TAR Potenza, sez. I, sentenza 2010-06-28, n. 201000456

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Potenza, sez. I, sentenza 2010-06-28, n. 201000456
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Potenza
Numero : 201000456
Data del deposito : 28 giugno 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00521/2009 REG.RIC.

N. 00456/2010 REG.SEN.

N. 00521/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 521 del 2009, proposto da:
B S.p.a., un persona del legale rappresentante p. t., in proprio e nella sua qualità di impresa mandante dell’ATI con capogruppo l’impresa Ferrara s.n.c. di O e G F, rappresentata e difesa dall'avv. F D, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Vito Venezia in Potenza, alla via Ciccotti, 70;

contro

Total Italia S.p.a. E &
P, in persona del commissario giudiziale p.t., rappresentata e difesa dagli avv. E P, V P, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Mauro Serra in Potenza, alla via N. Sauro, 44;
Tribunale del Riesame di Potenza, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Potenza, domiciliata per legge in Potenza, al corso 18 Agosto 1860;

nei confronti di

A S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv. Arturo Cancrini, Claudio De Portu, Vito Aurelio Pappalepore, Gerardo Pedota, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Gerardo Pedota in Potenza, al c.so Garibaldi, 32;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia dei seguenti atti:

1) nota prot. n. 911/2009 del 23.9.2009, con la quale il commissario giudiziale della Total Italia s.p.a. ha disposto l’annullamento d'ufficio dell'aggiudicazione della gara per l'affidamento dei lavori di preparazione del sito petrolifero inerente al progetto Tempa Rossa e l’annullamento e/o l’inefficacia del contratto n. 4800000866 successivamente stipulato tra la Total Italia s.p.a e l’ A.t.i. costituita;

2) della nota 23 settembre 2009, n. 911, a mezzo della quale è stato portato a conoscenza il dispositivo del provvedimento sub1);

3) di ogni altro atto comunque connesso;


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Total Italia S.p.a. E &
P in persona del Commissario giudiziale p.t. e del Tribunale del Riesame di Potenza, in persona del Presidente p.t. e della A S.p.a. in persona del legale rappresentante p.t.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 maggio 2010 la dott.ssa Paola Anna Gemma Di Cesare e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- La Total Italia s.p.a. indiceva una gara con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con importo a base d’asta di Euro 35.400.000,00 per l’affidamento dei lavori di preparazione del sito del Centro Oli Tempa Rossa, di costruzione della relativa strada di accesso, nonché di preparazione dell’area di stoccaggio del G.P.L. e in esito alla medesima gara in data 12 maggio 2008 disponeva l’aggiudicazione definitiva in favore dell’ A.T.I. costituita tra le imprese Ferrara s.n.c. di O e G F, B costruzioni s.r.l., Leone s.r.l., Eredi Bernardo s.n.c. Donnoli costruzioni s.r.l., Edil Carone di G C e C. s.n.c., Coema Costruzioni eredi Mazzola di M R &
C. s.n.c., Eco Costruzioni Aliano S.r.l..

In data 26 giugno 2008 era stipulato il contratto tra la Total Italia s.p.a. e l’ A.t.i. costituita.

2.- Successivamente, in relazione alla procedura di gara in questione è stata avviata un’indagine penale presso il Tribunale di Potenza con applicazione di misure cautelari a carico di alcuni amministratori dell’ente aggiudicatore e imprenditori partecipanti alla gara e con avvio di un procedimento di responsabilità a carico delle persone giuridiche coinvolte e applicazione di misure cautelari ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001;
in particolare: a carico della Total Italia s.p.a., con ordinanza 12 febbraio 2009 del Gip del Tribunale di Potenza è stata disposta la misura cautelare interdittiva ex art. 9 e 45 del d. lgs. n. 231/2001 della sospensione della concessione di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi per la durata di un anno;
tale misura è stata riformata dal Tribunale del riesame con ordinanza 12 maggio 2009, che ha disposto la nomina di un Commissario giudiziale per la gestione della attività della Total Italia s.p.a. relative all’esercizio e alla realizzazione della concessione di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi. Il Tribunale del riesame ha peraltro inidividuato, tra i compiti di gestione del Commissario, quello di <<curare la regolarità della fase esecutiva dei contratti relativi alle gare d’appalto già aggiudicate, nelle quali la Total Italia s.p.a. abbia assunto la veste di concessionario pubblico ( o Ente aggiudicatore o stazione appaltante) o comunque già soggette alle procedure di “evidenza pubblica”, rivalutando ab initio le procedure che hanno portato a tali aggiudicazioni ed alla stipula dei successivi contratti, ed eventualmente esercitando i poteri contrattuali ed amministrativi, in sede di autotutela, qualora vengano ravvisati aspetti di criticità ed irregolarità in violazione delle procedure pubblicistiche poste a presidio della trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa>>.

3.- Con la determina del 2 settembre 2009 il Commissario giudiziale della Total Italia s.p.a., dott. P S, previa autorizzazione del Gip del Tribunale di Potenza del 15 luglio 2009, rilevando aspetti di illegittimità della procedura di gara per l’affidamento dei lavori di preparazione del sito del Centro Oli Tempa Rossa, di costruzione della relativa strada di accesso, nonché di preparazione dell’area di stoccaggio del G.P.L., ha disposto l’annullamento d’ufficio degli atti di gara, dell’aggiudicazione definitiva a suo tempo disposta in favore dell’ A.T.I. Ferrara, con conseguente annullamento e declaratoria di inefficacia del contratto successivamente stipulato tra la Total Italia s.p.a e l’ A.T.I. costituita.

Nelle premesse della determina commissariale è riferito che: in data 1 luglio 2009 è stato depositato l’avviso di conclusione delle indagini ex art. 415 bis c.p.p., dal quale risulta che alcuni dirigenti Total Italia s.p.a., il legale rappresentante dell’impresa Ferrara s.n.c. e altri imprenditori che hanno partecipato alle gare d’appalto, risultano indagati in concorso tra loro ai sensi dell’art. 110 c.p.p. per vari reati tra cui i reati di corruzione e di turbata libertà degli incanti specificamente riferiti ad appalti e ad affidamenti di lavori gestiti dal concessionario pubblico Total Italia s.p.a. riguardanti il progetto Tempa Rossa;
è stato aperto a carico di tali enti un procedimento per illecito amministrativo derivante da reato ai sensi del d.lgs n. 231 del 2001 sia nei confronti della Total Italia s.p.a. sia nei confronti dell’impresa Ferrara s.n.c.

