TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2024-05-23, n. 202410401

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2024-05-23, n. 202410401
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202410401
Data del deposito : 23 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/05/2024

N. 10401/2024 REG.PROV.COLL.

N. 08126/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8126 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati A B ed E R, con domicilio eletto presso lo studio del secondo difensore in Roma, Via Ottaviano, 66;

contro

Comando generale dell’Arma dei carabinieri e Ministero della difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento

del decreto del Comando generale dell’Arma dei carabinieri n.-OMISSIS- pos. -OMISSIS- in data 10 maggio 2017;

e, per l’effetto, per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e dell’equo indennizzo per la malattia sofferta dalla ricorrente e per la conseguente condanna della Amministrazione al pagamento in favore della ricorrente dell’equo indennizzo corrispondente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comando generale dell’Arma dei carabinieri e del Ministero della difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice nell’udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2024 la dott.ssa F V D M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La ricorrente -OMISSIS- ha impugnato innanzi a questo Tribunale il decreto del Comando generale dell’Arma dei carabinieri in data 10 maggio 2017, mediante il quale è stata negata la dipendenza da causa di servizio e la concessione dell’equo indennizzo per l’infermità “ connettivite indifferenziata ”.

2. La signora -OMISSIS-ha rappresentato di essere stata inizialmente arruolata nell’Esercito italiano quale volontaria in ferma breve il 12 dicembre 2000.

Completato l’addestramento, l’interessata ha svolto l’incarico di conducente di automezzi, sia in territorio nazionale, sia anche all’estero, venendo impiegata in Kosovo, località Dakovica, nell’ambito della Task force “Astro”, dal 10 aprile all’8 agosto 2003.

Nell’ottobre del 2004 è poi transitata nei ruoli dell’Arma dei carabinieri.

Il 15 aprile 2016 è stata, infine, dichiarata inidonea al servizio militare, a causa della patologia oggetto di controversia.

3. La ricorrente ha allegato di essere stata sottoposta, subito dopo il reclutamento nell’Esercito, a una massiccia profilassi vaccinale, concentrata nell’arco di un breve arco di tempo e proseguita anche dopo la reazione allergica manifestata alla vaccinazione antitifoidea.

Fin dall’epoca di tale trattamento si sarebbero manifestati una serie di sintomi ricorrenti, quali eritemi nodosi, artralgie diffuse, gastriti ed esofagiti, malessere diffuso.

Successivamente, durante l’operazione denominata “Domino V” svolta presso l’Aeroporto di Parma (ottobre-novembre 2002), si sarebbero aggiunte anche placche alla gola con sinusiti ricorrenti;
affezioni, queste ultime, perduranti anche durante la missione a Dakovica, conclusasi nell’agosto del 2003.

Durante tale missione, la ricorrente, quale conducente di automezzi, sarebbe transitata nelle zone più sconvolte dal conflitto, venendo impiegata nei servizi posta e scorte, oltre che in turni di guardia diurna e notturna del perimetro della base. Avrebbe, inoltre, percorso in autocolonna il tragitto da Salonicco fino a Dakovica, transitando per Petrovec. Nel percorso in entrata e in uscita dal Kosovo, il mezzo della ricorrente, con a bordo la sola conducente, sarebbe stato cosparso con polvere bonificante, che sarebbe entrata in contatto con l’epidermide e inalata.

Per via dell’incarico che ricopriva, comportante anche lo svolgimento di corsi alle popolazioni per riconoscere ed evitare mine e ordigni inesplosi, la ricorrente avrebbe trascorso molto tempo all’aperto, in zone esposte al vento e al pulviscolo.

Anche durante i pattugliamenti e i servizi armati di guardia all’interno della base, in turni notturni e diurni, in diverse municipalità oltre quelle di Dakovica e Dečani, la ricorrente avrebbe percorso le zone distrutte dai bombardamenti.

La base “Astro” si sarebbe trovata in linea d’aria a circa 3 chilometri di distanza da una discarica-inceneritore, attiva almeno 18-20 ore al giorno, dalla quale fuoriusciva quotidianamente fumo nero e odore fetido ininterrotto. All’epoca la ricorrente e i suoi colleghi avrebbero rilevato l’espulsione di polveri nere nel muco nasale, e ciò fino a quasi due mesi dopo il termine dalla missione.

Rientrata in Italia e transitata nell’Arma dei carabinieri, la ricorrente avrebbe visto manifestarsi in modo via via ingravescente una serie di sintomi, trattati tuttavia dai sanitari come indipendenti l’uno dall’altro, fino alla diagnosi di “ connettivite indifferenziata ”, formulata dal Policlinico Umberto I di Roma il 25 gennaio 2012.

4. Secondo quanto risulta agli atti del giudizio, l’interessata ha quindi presentato un’istanza, datata 2 luglio 2014 e assunta al protocollo dell’Amministrazione l’11 luglio 2014, volta a ottenere il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e la concessione dell’equo indennizzo per la predetta infermità.

