TAR Roma, sez. III, sentenza 2021-11-02, n. 202111172

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2021-11-02, n. 202111172
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202111172
Data del deposito : 2 novembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/11/2021

N. 11172/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00898/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 898 del 2020, proposto da
C G, rappresentato e difeso dall'avvocato A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, largo Amilcare Ponchielli, 6;

contro

Universita' degli Studi Roma La Sapienza, Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

M V F, A L, L V non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

i) della nota prot. n. 0099737 del 14 novembre 2019 con cui è stata rigettata l’istanza di inquadramento nel ruolo di Professore di II fascia ai sensi dell’art. 29, comma 9, della Legge n. 240/2010 presentata dal ricorrente;

ii) di ogni altro atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso con quelli impugnati ivi compresi, per quanto occorrer possa, del parere del MIUR (non conosciuto) reso “per le vie brevi” sull’istanza presentata dal ricorrente e menzionato nella nota prot. n. 0099737 del 14 novembre 2019, della nota prot. 0099779 del 14 novembre 2019, nonché del D.R. 2986/2016 del 30 novembre 2016 con cui il Prof. G è stato nominato professore associato non confermato e della comunicazione di avvio del procedimento di conferma del dicembre 2017.

Nonché per l’accertamento e la declaratoria del diritto del Prof. G ad essere inquadrato come Professore di ruolo di II fascia ai sensi dell’art. 29, comma 9, della legge n. 240/2010, con decorrenza giuridica ed economica dal momento della presa di servizio avvenuta il 27 dicembre 2012 giusta decreto di nomina D.R. n. 4780 del 21.12.2012, e per la condanna dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza” ad adottare i provvedimenti conseguenziali di riconoscimento e/o attribuzione di tale inquadramento e alla corresponsione delle differenze retributive e contributive dovuta per effetto di esso senza soluzione di continuità a far data dal 27 dicembre 2012.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Universita' degli Studi Roma La Sapienza e di Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 giugno 2021 il Consigliere Alfonso Graziano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso in trattazione il ricorrente prof. C G impugna la nota del 14 novembre 2019 prot.9737 con cui l’Università di Roma “La Sapienza” ha respinto la sua istanza di inquadramento nel ruolo di professore di seconda fascia.

La vicenda rimonta ad un pregresso contenzioso innescato avverso una procedura selettiva, in esito alla quale il ricorrente era risultato vincitore e nominato professore di seconda fascia, impugnata dal prof. F pretermesso, per censure dirette a far valere vizi radicali, quali la mancata deliberazione del competente Di partimento, nonché la previa individuazione specifica del posti specificamente riferiti al Settore scientifico disciplinare oggetto di concorso nonché per la non afferenza dei commissari si settori concorsuali e ai macrosettori dei candidati.

Siffatta procedura è stata annullata dalla sezione con sentenza 4 luglio 2016, n. 8144, annullata dal Consiglio di Stato che ha rilevato l’improcedibilità del ricorso originario poiché successivamente alla pronuncia di prime cure l’Amministrazione universitaria aveva proceduto alla rinnovazione della contestata procedura selettiva con delibera n. 287 del 28 luglio 2016 intesa al riesercizio della funzione amministrativa giudicata viziata dalla Sezione..

In esito alla nuova procedura, dunque, il ricorrente e gli altri docenti, sono stati nominati professori non confermati di seconda fascia.

In particolare, l’odierno deducente, in base all’idoneità da lui posseduta ai sensi della L. n. 210 del 1998 è stato appunto nominato professore di ruolo non confermato di seconda fascia.

Gli è stata tuttavia denegata la ricostruzione della carriera e la richiesta di inquadramento nel ruolo dei professori di seconda fascia, provvedimento oggetto del ricorso all’esame.

1.2. Si è costituita l’Università “La Sapienza” di Roma a ministero dell’Avvocatura generale dello stato che ha insistito per la declaratoria di tardività, inammissibilità e per l’infondatezza del gravame con memoria del 6 luglio 2020 a cui il ricorrente ha replicato con memoria del 7 luglio 2020.

Alla Camera di consiglio del 22 aprile 2020 la Sezione con Ordinanza cautelare n. 3316/2020 ordinava il riesame delle determinazioni assunte dall’Università resistente.

L’Università onerata ottemperava producendo corposa relazione del competente direttore dell’area affari legali n data 1 luglio 2020.

Il ricorrente depositava memoria il 3 luglio 2020.

Con Ordinanza 13 luglio 2020 n. 4713 la Sezione respingeva motivatamente la domanda cautelare.