Dopo tali premesse la determina commissariale precisa che “gli atti posti in essere nella procedura di gara in argomento e nella gestione del conseguente contratto risultano essere inficiati da criticità ed irregolarità in violazione delle procedure pubblicistiche poste a presidio della trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa” per poi passare ad individuare a ad analizzare nel dettaglio gli aspetti di illegittimità della procedura di gara. In particolare, i motivi che il Commissario giudiziale pone a supporto del provvedimento di annullamento d’ufficio sono i seguenti:

a) illegittimità della lettera d’invito, adottata in violazione del bando, <<nella parte in cui prevede l’aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa con attribuzione al parametro prezzo di un peso di 40 punti su di un totale di 100. Infatti, la Commissione di gara, nell’attribuzione del punteggio relativo al prezzo, ha assegnato il punteggio massimo di 40 punti a ben 5 offerte sulle otto rimaste in gara, nonostante che tra la migliore e la peggiore offerta delle cinque ci fosse una differenza di circa 2, 7 milioni di euro. In altri termini è stato attribuito il punteggio massimo non al concorrente che ha offerto il prezzo più basso ( ribasso percentuale più alto rispetto al prezzo posto a base di gara) bensì a tutti i concorrenti, ben cinque, che hanno offerto un ribasso percentuale pari o superiore alla media dei ribassi offerti dagli otto concorrenti rimasti in gara;
ciò in relazione alla previsione contenuta nella lettera d’invito , che viola la relativa prescrizione di bando. Ne deriva che nella valutazione comparativa delle cinque offerte, al prezzo non è stato riconosciuto alcun valore (punteggio) differenziato, non essendo stata considerata affatto la differenza di prezzo offerto dai cinque concorrenti;
conseguentemente l’aggiudicazione è stata determinata in palese violazione del bando di gara, unicamente dalla valutazione ampiamente discrezionale del solo aspetto tecnico…>>.

b)mancata verifica da parte della Commissione dei sigilli delle buste o comunque che le buste stesse non presentassero segni di manomissione o di apertura, accorgimenti tesi a garantire la segretezza delle offerte economiche;

c)affidamento a soggetti esterni dell’incarico di effettuare le valutazioni tecniche sull’offerta, che non sarebbero il frutto di un’autonoma valutazione della Commissione di gara, la quale si sarebbe limitata a dettare i criteri generali ai consulenti per poi trascrivere la valutazione dei punteggi effettuata dai tecnici e consulenti esterni, senza alcun giudizio critico autonomo su detti punteggi;

d)l’ammissione dei concorrenti alla gara sarebbe avvenuta formalmente nello stesso giorno di valutazione delle offerte tecniche, in quanto il verbale del 5 novembre risulta essere stato redatto nella seduta del 13 dicembre, ovvero nel giorno conclusivo della valutazione delle offerte tecniche;

e)violazione dei principi di correttezza, libera concorrenza, trasparenza, ( art. 2 del codice degli appalti).

4.- Avverso tale determina commissariale la B s.p.a., in proprio e nella qualità di impresa mandante dell’ATI con capogruppo l’impresa Ferrara s.n.c. di O e G F ha proposto ricorso, chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia,deducendo i seguenti motivi:

i) violazione degli artt. 7 e ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241;
eccesso di potere per inesistenza dei presupposti;

ii) violazione di legge sotto il profilo della falsa applicazione dell’art. 21 nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241;
eccesso di potere per inesistenza dei presupposti e travisamento dei fatti;

iii) eccesso di potere per inesistenza dei presupposti sotto diversi profili;
difetto assoluto di motivazione.

5.- Con atto depositato in data 14 dicembre 2009 si è costituita in giudizio la Total Italia s.p.a., in persona del Commissario giudiziale dott. P S, la quale ha successivamente proposto ricorso per regolamento di competenza, deducendo l’incompetenza sia per territorio che per funzione del Tar Basilicata a norma degli articoli 2 e 3 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 e indicando quale giudice competente il T.a.r. Lazio, sede di Roma.

Con successiva memoria depositata in data 12 dicembre 2009 la Total Italia s.p.a. ha eccepito, in via pregiudiziale il difetto di competenza e l’infondatezza del ricorso nel merito.

6.- In data 16 dicembre 2009 si è costituita in giudizio la A s.p.a., società che aveva partecipato alla gara per l’affidamento dei lavori relativi al progetto Tempa Rossa classificandosi al secondo posto, la quale ha eccepito:

-l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione;
in via subordinata, la irricevibilità del ricorso, sull’assunto che il provvedimento di autotutela impugnato troverebbe il suo presupposto nell’ atto dell’ufficio GIP di Potenza di sospensione dei lavori adottato nel febbraio 2009, già autonomamente lesivi, che avrebbero dovuto essere impugnati tempestivamente;

-l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse atteso che non risulterebbe confutato uno dei motivi autonomi su cui si fonda l’atto impugnato ovvero la violazione dell’art. 24 del contratto di appalto- il quale prevede che: “…l’appaltatore deve garantire di non aver offerto e di non offrire in futuro a nessun pubblico ufficiale, pagamenti, servizi, regalie, promesse ed altri vantaggi che violino i principi di cui alla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali…”- che costituirebbe un motivo da solo sufficiente a giustificare la risoluzione del contratto d’appalto;

-l’infondatezza del ricorso nel merito.

7.- Con atto depositato in data 10 dicembre 2009 si è costituito in giudizio il Tribunale del riesame, in persona del Presidente.

8.- Con ordinanza collegiale di questo Tribunale del 17 dicembre 2009, n. 440, la domanda cautelare è stata respinta.

9.- Con ordinanza collegiale Tar Basilicata 18 dicembre 2009, n. 89, rilevata la non manifesta infondatezza ed inammissibilità del ricorso per regolamento di competenza, è stata disposta la trasmissione degli atti al Consiglio di Stato, il quale con decisione 26 febbraio 2010, n. 1494, ha respinto il ricorso per regolamento di competenza.

10.- All’udienza pubblica del giorno 13 maggio 2010 la causa, dopo la discussione, è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1.- Il ricorso è diretto ad ottenere l’annullamento della determina del Commissario giudiziale della Total Italia s.p.a., nella parte in cui ha disposto l’annullamento d’ufficio del provvedimento di aggiudicazione della gara per l’affidamento dei lavori di preparazione del sito del Centro Olii Tempa Rossa e l’annullamento/declaratoria di inefficacia del conseguente contratto.