La Commissione medica ospedaliera di Roma, con verbale del 3 novembre 2015, ha riscontrato a carico dell’interessata una “ connettivite immunomediata ad insorgenza post-vaccinale ”, a eziopatogenesi multifattoriale, non stabilizzata, indicando quale data di conoscibilità della patologia il 25 gennaio 2012.

Il Comitato di verifica per le cause di servizio, con parere in data 11 novembre 2016, ha giudicato l’infermità “ connettivite indifferenziata ” come non dipendente da fatti di servizio, ritenendo che tale patologia, rientrante tra le malattie autoimmuni e caratterizzata dall’infiammazione cronica del tessuto connettivo, avrebbe un’eziologia non nota e non potrebbe, pertanto, essere ricollegata al servizio prestato.

L’Amministrazione ha quindi invitato l’interessata a produrre le proprie osservazioni e ha poi trasmesso al Comitato tutta la documentazione acquisita, chiedendo il riesame del primo pronunciamento.

Il Comitato si è nuovamente espresso con parere del 2 maggio 2017, recante la conferma del giudizio negativo già reso, motivata sulla base della ritenuta insussistenza di un collegamento tra la patologia sviluppata dalla ricorrente e le vaccinazioni alle quali la stessa è stata sottoposta.

È seguito il decreto del 10 maggio 2017, mediante il quale il Comando generale dell’Arma dei carabinieri:

- ha negato il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità “ connettivite indifferenziata ”;

- ha respinto la domanda di equo indennizzo, in quanto proposta oltre il termine di decadenza semestrale previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461.

5. Nell’impugnare il predetto decreto, la ricorrente ha articolato due motivi, con i quali ha dedotto che:

I) il Comitato di verifica per le cause di servizio avrebbe emesso un parere viziato nei presupposti e carente di adeguata motivazione, essendosi concentrato unicamente sul profilo concernente la rilevanza causale della massiccia profilassi vaccinale alla quale la dipendente è stata sottoposta, senza prendere in considerazione l’altro potenziale fattore eziologico della patologia, costituito dal periodo di servizio prestato in Kosovo, durante il quale l’interessata sarebbe stata esposta a uranio impoverito e a nanoparticelle di altri metalli pesanti;
tale esposizione avrebbe infatti determinato un’inversione dell’onere della prova, dovendo presumersi il nesso di causalità con il servizio prestato, alla luce degli articoli 603 e 1907 del Codice dell’ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66;
stando al tenore del parere del Comitato, sarebbe peraltro dubbia la completezza stessa dell’istruttoria e l’effettiva acquisizione dei rapporti informativi elaborati dall’Amministrazione;
in ogni caso, la documentazione istruttoria non sarebbe stata correttamente valutata;

II) non sarebbe riscontrabile l’affermata tardività della domanda, in quanto l’equo indennizzo potrebbe essere applicato unicamente per le patologie con effetti permanenti, mentre nel caso in esame la patologia si è stabilizzata soltanto alla data del 12 maggio 2016, secondo quanto risultante dal verbale della Commissione medica ospedaliera di Roma in pari data, e quindi in un momento successivo rispetto alla domanda.

6. L’Avvocatura generale dello Stato si è costituita in giudizio per il Comando generale dell’Arma dei carabinieri e per il Ministero della difesa.

7. Con ordinanza presidenziale n. -OMISSIS-del 30 giugno 2023 è stato ordinato all’Amministrazione “ (...) il deposito del provvedimento impugnato, degli atti del procedimento e di ogni altro chiarimento o documento utile ai fini del decidere ”.

8. In adempimento del predetto incombente, il Comando generale dell’Arma dei carabinieri ha prodotto una relazione sulla vicenda oggetto di controversia, corredata della pertinente documentazione.

9. La ricorrente ha depositato una memoria, con la quale ha insistito nelle proprie allegazioni.

10. All’udienza pubblica fissata la causa è stata, infine, trattenuta in decisione.

11. Rileva il Collegio che il provvedimento impugnato si basa su due motivazioni: la non dipendenza della patologia da causa di servizio e la tardività dell’istanza della ricorrente.

La seconda questione ha carattere prioritario dal punto di vista logico-giuridico, in quanto il rispetto delle condizioni richieste normativamente per la presentazione della domanda costituisce un prerequisito necessario per poter procedere allo scrutinio nel merito della stessa.

Il secondo motivo di impugnazione, con il quale si censura il decreto del Comando generale dell’Arma dei carabinieri del 10 maggio 2017 nella parte in cui afferma la tardività dell’istanza, deve essere, quindi, esaminato per primo.

12. Al riguardo, deve osservarsi che il predetto decreto contiene un evidente refuso, laddove fa riferimento alla tardività dell’istanza di equo indennizzo, ai sensi dell’articolo 2, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461. Tale previsione, concernente il caso in cui l’istanza di equo indennizzo sia presentata successivamente rispetto a quella di riconoscimento della causa di servizio, è manifestamente non pertinente nel caso in esame, nel quale le due domande sono state presentate congiuntamente dalla dipendente.

