TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2023-10-06, n. 202305435
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Pubblicato il 06/10/2023
N. 05435/2023 REG.PROV.COLL.
N. 02642/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2642 del 2020, proposto da
C S, rappresentato e difeso dagli avvocati O C, Angelo D'Onofrio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Cellole, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato N C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Umberto Limongelli in Napoli, via A. D'Isernia n. 24;
per l'annullamento:
a) del provvedimento prot. n. 11988 del 15.05.2020, successivamente comunicato, con il quale il Responsabile dell'Area per i Servizi Tecnici ha respinto l'istanza di condono edilizio 16884 del 10.12.2004;
b) di ogni altro atto preordinato, connesso, conseguenziale, comunque lesivo dei diritti e degli interessi legittimi del ricorrente ivi compreso, ove possa occorrere, il parere negativo della Commissione condono del 27.02.2020 e il preavviso di diniego di cui è menzione nel provvedimento impugnato sub a);
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cellole;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4- bis , cod. proc. amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 21 settembre 2023 la dott.ssa Anna Saporito e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con atto notificato il 23 luglio 2020 e depositato il successivo 30 luglio, sig. C S, proprietario di un lotto di terreno ubicato nel Comune di Cellole, viale Vega-Baia Felice, su cui insistono opere abusive, ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il provvedimento in epigrafe indicato, a mezzo del quale il citato Comune ha respinto l’istanza di condono edilizio presentata in data 10 dicembre 2004, articolando i seguenti motivi, appresso sintetizzati:
I. VIOLAZIONE DELL’ ART. 32 DELLA L.N. 326/03. VIOLAZIONE DELL’ART. 3 DELLA L.R. 18.11.04 N.10. VIOLAZIONE DELL’ ART. 39 DELLA L.N. 724/94. VIOLAZIONE DELL’ART. 1 QUINQUIES DEL D.L. 27.06.85 N. 312. ERRONEITA’ ED INSUFFICIENZA DELL’ISTRUTTORIA. DIFETTO ASSOLUTO DI MOTIVAZIONE. DIFETTO ASSOLUTO DEI PRESUPPOSTI. TRAVISAMENTO DEI FATTI : la motivazione posta a base del diniego è infondata, non ricadendo la fattispecie per cui è causa in alcuna delle ipotesi di esclusione del condono ex l. n. 326/03;
II. ULTERIORE VIOLAZIONE DELLA NORMATIVA DI CUI AL MOTIVO CHE PRECEDE. VIOLAZIONE ED ERRONEA APPLICAZIONE DELL’ART. 1 QUINQUIES DELLA L.N. 431/85. ERRONEITA’ DELL’ISTRUTTORIA E DELLA MOTIVAZIONE. DIFETTO ASSOLUTO DEI PRESUPPOSTI. TRAVISAMENTO DEI FATTI : il provvedimento è altresì illegittimo nella parte in cui afferma la persistenza del “regime di inibitoria” di cui all’art. 1 quinquies della l. n. 431/85, atteso che la mancata approvazione della pianificazione paesaggistica da parte della Regione nel termine all'uopo fissato (31 dicembre 1986) ha determinato la decadenza del regime di salvaguardia.
3. Si è costituito il Comune di Cellole, che ha eccepito l’irritualità della notifica (in quanto non eseguita all’indirizzo di posta elettronica di cui all’elenco del Ministero della Giustizia ex art. 16, comma 12, d.l. n. 179 del 2012) e in ogni caso insistito per il rigetto del ricorso siccome infondato.
4. All’udienza di smaltimento del 21 settembre 2023 la causa è stata introitata in decisione.
5. Preliminarmente, in rito, deve essere respinta l'eccezione di inammissibilità del gravame sollevata dal Comune resistente, poiché eventuali errori nell’individuazione dell'indirizzo PEC devono ritenersi sanati per effetto della avvenuta costituzione dell’Ente locale.
