TAR Catania, sez. I, sentenza 2015-12-02, n. 201502819

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2015-12-02, n. 201502819
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201502819
Data del deposito : 2 dicembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02254/2014 REG.RIC.

N. 02819/2015 REG.PROV.COLL.

N. 02254/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2254 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Hightel Towers S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dall'avv. U L S D L, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G M, in Catania, Via V. Giuffrida, 37;

contro

Comune di Tusa, in persona del Sindaco p.t. , rappresentato e difeso dall'avv. E D, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. F L P, in Catania, C.so Italia, 213;

per l'annullamento

ricorso introduttivo

delle note prot. n. 6263 del 30/5/2014 e prot. 9019 del 17/7/2014 a firma del R.A.T. del Comune di Tusa;

di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale e in particolare, ove occorra, del regolamento per l’installazione degli impianti fissi e mobili di telecomunicazioni e radiotelevisivi, di apparecchiature e dispositivi similari approvato giusta delibera del Consiglio comunale di Tusa n. 28 dell’8 luglio 2014;

della delibera del Consiglio comunale di Tusa n. 28 dell’8 luglio 2014;

I motivi aggiunti

del provvedimento n. 7 del 17.11.2014 adottato dal Comune di Tusa;

del regolamento per l’installazione degli impianti fissi e mobili di telecomunicazioni e radiotelevisivi, di apparecchiature e dispositivi similari;

della delibera di C.C. n. 28 dell’8.07.2014 con la quale è stato approvato il regolamento comunale;

della nota prot. 8906 del 14.7.2014 a firma del Sindaco di Tusa;

II motivi aggiunti

dell’ordinanza di sospensione dei lavori n. 1 del 24/3/2015 a firma del R.A.T. del Comune di Tusa;

di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale e in particolare, ove occorra, della nota prot. 3030 del 24/3/2015 del R.A.T. del Comune di Tusa;

III motivi aggiunti

del provvedimento n. 7 dell’1.06.2015 adottato dal R.A.T. del Comune di Tusa;

Visti il ricorso, i tre distinti ricorsi per motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Tusa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2015 il dott. Francesco Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La società Hightel Towers s.p.a. aveva presentato al Comune di Tusa istanza per la installazione di una antenna per telecomunicazioni da collocare in c.da Difesa. L’amministrazione ha riscontrato l’istanza con un preavviso di rigetto datato 30 maggio 2014, nel quale si evidenziano le seguenti ragioni ostative: a) un altro gestore risulta aver presentato analoga domanda per la medesima area;
b) la zona di che trattasi ha una destinazione urbanistica non compatibile con l’impianto proposto;
c) il lotto individuato non può essere raggiunto se non previa autorizzazione da parte del Comune – allo stato non richiesta - in quanto confinante con una Reggia Trazzera che è divenuta proprietà comunale ai sensi dell’art. 13, co. 7, della L.R. 4/2003;
d) inoltre, non sarebbe comunque possibile accedere al sito con mezzi pesanti, poiché vige ordinanza che ne esclude la circolazione nell’area;
e) agli atti del Comune risulta depositata una petizione popolare contraria all’installazione dell’impianto di telecomunicazioni proposto da altra società nella stessa area.

La Hightel Towers s.p.a. ha controdedotto in sede endoprocedimentale sulla nota dell’amministrazione, affermando l’insussistenza di tutte le ragioni ostative oppostele.

Successivamente, con ulteriore preavviso del 17 luglio 2014, l’amministrazione ha nuovamente preannunciato il rigetto della domanda, ribadendo le ragioni ostative già comunicate poco tempo prima, e rilevando altresì che l’intervento si pone anche in contrasto con la natura di area sensibile attribuibile al sito in virtù del regolamento per l’installazione degli impianti fissi e mobili di telecomunicazioni e radiotelevisivi appena approvato in data 8 luglio 2014 con deliberazione consiliare n. 28.

La Hightel Towers s.p.a. ha allora presentato il ricorso introduttivo del giudizio.

