TAR Firenze, sez. II, sentenza 2013-10-08, n. 201301350
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N. 01350/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01231/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1231 del 2012, proposto da:
E.N.I. s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. S G, con domicilio eletto presso S G in Firenze, corso Italia 2;
contro
- Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero della Salute, Ministero dello Sviluppo Economico in persona dei rispettivi Ministri in carica, Reparto Ambientale Marino (RAM) del Corpo delle Capitanerie di Porto, Capitaneria di Porto di Livorno, ENEA, Istituto Superiore di Sanità, ISPRA - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distr.le dello Stato, domiciliata in Firenze, via degli Arazzieri 4;
- Regione Toscana, in persona del Presidente p.t.;
- Comune di Livorno, in persona del Sindaco p.t.;
- Provincia di Livorno, in persona del Presidente p.t.;
- Asl 6 – Livorno, in persona del legale rappresentante p.t.;
- Comune Di Collesalvetti in persona del Sindaco p.t.;
- Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Toscana, in persona del legale rappresentante p.t.;
- Autorità Portuale di Livorno, in persona del legale rappresentante p.t.;
- INAIL, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Quartararo, domiciliato elettivamente in Firenze, via Bufalini n. 7;
- Società Costiero Gas S.p.A. in persona del legale rappresentante p.t.;
- Azienda Servizi Ambientali di Livorno S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t.;
per l'annullamento
- del decreto direttoriale prot. 3348/TRI/Di/B del 17 maggio 2012 a firma del Direttore generale della Direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell’Ambiente, trasmesso alla Società con nota prot. 14356/TRI/VII del 17 maggio 2012 (ricevuta in data successiva), con cui sono state approvate “tutte le prescrizioni nel verbale della Conferenza di Servizi decisoria del 2.05.2012” relativa al sito di bonifica di interesse nazionale di “Livorno”.
- del verbale e delle determinazioni assunte dalla Conferenza di servizi decisoria tenutesi presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 2 maggio 2012, nonché degli allegati al verbale, ivi inclusi, in particolare: il parere ARPAT – Dipartimento di Livorno trasmesso con nota prot. 69794 del 19 ottobre 2011 ed acquisito dal Ministero dell’Ambiente al prot. n. 32755/TRI/DI del 27 ottobre 2011 (allegato al verbale sotto la lettera C);del parere ISPRA IS/SUO 2012/041 relativo al “Documento di risposta alle osservazioni e prescrizioni contenute nel Decreto Direttoriale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Prot. 1528/TRI/DI del 19.05.2011” (allegato al verbale sotto la lettera D);
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale anche se non conosciuto dalla ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero della Salute, Ministero dello Sviluppo Economico, Reparto Ambientale Marino (RAM) del Corpo delle Capitanerie di Porto, Capitaneria di Porto di Livorno, ENEA, Istituto Superiore di Sanità, ISPRA - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e di INAIL;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 luglio 2013 il dott. B M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Riferisce la società ricorrente - ENI s.p.a., Divisione Refining &Marketing - di essere proprietaria di un’area, sita in Comune di Livorno, adibita ad attività di raffinazione di prodotti petroliferi, produzione di oli lubrificanti e produzione di energia.
L’area veniva inclusa nel Sito di interesse nazionale di Livorno, ai sensi del d.m. n. 468/2003 il quale riconosceva lo stato di inquinamento del fondo del canale industriale e ne prevedeva la bonifica con costi interamente addossati all'amministrazione pubblica, in forza dell'implicito riconoscimento di una situazione di inquinamento diffuso assai risalente e, per tale ragione, non specificamente imputabile ad alcuno.
L'assetto idrogeologico generale del SIN veniva fatto oggetto di un apposito studio predisposto su commissione dell'Autorità portuale, dell'Associazione industriali di Livorno e del Comune di Livorno dal quale emergeva la modesta velocità di eventuale circolazione delle acque, nonché la presenza del fenomeno del cosiddetto “cuneo salino” nelle zone costiere del sito, con la conseguenza che i terreni soggiacenti l'area risultano totalmente e costantemente in condizioni di saturazione. Dallo stesso studio emergeva inoltre la tendenza delle acque di falda a convergere nel settore centrale del sito dove si riscontra una depressione piezometrica che si estende su buona parte di esso.
La società ricorrente, essendo stati riscontrati in prossimità del confine dello stabilimento, valori non conformi ai limiti di legge adottava, a scopo puramente preventivo e precauzionale, interventi localizzati di messa in sicurezza di emergenza finalizzati a impedire l'eventuale esportazione di contaminazione all'esterno del sito stesso. Il sistema si componeva di 23 pozzi di emungimento delle acque di falda soggiacenti lo stabilimento di proprietà e, in misura minore, destinati al recupero di prodotto surnatante.
