi in forme che sarebbe irragionevole delimitare a monte).

Il giudice cautelare d’appello, come ricordato sopra, ha sollecitato un’indagine tesa ad “ approfondire nella opportuna sede del merito il senso e la latitudine dei requisiti di moralità richiesti per l’avvio e l’esercizio dell’attività ” in questione.

In argomento la giurisprudenza (TAR Campania, Napoli, sentenza 1887/2013;
Consiglio di Stato, sentenza n. 414/2014), con riferimento al potere di ricognizione e di valutazione della perdita dei requisiti morali, hanno escluso evidentemente un ruolo vincolante dell’art. 120, ed hanno piuttosto rimarcato l’ampiezza del relativo potere discrezionale, osservando in particolare che:

la revoca dell’esercizio dell’attività di autoscuola di cui al punto a) del citato comma 9, pur ricollegata in modo diretto ed immediato alla perdita dei requisiti morali del titolare, non consegue automaticamente al verificarsi di fatti tipizzati dalla norma stessa, ma costituisce l’effetto di un ampio potere discrezionale da pare dell’amministrazione di valutazione di fatti rilevanti in funzione della tutela degli interessi pubblici coinvolti nell’attività di autoscuola, interesse pubblici non possono considerarsi limitati al solo corretto funzionamento della stessa e al generale rispetto delle norme, anche in funzione di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, ma comprendono anche l’esigenza di tutelare e garantire le peculiari finalità didattico – educative dell’autoscuola (con particolare riguardo allo specifico interesse alla formazione di maturi e consapevoli utenti della strada)”.

L'esigenza di garantire l'ordine e la sicurezza pubblici, nonchè la tranquilla convivenza della collettivita', impongono al titolare dell'autorizzazione di polizia di avere una condotta irreprensibile ed immune da pecche, anche remote, perchè pur dopo la dichiarazione di incostituzionalita' in parte qua dell'art. 138, primo comma, n. 5, R.D. n. 773/1931, ad opera della sentenza della Corte costituzionale 25 luglio 1996, n. 311, si richiede una buona condotta per aspetti incidenti sull'attitudine e sull'affidabilita' dell'aspirante ad esercitare le funzioni connesse alla licenza. Pertanto, nella valutazione dei requisiti in questione l'Autorità di pubblica sicurezza dispone di un ampio potere di apprezzamento discrezionale, in funzione della pericolosita' dell'attivita' soggetta ad autorizzazione e della delicatezza degli interessi pubblici coinvolti ”.

“ (…..) l'ambito valutativo di cui dispone l'Amministrazione è particolarmente ampio ed incontra il solo limite della disinformazione, illogicità e deviazione dal fine di legge. Dunque, la motivazione del provvedimento negativo non richiede una particolare estensione ed il successivo vaglio giurisdizionale deve limitarsi ad un esame sulla sussistenza dei presupposti idonei a far ritenere che le valutazioni effettuate non incorrano nei vizi suddetti ”.

Il richiamato indirizzo giurisprudenziale evidenzia con chiarezza la causa del potere, ai fini dello scrutinio del suo corretto esercizio: il rilascio di titoli che abilitano alla guida o alla circolazione dei veicoli senza un rigoroso accertamento dei relativi requisiti mette a repentaglio l’incolumità e la sicurezza degli utenti della strada.

Sicché la condotta del titolare di tali attività va valutata, in punto di verifica della perdurante sussistenza dei requisiti di ordine morale accertati in sede di rilascio, con riferimento ai fatti che possano incidere su profili di etica professionale e di deontologia correlati proprio alle sopra richiamate “ peculiari finalità didattico – educative dell’autoscuola (con particolare riguardo allo specifico interesse alla formazione di maturi e consapevoli utenti della strada) ”.

Nel caso in esame i provvedimenti impugnati sono stati adottati, come detto, a seguito di sentenza di applicazione di pena relativa ai fatti di reato sopra descritti: e dunque a seguito di un vaglio giurisdizionale sull’accertamento del fatto e della connessa responsabilità penale (nelle forme di cui all’art. 444 cod. proc. pen.).