In relazione al nuovo preavviso di rigetto, la società evidenzia che nel corso dei lavori consiliari di approvazione del regolamento il Sindaco sollecitò la veloce approvazione delle disposizioni, sottolineando l’urgenza dettata dal fatto che l’ufficio tecnico comunale doveva dare riscontro negativo alla domanda presentata dalla odierna ricorrente. Da tale circostanza di fatto viene dedotta e denunciata la natura strumentale del regolamento, che sembrerebbe finalizzato proprio ad impedire l’installazione dell’infrastruttura in questione. Nel merito, la società ha contestato la fondatezza dei motivi ostativi esposti nei citati atti, con i seguenti motivi:

1.- l’interesse manifestato da altra società per l’istallazione di un’antenna nella medesima area non è stato più riprodotto come motivo ostativo nel secondo atto adottato dal Comune, sicché deve ritenersi che tale argomentazione sia stata abbandonata a seguito delle spiegazioni fornite dalla ricorrente in sede di confronto procedimentale;

2.- l’attività dell’amministrazione non risulta improntata ai criteri della buona fede e della leale collaborazione, dal momento che (i) sono stati riportati nel secondo preavviso gli stessi motivi ostativi, senza alcuna contestazione o risposta alle argomentazioni che la ricorrente aveva preventivamente sollevato nella memoria endoprocedimentale, (ii) la norma regolamentare invocata è stata affrettatamente approvata proprio allo scopo di respingere l’istanza;

3.- a) le infrastrutture di comunicazioni elettroniche sono opere di pubblica utilità, qualificabili come opere di urbanizzazione primaria, e pertanto risultano compatibili con qualunque destinazione urbanistica dell’area;
b) l’invocato art. 13 della L.R. 4/2003 prevede l’attribuzione agli enti locali delle sole aree demaniali trazzerali che risultino di fatto occupate da corpi stradali, mentre nella fattispecie tale condizione non sussiste, come comprova la circostanza che l’Assessorato Regionale all’agricoltura ha adottato un provvedimento che autorizza la società ad attraversare la trazzera per i lavori funzionali alla realizzazione della stazione radio base;
c) il divieto di transito dei mezzi pesanti imposto con provvedimento comunale non è rilevante, posto che l’istanza presentata faceva riferimento all’accesso al sito con i mezzi di trasporto consentiti;

4.- La invocata natura sensibile del sito in questione, riconosciuta a mezzo del regolamento comunale, esorbita dalle competenze attribuite dalla legge ai Comuni, atteso che questi possono solo limitarsi a regolamentare il corretto insediamento urbanistico/territoriale degli impianti, ma non possono disporre in tema di tutela della salute e di protezione dalle emissioni radioelettriche, essendo queste competenze esclusive della legislazione statale, peraltro già esercitate attraverso la L. 36/2001.

L’intimato Comune di Tusa si è costituito in giudizio per opporsi all’accoglimento del ricorso, eccependo in via preliminare l’inammissibilità del gravame siccome proposto avverso meri atti interni al procedimento non ancora sfociati nel provvedimento definitivo, e contro una norma regolamentare ancora bisognosa di concreta applicazione.

I^ Motivi aggiunti

Col primo ricorso per motivi aggiunti, la società ricorrente ha impugnato il provvedimento n. 7 del 17 novembre 2014 adottato dal Responsabile Area Tecnica (di seguito, abbreviato in R.A.T.) del Comune di Tusa con il quale è stata definitivamente respinta l’istanza in questione con la motivazione che: a) il sito ricade in area sensibile ai sensi dell’articolo 7, lett. d, del regolamento approvato con delibera consiliare n. 28/2014, a norma del quale non è consentita l’istallazione nel raggio di 500 m di nuovi impianti di telefonia;
in particolare, nella fattispecie sarebbe oggetto di tutela il serbatoio idrico dell’acqua potabile che serve tutto il Comune ed è alimentato da condotte che attraversano l’area interessata dalla realizzazione dell’impianto;
la stazione radio base inoltre – ove realizzata - impedirebbe il possibile ampliamento del citato impianto idrico;
b) il sito non può essere raggiunto se non previa autorizzazione comunale, essendo l’unica via d’accesso costituita dalla reggia trazzera divenuta di proprietà comunale;
c) l’area ha una destinazione urbanistica non compatibile con quanto proposto, e non risulta presentato un piano di lottizzazione necessario per realizzare le opere di urbanizzazione primaria;
d) agli atti dell’ufficio non risulta sussistente l’autorizzazione di competenza dell’ARPA.