2.- In via preliminare, occorre esaminare, l’eccezione con la quale la controinteressata A s.p.a. afferma il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e la giurisdizione del giudice penale, sull’assunto che il provvedimento troverebbe la sua fonte genetica in atti adottati dal giudice penale.

2.1.- Al riguardo, rileva il Collegio, che oggetto del ricorso proposto è l’annullamento d’ufficio del provvedimento di aggiudicazione della gara per l’affidamento di lavori;
si tratta, dunque, di un provvedimento di secondo grado riconducibile nella procedura ad evidenza pubblica e la circostanza che sia stato adottato dal Commissario giudiziale, nominato dal giudice penale in applicazione di una misura cautelare ai sensi del d.lgs n. 231 del 2001, non radica la giurisdizione del giudice penale e ciò in quanto il Commissario opera in qualità di organo straordinario della Total Italia s.p.a., alla quale sono riferibili gli atti da lui compiuti. Ne consegue che, poiché la controversia concerne un provvedimento di annullamento d’ufficio relativo ad una procedura concorsuale di affidamento di lavori (rectius: procedimento di secondo grado che incide sulla stessa) svolta da un soggetto tenuto all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, la giurisdizione sul provvedimento di autotutela adottato dal Commissario giudiziale per conto dell’amministrazione aggiudicatrice, ai sensi dell’art. 244 del d.lgs 12 aprile 2006, n. 163, non può che spettare al giudice amministrativo.

3.- Quanto alle eccezioni di irricevibilità del ricorso per tardività e di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, entrambe proposte dalla controinteressata, si ritiene di poter prescindere dal loro esame, attesa la infondatezza del ricorso nel merito.

4.- Ancora in via preliminare il Collegio deve rilevare il difetto di legittimazione passiva del Tribunale del riesame evocato in giudizio, poiché non è impugnato alcun atto ad esso riferibile né, a prescindere dal collegamento con un atto amministrativo, dalla prospettazione della parte ricorrente si evince alcuna pretesa o lagnanza nei confronti della sopra citata autorità. Il ricorso in esame attiene, infatti, all’annullamento della determina del Commissario giudiziale della Total Italia s.p.a. che ha disposto, tra l’altro, l’annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione della gara per l’affidamento dei lavori di preparazione del sito del Centro Olii Tempa Rossa e del conseguente contratto.

5.-Nel merito, secondo un criterio logico, il Collegio ritiene di dover posporre l’ esame della prima censura, con la quale si denunciano vizi di natura procedimentale per violazione degli art. 7 e ss. della legge n. 241 del 1990, all’esame degli altri motivi di ricorso, che afferiscono a vizi sostanziali.

6.- Ciò premesso, occorre inizialmente scrutinare le censure con le quali la parte ricorrente lamenta l’insussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere di autotutela.

6.1.- Con riferimento alla denunciata insussistenza del primo dei vizi della procedura di gara, che è stato riscontrato dal Commissario giudiziale nel contrasto della lettera d’invito con il bando di gara con riferimento al criterio di attribuzione dei punteggi all’offerta economica, il ricorrente deduce che risulterebbe smentita documentalmente l’affermazione secondo la quale al prezzo non sarebbe stato ricnosciuto alcun valore differenziato, poiché sarebbero stati assegnati ai concorrenti i seguenti punteggi: 40;
34,5;
28;
0.

6.1.1.-L’assunto del ricorrente è infondato, in quanto dal verbale di gara n. 13 risulta che lo stesso punteggio di 40 punti è stato assegnato a ben cinque degli otto concorrenti, mentre il punteggio differenziato di 34,5 punti;
28 punti ;
0 punti è stato assegnato rispettivamente a ciascuno dei restanti tre concorrenti.

6.2.- Con riferimento poi al rilevato contrasto della lettera d’invito con il bando di gara, in relazione ai criteri stabiliti nella prima per l’attribuzione dei punteggi ai ribassi offerti, ad avviso della parte ricorrente, tali criteri costituirebbero espressione della discrezionalità dell’amministrazione. La parte afferma che la scelta del peso da attribuire a ciascun elemento dell’offerta, a seconda delle peculiarità dell’appalto e dunque dell’importanza che ha il fattore prezzo o l’elemento qualità è rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante ed è sindacabile solo se palesemente illogica e irragionevole.

6.2.1.- Tale tesi non è condivisa dal Collegio, che, al riguardo, osserva quanto segue.

Il bando di gara (al punto IV.2.1) prevedeva l’aggiudicazione sulla base dell’offerta economicamente più vantaggiosa, stabilendo, per la valutazione dell’elemento prezzo, un peso di 40 punti su di un totale di 100 punti. Il criterio di aggiudicazione, tuttavia, come rilevato nella determina commissariale impugnata, è stato violato nella lettera d’invito laddove ha previsto (pag. 21) di attribuire lo stesso punteggio nelle ipotesi di prezzo offerto (comprensivo di ribasso) inferiore alla media aritmetica delle offerte (comprensive di ribasso), senza operare alcuna differenziazione di punteggio in caso di scostamento dalla media medesima. Invece per le offerte superiori alla media aritmetica dei ribassi offerti la lettera d’invito prevedeva la seguente formula per l’assegnazione del punteggio: <<PEi = Wmax (Pmax - Poi)/(Pmax - Pmedio) se Poi>=Pmedio, dove PEi = punteggio economico assegnato al concorrente i-esimo;
Poi= prezzo offerto (comprensivo del ribasso) del concorrente i-esimo;
Pmax= prezzo massimo offerto (comprensivo del ribasso) in gara;
Pmedio = media aritmetica delle offerte (comprensive del ribasso);
Wmax= punteggio massimo attribuito al requisito “ribasso del prezzo posto a base di gara”>>. Il Commissario ha quindi rilevato l’illegittimità della lettera d’invito, poiché l’applicazione dei criteri di valutazione dell’elemento prezzo in essa previsti, hanno determinato che a ben cinque concorrenti sulle otto imprese rimaste in gara è stato assegnato il punteggio massimo di 40 punti, nonostante che tra la migliore e la peggiore offerta delle cinque ci fosse una differenza di circa 2, 7 milioni di Euro, sicché, come testualmente evidenziato nella determina impugnata, “nella valutazione comparativa delle cinque offerte, al prezzo non è stato riconosciuto alcun valore (punteggio) differenziato, non essendo stato considerata affatto la differenza di prezzo offerto dai cinque concorrenti…”. Da ciò il Commissario conclude che l’aggiudicazione è stata disposta in palese violazione del bando di gara, in quanto è stata determinata unicamente sulla base dalla valutazione, ampiamente discrezionale, del solo aspetto tecnico, senza alcuna incidenza, sulla valutazione, dell’elemento prezzo.