6. Nel merito, a mezzo di due motivi - che possono essere congiuntamente esaminati per la stretta connessione fra gli stessi sussistente - parte ricorrente deduce l'insufficienza e l'erroneità in diritto della motivazione posta a base del diniego atteso che nella fattispecie ci si troverebbe al cospetto di un vincolo di inedificabilità relativo e non assoluto: ciò in quanto, per un verso, la legge n. 326/2003 richiama l'art. 39 della legge n. 724/1994 (per cui il regime di salvaguardia non sarebbe ostativo al condono) e, per altro verso, il regime di inibitoria imposto dall'art. 1 quinquies della legge 8 agosto 1985, n. 431 sarebbe ormai venuto meno per effetto della mancata adozione dei piani paesaggistici entro il termine perentorio ivi stabilito. In tale quadro, l’art. 32, comma 27, lett. d, l. n. 326/03 sarebbe stato erroneamente applicato sotto un duplice profilo, considerato che, da un lato, non preclude la sanabilità delle opere ove conformi alla strumentazione urbanistica vigente, dall’altro non è riferibile alle c.d. “bellezze d’insieme”, bensì esclusivamente agli immobili oggetto di “vincolo individuo”.
6.1. Le doglianze sono infondate.
6.2. Il gravato diniego reca la seguente motivazione:
“ Considerato:
- che il manufatto è stato realizzato su immobili soggetti a vincolo di inedificabilità dettato dal DM del 28 marzo 1985 "Dichiarazione di notevole interesse pubblico in zona sita nei comuni di Cellole e Sessa Aurunca";
- l'art. 32, comma 27, lettera d) della legge 326/03 dispone che "le opere abusive qualora siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei beni ambientali e paesaggistici, qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, successivamente alla data dell'imposizione del vincolo stesso non sono suscettibili di sanatoria";
- che sull'area oggetto di intervento vige il regime di inibitoria imposto dall'art. 1 quinquies della legge 8 agosto 1985, n. 431 ”.
6.3. L'art. 32, comma 26, del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dispone: " Sono suscettibili di sanatoria edilizia le tipologie di illecito di cui all'allegato 1: a) numeri da 1 a 3, nell'ambito dell'intero territorio nazionale, fermo restando quanto previsto alla lettera e) del comma 27 del presente articolo, nonché 4, 5 e 6 nell'ambito degli immobili soggetti a vincolo di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47;b) numeri 4, 5 e 6, nelle aree non soggette ai vincoli di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, in attuazione di legge regionale, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con la quale è determinata la possibilità, le condizioni e le modalità per l'ammissibilità a sanatoria di tali tipologie di abuso edilizio ".
Il successivo comma 27, alla lettera d), prevede: " Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora: .... d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ".
6.4. Quanto alla natura del vincolo, la giurisprudenza:
- ha negato che debba trattarsi solo dei vincoli che comportino l'inedificabilità assoluta. In proposito è stato precisato che il legislatore, con la previsione generale di cui al citato art. 32, comma 27, lett. d) “ ha disciplinato, ai fini del condono edilizio, l'ipotesi di tutte le costruzioni effettuate in siti vincolati e come tali riflettenti la disciplina vincolistica della zona su cui insistono. La distinzione tra vincoli assoluti e relativi non rileva al fine della condonabilità delle opere, stante il chiaro disposto legislativo che non ha fatto cenno alla stessa;la norma, infatti, richiama (in modo indifferenziato) opere che siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali ” (TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 19 maggio 2015, n. 2819);
- ha escluso che il più volte richiamato art. 32, comma 27, sia riferibile unicamente ai vincoli individui e non alle c.d. "bellezze d'assieme": “ a prescindere dal rilievo che l'art. 136 del d.lgs. n. 42/2004, nella sua attuale formulazione (applicabile ratione temporis), non sembra introdurre alcuna distinzione fra "immobili" ed "aree", richiamando unicamente termini come "cose immobili", "complessi di cose immobili", "ville, giardini, parchi" e "bellezze panoramiche", è dirimente osservare che l'art. 32, comma 27, lett. d), del decreto legge n. 269/2003 fa riferimento alla generale espressione di "immobili soggetti a vincoli", senza assolutamente specificare le caratteristiche di detti vincoli, ossia se debbano intendersi per tali solo quelli individui con esclusione di quelli relativi alle bellezze di insieme, come opinato dal ricorrente. Ne discende, non potendo l'interprete attribuire a tale espressione un significato meno ampio di quello evincibile dal suo chiaro tenore letterale, che nel novero degli "immobili soggetti a vincoli" vanno inclusi anche quelli che, come il fabbricato in questione, sono ubicati in zone sottoposte a vincoli paesaggistici ” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 16 maggio 2022, n. 3286);“ la lettera d) del c. 27 dell'art. 32 L. 326/2003 contiene un'espressa causa di incondonabilità con riferimento alle opere realizzate "su immobili soggetti a vincoli....a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici...ecc.";nella sua onnicomprensività, la legge non fa riferimento alcuno ad vincoli imposti "in individuo", e, al contrario, il riferimento espresso ai vincoli ambientali, paesistici, idrogeologici (e non già storico-artistici, per i quali si applica la successiva lett) e) induce viceversa ad escludere che il legislatore si sia riferito a vincoli imposti su singoli beni (difficilmente configurabili oggettivamente in materia ambientale, paesistica ed idrogeologica) e che invece abbia consapevolmente optato per una più rigida tutela di beni sensibili quali quelli attinti - genericamente - da vincoli ambientali e paesistici per la stessa rilevanza degli interessi sottesi ” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 16 marzo 2006, n. 3043).