Nei motivi aggiunti la ricorrente ha riproposto le censure già illustrate col ricorso introduttivo del giudizio avverso le motivazioni già esternate dall’amministrazione comunale, ed ha ulteriormente dedotto (i) che l’autorizzazione spettante all’ARPA condiziona solo l’attivazione dell’impianto, ma non la sua istallazione;
(ii) che le esigenze di tutela del sito sensibile appaiono esternate in maniera confusa ed incerta in quanto: a) se si intendesse tutelare la salute della cittadinanza, il diniego di edificazione non avrebbe ragione di esistere, in quanto l’acqua potabile non è un bene suscettibile di “aggressione” da parte del progettato impianto di telefonia;
b) se si intendesse invece preservare la futura espansione dell’impianto idrico, risulterebbe illogico sacrificare oggi una infrastruttura primaria per consentire il futuro ed ipotetico ampliamento di un’altra.

Il Comune di Tusa ha controdedotto anche sui motivi aggiunti.

L’istanza cautelare contenuta nei motivi aggiunti è stata accolta da questa Sezione con ordinanza n. 81/2015 con la motivazione che “ (…) le censure sollevate dalla ricorrente appaiono fondate, in quanto - pur riconoscendosi in capo al Comune un astratto potere di individuare siti o zone sensibili, da tutelare a mezzo dell’apposito regolamento - la scelta in concreto effettuata con riguardo al sito in questione non appare sorretta da criteri di logica e congruità ”.

II^ Motivi aggiunti

Successivamente al provvedimento cautelare di questo Tar, la società ricorrente ha comunicato l’avvio dei lavori preordinati alla realizzazione dell’impianto.

L’amministrazione resistente ha ritenuto di dover esternare maggiormente, in ossequio all’ordinanza cautelare, le ragioni sottese alla tutela del sito, ed ha quindi evidenziato che il proprio diniego risponde anche alla necessità di tutelare ai sensi dell’art. 94 del D. Lgs. 152/2006 qualitativamente e quantitativamente la “risorsa idrica”, atteso che la porzione di territorio in esame si trova nella fascia di rispetto individuata dalla predetta norma, in quanto prossima al serbatoio idrico (distante solo 25 m) ed al pozzo di alimentazione (distante solo 95 m). Conseguentemente, ha comunicato ulteriori motivi ostativi all’accoglimento della domanda, e con ordinanza n. 1 del 24/3/2015 ha cautelativamente sospeso i lavori, ritenendo che non fosse maturato alcun silenzio/assenso e che non fosse stata rilasciata alcuna autorizzazione edilizia.

Con ulteriori motivi aggiunti la società Hightel Towers ha impugnato l’ordine di sospensione dei lavori deducendo:

1.- che ai sensi dell’articolo 87, co. 9, del D. Lgs. 259/2003 si sarebbe formato sull’istanza un provvedimento tacito di assenso, maturato dopo il decorso di 90 giorni dal secondo preavviso di rigetto adottato dall’amministrazione in data 17 luglio 2014;

2.- che l’invocato articolo 94 del D. Lgs. 152/2006 sia stato erroneamente applicato dall’amministrazione, dal momento che tale norma - finalizzata a regolare le aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano - individua delle zone di rispetto con estensione di 200 m di raggio rispetto al punto di captazione o derivazione delle acque, al fine di mantenerne e migliorarne le caratteristiche qualitative. In coerenza con tale scopo, la stessa norma individua al comma 4 le condotte vietate nelle aree di rispetto, riconducibili sostanzialmente a tutte quelle attività (ad esempio dispersione di sostanze inquinanti, apertura di cave e pozzi, stoccaggio dei prodotti o sostanze chimiche pericolose o radioattive) che possono in concreto produrre effetti pregiudizievoli sulla falda acquifera;

3.- che, in via derivata, anche il provvedimento da ultimo impugnato sarebbe affetto da tutti i vizi già dedotti con le precedenti impugnative.