Invero, osserva il Collegio, che il Commissario giudiziale ha correttamente individuato l’illegittimità della lettera di invito nella violazione del bando di gara, che aveva adottato, quale criterio di scelta del contraente, quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ove per la valutazione dell’elemento prezzo è stato fissato il punteggio massimo di 40 punti, che logicamente imponeva alla stazione appaltante di attribuire il punteggio in modo differenziato per ciascuna offerta in relazione all’entità del singolo ribasso offerto. Invece, la lettera d’invito ha ritenuto di attribuire lo stesso punteggio massimo nell’ipotesi di prezzo offerto inferiore alla media aritmetica delle offerte (comprensive di ribasso), senza operare alcuna differenziazione del punteggio in relazione allo scostamento da tale media.

Né può logicamente affermarsi che il criterio adottato con la lettera d’invito di attribuire lo stesso punteggio a tutte le offerte pari o inferiori alla media aritmetica delle offerte presentate costituisca esplicazione di attività ampiamente discrezionale. La giurisprudenza richiamata, che il Collegio non ignora, afferma che rientri nella discrezionalità della stazione appaltante stabilire l’incidenza dei diversi elementi da prendere in considerazione per la valutazione delle offerte, decidendo di attribuire un peso maggiore all’elemento tecnico dell’offerta piuttosto che al prezzo offerto. Tuttavia, tale giurisprudenza non consente di azzerare del tutto la ponderazione dell’elemento prezzo, come avvenuto nel caso di specie secondo il meccanismo previsto nella lettera d’invito, che, non differenziando il punteggio per il gruppo di offerte che presentavano un ribasso pari o superiore alla media aritmetica dei ribassi offerti, rendeva di fatto irrilevante l’incidenza del prezzo nella scelta del contrante, che era quindi effettuata sulla base del solo elemento tecnico. A ben guardare, il meccanismo di attribuzione dei punteggi per l’elemento prezzo, previsto dalla lettera d’invito, non costituisce espressione di attività discrezionale della stazione appaltante, in quanto il vizio riscontrato dal Commissario giudiziale non è ravvisato, come erroneamente ritenuto dalla parte ricorrente, nella circostanza che la lettera d’invito abbia privilegiato l’aspetto tecnico dell’offerta su quello economico, ma nella circostanza che a tale ultimo aspetto non è stato attribuito alcun valore, poiché l’aggiudicazione è stata disposta esclusivamente sulla base della valutazione del solo aspetto tecnico dell’offerta, senza che l’elemento prezzo avesse alcuna incidenza nel meccanismo di valutazione comparativa. Con il criterio adottato nella lettera d’invito, difatti, il prezzo proposto dai concorrenti (comprensivo del ribasso) entrava concretamente nel meccanismo di valutazione comparativa delle offerte solo per i concorrenti che avessero offerto un ribasso percentuale pari o inferiore alla media dei ribassi offerti dai concorrenti. Invece, se il ribasso percentuale offerto fosse stato pari o superiore alla media dei ribassi offerti, l’elemento prezzo riceveva comunque il punteggio massimo, diventando, quindi, sostanzialmente irrilevante nella scelta, che finiva per essere determinata alla luce dei punteggi attribuiti per gli elementi diversi dal prezzo, posto che ad un ribasso più elevato non era riconosciuto un punteggio proporzionalmente maggiore. In altre parole, il meccanismo previsto nella lettera d’invito consentiva di attribuire il punteggio più elevato indipendentemente dall'entità del ribasso e non realizzava la ponderazione del punteggio per l’elemento prezzo prevista nel bando, la quale imponeva logicamente di differenziare e graduare in modo appropriato il valore relativo di ciascuna offerta (e non di un gruppo di offerte), in modo da consentire all’ente di avvantaggiarsi di offerte più convenienti.

D’altra parte, nel caso di aggiudicazione con il sistema della offerta economicamente più vantaggiosa l’art. 83, comma 2, del d.lgs n. 163 del 2006 impone che i diversi fattori della valutazione siano considerati in rapporto di reciproca interdipendenza, con criteri di ponderazione relativa attribuiti a ciascuno di essi, anche mediante una soglia, espressa con un valore numerico determinato, “in cui lo scarto tra il punteggio della soglia e quello massimo relativo all’elemento cui si riferisce la soglia deve essere appropriato”.

Il sistema adottato dall’ente aggiudicatore con la lettera d’invito è stato quindi ritenuto illegittimo dal Commissario giudiziale dell’ente aggiudicatore, in quanto comprimeva entro un ambito ristretto lo scarto di minimo 0 (zero) punti e di massimo 40 punti, determinando l’attribuzione del medesimo punteggio massimo anche a fronte di elevate differenze di prezzo tra le cinque delle otto offerte economiche rimaste in gara, impedendo, perciò, l’attribuzione per le offerte economiche di tutti i 40 punti previsti nel bando di gara in modo appropriato e differenziato in relazione all’entità dei singoli ribassi offerti.

6.3- Sotto un secondo profilo, la ricorrente, ritenendo che il Commissario abbia provveduto all’annullamento d’ufficio della sola aggiudicazione definitiva e non della lettera d’invito, afferma la legittimità dell’aggiudicazione, in quanto avvenuta in applicazione delle prescrizioni contenute nella lettera d’invito, che, costituendo “lex specialis” di gara non potevano essere disapplicate.

6.3.1.- Con riferimento a tale ultimo aspetto, per cogliere l'effettiva portata del provvedimento amministrativo impugnato, il Collegio ritiene utile richiamare le regole vigenti in tema di interpretazione dei contratti (in particolare, cfr. art. 1363 c.c.), in virtù delle quali, per interpretare l’atto amministrativo non ci si può limitare alla considerazione autonoma ed atomistica di alcune parti dello stesso e va tenuto conto quindi non solo del dispositivo, ma anche della motivazione, delle premesse e dei motivi che ne hanno determinato l'adozione, nella ricerca di quella che è la effettiva e concreta manifestazione della volontà dell'autorità emanante, desumibile da una lettura integrata di dispositivo e motivazione.