In precedenza ENI aveva commissionato all’impresa specializzata Foster Wheeler s.p.a. la predisposizione di un piano di caratterizzazione consistente in una indagine conoscitiva sullo stato qualitativo dell'area di sedime dello stabilimento e della falda sottostante l'area di proprietà. I risultati venivano trasmessi al Ministero dell'ambiente nell'ottobre del 2005.
Con decreto direttoriale del 16 novembre 2007 veniva approvato, con prescrizioni, il piano di caratterizzazione integrativo predisposto nell'ottobre 2006. Ulteriori indagini e conferenze istruttorie seguivano negli anni successivi.
Nella conferenza di servizi decisoria del 10 maggio 2011 il documento di analisi di rischio specifico presentato dalla società ricorrente veniva fatto oggetto di esame con richiesta di revisione sulla base delle prescrizioni formulate da ISPRA.
Il verbale veniva riscontrato con osservazioni dall'odierna di corrente, nella conferenza di servizi decisoria del 2 maggio 2012. In tale sede l'amministrazione, per un verso ribadiva le precedenti prescrizioni e, per altro, imponeva il rispetto delle osservazioni e prescrizioni indicate dall’ISPRA nel parere tecnico dell'aprile 2012. Tali prescrizioni venivano recepite dal decreto del Direttore generale della Direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente in data 17 maggio 2012.
Avverso tale atto propone ricorso ENI s.p.a. chiedendone l'annullamento ed affidandone l'accoglimento ad un unico articolato:
- Violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e segg. del d.lgs. n. 152/206 e degli artt. 3 e segg. l. n. 241/1990. Eccesso di potere per carenza di presupposto, contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, illogicità e ingiustizia manifesta, carenza dei presupposti, aggravio del procedimento.
Si costituiva in giudizio il Ministero dell’ambiente opponendosi all’accoglimento del gravame.
Si costituiva il giudizio anche l’INAIL chiedendo la dichiarazione del proprio difetto di legittimazione passiva.
Alla pubblica udienza del 4 luglio 2013 il ricorso veniva trattenuto per la decisione.
DIRITTO
Viene impugnato il decreto direttoriale in epigrafe precisato con cui il Direttore generale della Direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell’Ambiente ha approvato “ tutte le prescrizioni nel verbale della Conferenza di Servizi decisoria del 2.05.2012 ” relativa al sito di bonifica di interesse nazionale di Livorno, unitamente al verbale di detta conferenza ed ai presupposti pareri resi nel suo ambito dalle autorità partecipanti.
Preliminarmente va esaminata la richiesta di estromissione dal giudizio avanzata da INAIL che assume di non aver svolto alcuna funzione di tipo decisorio nel procedimento e nemmeno di aver partecipato alle sedute della conferenza di servizi di cui trattasi.
L’assunto va condiviso e, quindi, va dichiarata la carenza di legittimazione passiva dell’INAIL, cui non sono riconducibili i provvedimenti impugnati né è individuabile a suo capo una posizione di controinteresse qualificato.
Nel merito il ricorso è infondato.
La ricorrente reputa lesive le prescrizioni del decreto che le impongono di inserire nel calcolo per l’analisi di rischio specifica anche il percorso di migrazione del contaminante dal terreno insaturo alla falda superficiale per effetto della lisciviazione, non condividendo la scelta della società di rinviare a successivi interventi sulla matrice acque sotterranee eventuali interventi di decontaminazione.
Si rileva, in primo luogo, che la controversia in decisione si pone come prosecuzione di un’annosa vicenda contenziosa i cui precedenti episodi sono stati in parte già definiti da questo T.A.R. con le sentenze nn. 6795, 6796 e 6798 del 2010.
Tuttavia i predetti ricorsi, in parte accolti, non si riconnettono direttamente alle questioni oggi sottoposte all’esame del Collegio.
Invero, nell’ambito dell’intervento volontario dispiegato dalla ricorrente e tradottosi prima nella redazione di un piano di caratterizzazione dell’area di pertinenza e successivamente nel porre in essere misura di messa in sicurezza d’emergenza, ricorrente viene chiamata a svolgere un ulteriore intervento preventivo idoneo ad evitare il diffondersi della contaminazione dalla matrice terreno alla falda sotterranea pronta
In particolare la conferenza di servizi deliberava " di fare proprie le prescrizioni/osservazioni formulate dall’ISPRA in merito al documento di cui al sottopunto C…. si ritiene che la lisciviazione del contaminante dal terreno insaturo alla falda superficiale sia un percorso di migrazione da considerarsi sempre… ritiene che il trasporto in falda dei contaminanti sia un percorso da considerarsi sempre…. Non si condivide la scelta dell'azienda di gestire la possibile contaminazione della falda dovuta alla lisciviazione dei terreni insaturi non agendo sui terreni, ma rimandando di interventi futuri nella falda ".
