TAR Napoli, sez. V, sentenza 2020-10-26, n. 202004833
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Pubblicato il 26/10/2020
N. 04833/2020 REG.PROV.COLL.
N. 06439/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6439 del 2014, proposto da
-OMISSIS- rappresentato e difeso dagli avvocati C F ed A N, con domicilio eletto in Napoli, alla via Caracciolo n. 11, presso lo studio del dott. A P, pec: studionunziante@legalmail.it;
contro
Ministero dell'Interno - Questura di Caserta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la quale è legalmente domiciliato in Napoli, alla via Diaz n. 11, pec: napoli@mailcert.avvocaturastato.it;
per l'annullamento
del decreto cat.6/F/PASI del 10/07/2014 con cui il Questore di Caserta ha respinto l'istanza di rilascio della licenza porto di fucile per uso caccia presentata dal ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno - Questura di Caserta;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 22 settembre 2020 il dott. P R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con atto notificato in data 17 novembre 2014 e depositato il 13 dicembre 2014, il ricorrente ha esposto che la Questura di Caserta, con l’impugnato decreto emesso in data 10 luglio 2014, gli ha negato la licenza di porto di fucile per uso caccia sulla base della seguente motivazione: “[…] in esito all’istruttoria effettuata da questo Ufficio è risultato che al richiedente, in data 20/04/2011 veniva sospesa la patente per la violazione di cui all’art. 186 bis comma 2 e/o 187 c.d.s., D.L. 92/2008 ”.
A sostegno della domanda di annullamento del provvedimento sfavorevole, l’instante ha dedotto un unico, articolato motivo di diritto così formulato: violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 43 R.D. 773/1931 – eccesso di potere per insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto – manifesta ingiustizia ed illogicità – difetto di motivazione – difetto assoluto di istruttoria.
Si è costituita in resistenza l’intimata Amministrazione col patrocinio dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato, la quale ha depositato memoria difensiva e documenti, concludendo con richiesta di reiezione del gravame per l’infondatezza delle doglianze prospettate.
All'udienza pubblica del 22 settembre 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato.
In punto di fatto, non è contestata la circostanza sopra indicata atteso che l’interessato si è limitato a dedurre al riguardo che “ la sospensione della patente è stata applicata in ragione del rilevamento di un tasso alcolemico di poco superiore alla soglia dello 0,50 g/l, essendo stato riscontrato un valore di 0,65 al primo test e 0,55 al secondo test ”.
Va aggiunto che, nel costituirsi in giudizio, l’Avvocatura Distrettuale dello Stato ha depositato la documentazione istruttoria acquisita dall’Autorità emanante e richiamata nel provvedimento in discussione, dalla quale si evince che il Commissariato di Marcianise ha espresso parere contrario (con l’allegata nota del 10.9.2012) al rilascio del titolo di polizia “ attese le ripetute segnalazioni per guida in stato di ebbrezza da sostanze alcoliche ” (cfr. anche nota della Compagnia Carabinieri di S. Maria Capua Vetere del 25.5.2012) e che “ anche di recente l’interessato è stato sorpreso alla guida in stato di alterazione da sostanze alcoliche ”.
Giova rammentare che il richiamato art. 186-bis del codice della strada – intitolato “ Guida sotto l'influenza dell'alcool per conducenti di età inferiore a ventuno anni, per i neo-patentati e per chi esercita professionalmente l'attività di trasporto di persone o di cose ” – al comma 2 prevede quanto segue: ” I conducenti di cui al comma 1 che guidino dopo aver assunto bevande alcoliche e sotto l'influenza di queste sono puniti con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 168 (1224) ad euro 679 (1224), qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0 (zero) e non superiore a 0,5 grammi per litro (g/l). Nel caso in cui il conducente, nelle condizioni di cui al periodo precedente, provochi un incidente, le sanzioni di cui al medesimo periodo sono raddoppiate .”