Ciò premesso, da una lettura complessiva della determina commissariale impugnata non può non desumersi la volontà dell’autorità emanante di voler annullare, oltre all’aggiudicazione ed al contratto, anche la lettera d’invito e gli atti di gara, e ciò si dimostra coerente sia con quanto contenuto nelle premesse della determina sia con le motivazioni poste dal Commissario alla base dell’annullamento disposto.

Nelle premesse, infatti, il Commissario chiarisce di esercitare il potere di annullamento in conformità al potere conferitogli dal Tribunale del riesame, di rivalutare “ab initio le procedure” che hanno portato all’aggiudicazione e alla stipula dei successivi contratti;
di aver assolto all’obbligo di verificare “le procedure di gara” e di “tutti gli atti afferenti la gara” (pag. 4 delle premesse della determina commissariale). Ed è proprio nelle motivazioni della determina che l’autorità emanante rileva che ( pag. 5 della determina): “gli atti posti in essere nella procedura di gara in argomento e nella gestione del conseguente contratto risultano essere inficiati da criticità ed irregolarità in violazione delle procedure pubblicistiche poste a presidio della trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa”. I vizi di legittimità che, ad avviso del Commissario giudiziale, inficiano “gli atti posti in essere nella procedura di gara” (e quindi non soltanto l’aggiudicazione) sono individuati poi nel dettaglio nella parte motiva della determina commissariale. In particolare, con riferimento al criterio di attribuzione dei punteggi per l’elemento prezzo è rilevata l’ illegittimità della lettera d’invito, in quanto adottata in violazione del bando di gara. Con espresso riferimento ai “vizi procedimentali” degli atti di gara è rilevata: a) la mancata verifica da parte della Commissione dei sigilli delle buste o comunque che le buste stesse non presentassero segni di manomissione o di apertura, accorgimenti tesi a garantire la segretezza delle offerte economiche;
b) l’affidamento a soggetti esterni dell’incarico di effettuare le valutazioni tecniche sull’offerta, che non costituirebbero quindi il frutto di un’autonoma valutazione della Commissione di gara, la quale si sarebbe limitata a dettare i criteri generali ai consulenti per poi trascrivere la valutazione dei punteggi effettuata dai tecnici e consulenti esterni, senza alcun giudizio critico autonomo su detti punteggi;
c) l’ammissione dei concorrenti alla gara sarebbe avvenuta formalmente nello stesso giorno di valutazione delle offerte tecniche in quanto il verbale del 5 novembre risulta essere stato redatto nella seduta del 13 dicembre, ovvero nel giorno conclusivo della valutazione delle offerte tecniche.

Infine, il Commissario rileva che la procedura di gara si sia svolta, in violazione dei principi di correttezza, trasparenza, libera concorrenza.

Alla luce di un’interpretazione complessiva del provvedimento deve allora ritenersi che il dispositivo della determina commissariale, per una mera omissione di carattere materiale, non rechi anche l’annullamento della lettera d’invito e degli atti di gara ad essa successivi, essendo evidente in modo palese ed inequivocabile, da una lettura del provvedimento che coordini il dispositivo con le premesse, con i presupposti, con la parte motiva e quindi con la natura dei vizi di illegittimità rilevati, l’ inequivocabile volontà dell’autorità emanante di voler annullare anche la lettera d’invito e gli atti della procedura di gara ad essa conseguenti, la cui caducazione sarebbe comunque seguita automaticamente all’annullamento della prima. E ciò in quanto l'annullamento della disposizione della lettera di invito attinente alla attribuzione dei punteggi per l’elemento prezzo, essendo condizione necessaria richiesta nella lex specialis per valutare l’offerta economicamente più vantaggiosa per l’affidamento dei lavori di preparazione del sito petrolifero, travolge inevitabilmente tutta la procedura di gara e quindi tutti i successivi atti, provocando la caducazione automatica degli stessi, atteso che tali atti sono conseguenti alla lettera di invito e con questa necessariamente collegati;
né potrebbe essere altrimenti, posto che, in sede di riedizione della lettera d’invito, l’amministrazione dovrà stabilire nuovi criteri di valutazione dell’offerta economica per consentire così la presentazione di nuove offerte, opportunamente articolate dai concorrenti in relazione ai nuovi criteri di attribuzione dei punteggi.

6.4- Sotto un diverso profilo la parte ricorrente censura l’operato del

Commissario giudiziale, il quale non avrebbe effettuato la c.d. “prova di resistenza” per capire se, modificando la formula dell’elemento prezzo, l’ATI FERRARA sarebbe risultata sempre aggiudicataria, in quanto se tale valutazione fosse stata compiuta, ad esempio ipotizzando l’applicazione del criterio “lineare e proporzionale” per l’attribuzione dei punteggi relativi all’elemento prezzo, l’ATI FERRARA avrebbe sempre conseguito il punteggio più alto.

6.4.1- La censura è inconferente, poichè oggetto di contestazione non è tanto il punteggio assegnato all’aggiudicatario, ma il criterio di attribuzione dei punteggi previsti nella lettera d’invito, in quanto vanificava l’incidenza dell’elemento prezzo nella valutazione dell’offerta, in violazione del bando di gara, che, invece, prevedeva che l’aggiudicazione sarebbe dovuta avvenire, valutando sia il parametro della qualità sia il parametro del prezzo. Ciò premesso non avrebbe avuto alcuna rilevanza in termini di certezza sull’esito della gara una verifica prognostica alla luce di un diverso criterio di attribuzione dei punteggi per l’elemento prezzo, poiché un diverso criterio di attribuzione dei punteggi per l’elemento prezzo avrebbe indotto i concorrenti in gara a calibrare e articolare le proprie offerte in maniera differente.