L’amministrazione, nella motivazione di tali provvedimenti, non si è limitata a richiamare le fattispecie di reato, e la sentenza penale di applicazione di pena, ma ha compiuto una autonoma valutazione dei relativi fatti in relazione alla idoneità a svolgere l’attività precedentemente assentita: correlando, molto opportunamente, titolo di reato, fattispecie concreta, e profili funzionali dell’attività soggetta ad autorizzazione.

Tale valutazione, in tutto conforme al paradigma normativo che si è richiamato, appare immune dai vizi di “ disinformazione, illogicità e deviazione dal fine di legge ” ai quali la giurisprudenza riduce il possibile sindacato giurisdizionale.

Risulta anzi evidente che per i fatti accertati a carico del -OMISSIS- nell’ambito del procedimento penale, che esprimono – trattandosi di fatti di corruzione di appartenenti all’Ufficio della Motorizzazione civile - non un generico disvalore ma una particolare inidoneità specifica all’esercizio delle attività di autoscuola ed autoconsulenza, l’esercizio del potere nei termini ritenuti dai provvedimenti impugnati appare quasi dovuto (il che porta ulteriormente ad escludere che possa esservi stata una non adeguata comparazione con gli interessi del titolare del provvedimento revocato).

3.1. Nessun rilievo di segno contrario, rispetto a quanto fin qui ritenuto, può avere l’ìnvocata circolare regionale.

Preliminarmente osserva il Collegio che la circolare prot. 78383 del 4 settembre 2012, versata in atti dalla difesa ricorrente, reca linee guida per l’avvio dell’esercizio di autoscuole nel territorio della Regione siciliana, e non contiene – né potrebbe, per quanto si dirà infra - alcun riferimento alla disciplina del potere di revoca per perdita dei requisiti di carattere morale, limitandosi ad elencare, al paragrafo 5, i “requisiti personali e morali richiesti per intraprendere l’attività di autoscuola” (ciò che, come si è visto, rappresenta altro rispetto ai presupposti del potere di revoca del cui esercizio si discute), mutuati dall’art. 120 del codice della strada, ed aggiungendo: “ Qualora venga meno uno dei requisiti di cui ai superiori punti 4, 5, 6, 7 e 8 l’attività sarà revocata ” (si è già spiegato sopra perché il venir meno di tali requisiti non esaurisce lo spettro dei presupposti legittimanti l’esercizio del potere di revoca di cui si controverte).

In ogni caso, in disparte il profilo del titolo competenziale dell’autorità regionale a regolare, peraltro con atto amministrativo, i presupposti legittimanti l’esercizio di un potere funzionale alla tutela di interessi insuscettibili di essere diversamente declinati in sede locale (essendo implicata nell’accertamento della idoneità alla circolazione stradale recata dal codice della strada anche la materia dell’ordine e della sicurezza pubblica: da ultimo, Corte costituzionale, sentenza n. 5/2019), ciò che appare qui dirimente è che la predetta circolare può avere, al più, una portata interpretativa – recando un’interpretazione non condivisibile in quanto, come chiarito, contraria all’interpretazione della norma attributiva fatta propria dalla giurisprudenza pacifica – e non innovativa rispetto al precetto legale (tale, cioè, da tipizzare, delimitandole, le ipotesi di perdita dei requisiti morali legittimanti il ricorso al potere di autotutela).

4. Con il secondo motivo la parte ricorrente deduce: “Violazione dell’art.123, comma 2, del Codice della Strada. - Difetto d'istruttoria. Difetto di motivazione. Violazione dell’art. 3 della L. 241/1990. Contraddittorietà ed illogicità manifesta”.

Ad avviso del ricorrente sarebbe incongruente e contraddittorio il provvedimento di revoca, dal momento che “la P.A., in esito alle verifiche effettuate, ha ritenuto sino ad oggi sussistenti i requisiti personali e morali idonei a legittimare l’esercizio dell’attività di autoscuola da parte del sig. -OMISSIS-, senza contestazione alcuna ed indipendentemente dalla sentenza del 2011 che ha statuito su fatti che si sono verificati nel 2009”.

La censura è infondata.

Come già evidenziato dalla Sezione in sede cautelare, “ il richiamo alle favorevoli verifiche triennali risulta essere irrilevante, in quanto si è trattato della mera produzione triennale di un’autodichiarazione, circa l’inesistenza di sopravvenute condanne penali, da parte degli interessati ”.