Come evincibile dalla documentazione in atti, il termine semestrale al quale ha inteso fare riferimento l’Amministrazione è, invece, quello di cui al comma 2, secondo periodo, del medesimo articolo 2, ove si stabilisce che “ Fatto salvo il trattamento pensionistico di privilegio, la domanda, ai fini della concessione dei benefìci previsti da disposizioni vigenti, deve essere presentata dal dipendente entro sei mesi dalla data in cui si è verificato l’evento dannoso o da quella in cui ha avuto conoscenza dell'infermità o della lesione o dell’aggravamento ”.

13. Tale termine risulta effettivamente essere stato superato nel caso in esame.

13.1. Se è vero che la patologia sofferta dalla ricorrente non è stata individuata per lungo tempo dai sanitari, tuttavia la diagnosi corretta e definitiva è poi intervenuta ad opera del Policlinico Umberto I di Roma il 25 gennaio 2012 (doc. 6 della ricorrente). Tale data è, infatti, indicata nel verbale della Commissione medica ospedaliera di Roma del 3 novembre 2015 quale “ data di conoscibilità della patologia ” (v. doc. 2 depositato dall’Amministrazione il 27 luglio 2023, p. 3).

L’istanza di riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio avrebbe dovuto, pertanto, essere presentata entro sei mesi dalla predetta diagnosi. L’interessata ha, tuttavia, proposto la domanda soltanto in data 11 luglio 2014.

13.2. Non rileva, in senso contrario, la circostanza che, alla data del 25 gennaio 2012, la patologia non fosse ancora stabilizzata, atteso che, al fine della presentazione della domanda, è necessario unicamente che l’infermità sia pienamente conosciuta. La stabilizzazione può, invece, intervenire anche in un secondo momento e viene in considerazione soltanto con riguardo all’attività della Commissione medica ospedaliera, chiamata ad ascrivere le menomazioni riportate dal richiedente alle categorie previste dalle apposite tabelle.

13.3. Va condiviso, pertanto, il precedente di questo Tribunale, ove si è affermato che la data decorrenza del termine semestrale per la proposizione dell’istanza coincide con la data di conoscibilità dell’infermità, così come certificata dalla Commissione medica ospedaliera, sulla base delle risultanze istruttorie, salvo che – in ragione della natura evolutiva della patologia e sulla base dei documenti di causa – emerga in maniera chiara che la parte ricorrente abbia avuto piena conoscenza dell’effettiva consistenza dell’infermità stessa, della sua gravità e della sua possibile dipendenza da causa di servizio solo al momento della stabilizzazione (TAR Lazio, Sez. I Quater, 20 maggio 2022, n. 6565).

Nel caso oggetto della presente controversia tale ultima situazione non risulta essersi verificata, in quanto la ricorrente, al momento in cui ha ottenuto la definitiva diagnosi, era ben consapevole della portata e degli effetti dell’infermità, sofferta già da molti anni, mentre non emerge che la patologia abbia avuto, successivamente al 25 gennaio 2012, un’evoluzione o un aggravamento significativo, tale da giustificare la posticipazione della decorrenza del termine per la proposizione della domanda ai sensi del d.P.R. n. 461 del 2001.

13.4. Il secondo motivo di gravame deve essere, perciò, rigettato.

14. Il Collegio ritiene, conseguentemente, di potersi esimere dallo scrutinio del primo motivo, avente ad oggetto l’ulteriore autonoma motivazione del decreto impugnato, in ossequio al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale “ (...) quando il provvedimento amministrativo è assistito da più motivazioni distinte e autonome, ciascuna delle quali idonea a sorreggerlo, la legittimità anche di una sola di esse è sufficiente di per sé a supportare l’intero provvedimento, con la conseguenza che non assumono alcun rilievo le ulteriori censure volte a contestare gli ulteriori profili motivazionali, poiché l’eventuale illegittimità di tali altre motivazioni non può comunque portare al suo annullamento (cfr., ex plurimis , C.d.S., Sez. IV, 3 gennaio 2023, n. 104;
id., 27 ottobre 2022, n. 9161;
id., 11 ottobre 2019, n. 6928;
Sez. VI, 3 gennaio 2023, n. 63;
id., 26 ottobre 2022, n. 9128;
Sez. VII, 28 ottobre 2022, n. 9341;
id., 12 settembre 2022, n. 7927;
id. 17 agosto 2022, n. 7165;
Sez. V, 13 giugno 2022, n. 4791;
id., 3 marzo 2022, n. 1529;
Sez. II, 17 agosto 2022, n. 7157;
id., 18 febbraio 2020, n. 1240)
” (Cons. Stato, Sez. VII, 3 maggio 2023, n. 4517).

15. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

16. La peculiarità della controversia sorregge, tuttavia, la compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

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