7.-Con riferimento a tutte le altre censure relative all’insussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio, con le quali la parte ricorrente deduce la inconsistenza degli altri vizi della procedura di gara posti a fondamento del provvedimento di annullamento (id est: la inconsistenza del vizio secondo il quale la quasi totalità dei sub-parametri valutati dalla Commissione nell’ambito dell’aspetto tecnico afferiscono piuttosto alla idoneità soggettiva del concorrente e quindi come requisiti di ammissione alla gara piuttosto che di indice della qualità dell’offerta;
la inconsistenza del vizio secondo il quale nel verbale di apertura delle offerte economiche non risulta che la Commissione abbia verificato che i sigilli o altri analoghi accorgimenti, tesi a garantire la segretezza delle offerte economiche, non presentassero segni di manomissione e di apertura;
la inconsistenza del rilievo secondo il quale le valutazione tecniche delle offerte risultano non risultano essere state effettuate esclusivamente dalla apposita commissione di gara, che si è limitata a recepire le valutazioni effettuate da esperti esterni;
inconsistenza del vizio relativo alla violazione dei principi generali in ordine alla redazione dei verbali delle sedute, in quanto il verbale della seduta del 5 novembre sarebbe stato redatto in data 13 dicembre;
genericità del rilievo di cui al punto 3 della determina commissariale, con il quale il Commissario contesta la violazione dei principi di libera concorrenza, trasparenza e correttezza) il Collegio ritiene di potersi limitare ad osservare che la circostanza che la determina commissariale sia fondata su di una pluralità di autonomi motivi di illegittimità della procedura di gara, implichi che il rigetto della doglianza volta a contestare una delle sue ragioni giustificatrici (quella esaminata al paragrafo 6.2.1 relativa alla contestazione della sussistenza di un contrasto tra la lettera di invito e il bando di gara), comporta la carenza di interesse della parte ricorrente rispetto all'esame delle ulteriori doglianze volte a contestare gli altri motivi di illegittimità della procedura ad evidenza pubblica rilevati dal Commissario giudiziale e posti ad ulteriore supporto motivazionale della determina. Infatti, anche qualora tali ulteriori censure si rivelassero fondate, il loro accoglimento non sarebbe comunque idoneo a soddisfare l’interesse del ricorrente ad ottenere l'annullamento della determina commissariale, la quale resta legittimamente supportata sull’autonomo motivo del contrasto della lettera d’invito con il bando, che da solo rappresenta un vizio di legittimità della procedura di gara idoneo a costituire una delle due condizioni di ammissibilità dell’annullamento d’ufficio, oltre alla verifica della sussistenza di un interesse pubblico, attuale, concreto e prevalente rispetto agli interessi dei privati coinvolti. A ben guardare, inoltre, l’annullamento d’ufficio della lettera d’invito, cui consegue la automatica caducazione di tutti gli atti di gara ad essa successivi, rappresenta un’altra ragione idonea a privare di interesse la parte ricorrente all’esame delle ulteriori doglianze volte a contestare l’insussistenza degli altri vizi della procedura di gara riscontrati dal Commissario giudiziale.

8.- Con il nono motivo di ricorso la parte ricorrente lamenta la insussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio, in quanto l’atto non sarebbe sorretto dalla dimostrazione della sussistenza di interesse pubblico e l’unico interesse pubblico richiamato, costituito dall’esigenza di non portare ad ulteriore compimento i reati contestati, riguarderebbe ipotesi delittuose non ancora sottoposte né al vaglio del giudice delle indagini preliminari né a quello del giudice dibattimentale. Né il potere di annullamento sarebbe stato esercitato entro un termine ragionevole, essendo intervenuto a distanza di oltre un anno e mezzo dall’aggiudicazione definitiva, né si sarebbe tenuto conto degli interessi dei soggetti privati coinvolti, né, infine, la determina evidenzierebbe vizi invalidanti l’atto da rimuovere, che presenterebbe solo un simulacro di motivazione.

8.1.- Al riguardo, occorre rilevare che condizione di ammissibilità dell’esercizio del potere di annullamento d’ufficio sono: a) l’accertamento dell’illegittimità del provvedimento amministrativo;
b) l’esistenza di un interesse pubblico attuale e prevalente rispetto agli interessi dei privati coinvolti, che abbiano fatto affidamento sul provvedimento originario.

Quanto alla mancata individuazione dei vizi di legittimità, osserva il Collegio che questi sono stati ampiamente evidenziati nella determina impugnata ai punti n.1, 2, 3, nella violazione del bando di gara da parte della lettera d’invito, che non aveva consentito la valutazione dell’elemento prezzo, impedendo una effettiva comparazione delle offerte economiche, in altri vizi procedimentali della gara e nella violazione dei principi di correttezza e libera concorrenza di cui all’art. 2 del d.lgs n. 163 del 2006.

La sussistenza di un interesse pubblico attuale all’annullamento d’ufficio e la prevalenza di esso rispetto agli altri interessi coinvolti è stata ben evidenziata e sufficientemente motivata nella esigenza di evitare che i soggetti ai quali sono state ascritte le condotte penalmente rilevanti potessero trarre ulteriori benefici dalle stesse, che sarebbero state commesse nell’ambito della procedura di gara, in ordine alle ipotesi di reato di turbata libertà degli incanti ex art. 353 c.p., di corruzione aggravata ex artt.319 e 321 bis c.p.. La giurisprudenza amministrativa, al riguardo, ha già avuto modo di rilevare, con specifico riferimento alle medesime ipotesi di reato, che la mera sussistenza di un procedimento penale costituisce motivazione sufficiente ed idonea a giustificare l’annullamento in autotutela degli atti di gara (cfr. T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 07 febbraio 2005 , n. 76).

Nella fattispecie, però, vi è qualcosa di più della mera sussistenza di un procedimento penale in corso. Le ragioni di interesse pubblico poste a fondamento del provvedimento di autotutela sono state ravvisate non soltanto nella mera esistenza di un procedimento penale, ma più specificamente nella sussistenza di un provvedimento di applicazione di una misura cautelare a carico dell’ente aggiudicatore disposta ai sensi del d.lgs n. 231 del 2001, che implicava la necessità di prevenire ulteriori conseguenze derivanti dai reati contestati, a prescindere, quindi dall’accertamento, nella competente sede penale, della effettività di comportamenti illeciti posti in essere. Ciò in quanto l’annullamento d’ufficio in questione è stato adottato sullo sfondo della misura cautelare della gestione commissariale disposta a carico della Total Italia s.p.a. con provvedimento del Tribunale del riesame, il quale ha espressamente previsto, tra i poteri del Commissario giudiziale, proprio quello di rivalutare le procedure di gara e provvedere in autotutela, “qualora vengano ravvisati aspetti di criticità ed irregolarità in violazione delle procedure pubblicistiche poste a presidio della trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa”. Ne consegue che correttamente la determina impugnata fonda l’annullamento d’ufficio nel dovere ineludibile del Commissario giudiziale di non portare ad ulteriori conseguenze i reati contestati e quindi, in altre parole, il provvedimento risponde all’esigenza di tutelare il medesimo interesse pubblico presidiato dalla normativa disciplinante la responsabilità amministrativa degli enti per illeciti derivanti da reato. Non occorreva, dunque, che il Commissario, nell’atto di annullamento in questione, evidenziasse la sussistenza di ulteriori ragioni di interesse pubblico, poiché l’esigenza di non portare ad ulteriori conseguenze i reati contestati e quindi di evitare che i soggetti coinvolti nel procedimento penale potessero trarre ulteriori benefici dal contratto, costituiva proprio l’essenza dell’interesse pubblico da tutelare, contribuendo così a realizzare quella funzione “general preventiva” e “special preventiva” che le misure cautelari previste dal d. lgs n. 231 del 2001 mirano a garantire: evitare che i reati contestati siano portati ad ulteriore compimento e ricondurre la gestione delle procedure di affidamento dei contratti entro l’alveo della legalità, prima ancora del definitivo accertamento dei fatti contestati all’esito del giudizio penale e del giudizio di responsabilità ex art.231 del 2001.