Il Comune resistente ha controdedotto anche su questi motivi aggiunti, ed ha comprovato attraverso una relazione geologica la natura di sito sensibile da riconoscere all’area in questione.

III^ Motivi aggiunti

Successivamente, con provvedimento n. 7 dell’1 giugno 2015 il R.A.T. del Comune di Tusa ha definitivamente respinto la domanda avanzata dalla società ricorrente, adducendo a sostegno del rigetto sia le motivazioni già esternate nel precedente provvedimento n. 7/2014 (impugnato con i primi motivi aggiunti), sia la ulteriore argomentazione che il sito in questione risulterebbe protetto ex lege ai sensi del citato articolo 94 del D. Lgs. 152/2006. In più, l’amministrazione ha precisato in calce al provvedimento che - sussistendo un interesse pubblico prevalente ed attuale - la decisione assunta vale anche come atto di annullamento e/o revoca di eventuali precedenti comportamenti di segno provvedimentale che si fossero verificati nelle more.

Il predetto provvedimento è stato impugnato con ulteriori motivi aggiunti (i III^) dalla società ricorrente, che ha richiamato tutte le censure già in precedenza esposte nelle altre impugnative proposte. Nello stesso gravame, la società ha anche rilevato un ulteriore profilo di illegittimità, che inficerebbe il provvedimento in esame, insito nel fatto che l’autotutela in funzione di annullamento e/o revoca di (eventuali) precedenti comportamenti aventi valore di assenso risulta male esercitata, dal momento che tale attività amministrativa di secondo grado non è stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, né richiama le norme di legge che ne legittimerebbe l’esercizio.

Il Comune di Tusa si è costituito per resistere anche a quest’ultima impugnativa.

All’udienza del 22 ottobre 2015 la causa è passata in decisione.

Ricapitolando sinteticamente la successione cronologica dei diversi atti e provvedimenti emessi dal Comune sulla vicenda si può affermare che ad oggi l’oggetto della controversia si concentri tutto sull’ultimo provvedimento n. 7 dell’1 giugno 2015 con il quale il R.A.T. del Comune di Tusa ha definitivamente respinto la domanda avanzata dalla società ricorrente, annullando e/o revocando in autotutela anche eventuali provvedimenti taciti che si fossero nelle more prodotti.

Tale provvedimento n. 7/2015 si articola su una motivazione plurima che comprende: (argomentazioni già esternate in precedenza) a) vocazione urbanistica del lotto;
b) impossibilità di transitare sulla trazzera comunale per accedere al sito, in mancanza di apposita autorizzazione;
c) impossibilità di accedere ai luoghi di lavoro con mezzi pesanti;
d) contrarietà della proposta rispetto alla disposizione di cui all’articolo 7, lett. d, del regolamento approvato con delibera consiliare n. 28/2014 che tutela i siti sensibili (tra i quali vengono ricompresi i serbatoi idrici ad uso potabile);
e) mancanza del parere dell’ARPA;
(argomentazioni opposte successivamente) f) contrarietà dell’intervento progettato rispetto ai vincoli imposti con l’articolo 94 del D. Lgs. 152/2006.

Tutte le esposte argomentazioni, a parere del Collegio, sono infondate.