6.5. Tanto premesso, è consolidato l’orientamento ( ex plurimis , Consiglio di Stato, sez. VI, 17 gennaio 2020, n. 425;T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 12 ottobre 2020, n. 4388) secondo il quale, ai sensi del suddetto art. 32, comma 27, lettera d), sono sanabili le opere abusive realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, siano essi di natura relativa o assoluta, purché ricorrano "congiuntamente" le seguenti condizioni: a) che si tratti di opere realizzate prima dell'imposizione del vincolo;b) che, pur realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;c) che siano opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'allegato 1 del D.L. n. 269 del 2003 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) senza quindi aumento di superficie;d) che vi sia il previo parere favorevole dell'autorità preposta al vincolo. In assenza delle suddette condizioni, l'incondonabilità non è superabile nemmeno con il parere positivo dell'autorità preposta alla tutela del vincolo (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 12 ottobre 2020, n. 4388 cit.).
6.6. Orbene, nella fattispecie oggetto di odierno esame non è oggetto di contestazione che l'abuso edilizio realizzato da parte ricorrente ricada in area sottoposta al vincolo paesaggistico imposto a mezzo del D.M. 28 marzo 85 "Dichiarazione di notevole interesse pubblico di una zona sita nei comuni di Cellole e Sessa Aurunca", pubblicato nel supplemento ordinario alla G.U. n. 98 del 26 aprile 1985. Inoltre, parte ricorrente non ha provato (ma nemmeno dedotto) che l'intervento risalga ad epoca antecedente all'apposizione del vincolo né che l'opera abusiva rientri tra le ipotesi di abuso c.d. "minore", ovvero quelle di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'allegato 1 d.l. n. 269 del 2003 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), senza quindi aumento di superficie.
Difettando quindi più d’uno dei presupposti individuati dalla giurisprudenza sopra richiamata, l'opera non è suscettibile di rientrare tra le tipologie di abusi condonabili anche in zona vincolata;ne deriva che il diniego del condono edilizio era del tutto vincolato ai sensi dell'art. 32, comma 27, lettera d) della legge 326/2003, espressamente richiamato nel provvedimento impugnato.
6.7. Né può essere condivisa la prospettazione secondo la quale il regime di inibitoria ex art. 1 quinquies l. n. 431/85 deve ritenersi decaduto (pena l'incostituzionalità delle relative disposizioni) per effetto della mancata approvazione della pianificazione paesaggistica da parte della Regione nel termine, all'uopo fissato, del 31 dicembre 1986. Già in precedenti pronunzie della Sezione (relative peraltro proprio a dinieghi di condono emessi dal Comune di Cellole) è stato infatti affermato che “ il suddetto D.M. è stato adottato … sulla base dell'art. 2 del DM 21 settembre 1984 …in tali territori, contemplati nel medesimo decreto ministeriale, sono state vietate "fino al 31 dicembre 1985, modificazioni dell'assetto del territorio, nonché opere edilizie e lavori, fatta eccezione per i lavori di restauro, risanamento conservativo, nonché per quelli che non modificano l'aspetto esteriore dei luoghi". "Quanto al termine del 31 dicembre 1985, inizialmente fissato … esso è stato prorogato dall'art. 1 bis della legge n. 431/85 che ha precisato che i piani paesistici dovessero essere approvati entro il 31 dicembre 1986. Inoltre l'art.