Si rivela dunque priva di fondamento la censura relativa alla insussistenza dell’interesse pubblico all’annullamento e alla insufficienza di motivazione in ordine allo stesso.

9.- Con riferimento alla doglianza con la quale si contesta la mancata considerazione degli interessi dei privati coinvolti, anche in relazione al tempo trascorso dall’aggiudicazione, il Commissario ha chiaramente ritenuto prevalente l’interesse pubblico all’annullamento rispetto agli interessi dei privati coinvolti e ciò si evince, laddove afferma che costituisce suo dovere ineludibile quello di non portare ad ulteriori conseguenze i reati contestati e che “…sussiste un indubbio prevalente interesse pubblico alla demolizione dell’atto, posto…che il contratto è stato eseguito in minima parte e che non sussiste ancora l’autorizzazione dell’ UNMIG”.

La contestazione relativa alla mancata considerazione degli interessi dei privati, che avevano fatto affidamento sulla stabilità del provvedimento di aggiudicazione, si rivela, dunque, priva di consistenza, posto che il Commissario dimostra di aver ben ponderato tali interessi, decidendo per la loro valenza recessiva, e ciò emerge con chiarezza laddove il Commissario (pag. 8 della determina) giustifica la prevalenza dell’interesse pubblico all’annullamento sulla circostanza dell’esecuzione dei lavori in una minima parte, ovvero nella percentuale dell’11% rispetto all’ammontare complessivo dei lavori previsti, (cfr. pag. 2, nota 1, della determina commissariale).

Ne consegue la correttezza della ponderazione effettuata dal Commissario, non sussistendo alcuna posizione di vantaggio definitivamente radicatasi in capo agli interessati, considerata l’esiguità dei lavori eseguiti, pari all’11% sul totale dei lavori da effettuare. Non vi era dunque alcuna necessità di un maggiore approfondimento delle posizioni delle imprese pregiudicate dall’annullamento dell’aggiudicazione, che viceversa avrebbero meritato una maggiore considerazione qualora i lavori fossero stati totalmente eseguiti.

Né il tempo trascorso di un anno e quattro mesi dall’aggiudicazione definitiva e dalla stipulazione del contratto (rispettivamente avvenute in data 12 maggio 2008 e in data 26 giugno 2008) è da considerarsi irragionevole, in quanto non era un periodo di lunghezza tale da implicare un affidamento delle imprese sulla stabilità del provvedimento di aggiudicazione. Inoltre, ben due eventi, hanno contribuito a non consolidare l’affidamento sulla stabilità dell’aggiudicazione e del contratto: la sospensione dei lavori nel febbraio 2009, dopo appena nove mesi dall’aggiudicazione;
il provvedimento del Tribunale del Riesame nel maggio 2009, che adottava nei confronti della Total Italia s.p.a. la misura cautelare della gestione commissariale, con l’espressa attribuzione al Commissario giudiziale del potere di rivalutare le procedure di gara e di esercitare i poteri di autotutela, in caso di “criticità” e “irregolarità” riscontrate nelle procedure stesse.

Inserendosi nel contesto di una misura cautelare adottata ai sensi del d.lgs n. 231 del 2001 e alla luce delle altre circostanze evidenziate, dunque, l’annullamento d’ufficio non poteva affatto considerarsi irragionevole in relazione al tempo trascorso e al principio di affidamento.

Né l’annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione e del successivo contratto è considerabile una misura sproporzionata, in relazione al canone costituzionale di buon andamento dell’azione amministrativa. Ritiene, infatti, il Collegio che per valutare se il provvedimento risponda al canone di buon andamento di cui all’art. 97 Cost. occorre tener presente il grado di attuazione dell’atto che si intende annullare. Nella fattispecie, l’esiguità dei lavori effettuati ( pari all’11 % di quelli previsti), rendeva quindi la misura adottata più che proporzionata rispetto al sacrificio imposto alle imprese private.

10.- Passando ora all’esame dei vizi di natura procedimentale la parte ricorrente lamenta la violazione degli articoli 7 e 10 l. 241 del 1990, per mancata comunicazione alla ricorrente e all’ Ati Ferrara dell’avvio del procedimento di autotutela, il che avrebbe impedito di offrire un apporto partecipativo al procedimento, rappresentando fatti e prospettando osservazioni.

10.1- Sul punto occorre innanzitutto premettere che, contrariamente a quanto sostenuto dalla resistente, l’art. 7 della legge n. 241 del 1990, trova applicazione anche nei confronti della Total Italia s.p.a., che, nella procedimento in esame, riveste la qualifica di soggetto privato preposto all'esercizio di attività amministrative, che a norma dell’ art. 1 comma 1 ter della legge n. 241 del 1990, è assoggettato, nello svolgimento di tale attività, al rispetto delle regole generali proprie del procedimento amministrativo.

10.2.- Ciò premesso, rileva il Collegio, che il mancato rispetto della norme procedimentali a tutela della partecipazione al procedimento amministrativo non deve essere intesa in senso formalistico, ma sostanzialistico, nel senso che non è annullabile il provvedimento amministrativo per violazione dell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento, nel caso in cui l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Ciò è espressamente previsto dall’art. 21-octies, comma 2, seconda parte della legge n. 241/90, che ha introdotto i c.d. vizi non invalidanti del provvedimento amministrativo. Tale secondo comma è suddiviso in due parti.