Tuttavia, prima di esaminare nel merito le argomentazioni ostative alla realizzazione dell’intervento esposte dall’amministrazione, occorre statuire in rito su alcune delle impugnazioni. E segnatamente: I) il ricorso introduttivo del giudizio deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse processuale, in quanto proposto contro atti endoprocedimentali (il preavviso di rigetto della domanda) che non assumono immediata valenza lesiva (in tal senso unanime giurisprudenza: tra le più recenti, Tar Basilicata 591/2015;
Tar Lombardia 390/2015;
Tar Puglia 882/2014;
Tar Valle d’Aosta 34/2014);
II) il primo ricorso per motivi aggiunti, proposto contro il provvedimento comunale n. 7/2014, di diniego di rilascio dell’autorizzazione richiesta dalla società, è divenuto improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse processuale, in quanto la valenza ostativa alla realizzazione dell’impianto è stata sostituita dal più recente, e più ampiamente motivato, provvedimento n. 7/2015, sicchè non residua interesse in capo alla ricorrente all’annullamento giurisdizionale di un atto ormai superato da ulteriore statuizione della stessa PA;
III) il secondo ricorso per motivi aggiunti è da considerare anch’esso improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse processuale, in quanto proposto contro l’ordinanza di sospensione dei lavori n. 1 del 24/3/2015, ossia contro un atto di per sé temporaneo, che assume per legge valenza cautelare ed efficacia limitata nel tempo, di guisa che gli effetti lesivi prodotti devono ritenersi ormai esauriti.

Rimane da esaminare nel merito l’ultima impugnazione (III° ricorso per motivi aggiunti), e di conseguenza la legittimità delle molteplici ragioni ostative opposte dal Comune di Tusa alla realizzazione dell’impianto progettato dalla Hightel Towers s.p.a.

A parere del Collegio il ricorso è fondato, risultando illegittime le argomentazioni trasfuse nel provvedimento impugnato. In dettaglio:

A) la vocazione urbanistica del lotto di terreno non può essere di ostacolo alla realizzazione dell’impianto di telefonia, atteso che ai sensi dell’art. 86, co. 3, D. Lgs. n. 259/2003 (cd. Codice delle telecomunicazioni elettroniche ) le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 87 e 88 dello stesso Codice, sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria e risultano compatibili con qualsiasi previsione di zonizzazione (cfr. ex multis , Tar Puglia 1120/2015;
Tar Abruzzo 837/2013;
Tar Lombardia 34/2013;
Tar Catanzaro 678/2009;
Tar Puglia 4620/2005);

B) la asserita impossibilità di transitare senza autorizzazione sulla reggia trazzera, perché divenuta di proprietà comunale, muove da un presupposto erroneo: ossia, il fatto che tale infrastruttura sia stata acquisita dal Comune ai sensi dell’art. 13, co. 7, della L.R. 4/2003. In verità, detta norma stabilisce che “ Tutte le zone demaniali trazzerali che risultino di fatto occupate da corpi stradali, e già erroneamente assunti in consistenza da enti pubblici, sono da intendersi trasferite dall'Amministrazione regionale ai detti enti che ne cureranno la manutenzione ”. Nel caso di specie non risulta – ed anzi è espressamente smentito dalla ricorrente, e non contestato dalla resistente – che la porzione di trazzera in questione sia adibita a sede stradale;
ne consegue che non può ritenersi trasferita al demanio comunale. Peraltro, la permanenza di tale trazzera nell’ambito del demanio regionale è comprovata dal fatto che l’Assessorato regionale all’agricoltura, con atto del 18.04.2014 prodotto in atti, abbia autorizzato la ricorrente al transito su di essa. In aggiunta, va anche rilevato che l’amministrazione – in un’ottica di buon andamento dell’azione amministrativa e leale collaborazione col privato – avrebbe eventualmente dovuto (ove fosse realmente titolare della trazzera) limitarsi a segnalare la citata difficoltà di ordine tecnico, avvisando la società dell’onere di richiedere una specifica autorizzazione, stante il fatto che il potere di concederla spettava (in tesi) allo stesso Comune, e non a soggetti terzi;

C) nemmeno la dichiarata impossibilità di accedere al sito in esame tramite mezzi pesanti poteva costituire valido motivo di rigetto dell’istanza dell’Hightel Towers s.p.a., avendo questa precisato di voler accedere all’area con i “mezzi consentiti” (v. nota del 5.06.2014 prodotta in atti);