Valgano poi anche con riferimento a tale censure le considerazioni che saranno svolte al punto successivo in relazione al terzo motivo di ricorso, comune essendo il paradigma normativo relativo al profilo diacronico dell’esercizio del potere.

5. Con il terzo motivo la parte ricorrente deduce “ Violazione della legge 241 del 1990 e del principio di affidamento. - Violazione dell’art.123, comma 7 bis, del Codice della Strada. - Violazione dell’art. 28 della legge 24 novembre 1981, n. 689 ”.

La parte ricorrente lamenta la tardività del provvedimento di revoca impugnato, rispetto ai fatti cui lo stesso si riferisce.

L’amministrazione, che non è vincolata dalla norma attributiva ad un parametro diacronico (l’ampia discrezionalità investendo evidentemente anche il profilo temporale) rispetto all’esercizio dell’azione penale, e che – prima ancora – non è vincolata neppure (se non quale mera occasio di conoscenza e di accertamento dei fatti) all’esercizio dell’azione penale in quanto tale e ai suoi successivi accadimenti (stante l’autonomia fra i due procedimenti), ha ritenuto di opportunamente attendere il consolidarsi degli effetti dell’accertamento penale dei fatti poi posti a fondamento (con autonoma valutazione) dei provvedimenti impugnati.

Va infatti tenuto distinto il profilo dell’accertamento del fatto (costituente reato) nel processo penale, accertamento cristallizzato dalla definitività della sentenza penale, dall’autonomia della relativa valutazione da parte dell’amministrazione: ciò che si evidenzia piuttosto chiaramente nella motivazione dei provvedimenti impugnati.

Né può ritenersi ipotizzabile la tutela di un (illegittimo) affidamento sul mancato esercizio del potere di autotutela per il sol fatto del trascorrere del tempo dal momento dell’avvio del procedimento penale o dal momento della commissione dei fatti costituenti reato. L’autonomia della valutazione amministrativa, giova ripeterlo, non consente infatti di ancorare l’esercizio del potere all’automatica connessione con il progredire del processo penale.

Vi è anzi da considerare che del prudente atteggiamento dell’amministrazione la parte odierna ricorrente si è piuttosto giovata, continuando ad esercitare, in assenza dei requisiti morali, l’attività in questione per un tempo successivo anche alla commissione dei fatti di corruzione.

5.1. Con un profilo della medesima censura si lamenta l’eccessiva durata del procedimento di revoca.

Nella parte in cui essa è riferita al ritenuto superamento del termine stabilito per tale procedimento, la censura risulta infondata giacché per costante giurisprudenza il superamento del termine previsto per la conclusione del procedimento non determina quale conseguenza l’illegittimità del provvedimento adottato dopo tale termine, che non è perentorio ( ex multis , da ultimo, T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, 27/11/2018, n. 1546).

Nella parte in cui invece essa invoca il termine triennale di cui all’art. 123, comma 7 -bis , del codice della strada, come termine di decadenza per l’esercizio del potere di revoca, la censura risulta parimenti infondata;
tale disposizione - che prevede che “ In ogni caso l'attività non può essere iniziata prima della verifica del possesso dei requisiti prescritti. La verifica di cui al presente comma è ripetuta successivamente ad intervalli di tempo non superiori a tre anni ” - stabilisce un’attualizzazione periodica della verifica del possesso dei requisiti, senza stabilire alcun termine di decadenza rispetto ad un potere che, anche (ma non solo) per ragioni sistematiche, trova disciplina unicamente nel successivo comma 9.

6. Per tutte le superiori considerazioni il ricorso risulta infondato e come tale deve essere respinto.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la regola della soccombenza nei confronti della Città Metropolitana di Palermo.

Possono essere invece compensate nei confronti dell’interveniente -OMISSIS-.

Va in proposito osservato che il predetto interveniente più che vantare un interesse qualificato alla conservazione dei provvedimenti impugnati nel presente giudizio, si duole della lesività di altri provvedimenti, estranei al giudizio: vale a dire dell’eventuale provvedimento di accoglimento della richiesta, presentata dall’odierno ricorrente in data 2 febbraio 2016, “-OMISSIS-

Come specifica lo stesso interveniente a pag. 4 del proprio atto di intervento depositato il 19 luglio 2017, egli vanta un interesse di mero fatto alla conservazione dei provvedimenti impugnati dal ricorrente.

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