3. Alla Udienza del 9 giugno 2021 la causa è stata trattenuta a sentenza.

3.1. Può prescindersi dallo scrutinio della pur non peregrina eccezione di tardività sollevata dalla avvocatura erariale sull’assunto che il ricorrente non ha gravato la presupposta delibera d287/2016 che ha causato il definitivo assetto di interessi da cui è scaturita l’impugnata nota del 14.11.2019, a motivo della radicale infondatezza del gravame.

4. Con il primo mezzo il ricorrente rubrica eccesso di potere per motivazione insufficiente e contraddittoria. Carenza di istruttoria. Sviamento. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990. Violazione dei principi di buona amministrazione, efficienza ed efficacia”.

Con tale censura, lamenta l’illegittimità del provvedimento impugnato in relazione alla circostanza che sebbene l’Università avesse investito il MIUR e l’Avvocatura della necessità di rendere parere sulla questione, in realtà aveva poi provveduto senza acquisire tali pareri (senza peraltro specificare se questi fossero o meno necessari).

4.1. La doglianza è infondata. I pareri richiesti infatti dall’università procedente non si configuravano come pareri obbligatori costituendo invece un ero supporto giuridico argomentativo, del quale l’Università così come in prima battura ha ravvisato l’opportunità, ben poteva re melius perpensa ed approfondita la vicenda, decidere di farne a meno, esercitando una funzione di amministrazione attiva optimo iure, piena e non condizionata in alcun modo all’espressione di pareri non obbligatori, senza oltretutto la necessità di dar conto in motivazione delle ragioni per le quali avesse deciso di prescindere da tali pareri.

5. Con il secondo motivi si rubrica eccesso di potere per errata rappresentazione dei presupposti di fatto e di diritto. Motivazione insufficiente e contraddittoria. Sviamento”.

Si duole in proposito il ricorrente che il diniego alla propria istanza di ricostruzione della carriera è stato disposto sul presupposto che l’improcedibilità e l’annullamento senza rinvio della sentenza del TAR Lazio n. 8144/2016 fossero stati pronunciati dal Consiglio di Stato in ragione dei sopravventi provvedimenti di nomina a professore non associato ex art. 29, co. 4 della legge n. 240/2010, quando invece sono stati pronunciati sul diverso (e unico) presupposto che l’Università aveva attivato la procedura selettiva per il canale di insegnamento ambito dal Prof. F.

Il ricorrente sostiene altresì che la procedura annullata dal Tar con la sentenza n. 8144/2016 avrebbe acquisito reviviscenza per effetto dell’annullamento della citata decisione pronunciato dal giudice d’appello, conseguendone che egli è da considerare a tutti gli effetti professore di ruolo di seconda fascia;
che la delibera n. 287/2016 sarebbe stata adottata al solo fine di garantire la continuità didattica e la sua nomina sarebbe stata effettuata a titolo provvisorio.

6. La sintetizzata prospettazione difensiva non coglie nel segno a motivo della sua infondatezza già in punto di fatto nonché dell’evidente errore processuale in cui incappa nel considerare e sopravvalutare la portata decisoria del giudicato d’appello, per il ricorrente involgente lo stesso ricorso originario e non solo la fase di secondo grado.


4.2. Osserva al riguardo il Collegio che, come ha evidenziato anche l’Area affari legali dell’università resistente con relazione prot.45909 del 30 giugno 2020 (prodotta in data 1 luglio 2020) assunta in esecuzione dell’Ordinanza cautelare di remand del 28 aprile 2020, n. 2675, la procedura selettiva di chiamata di cui agli artt. 18 e 29, comma 9, l. n. 240/2010 a 74 posti di Professore di ruolo di II fascia, in esito alla quale ricorrente è stato nominato tale, in accoglimento del ricorso proposto da candidato pretermesso è stata cassata con Sentenza della Sezione 14 luglio 2016, n.8144 di annullamento del D.R. n. 4740/2012 di approvazione degli atti, per vizi radicali rivenienti dal bando della selezione (siccome carente della previa delibera del competente Dipartimento, della individuazione dei posti specificamente riferiti al settore concorsuale e quello scientifico disciplinare in violazione dell’art. 3 del Regolamento di Ateneo) nonché per non afferenza dei componenti della Commissione giudicatrice ai settori concorsuali dei candidati né ai relativi macrosettori;