D) l’art. 7 del Regolamento comunale per l’installazione degli impianti fissi e mobili di telecomunicazioni e radiotelevisivi, approvato con delibera consiliare n. 28/2014 – nella parte in cui tutela i siti sensibili, ricomprendendo in tale categoria i serbatoi idrici ad uso potabile – non costituisce ragione idonea a sorreggere l’impugnato diniego. Infatti, è ormai ampiamente acquisto in giurisprudenza il convincimento che la potestà regolamentare dei Comuni in materia di localizzazione degli impianti di telefonia mobile sia funzionale solo ad esigenze di natura urbanistica e di governo del territorio;
mentre resta estraneo a tale potestà ogni intento di tutela (diretto od indiretto) della salute della popolazione stanziata nel territorio. Questo, costituisce infatti un obbiettivo trasversale, di valenza generale, che viene affidato alla competenza esclusiva dello Stato, sul quale non possono incidere gli strumenti regolatori e/o pianificatori degli enti locali. Ed infatti: “ Dall'attuale disciplina in tema di installazione di strutture operanti quali cc.dd. stazioni ‘radio-base per telefonia mobile', risultante dal combinato disposto delle norme contenute nella l. n. 36 del 2001 (legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) e nel d.lg. n. 259 del 2003 (c.d. "codice delle comunicazioni"), deriva che ai comuni è riservata, "in subjecta materia", una potestà del tutto sussidiaria rispetto a quella attribuita allo Stato e alle regioni, potendo essi adottare regolamenti finalizzati esclusivamente ad assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti, nonché a minimizzare, sempreché in conformità ed in attuazione alle direttive ed ai criteri introdotti dallo Stato e dalle regioni, l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, restando esclusa, cioè, ogni potestà normativa in capo agli enti locali in ordine alla determinazione di criteri, maggiormente limitativi o rigidi, di valutazione della soglia di inquinamento elettromagnetico o alla introduzione di divieti generali e/o di misure generali interdittive a contenuto igienico-sanitario. ” (Tar Palermo 951/2014);
Ai Comuni non spetta disciplinare, nei loro regolamenti, l'installazione degli impianti di telefonia mobile con limitazioni o divieti generalizzati e tali da non consentire una diffusa localizzazione sul territorio del servizio pubblico relativo, e ciò specificamente quando tale potere sia palesemente rivolto a tutelare aspetti collegati con la salute umana, dal momento che siffatte esigenze sono valutate dagli organi statali a ciò deputati ” (Tar Napoli 2461/2013).

Per di più, va anche rilevato che – nel peculiare caso in esame – l’identificazione di un serbatoio idrico quale sito sensibile, da preservare rispetto al possibile inquinamento elettromagnetico, appare anche distante dall’esigenza di base, se questa deve essere fatta coincidere con l’intento di tutelare la salute degli abitanti;
ed infatti il Consiglio di Stato ha avvertito che “ l'interesse sotteso alla minimizzazione dell'esposizione ai campi elettromagnetici si deve tradurre in regole ragionevoli, motivate e certe, poste a presidio di interessi di rilievo pubblico, ma non può dissimulare norme di radioprotezione aggiuntive o peggiorative dei già cautelativi e rigorosi limiti all'uopo posti, in modo unitario per tutto il territorio della Repubblica, dalla normativa statale ” (Cons. di Stato, III, 687/2013);

E) Anche l’eccepito mancato rilascio del parere favorevole di competenza dell’ARPA non costituisce motivo legittimo di reiezione della domanda, posto che – come rileva la ricorrente – tale parere è solo funzionale alla successiva attivazione dell’impianto di trasmissione, e non alla sua costruzione (sul punto, si richiamano Tar Umbria 500/2015;
Tar Puglia 1488/2011;
Tar Catania 256/2008);

F) Infine, l’amministrazione comunale ha anche motivato il rigetto della domanda con l’applicazione dell’art. 94 del D. Lgs. 152/2006, quale norma contenente la “ Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano ”.

Va precisato, invero, che la norma in esame assegna alle Regioni il compito di individuare le aree di salvaguardia distinte in zone di “tutela assoluta”, zone “di rispetto”, nonchè, all'interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, in zone “di protezione”. La zona di “tutela assoluta” è costituita dall'area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni;
essa deve avere un'estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione (co. 3). La zona “di rispetto”, invece, è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta (co. 4), ed in mancanza di determinazione da parte della Regione essa ha un’estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione (co. 6).