Tanto premesso, occorre poi osservare che, ai sensi delle previsioni degli artt. 11 e 43 del T.U.L.P.S. richiamate nell’atto impugnato, il potere riconosciuto al Questore in materia di porto di armi è connotato da elevata discrezionalità, in considerazione dei rischi di commissione di illeciti connessi al possesso delle stesse. Ne consegue che il diniego della licenza di porto d’armi o la revoca del titolo non richiedono un oggettivo ed accertato abuso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne, sulla base del prudente apprezzamento di tutte le circostanze di fatto rilevanti nella concreta fattispecie da parte dell'Autorità amministrativa (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 10 maggio 2006, n. 2576;sez. III, 10 ottobre 2014, n. 5039 e 31 marzo 2014, n. 1521). Si tratta, dunque, di un giudizio prognostico che ben può essere basato su elementi anche soltanto di carattere indiziario, stante il potenziale pericolo per la sicurezza pubblica rappresentato dalla possibilità di utilizzo delle armi possedute (cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 11 dicembre 2009, n. 7774 e 29 gennaio 2010, n. 379).
In giurisprudenza si è peraltro condivisibilmente chiarito che il porto d'armi e la detenzione delle stesse non costituiscono un diritto assoluto ma rappresentano, invece, un'eccezione al normale divieto di detenere e portare armi, sancito dall'art. 699 c.p. e dall'art. 4, comma 1, L. n. 110 del 1975, eccezione che può divenire operante soltanto nei confronti di persone che non lascino dubbi circa il loro corretto uso e che non possano mettere in pericolo l'ordine pubblico e la tranquilla convivenza della collettività (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 10 gennaio 2013, n. 71).
Venendo al caso di specie, il Collegio ritiene che, contrariamente a quanto dedotto dall’interessato, la motivazione sottesa al provvedimento, oltre ad essere basata su una congrua istruttoria alla stregua di quanto già sopra precisato, è esente anche dai prospettati vizi logici. Infatti, dalla descritta condotta, oggettivamente pericolosa per la sicurezza pubblica e la tranquilla convivenza della collettività, della quale non è contestata la veridicità, emerge con chiara evidenza che il ricorrente non dà piena affidabilità circa il corretto uso delle armi.
Invero, come affermato dalla Sezione in altra vicenda (cfr. T.A.R. Campania, Sez. V, 6 novembre 2015, n. 5205), “ l’abuso di bevande alcoliche – in considerazione dei noti effetti negativi circa il controllo dell’inibizione, la perdita della coordinazione motoria e le distorsioni a carico del sistema percettivo, fino ai casi più gravi di incoscienza indotta dall’assunzione di dosi elevate – assume particolare rilevanza in materia di armi per cui non è affatto irragionevole la valutazione della specifica rischiosità della grave condotta contestata ai fini della prevenzione dei pericoli per la sicurezza e l’incolumità pubblica. Infatti, l’alterazione psicofisica connessa allo stato di ebbrezza impedisce (quanto meno) di prestare una vigile attenzione, al fine di evitare non solo che altri possano impadronirsi delle armi, ma anche che lo stesso titolare della licenza possa fare un uso sconsiderato delle stesse arrecando nocumento a sé stesso o a terzi (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 24 ottobre 2005, n. 3883)”. Pertanto, in presenza della segnalata violazione, avente finalità di prevenzione, non può censurarsi per manifesta illogicità la determinazione adottata dall’autorità amministrativa di negare il rilascio del porto di armi (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 25.6.2015, n. 3370;Consiglio di Stato, Sez. III, 12.2.2015 n. 767).
In definitiva, conformemente al consolidato indirizzo giurisprudenziale sopra richiamato, il Collegio reputa conseguentemente che il giudizio prognostico di non affidabilità del ricorrente in merito al buon uso delle armi, posto alla base del provvedimento impugnato, è immune dalle dedotte censure di difetto dei presupposti, di illogicità della motivazione e di carenza dell’istruttoria.
In conclusione, il ricorso è infondato e va pertanto respinto.
In considerazione della peculiarità della fattispecie dedotta in giudizio, le spese di giudizio possono essere eccezionalmente compensate tra le parti, fermo restando che il contributo unificato resta definitivamente a carico della parte soccombente.
Ad avviso del Collegio sussistono i presupposti di cui all'art. 52, commi 1 e 2, D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per cui va disposto che la Segreteria proceda all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato, anche di luogo, idoneo ad identificare il ricorrente o a rivelare aspetti relativi al suo stato di salute.