Va dunque considerato che, come ha rappresentato l’Università resistente nella suindicata relazione del 1 luglio 2020, l’Ateno disponeva con deliberazione 28.7.2016 n. 287, l’integrale rinnovazione delle procedure relativamente a tuti i settori scientifico – disciplinari coinvolti nel predetto giudizio di annullamento, deliberazione mediante la quale il ricorrente ed altri docenti sono stati nominanti professori associati non confermati, ai sensi dell’art. 29, comma 4, della Legge n. 240/2010 sulla base della l. n. 210 del 1998 e del possesso da parte, per quel che qui interessa, del prof. G odierno ricorrente, dell’idoneità da quest’ultima legge prevista;

Giova anche evidenziare, come rappresentato dall’Avvocatura generale dello Stato con memoria prodotta il 6 luglio 2020, che se l’Università non avesse assunto la delineata delibera n. 287/2016 il rapporto di servizio del ricorrente si sarebbe estinto in esecuzione della Sentenza della Sezione n. 8144/2016 (annullata da Cons St., VI, n. 2012/2017 solo per effetto della declaratoria di improcedibilità del ricorso determinata dal riesercizio della funziona amministrativa di cui alla successiva delibera dell’Università n.287 del 28.7.2016 - di rinnovazione integrale delle procedure di chiamata - sebbene non satisfattoria ma assunta tenendo conto delle esigenze del ricorrente ).

La citata nuova favorevole determinazione dell’Amministrazione ha consistentemente accresciuto la situazione giuridica soggettiva del prof. G già elisa dalla ridetta sentenza demolitoria Sezione, di fatto, nella sostanza, ripristinandola (ancorché nelle forme e sub specie di professore associato non confermato);

Ne consegue che la ricordata nomina del ricorrente, ex art. 29, co.4, l. n. 240/2010, a professore associato non confermato, contrariamente a quanto da lui dedotto, non era affatto provvisoria ma stabile e definitiva.

4.3. Nella memoria del 7maggio 2021 il ricorrente sostiene che la sentenza n. 2012 del 2017 del Consiglio di Stato avrebbe dichiarato improcedibile il ricorso di primo grado proposto dal Prof. F e annullato la sentenza n. 8144 del 2016 in ragione dell’avvenuto “…riesercizio della funziona amministrativa di cui alla successiva delibera dell’Università n. 287 del 28.7.2016 - di rinnovazione integrale delle procedure di chiamata - ancorché non satisfattoria ma assunta tenendo conto delle esigenze del ricorrente…”.

Con la conseguenza che, sarebbe esclusa la reviviscenza degli effetti della prima nomina .

Argomenta il ricorrente che se il Consiglio di Stato avesse adottato la sentenza n. 2012 del 2017 sul presupposto della rinnovazione integrale della procedura annullata, evidentemente, con detta sentenza avrebbe dichiarato improcedibile l’appello (e non già il ricorso di primo grado) e non avrebbe annullato la sentenza di primo grado. La sentenza di questo TAR viceversa sarebbe stata annullata perché nessuna rinnovazione integrale della procedura è stata disposta dall’Ateneo il quale ha adottato le nomine dell’odierno ricorrente (e degli altri professori) ai sensi dell’art. 29, comma 4, quali provvedimenti volti ad assicurare la continuità didattica (e non già la didattica tout court) come emerge dal contenuto delle nomine, che peraltro richiamano espressamente l’intervenuta proposizione dell’appello avverso la sentenza del Tar n. 8144/2016 da parte dell’Ateneo

4.2. Il Collegio deve dissentire dalla fuorviante prospettazione di parte ricorrente.

Il dichiarare improcedibile il ricorso di primo grado è, a ben vedere, una naturale conseguenza processuale della intervenuta rinnovazione della procedura cassata in primo grado da questa Sezione.

Inoltre, va attentamente considerato che, come esattamente evidenzia l’Avvocatura generale nella memoria del 7 luglio 2020, stando alla sentenza del Consiglio di Stato, solo la rinnovazione della procedura concorsuale del 2016 aveva fatto venir meno l’interesse del ricorrente originario prof. F;
ragion per cui i docenti, tra cui il ricorrente prof. G, nominati all’esito di tale rinnovazione, non potevano certo invocare le nomine originarie oramai caducate dalla sentenza del Tar.

Alcuna reviviscenza delle originarie posizioni e nomine in ruolo è, dunque, all’evidenza predicabile, essendo state esse annullate con la richiamata sentenza della Sezione, per vizi radicali della procedura rimontanti già al bendo dell’originaria selezione.