Tenendo conto della concreta connotazione geografica del caso concreto può dirsi che la progettata antenna ricada al di fuori della zona di “tutela assoluta” (estesa per un raggio di 10 metri dal punto di captazione), posto che l’area dista 25 metri dal serbatoio idrico, e 95 metri dal pozzo di alimentazione. Potrebbe, al più, ritenersi che ci si trovi nell’ambito della zona di rispetto, come sopra definita;
ma questo non potrebbe comunque rappresentare ragione ostativa all’installazione dell’infrastruttura tecnologica, dal momento che in base alla citata norma, nella zona di rispetto, risultano solo inibite alcune attività materialmente inquinanti, analiticamente elencate nel comma 4 (quali, ad esempio, dispersione di fanghi e acque reflue;
accumulo o spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;
apertura di cave che possono essere in connessione con la falda;
stoccaggio di prodotti ovvero, sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive;
centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;
pozzi perdenti;
ecc.).

In conclusione, le molteplici ragioni poste dal Comune a fondamento del diniego di rilascio della richiesta autorizzazione ex art. 87 del D. Lgs. 259/2003 risultano inconsistenti.

Occorre anche precisare che l’autorizzazione in esame – oltre ad essere stata illegittimamente denegata con i provvedimenti sopra analizzati – si era altresì già formata in modo tacito, per il decorso del termine di 90 giorni a tal fine stabilito dall’art. 87, co. 9, del D. Lgs. 259/2003. Infatti, fra la (seconda) comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza datata 17 luglio 2014, e l’adozione del (primo) provvedimento di reiezione della stessa, datato 17 Novembre 2014, sono trascorsi più di novanta giorni. Ne consegue che trova applicazione la norma di legge in base alla quale “ Le istanze di autorizzazione e le denunce di attività di cui al presente articolo, nonché quelle relative alla modifica delle caratteristiche di emissione degli impianti già esistenti, si intendono accolte qualora, entro novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda, fatta eccezione per il dissenso di cui al comma 8, non sia stato comunicato un provvedimento di diniego ”,

Secondo condivisibile giurisprudenza, infatti, “ L'art. 10 bis, l. n. 241 del 1990 ha portata generale e deve ritenersi applicabile anche al procedimento previsto dall'art. 87, d. lgs. n. 259 del 2003: ai sensi dell'art. 87, comma 9, d. lgs. n. 259 del 2003, per effetto del decorso del termine di 90 giorni dalla presentazione dell'istanza, pur considerando l'interruzione determinata dal preavviso di rigetto ex art. 10 bis, l. n. 241 del 1990 e dalla presentazione di osservazioni da parte dell'istante, deve ritenersi formato il titolo autorizzatorio previsto dalla legge;
l'amministrazione comunale, quindi, deve, a seguito dell'invio del preavviso di rigetto ex art. 10 bis, l. n. 241 del 1990, concludere il procedimento autorizzatorio con un provvedimento espresso, pena il formarsi del silenzio assenso.
” (Tar Veneto 1256/2008).

Infine, va detto che non può attribuirsi valore dirimente, rispetto a quest’ultima problematica, alla clausola posta a margine del provvedimento impugnato, nella quale l’amministrazione afferma di intendere annullati e/o revocati in autotutela eventuali provvedimenti taciti che si fossero nelle more prodotti.

Come correttamente deduce la ricorrente, l’autotutela sarebbe in questo caso illegittimamente esercitata per mancanza della necessaria preventiva comunicazione di avvio del procedimento. Inoltre, non essendo stata indicata la norma di legge applicata, risulta perplesso ed incerto il potere effettivamente esercitato, dal momento che revoca e annullamento sono legislativamente ancorati a presupposti diversi, indicati negli artt. 21 quinquies e 21 nonies della L. 241/90.

In conclusione, i motivi aggiunti in esame vanno accolti.

Le spese processuali graveranno, secondo la regola della soccombenza, sul Comune resistente, nella misura indicata in dispositivo.

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