Ad avviso della ricorrente l’imposizione sarebbe illegittima perché illogica e contraddittoria giacché il percorso di lisciviazione e il trasporto in falda non potrebbero essere considerati attivi o attivabili in ragione delle specifiche caratteristiche del sito di Livorno, nel mentre la medesima ritiene sarebbe più opportuno verificare direttamente la conformità delle concentrazioni soglia di contaminazione attraverso monitoraggi periodici della falda.
La tesi non può essere condivisa.
Osta al suo accoglimento, in primo luogo il “principio di precauzione” evocato dalla difesa erariale.
L'applicazione del principio di precauzione, quale politica di gestione del rischio la quale deve orientare l'adozione di scelte adeguate in materia ambientale, nei casi in cui le conoscenze scientifiche non escludono il carattere dannoso di una determinata attività, comporta, in concreto, che, ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un'attività potenzialmente pericolosa, l'azione dei pubblici poteri deve tradursi in una prevenzione precoce, anticipatoria rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche (T.A.R. Piemonte, sez. I, 3 maggio 2010, n. 2292).
Tale principio trova attuazione facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali valori sugli interessi economici e riceve applicazione in tutti quei settori ad elevato livello di protezione, ciò indipendentemente dall'accertamento di un effettivo nesso causale tra il fatto dannoso o potenzialmente tale e gli effetti pregiudizievoli che ne derivano, come peraltro più volte statuito anche dalla Corte di Giustizia comunitaria, la quale ha in particolare rimarcato come l'esigenza di tutela della salute umana diventi imperativa già in presenza di rischi solo possibili, ma non ancora scientificamente accertati, atteso che, essendo le istituzioni comunitarie e nazionali responsabili - in tutti i loro ambiti di azione - della tutela della salute, della sicurezza e dell'ambiente, la regola della precauzione può essere considerata come un principio autonomo che discende dalle disposizioni del Trattato (Corte di Giustizia CE, 26.1.2002 T132;sentenza 4 luglio 1998, causa C-248/95;sentenza 3 dicembre 1998, causa C-67/97;Bluhme;Cons. Stato, VI, 3.12.2002, n. 6657;T.A.R. Lombardia, Brescia, 11.4.2005, n. 304).
E' evidente, peraltro, che la portata del principio in esame può riguardare la produzione normativa in materia ambientale o l'adozione di atti generali ovvero, ancora, l'adozione di misure cautelari, ossia tutti i casi in cui l'ordinamento non preveda già parametri atti a proteggere l'ambiente dai danni poco conosciuti, anche solo potenziali (ex multis, T.A.R. Piemonte, I, 3.5.2010, n. 2294).
Ora, è pur vero che il principio di precauzione deve conciliarsi con il principio di proporzionalità, consistente nel dovere della Pubblica amministrazione di adottare soluzioni idonee, comportanti il minor sacrificio possibile per gli interessati, ma ciò può avvenire solo quando al soggetto privato sia imposto un obbligo esorbitante in presenza e disponibilità di altri strumenti ugualmente efficaci, ma di minore incidenza.
Nel caso di specie la soluzione proposta dalla ricorrente appare sorretta da un mero criterio probabilistico, alla luce dello studio relativo alla falda sotterranea del sito di Livorno commissionato dall'Autorità portuale, dall'Associazione industriali di Livorno e dal Comune di Livorno, secondo cui la velocità di eventuale circolazione delle acque, e la presenza del fenomeno del cosiddetto “cuneo salino” nelle zone costiere del sito, farebbero sì che i terreni soggiacenti l'area sarebbero costantemente in condizioni di saturazione ed inoltre le acque di falda manifesterebbero la tendenza a convergere nel settore centrale del sito.
L’opzione si palesa, inoltre, illogica e irragionevole posto che si propone di intervenire sulla matrice ambientale della falda solo dopo che si sia verificata la contaminazione e non ponendo in essere misure che impediscano l’evento il quale, pure se ipoteticamente controllabile, alla luce delle considerazioni di cui sopra, determinerebbe pur sempre un vulnus ambientale non tollerabile.
Alla stregua delle considerazioni che precedono il ricorso va dunque respinto, seguendo le spese di giudizio la soccombenza come in dispositivo liquidate.