Soggiunge altresì il Collegio che la sentenza di appello ha preso atto della rinnovazione della procedura e del susseguente venir meno dell’interesse del ricorrente originario siccome caducato per effetto della novazione della procedura da egli fondatamente impugnata e ne ha conseguentemente dichiarato improcedibile il ricorso originario.

L’improcedibilità del ricorso originario rendeva ultronea, alla stregua di un non luogo a provvedere, la declaratoria improcedibilità dell’appello, atteso che cessando il ricorso originario per la delineata causa “estintiva” sopravvenuta (sulla ricognizione delle vicende esiziali del processo e in particolare sulla improcedibilità, ordinaria per sopravvenuto difetto di interesse di cui all’art. 35 lett. c) c.p.a. nonché di quella “atipica” di cui all’art. 35, lett. c), secondo periodo, si rinvia a T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III, 19 maggio 2020, n. 5284) si profilava – contrariamente all’errata prospettazione difensiva del ricorrente, spesa nella memoria del 7 magio 2021 nonché nelle note di udienza del 8 giugno 2021 - del tutto “inutile” e non necessario per il Giudice d’appello dichiarare l’improcedibilità ANCHE del giudizio di secondo grado avverso la sentenza della Sezione n. 8144/2016.

Sentenza che, non essendo stata minimamente incisa dal giudice di secondo grado, conserva appieno la sua portata demolitoria della impugnata procedura concorsuale affetta da vizi radicali.

4.3. Si rivela inoltre infondata in fatto anche l’allegazione difensiva secondo cui la delibera n. 287 2016 di rinnovazione delle procedure annullate da questo Tar, sarebbe stata assunta solo allo scopo di garantire la continuità didattica e non per rimediare all’annullamento delle procedure viziate.

Invero, basta leggere le premesse al D.R. n. 2986 del 30.11.2016 (doc. 4 del ricorso) di conferimento al ricorrente del posto di professore associato di ruolo non confermato, per trovare riprova della finalità di siffatta delibera, che non è stata certo assunta per il perseguimento della continuità didattica bensì per rinnovare integralmente le procedure cassata della Sezione.

Tra le premesse di cui al preambolo del decreto rettorale citato (pag.2), si legge infatti che “Vista la delibera del Consiglio di Amministrazione n. 287/16 del 28.07.2016 con la quale, ad integrazione della programmazione delle risorse per il reclutamento del personale docente per l’anno 2016 deliberata nella seduta del 12,07,2016, sono stati, tra l’altro, assegnati al Dipartimento di Scienze Giuridiche 0,7 punti di organico per l’attivazione di una procedura di chiamata di professore di seconda fascia, ai sensi della legge n. 240/2010 per il Settore Scientifico Disciplinare IUS/19, a rinnovazione delle procedure di chiamata annullate con la sentenza del TAR Lazio - Sezione terza n. 08144/2016”.

Alcun fondamento documentale sostiene dunque l’assunto difensivo speso dal ricorrente sul punto.

4. Con il terzo ed ultimo mezzo si rubrica violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della legge n. 241/1990;
Eccesso di potere per contraddittorietà e perplessità manifesta. Sviamento”.

Il ricorrente sostiene l’illegittimità degli atti impugnati per avere l’Università tenuto una diversa condotta provvedimentale nei confronti di altri docenti, applicando per questi l’interpretazione della riviviscenza dei provvedimenti originariamente travolti dalla sentenza TAR n. 8144/2016.

4.1. Il motivo è inammissibile in omaggio al noto principio per il quale non può essere invocata a sostegno di una determinazione amministrativa la condotta eventualmente illegittima tenuta dall’Amministrazione relativamente a casi analoghi o identici.

La giurisprudenza è risalente, pacifica ed incontrastata sul p unto, predicando da decenni che l'errore eventualmente commesso in alcuni casi non può costringere l'Amministrazione a perseverare nel medesimo errore -cfr. Cons.di Stato, sez. VI, 23 gennaio 1976, n. 4 -;
e allo stesso modo, l'eccesso di potere per disparità di trattamento non può fondarsi su precedenti provvedimenti illegittimi, in quanto questi non possono essere invocati per pretendere ulteriori provvedimenti che violino anch'essi la legge -cfr. Cons. Stato, sez. VI, 10 gennaio 1995, n. 5, Cons. Stato, sez. V, 31 marzo 1987, n. 212;
Cons. di Stato, Ad. Plen., 26 ottobre 1979, n. 25).

In definitiva, al lume delle svolte considerazioni il ricorso si profila infondato e va pertanto respinto.

Le spese seguono la soccombenza come determinate in dispositivo.

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