La prima parte prevede che il provvedimento non sia annullabile quando: si sia in presenza di violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti;
si tratti di un provvedimento avente natura vincolata;
sia palese che il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

La seconda parte disciplina una fattispecie speciale di esclusione dell’annullabilità, che fa esclusivo riferimento ad un tipico vizio procedimentale, la violazione dell'obbligo di avvio del procedimento (ma stante la medesima ratio giustificatrice la sua portata è estensibile analogicamente anche alla mancata comunicazione di cui all’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990), prevedendo che il provvedimento non sia annullabile «qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato». Dunque, nell’ipotesi di mancata comunicazione dell’avvio del procedimento la prescrizione normativa non menziona la natura vincolata del provvedimento, rendendo così possibile la prova di resistenza anche per l’ attività discrezionale (C.d.S., VI, 11 aprile 2008, n. 1588;
VI, 7 gennaio 2008, n. 19 e n. 32;
IV, 10 dicembre 2007, n. 6325;
VI, 9 febbraio 2007, n. 528).

10.3.- Nel procedimento in esame, quindi, è applicabile tale seconda parte, nella quale l’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990 prescinde dalla natura vincolata o discrezionale del provvedimento e ritiene sufficiente, ai fini della non annullabilità del provvedimento amministrativo, che sia l'Amministrazione a dimostrare in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso e che il soggetto inciso negativamente dal provvedimento ove fosse stato reso edotto dell’avvio del procedimento non sarebbe stato in grado di fornire elementi di conoscenza e di giudizio tali da far determinare in modo diverso le scelte dell’amministrazione procedente.

Ebbene, nella fattispecie, da un lato la parte ricorrente non ha specificamente indicato quale tipo di osservazioni avrebbe inteso proporre nel procedimento di autotutela, d’altro canto l’amministrazione resistente ha assolto congruamente e rigorosamente all’onere della prova in ordine all’impossibilità di pervenire ad una diversa soluzione a salvaguardia del pubblico interesse ed in ordine alla ininfluenza di ogni possibile deduzione che il privato, ove avvisato, avrebbe introdotto nel procedimento.

In particolare, tale onere probatorio risulta chiaramente offerto dalle argomentazioni difensive dell’amministrazione resistente la quale ha dimostrato in concreto l’ineludibilità della scelta adottata per raggiungere lo scopo di non portare ad ulteriori conseguenze i reati contestati connessi allo svolgimento della gara.

Pur non condividendo la tesi dell’amministrazione resistente in ordine alla natura vincolata dell’atto adottato, venendo in gioco, nel procedimento che ci occupa un’attività tipicamente discrezionale, la parte resistente ha comunque correttamente chiarito che il potere di autotutela esercitato si innesta sulla scia della misura cautelare della gestione commissariale irrogata alla Total Italia s.p.a. dal Tribunale del riesame ai sensi degli articoli 45 e 15 del d.lgs n. 231 del 2001. La misura cautelare irrogata dal Tribunale del riesame è stata disposta su ricorso della Total Italia s.p.a. in sostituzione della più gravosa misura della sospensione dell’attività della concessione di idrocarburi, con la quale si consentiva la prosecuzione dell’attività dell’ente concessionario attraverso la nomina un commissario giudiziale deputato alla gestione delle attività della Total Italia s.p.a.;
nello stesso provvedimento il giudice penale, indicava tra i compiti ed i poteri del commissario (e quindi tra le modalità di esercizio della sua attività di gestione), proprio quello di esercitare i poteri contrattuali e amministrativi in sede di autotutela, qualora fossero ravvisate violazioni delle procedure pubblicistiche poste a presidio della trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa.

Si tratta di misure cautelari previste nella disciplina della responsabilità amministrativa degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato di cui al d.lgs n. 231 del 2001, disposte in caso di sussistenza di gravi indizi di responsabilità, con lo scopo di arrestare azioni criminose di amministratori a vantaggio delle loro società;
di impedire che i comportamenti illeciti emersi sommariamente in sede cautelare possano produrre ulteriori benefici a vantaggio delle società sottoposte a misure cautelari;
di ricondurre nell’alveo della legalità la gestione dell’attività dell’ente, prima ancora dell’accertamento definitivo delle responsabilità. E proprio tali finalità, una volta riscontrata la sussistenza di vizi di illegittimità nella procedura di gara, sono state individuate come interesse pubblico prevalente rispetto agli interessi dei privati coinvolti e sintetizzate nella determina impugnata nell’evidenziazione della circostanza che “la gara costituisce oggetto delle contestazioni di reati gravissimi a carico degli indagati …. e ai sensi e per gli effetti del d.lgs n. 231/01 a carico delle due società…che il contratto è stato eseguito in minima parte…” e che “costituisce dovere ineludibile del Commissario giudiziale non portare ad ulteriori conseguenza i reati contestati”.

In tale contesto fattuale e normativo, l’amministrazione, chiarendo di non potersi prescindere da una valutazione degli effetti sulle procedure di gara, sull’aggiudicazione e sul contratto alla luce della sanzioni applicate in sede cautelare ai sensi del d.lgs n. 231 del 2001 sia alla Total Italia s.p.a. sia alla società Ferrara s.n.c., ha quindi assolto all’onere probatorio previsto dall’art. 21 octies, comma 2, secondo periodo, della legge n. 241 del 1990, dimostrando l’ineluttabilità della scelta che ha portato all’annullamento dell’aggiudicazione e del contratto, senza che fosse necessario attendere una pronuncia passata in giudicato in relazione ai reati contestati.

Più in particolare, con la sua difesa in giudizio l’amministrazione dimostra di aver operato nel corso del procedimento, secondo canoni di logicità e congruità, una corretta comparazione e sintesi degli interessi coinvolti, alla luce delle misure cautelari irrogate dal giudice penale.

Rileva, dunque, il Collegio, che risulta provato che il provvedimento, anche se non rispettoso della garanzia procedimentale di cui all’art. 7 della legge n. 241 del 1990, è ossequioso dell'assetto degli interessi che la disciplina in materia di autotutela impone, in misura tale da rendere superfluo il riesame, posto che ogni ulteriore elemento conoscitivo che l'interessato avrebbe potuto apportare al procedimento, non avrebbe indotto il Commissario ad una diversa determinazione e quindi non sarebbe stato in grado di evitare la lesione lamentata, proprio per la dimostrata impossibilità di un contenuto diverso. Ne consegue il pieno raggiungimento della prova di resistenza richiesta dall’art. 21 octies, comma 2, secondo periodo, della legge n. 241 del 1990, al fine della non annullabilità del provvedimento per violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990.

11.- Alla stregua di tutte le considerazioni che precedono, previa declaratoria del difetto di legittimazione passiva del Tribunale del Riesame, il ricorso va respinto, potendosi però, in considerazione della particolarità e della complessità della questione, compensare integralmente tra le parti le spese di lite.

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